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NUMERO 224 -PAGINA 2 - CRISI BANCARIA : NON TUTTI GLI NPL SONO UGUALI
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crisi del nostro sistema bancario non è solo un fatto economico, è
anche un capitolo di storia sociale del Paese. Parlo in riferimento ai
tanti istituti medi e piccoli — ma pure a una banca come il Monte dei
Paschi, ad esempio — la cui crisi costituisce una radiografia spietata
del potere locale italiano. Essa ci racconta infatti nel modo più crudo
che cosa sono e come si comportano le oligarchie che dominano nella
periferia italiana e che attraverso i loro esponenti troviamo ogni
volta alla testa degli istituti in bancarotta. Svelandoci che cosa
realmente è l'Italia dei tanto esaltati «territori». Carige, Banca
Etruria, Banca Marche, Popolare di Vicenza, Veneto Banca, CariFerrara,
CariChieti, Monte Paschi: c'è dentro mezza Penisola: anzi tutta quanta
se si considera la lunga lista di banche minori (quasi tutte di credito
cooperativo) che la Banca d'Italia ha commissariato nei mesi scorsi e
che vede una massiccia presenza di banche del Mezzogiorno. Causa e
modalità dello sconquasso sono più o meno sempre le medesime. La storia
è sempre la medesima. È una storia di gruppi di comando locali
installatisi alla testa degli istituti, i quali in sostanza si
perpetuano cooptando via via i propri membri. Sono in genere formati da
qualche imprenditore non sempre brillantissimo, da qualche nome più o
meno «illustre» tratto perlopiù dal ceto possidente tradizionale, da un
pugno di professionisti affermati con vasti giri di contatti e di
«agganci», da una vecchia gloria superammanicata o da qualche astro in
ascesa della politica locale.
Troviamo sempre infine due o tre alti dirigenti di banca perlopiù di
oscura origine ma capaci — capaci per intenderci, allo stesso modo che
può dirsi capace di un meccanico che trucca le automobili — : uomini,
questi ultimi (donne non se ne trovano mai), dall'ambizione accesa, che
sanno come muoversi nelle pieghe dei bilanci e perciò rendersi
necessari, che capiscono al volo di chi bisogna essere amico e a chi
conviene concedere un fido a occhi chiusi. Tutti quanti naturalmente,
si può immaginare, «conoscono» qualcuno a Roma, frequentano nella loro
città i luoghi, le cerimonie e le occasioni che contano, sanno
destreggiarsi bene tra Regione e Palazzo di Giustizia, sono in ottimi
rapporti con il Comune, con la Camera di Commercio e l'Unione
industriale. Non sono l'élite d'altra parte?
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Nel
gran calderone degli NPL (crediti di incerta restituzione alla banca
prestatrice) c'è di tutto e questo «rifiuto indifferenziato» occorre
cominciare a differenziarlo pubblicamente (e non nel segreto delle
banche…) per diverse ragioni.
Le prime sono quelle individuate dai due articoli.
Vediamo di parlarne coll'occhio del cliente.
In Italia si è sempre vissuti con la convinzione che quando tira
l'edilizia, l'Italia va bene. Berlusconi del resto era un campione del
genere visto come cominciate le sue fortune. Il fatto è che l'edilizia
non stimola ne l'industria ne l'innovazione ma consuma energia e
territorio e ne contribuisce al dissesto.
Il quarto di secolo di governo berlusconian-leghista è stato
vissuto dall'Italia all'insegna del consumo del territorio come se il
Paese dovesse o potesse diventare un paese da 80 milioni di abitanti e
sostanzialmente senza una struttura industriale –che nel quarto di
secolo s'è via via smantellata- e senza infrastrutture fondamentali:
dagli acquedotti alle fognature ai depuratori alle reti trasmissioni
dati fino alle ferrovie i porti la rete elettrica.
I soldi italiani sono finiti tutti in titoli di debito pubblico, quindi
del tutto inutili ai fini dell'occupazione di lungo futuro, oppure
negli immobili.
Se oggi l'Italia costruisse tutto l'edificabile possibile con le legi
vigenti, arriveremmo a dare una stanza a 80 milioni di abitanti.
Naturalmente nessuno sa dove troveremmo quei venti milioni di persone e
nemmeno sa dove potrebbero lavorare, in aggiunta ai 20-30 milioni di
disoccupati e sottoccupati già presenti.
