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NUMERO 222 - GARATTINI SULLA CANNABIS - PAGINA 2
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Lunedì 25 luglio, per la prima volta, il Parlamento italiano ha discusso una proposta di legalizzazione della cannabis.
Sostenuto da 221 parlamentari, che si sono costituiti in un intergruppo
(troppo pochi per raggiungere la maggioranza di 315), il testo
presentato da Roberto Giachetti (Pd), contiene le “Disposizioni in
materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della
vendita della cannabis e dei suoi derivati”.
Il provvedimento sarà tuttavia ridiscusso il prossimo autunno a causa
dei circa duemila emendamenti a carattere soppressivo, 1300 dei quali
presentati dal partito Area Popolare.
Sull’argomento abbiamo raccolto due pareri: uno favorevole, ed è quello
di Pia Locatelli, parlamentare bergamasca (leggi), e uno contrario, ed
è quello dello scienziato bergamasco Silvio Garattini, direttore
dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”:
“Si tratta di una legge inutile – commenta Garattini -. Inutile perché
di droghe ce ne sono molte, ne vengono prodotte sempre di nuove e
legalizzandone una non si risolverebbe certo il problema”.
La legge prevede la possibilità di detenere per uso ricreativo fino a 5
grammi di marijuana, 15 nel privato domicilio, e di coltivare sul
terrazzo di casa un massimo di cinque piantine. Sulla falsariga del
modello spagnolo nasceranno i “cannabis social club”: associazioni i
cui membri (maggiorenni e non più di 50), possono contare su 5 piante a
testa e consumarne all’interno i prodotti.
La vendita verrà regolamentata in regime di monopolio di Stato, più rigido di quello del tabacco, e il consumo
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La
proposta di legge sulla cannabis è stata rinviata in commissione e
chissà se riuscirà mai a tornare nell'aula di Montecitorio. Il suo
percorso, infatti, è a rischio. Molto a rischio: percorre un sentiero
strettissimo.
Lo conferma uno studio di Openpolis, l'associazione indipendente che
fra le altre cose monitora e documenta il lavoro del Parlamento, che è
andata a verificare nelle pieghe dei lavori parlamentari come per
arrivare all'approvazione finale il progetto di legge dovrebbe superare
molti ostacoli.
Il primo, quello fondamentale, è trovare i voti necessari per arrivare
al via libera. Il testo, infatti, è stato preparato dall'intergruppo
per la legalizzazione della cannabis guidato dal sottosegretario agli
Esteri Benedetto Della Vedova ed è stato firmato da 222 deputati e 71
senatori appartenenti a vari gruppi. Alla Camera le firme arrivano per
il 39 per cento dal M5S (87 deputati) e per il 38 per cento (85) dal
Pd. Sel ha contribuito per il 12 per cento con 28 deputati. Queste
adesioni sono però lontane dal costituire una maggioranza utile per
l'approvazione.
Openpolis ha provato allora a disegnare alcuni scenari possibili. Il
primo prevede che il progetto venga fatto proprio e votato dall'attuale
maggioranza di governo. Ma Alleanza popolare, il gruppo dei centristi,
ha già detto che farà le barricate contro la legge.
Anche così alla Camera il Pd e il resto degli alleati di governo
avrebbero 333 voti, più che sufficienti per approvare il testo. Ma al
Senato invece, nella migliore delle ipotesi, senza Ap i voti si fermano a quota 133,
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vietato in tutti i luoghi pubblici, sia al chiuso che all’aperto, con
la conseguenza che si potrà fumare solo in casa o nei circoli.
Nessuna attenuazione delle sanzioni per quanto riguarda il Codice della
strada, mentre il 5% dei proventi derivanti dalla legalizzazione sarà
destinato alla prevenzione contro la droga.
Elementi, questi, che tuttavia non convincono Garattini:
“Così
facendo i giovani al di sopra dei 18 anni avranno facilmente accesso
all’utilizzo della cannabis, proprio come succede per alcol e tabacco”.
Secondo lo scienziato non reggono nemmeno le argomentazioni di chi
sostiene che una liberizzazione toglierebbe introiti alla
microcriminalità e alla mafia:
“Trovo
ingenuo pensarlo. Nella relazione introduttiva alla proposta di legge
si fa riferimento ad un livello di tassazione per la cannabis pari a
quello del tabacco, che incide per il 75% sul prezzo di vendita al
pubblico. Ne consegue che il prezzo “legale” non sarebbe assolutamente
competitivo rispetto a quello del mercato nero”.
Tra i fattori di rischio, inoltre, vi sarebbe anche la possibile
confusione tra l’uso terapeutico della sostanza e quello ricreativo:
“due
concetti agli antipodi e che vanno trattati separatamente. Il rischio –
secondo Garattini – è che dietro l’alibi della terapia moltissime
persone cerchino di giustificare un consumo che di terapeutico non ha
nulla”.
"Non sono per il proibizionismo - conclude Garattini - piuttosto per l'educazione.
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molto lontani dall'asticella dei 161.
Si passa allora alla seconda ipotesi studiata da Openpolis: un voto
comune fra Pd, M5S e Sinistra italiana-Sel. I numeri ci sarebbero: 167
al Senato, 444 alla Camera. Ad una condizione: il Pd dovrebbe essere
compatto. Ma alla Camera sicuri per il sì sono solo 85 i deputati che
hanno sottoscritto il testo. Apertamente contrari sono i 40 deputati
che fanno capo ad Alfredo Bazoli, già attivi contro la stepchild
adoption, più una cinquantina di franceschiniani e i popolari dem di
Fioroni.
Inoltre questo scenario prevedrebbe l'approvazione di una legge con una
maggioranza alternativa a quella di governo. Ipotesi fino ad oggi mai
diventata realtà.
Alla Camera sono passate 20 leggi con il voto favorevole di tutti i
gruppi, 16 siglate dalla sola maggioranza, una sola con voto favorevole
di maggioranza e Sel: zero con il sì di maggioranza di governo più
grillini.
Il quadro é più o meno simile al Senato: 17 leggi bipartisan, 15 approvate dalla sola maggioranza,
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non vedo come questa sia possibile, visto che lo Stato produce e
specula su qualcosa che danneggia fortemente la salute. Manovre
importanti per contrastare le morti da tabacco, ad esempio, non se ne
vedono, proprio per l’evidente conflitto d’interessi”.
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una sola votata dalla maggioranza più M5S.
Infine, sul cammino della legge pesa anche il silenzio di Matteo Renzi.
Il presidente del Consiglio, infatti, non ha parlato di legalizzazione
della cannabis nel suo discorso programmatico e non lo ha fatto neanche
quando si è recato in Parlamento per illustrare il “programma dei mille
giorni”. Sull'atteggiamento del Pd pesa anche il fatto che la
legalizzazione della cannabis non era prevista neanche nel programma
comune di Pd e Sel alle elezioni del 2013. Non a caso l'ex segretario
Bersani ha detto che non ha «obiezioni di principio», ma vuole essere
sicuro che il sì «non si trasformi in un'autostrada per i furbi».
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