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Diamo
il giusto peso a cose e parole. Si trattava di dare alloggio (cinque
stanze su trenta di un ostello) per quattro mesi – cioè per l'inverno,
quando l'attività turistica è inesistente – a dodici donne, una delle
quali incinta. Di tutte le parole dette per giustificare l'ostilità
della comunità di Gorino, le più disumane, e perciò più
rappresentative, sono state: “Queste donne avranno pure degli uomini. E
noi donne di Gorino siamo per molte ore sole in casa, perché i nostri
uomini fanno i pescatori”.
Tradotto: non è possibile che siano donne dotate di capacità di
discernimento perché sono cose, di proprietà di migranti maschi, quindi
stupratori. In realtà gli uomini di queste donne fuggite dalla Sierra
Leone e dalla Nigeria sono detenuti e torturati nelle carceri, oppure
ormai cadaveri sulla strada della fuga nel deserto. Ma tant'è: ai
presidianti è bastato far balenare questo
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Ma
anche alcuni organi d'informazione, che nei mesi scorsi non si sono
fatti scrupolo di pubblicare senza alcuna verifica notizie utili (a
voler essere buoni) a vendere qualche copia in più – fotografie vecchie
di quattro anni accreditate come odierne, per dirne una – che hanno
contribuito a infiammare il clima. A cui vanno aggiunte le pagine
social, dalle quali ieri si soffiava sulla Vandea gorinese con bufale a
effetto sulla minaccia di invasione – “Non solo 12 donne, ma anche 50,
60 uomini…” – e ancor prima si inneggiava all'affondamento dei barconi
in mare, o si definiva la marina militare “scafismo di stato”.
La comprensione delle cause del rancore delle piccole comunità non può trasformarsi in un alibi per una loro assoluzione.
Ciò che inquieta è lo scivolare dei mezzi d'informazione nel gorgo del sottobosco pulp.
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di rimanere immobili in un mondo attraversato da mutazioni
irreversibili che si sono messe in moto un quarto di secolo fa, e che
richiederanno processi risolutivi di altrettanto lungo periodo e non i
palliativi con i quali il ceto politico italiano fa quello che
rimprovera all'Europa, cercando di inserire un processo epocale in una
precaria provvisorietà, come se fosse un fenomeno passeggero.
Provvisorietà che, beninteso, viene buona per creare forza lavoro da
sfruttare in modo disumano, mantenendola al tempo stesso incollata a
quel pavimento appiccicoso che impedisce alla forza lavoro migrante di
sollevarsi all'altezza del lavoratore indigeno.
I fatti di Gorino ci costringono a tracciare una chiara distinzione tra
due campi, a riconoscere la necessità di un conflitto di lungo periodo
non solo politico ma soprattutto etico contro chi, agitando le bandiere
e i randelli dell'intolleranza, contribuisce a mantenere tale e quale
quel mondo di cui crede di contestare le dinamiche, e dunque
contribuisce ad accrescerne l'ingiustizia.
Non è un malcompreso “buonismo”. Fare dell'indignazione un'arma
di civiltà, dunque un'arma politica, è l'unica risposta possibile e
praticabile.
Girolamo DeMichele
INTERNAZIONALE
28 ottobre 2016
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L'ultima
stima complessiva è contenuta nella lettera indirizzata dal ministro
dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ai commissari Ue: 3,3 miliardi di
euro solo quest'anno. A pesare di più sono le lunghe permanenze nei
centri e le strutture temporanee: alberghi, camping e ostelli, che oggi
ospitano ben 133.727 migranti
Vladimiro Polchi
29 ottobre 2016
ROMA – Quanto costa davvero l'accoglienza dei migranti? Da anni ballano
vari numeri: 35 euro al giorno per un adulto, 45 euro per i minorenni.
A pesare sono soprattutto i centri governativi e le strutture
temporanee: alberghi, camping e ostelli, che oggi ospitano ben 133.727
migranti (918 milioni spesi nel 2015, il 60% in più quest'anno).