Che le banche ci vengano a dire che gran parte degli NPL derivano dal
settore edilizia è una giustificazione fasulla dal momento
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Nei
primi vanno sanzionati anche con la galera quei CdA delle banche che
hanno fatto il gioco della politica di sostenere un settore senza
futuro. I secondi vanno salvati sia per quanto già versato che perché
la casa è un diritto e non una colpa.
Poi ci sono gli NPL delle imprese non del settore edilizio o ad
esso collegato. Anche li si vede come le banche si siano limitate
a vendere titoli di stato od obbligazioni proprie ma mai a suggerire
investimenti nei settori industriali. E lasciamo perdere i settori
innovativi che non sapevano e non anno come trovare capitali e nemmeno
dove incontrare prestatori.
Non esiste una professionalità delle banche a indirizzare il risparmio
verso le imprese per la semplice ragione che preferiscono
mantenerne il monopolio parassitario. Il cliente presta i soldi alla
banca e la banca li presta all'impresa. Due passaggi due remunerazioni
di cui una inutile e dannosa.
Ma i CdA delle banche e la loro commistione con la politica vanno
massacrati perché –oltre allo scandalo dei compensi stratosferici-
hanno ampliato nell'ultimo ventennio il numero di sportelli senza
alcuna ragione obiettiva. Oggi basterebbero ¼ degli sportelli esistenti.
Un patrocinio edilizio ed umano da buttare. Da scartare perché non c'è niente da riciclare.
Che poi non siano tutti degli innocenti quelli che hanno comprato iper
redditizie obbligazioni di banche in via di fallimento fingendo di non
capire dove finiva l'operazione. Oppure che nessuno egli ingenui si sia
mai chiesto ed abbia compreso come mai la “sua” banca gli facesse
offerte così generose neppure questo è vero al 100%.
Ecco quindi la ragione per cui davanti a questi NPL occorre metterci
mano con durezza ma anche intelligenza anziché farne fascine per
qualche destino che si spera buono.
Ecco quindi la ragione per cui davanti a questi NPL occorre metterci
mano con durezza ma anche intelligenza anziché farne fascine per
qualche destino che si spera buono.
Non sarebbe male l'idea proposta da
qualcuno per cui certi NPL potrebbero essere riacquistati da quelli che
ieri erano creditori insolventi al prezzo –leggermente maggiorato- con
cui sono stati ceduti ai nuovi acquirenti.
Come non sarebbe male l'idea
che tutti gli NPL venissero addossati alla banca e ciao stai bene: hai
dato un credito immeritato? Subisci il danno.
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È
di questi campioni del notabilato di tante città e province italiane
che sono stati formati i consigli di amministrazione, i comitati di
presidenza, i collegi dei Sindaci, che hanno portato alla rovina un bel
gruppo di istituti bancari e depredato decine di migliaia di loro più o
meno incolpevoli concittadini. Perché lo hanno fatto? È molto semplice:
per arricchirsi, per arricchirsi sempre di più. E insieme per
accrescere la propria influenza, per avere più cariche, più relazioni
importanti, per diventare più potenti e così magari ancora più ricchi.
Soprattutto più ricchi. Posso dirlo senza perciò apparire un cupo
moralista? Se c'è una cosa che colpisce da quanto sta emergendo dalle
inchieste giudiziarie in corso è la dimensione appropriativa senza
l'ombra di uno scrupolo, l'indifferenza a qualsiasi straccio di etica
della responsabilità, che sembrano congeniali al notabilato di cui
sopra. Questa voglia mai sazia di soldi e di potere, di mettere le mani
su una villa o su un affare, l'incapacità di fermarsi.
Così come colpisce l'ovvia convinzione dell'impunità sostanziale, di
farla franca in qualunque caso, che con ogni evidenza permeava i
sullodati signori del credito. Una convinzione fondata su un dato di
fatto — che in Italia i potenti in galera seppure ci vanno ci restano
sì e no qualche settimana — ma soprattutto sull'intreccio delle
relazioni sociali: quello stesso intreccio che così di frequente ha
determinato l'erogazione dei crediti facili presto rivelatisi
inesigibili ma sempre rinnovati fino all'ultimo. L'intreccio delle
relazioni, dicevo: in una certa provincia italiana ci si conosce tutti,
specie tra quelli che contano. Insieme si progettano affari e vacanze,
cene e consulenze, si stabiliscono matrimoni e ordini del giorno. E
naturalmente si è pronti a scambiarsi favori, a chiudere un occhio
quando va chiuso. Anche da parte di chi, come le Procure della
Repubblica, avrebbe invece il dovere di tenerli spalancati.
