NUMERO 239 - PAGINA 3 - LETTERA AI SINDACI BERGAMASCHI SUGLI IMMIGRATI

































































Il primo è stato il sindaco Sala di Milano a Renzi. Segue Gori di Bergamo. Poi è stata la volta di un candidato della lista Gori a scrivere una lettera ai giornali sull’immigrazione .
Adesso mi applico anch’io a scrivere una lettera si sindaci (bergamaschi) in tema, perché non è che la veda così chiara come la descrivono loro.
Dunque (alcuni) sindaci bergamaschi si lamentano per l'arrivo di immigrati nel proprio comune mi pare vivano sulla luna e, furbi, si appoggino a importanti sindaci per cogliere l'occasione perduta.
Della serie : arriva l'onda, sfruttiamola ?.



Egregi Sindaci bergamaschi è il caso di notare:
1 - La situazione di Milano non è identica a quella p.e. di Vedeseta o Sedrina. Milano (ma anche Bergamo) la si può considerare una seconda Lampedusa. A Milano vi approdano per la seconda volta quelli che scappati dai porti e dalle galere ufficiali del sud vogliono andare altrove SEMPRE fuori dall'Italia. Epperò la “forza” di Milano non può essere considerata identica alla strutturale “debolezza” della microscopica Lampedusa.
Quindi i problemi della grande città non sono identici a quelli dei micro comuni italiani dove sono stati fiondati centinaia di stranieri.



3 – I  sindaci dei comuni montani e non, specie dove stanno queste strutture religiose- potevano benissimo PRIMA fare una riunione e fare approvare dai rispettivi consigli comunali una delibera indirizzo in cui si diceva: nei comuni con meno di tot abitanti (500 p.e.) non vanno mandati immigrati perché ci sarebbero problemi. Tutti zitti sperando nel buondio che invece... non  è arrivato per tutti !?.
4 – Qualche bacchettata va data anche ai titolari (in buona parte religiosi) di queste strutture che badano ai propri interessi disinteressandosi dell'impatto che avrà l'arrivo di 35 stranieri in una comunità di 204 abitanti. Vuol dire che si tratta di soggetti che –proprio perché non intuiscono questa contraddizione- forse non sono proprio all'altezza del compito che vorrebbero perseguire.
Epperò non mettiamo la situazione p.e. di Curno o di Mapello con quella di Vedeseta o Sedrina. Per popolazione ed occasioni e  ricchezza i primi potrebbero ospitarne due dozzine cadauno mentre i secondi nemmeno mezza.
5 – I comuni non è vero che non hanno risorse. Basterebbe esaminare una delle ultime delibere che hanno approvato –il piano del diritto allo studio- perché a farci ben bene le pulci salterebbero fuori parecchie risorse da destinare alle famiglie, agli artigiani ed alle imprese che vogliono «impiegare» questi immigrati. Uso il verbo “impiegare” ma non leggetelo banalmente come “lavorare”. Non intendetelo nemmeno come quelle scene da “colonia marina” anni '50 dove i “negretti” vanno in fila indiana a spazzare i marciapiedi. Sperando che non li facciano nel frattempo cantare una “adeguata” canzoncina…
6 – I comuni possono benissimo decidere che queste persone anziché finire nelle galere dorate degli enti religiosi e parareligiosi si distribuiscono  appunto nelle famiglie. Queste li ospitano e li imparano la comune convivenza mentre di giorno trascorrono metà giornata a scuola e metà giornata presso artigiani e imprese semplicemente a fare quel che fa l'ultimo. Se non sono i comuni che lanciano questa sfida etica ai propri cittadini, chi lo dovrebbe fare?  Alfano? (per favore non ridete...).
7 – Distribuire gli immigrati presenti oggi in Bergamasca nella stessa % tra tutti i comuni con oltre 500 abitanti non sarebbe impossibile creare una situazione come quella che ho descritto. Certo! Bisogna impegnarsi e lavorare ma del resto l'immigrazione non è un temporale estivo ma è e sarà un fatto che durerà decenni, quindi non facciano gli ipocriti nel dirci sconcertati.
8 – I sindaci infine dovrebbero ribadire che a queste persone va riconosciuto non tanto il diritto di restare in Italia o meno ma va riconosciuto il diritto di andare (a domandare permesso) dove lo ritengono giusto.

No, non vi leggo e non trovo grande buona volontà dei sindaci (non di tutti ma di gran parte: inutile fare esami del sangue) verso questo problema. Soprattutto non vi leggo il coraggio di gettare il cuore oltre il filo spinato: come invece ce l'hanno avuto quei profughi che abbiamo visto decine di volte. Come invece ce l'hanno quei genitori che “gettano all'Europa” i loro figli minori e noi li invece perdiamo allegramente. 16mila nei primi otto mesi del 2016.
Oltre a scrivere lettere e fare riunioni e comunicati, provate un filo di coraggio . Provate a dire ai vostri concittadini che siamo uomini PRIMA di essere cattolici romani battezzati  cresimati.






















































































































































































































































































































































































































































































































































































2 - I sindaci dei piccoli comuni in teoria dovrebbero conoscere al meglio la situazione del proprio territorio. Vedeseta sa benissimo da almeno un secolo  della presenza di una colonia delle suore milanesi ed era “più che probabile” dopo le parole del Papa e di Scola, che  vi arrivasse un nutrito gruppo di stranieri. Lo stesso dicasi per gli altri micro comuni BG dov'è accaduto qualcosa del genere. A Sedrina p.e.
Perchè i sindaci di quei paesi non hanno chiamato i proprietari di queste strutture PRIMA e non li hanno avvisati – mediante una delibera indirizzo votata dal consiglio comunale- che non avrebbero affatto gradito una % di stranieri superiore al tot per cento? Ovvio che queste grandi strutture colgano l'occasione di questi bandi per riutilizzare strutture che ormai valgono zero e costano l'iradidio a mantenerle in piedi.