L'ultima stima complessiva è contenuta nella lettera indirizzata dal
ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ai commissari Ue: ben 3,3
miliardi di euro solo quest'anno. Sul fiume di denaro che il nostro
Paese spende per l'emergenza profughi si gioca infatti un bel pezzo
della partita con Bruxelles sulla nuova legge di bilancio. Trasporti,
operazione di soccorso, sanità, stipendi del personale, centri
d'accoglienza del Viminale: tante voci che sommate assieme raggiungono
quella somma di miliardi indicata da Padoan all'Europa per fronteggiare
l'emergenza migranti.
I costi maggiori per i salvataggi in
mare. Nella sua lettera, il ministro dell'Economia scrive che le spese
per le operazioni di salvataggio dei migranti, prima assistenza e cure
sanitarie, protezione ed educazione per oltre 20mila minori non
accompagnati sono stimate in 3,3 miliardi di euro nel 2016 (al netto
dei contributi Ue) e in 3,8 miliardi nel 2017 in uno scenario stabile.
Ma se il flusso di arrivi dovesse crescere si potrebbe arrivare a 4,2
miliardi di euro.
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argomento,
accanto all'altro, quello dell'esproprio delle seconde case, cioè della
minaccia alla roba, agli sghei – si sente la cadenza nella parlata di
questi valligiani che antepongono la roba alla vita umana. E allora la prima ipocrisia
da rimuovere è quella del “non siamo razzisti (ma…)”: razzismo e
fascismo non sono etichette vuote, ma conseguenze di comportamenti
concreti, e quello che è successo a Gorino è razzismo e fascismo.
Seconda ipocrisia da sfatare: il mito dell'Emilia-Romagna accogliente e
solidale. Accoglienza e solidarietà sono state, nel passato, non
generiche opere di beneficenza, ma comportamenti radicati nelle classi
sociali sfruttate. Come lo fu l'accoglienza di migliaia di figli di
contadini pugliesi in fuga dalla miseria da parte dei contadini delle
cooperative nelle campagne del secondo dopoguerra: solidarietà tra
sfruttati, per la quale si poteva dividere il pane. Inutile, allora,
cercare solidarietà negli animi pervasi 'dall’individualismo
proprietario: come quando c'è la piena del Po, e ogni paese preserva le
sue golene scaricando l'acqua sul paese successivo, così i migranti,
per carità vanno aiutati – ma non qui, nei paesi accanto (che, per
inciso, hanno accolto le dodici migranti).
Responsabilità precise
Così come è inutile rievocare la memoria delle passate miserie, quando
da questi paesi della bassa ferrarese i miserabili migravano verso il
Veneto o verso Ferrara, occupando tuguri abbandonati, anfratti nelle
mura rinascimentali, edifici in rovina come quella caserma occupata
dagli sfollati di cui parla Bassani all'inizio del Giardino dei Finzi
Contini. A uscire dalla condizione di miserabile, a volte, qualcosa si
perde: per esempio, 'quellumanità che in altre esperienze di
accoglienza si mostra ancora.
Terza ipocrisia: la spontaneità della rivolta razzista. Sarà pure stata spontanea, la scintilla: ma la prateria era già stata innaffiata,
con responsabilità precise. A partire da forze politiche – la Lega in
primo luogo, ma non solo – che da tre anni creano e cavalcano ogni
sorta di “emergenza”, dai nomadi ai migranti.
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Le tecniche e le dinamiche di questo scivolamento sono state oggetto di
studi importanti – Morti di fama di Loredana Lipperini e Giovanni
Arduino, Tabloid inferno di Selene Pascarella, 'Lodio online di
Giovanni Ziccardi – che, nel descrivere le narrazioni tossiche che
circolano nella rete o nel sottobosco giornalistico, spiegano di fatto
come sia la narrazione a costruire realtà che a loro volta richiedono
narrazioni orientate alla ricerca del “nemico”.
E allora sfatiamo l'ipocrisia del “non ci sono, non possono essere due
Italie” e quella del “comprendere le ragioni”. Le due Italie esistono,
e costringono a prendere posizione, piaccia o meno.