«Che cosa ci si può aspettare da un Paese così?» viene malinconicamente
da chiedersi. E viene da pensare al film della sua storia unitaria, al
film degli ultimi 150 anni, che ormai sempre più spesso sembra
riavvolgersi al contrario. Infatti è contro questa riottosa «società
civile» intimamente sorda a ogni richiamo all'interesse generale, e
contro i suoi animal spirits autocentrati e ciecamente acquisitivi, che
da sempre se l'è dovuta vedere lo Stato italiano. Ed è contro di essa
che tanto spesso sono sembrati naufragare i suoi tentativi di far
valere regole di legalità e fini collettivi più ampi e più civili.
Tentativi che oggi più che mai sembrano vani nel momento che a questo
Stato è venuta meno l'arma della politica, e insieme quella sua
preziosa appendice democratica rappresentata dai partiti, che in
passato si è rivelata decisiva per imporre la propria volontà alle
periferie. Per tenerle insieme, per legarle a un progetto capace di
guardare lontano, oltre i loro confini e i loro interessi immediati.
Oltre i consigli d'amministrazione bancarottieri e gli arricchimenti
personali.
Ernesto Galli della Loggia
Corriere della Sera
6 agosto 2016
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che anche il
più sconclusionato economista poteva verificare che la sovra offerta
edilizia era diventata insopportabile (per i costi e per l'assenza di
potenziali clienti) dall'inizio anni 2000.
Ed anche il più sconclusionato demografo sapeva che era inimmaginabile
che un paese poetesse sopportare una crescita della popolazione
parallela alla sovra offerta edilizia. Per mille ragioni.
Lo spreco edilizio del quarto di secolo berlusconiano, a cui non s'è
sottratto nemmeno il centrosinistra, segnava la scarsa
competività del settore produttivo italiano, esattamente come in
altri settori.
Produzioni povere, di scarso valore aggiunto, poco competitive e quindi
nel tempo la decadenza dell'intero settore industriale: basti pensare
in che stato s'era ridotta la Fiat quanto a organizzazione del lavoro,
qualità ed offerta di prodotto. Livelli coreani che però ci stavano già
superando.
Lo spreco edilizio ha anche reso inutilizzato gran parte del patrocinio
eisistente che anziché essere recuperato con alta professionalità
(che non c'era e non c'è) è stato immesso sul mercato in concorrenza
col nuovo.
Ovvio e scontato l'esito: buona parte degli NPL derivano da prestiti
non restituibili per immobili invenduti: ma venire a dire che gli
uffici studi delle banche e i governi non avessero strumenti
informazioni intelligenze capaci di leggere una realtà così semplice,
vuol dire voler far passare gli italiani per fessi.
Quindi questi NPL non vanno imputati tanto alle imprese ma alle banche
e alla politica che hanno concesso crediti a queste imprese senza
alcuna garanzia, che non è mattone contro mattone ma che è “il
mercato”. Banche che spesso hanno dato crediti ed hanno chiesto in
parte indietro con l'immediato acquisto di obbligazioni di quelle
banche che sono andate via via in fumo.
Poi ci sono quei poveretti che dopo qualche anno di mutuo per
l'acquisto della casa nuova si sono trovati senza lavoro e il mutuo non
più onorabile. Non può un paese mettere quelli di sopra nello stesso
calderone di questi ultimi.
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Perché
è inutile girarci attorno: i beni degli NPL non li vuole nessuno perché
l'Occidente ha cambiato del tutto la propria economia. Immaginare che
la sovra offerta edilizia sia assorbile sbattendo i beni invenduti sul
mercato a prezzi stracciati non significa trovare acquirenti se
non c'è lavoro e prospettiva. Immaginare che uno stabilimento chiuso
possa ripartire con un nuovo imprenditore è una fola dal momento che
per altri dieci venti anni il mondo crescerà pochissimo tranne
pochissimi settori: salute, alimentari, manutenzione.
Ma non tutto l'Occidente può mettersi ad investire in questi settori
perché TUTTO il mondo già ci può investire e quindi non c'è
futuro per un occidente che sfrutta il terzo o quarto mondo. Anzi!
Quello farà concorrenza proprio all'Occidente creando e producendo per
primo proprio quello che serva a loro e a noi.
Se la Cina sfonda nel mercato della medicina come ha sfondato nel
mercato dell'elettronica, anche quel poco che abbiamo ancora come
vantaggio ce l'hanno fregato.
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