Esistono, certo, ragioni profonde per spiegare il rancore delle piccole
comunità periferiche, che si percepiscono escluse, se non vittime, dai
processi globali che sembrano scavalcarle: su questo ha scritto cose
tutt'ora attuali Aldo Bonomi nel suo Il rancore del 2008, riprese di
recente in La società circolare.
Ma la comprensione delle cause di lungo periodo non può trasformarsi in
un alibi sociologizzante per tradurre la comprensione in assoluzione.
Perfino Benedetto Croce – ci mise del tempo, ma alla fine lo capì – fu
capace di dire che per quanto il fascismo fosse un prodotto della
storia ciò non comportava la sua accettazione morale e politica.
Una chiara distinzione
Di fronte a parole e pratiche che non hanno niente di umano, non ci può
essere alcuna condivisione, ma solo una chiara e franca
contrapposizione. Così come non può esserci alcuna compromissione con
le ipotesi di chi, novello Filippo Corridoni, si illude di poter
organizzare le comunità del rancore, i “nuovi barbari”, le opposizioni distruttive.
In verità, Gorino mostra tutta intera la faccia di quel livore comune
alla middle class rurale britannica e al ceto sociale che negli Stati
Uniti sostiene Trump. Gli abitanti di Gorino hanno paura dei migranti,
o meglio della loro ombra (ma non della propria ignoranza) perché
vivono in luoghi dove i migranti non ci sono, e difendono con ferocia
la loro pervicace intenzione
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Come
si arriva a questa cifra? Secondo il ministero dell'Economia, «la
maggior parte dei costi sono collegati ai salvataggi in mare,
all'identificazione, al ricovero, ai vestiti, al cibo, ai costi
di personale, operativi e di ammortamento di navi e aerei». Non sono
invece inclusi «i costi addizionali dell'integrazione sociale». Vediamo
meglio nel dettaglio.
Il peso dei trasporti e delle lunghe permanenze. Ben 881 milioni nel
2016 se ne vanno in operazioni di soccorso e trasporto dei migranti,
250 milioni in spese sanitarie, 89 milioni in stipendi del personale,
66 milioni in contributi alla Turchia nella gestione dei profughi (che
diventeranno 99 milioni nel 2017). Ma come scrive la Banca d'Italia
nella sua ultima relazione annuale, le spese maggiori sono dovute ai
«lunghi tempi di permanenza nelle strutture di accoglienza per
l'adempimento delle procedure di riconoscimento dello status di
rifugiato».
La "macchina" del Viminale la più costosa. Gran parte dei fondi sono
infatti assorbiti dalla macchina del Viminale. Stando al primo
“Rapporto sull'accoglienza dei migranti” del ministero dell'Interno, «i
costi della gestione ordinaria dell'accoglienza si attestano nel range
di 30-35 euro per gli adulti e 45 euro per i minori accolti dai
comuni». Ma attenzione: questi soldi non finiscono in tasca ai
migranti, vengono invece dati agli enti gestori dei centri e servono a
coprire le spese di gestione e a pagare lo stipendio degli operatori.
Solo 2,5 euro, il cosiddetto “pocket money”, vengono dati ai rifugiati
per le piccole spese giornaliere.
Oneri destinati ad aumentare. Come si legge nel Rapporto del Viminale,
nel 2014 si sono spesi 139 milioni di euro per i centri governativi
d'accoglienza, 277 milioni per le strutture temporanee, 197 milioni per
i centri Sprar comunali. E ancora: per il 2015 il Viminale fissa «in
918,5 milioni le spese relative alle strutture governative e temporanee
e in 242,5 milioni le spese relative ai centri Sprar, per un totale
quindi di 1.162 milioni». Non solo. Visto l'aumento clamoroso dei
migranti accolti (oggi ben 171mila rispetto ai 103mila del 2015), i
costi sono destinati a lievitare ulteriormente. Dal ministero
dell'Interno avvertono infatti che «quest'anno prevediamo un 60% in più
di costi, anche perché il nostro, da Paese di transito si sta
trasformando sempre più in un Paese di permanenza dei flussi migratori».
Vladimiro Polchi
Huffington Post It
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