|
|
|
Davanti a
questi numeri forse occorre alzare lo sguardo oltre confine non per
consolarci ma per cercare di vedere qualche soluzione. Per esempio come
interpretare «complessivamente» il fatto che l’occupazuione cresca
negli ultra 50enni? Oltre all’»effetto Fornero» qualcuno lo attribuisce
al fatto che le aziende col jobs act hanno «fatto pulizia» al
proprio interno della manodopera meno gradita e vantaggio della più
obbediente lavoratrice meno assenteista. Ma qualcuno legge questo
come il riflesso di un sistema imprese arretrato e poco propenso
all’innovazione dove trovano spazio addetti meno
professionalizzati e tendenzialmente meno costosi anche se anziani. Non
si parla mai della scarsa professionalità ne fare «l’imprenditore»
però...
Adesso circolano due idee. Una di ridurre in modo permanente il
cuneo fiscale per i giovani assunti. L’altra per tutti. Oltre alla non
indifferente questione del costo economico di queste scelte evidente
che lì’operazione generalizzata conferma e mantiene la strutturale
arretratezza del sistema imprese italiano anzichè stimolarne la
modernizzazione.
I ragionamenti da afre sarebbero quindi molti e lunghissimi ma forse
alzando lo sguardo verso l’alto davanti a una crisi economica che dura
da dieci anni occorre cercare soluzioni altre e altrove.
|
|
|
|
Ricordo
sempre questo esempio raccontato da mio padre che militava nelle file
del Partito d’Azione durante il fascismo e nel secondo dopoguerra.
Abitava in un grosso comune della Valle Seriana dove era insediata una
fabbrica di gru da montare sui mezzi di trasporto. In quanto tale era
una fabbrica di prodotti bellici ed era nel mirino degli inglesi per
bombardarla. Le gru erano montate anche sui vagoni ferroviari e
la fabbrica era quindi collegata con la ferrovia della valle, con
accesso direttamente alla stazione del suo paese. Gli
inglesi avevano tentato di bombardare più volte la fabbrica ma
per incapacità non avevano fatto danni tranne che... erano riusciti a
distruggere la stazioncina e gli spazi esterni: un giardino parte
publico e parte privato. Arrivata la Liberazione venne nominato dalle
truppe occupanti un nuovo sindaco, un bravo avvocato vicino alle Fiamme
Verdi. Intanto cominciavano a tornare in paese sia i militari che erano
sbandati in mezza Europa
|
|
|
|
Economia: più posti agli over 50 e fra i giovani calano i senza lavoro
Disoccupazione all’11,5% e fra gli under 25 al 35,2 % ma sulla frenata ha un peso l’aumento degli inattivi
Rosaria Amato / La Repubblica
A febbraio il tasso di occupazione in Italia è arrivato al 57,5%:
22.862 000 persone con un posto e uno stipendio. La percentuale è
praticamente la stessa del 2004 (57,4) anno in cui cominciano le serie
storiche dell’Istat sulle variazioni mensili del mercato del lavoro: in
13 anni la popolazione italiana è passata da 57.888.245 unità a
60.665.551, si sono avvicendati governi, sono state approvate riforme
delle pensioni e dei contratti. Eppure il tasso di occupazione, che
misura il rapporto tra gli occupati e la popolazione di riferimento (in
questo caso compresa tra i 15 e i 64 anni) è rimasto inchiodato. È
cambiata però la composizione: nel febbraio 2004 il tasso di
occupazione femminile era al 45,3% e quello maschile al 69,7%. Nel
febbraio 2017 quello femminile è passato al 48,4% e quello maschile al
66,7%: tre punti in più di là e tre in meno di qua. Un’analisi che non
tiene conto, certo, di tutti gli altri indicatori che misurano le
variazioni del mercato: il tasso di disoccupazione, le variazioni
assolute, i contratti stipulati. L’offerta è anzi talmente vasta che
ogni volta che vengono pubblicati gli aggiornamenti, ognuno si
“sceglie” quelli che preferisce: il governo i dati dai quali emerge un
miglioramento, le opposizioni quelli dai quali emerge un peggioramento.
Sindacati, associazioni imprenditoriali e studiosi in genere
|
|
|
|
|
Lo
confessiamo. La «madonnina» che appare in mezzo a questa aiuola davanti
alle Poste di Curno l’abbiamo messa noi con un banale
copia&incolla. Incollata apposta perché un lavoro così benfatto ed
elegante eseguito da un privato dentro una aiuola pubblica, merita un
«quid» supplementare di beltà e devozione e conoscenza. In tempi così
neri.
In alto: Alfred Eisenstaedt, fabbrica di spaghetti a Napoli 1938
|
Prima di
tutto occorre una riorganizzazione del sistema a livello europeo:
stessa tassazione, medesima socialità, stesso livello di evasione
elusione fiscale, stesso tenore di vita da raggiungere entro un
lasso di tempo ragionevole. Cinque anni.
Le imprese si accorpano mentre gli stati restano derelitti e divisi: non vai da nessuna parte da solo.
Secondo l’Europa deve dare degli indirizzi scalari sugli investimenti:
settore per settore decidere quali aiutare per svilupparli e quali
lasciarli in totale balia del mercato.
Terzo ridurre i costi inutili alle famiglie nella burocrazia energia
trasporti comunicazioni beni comuni (acqua ambiente ). Oggi sono
eccessivi i carichi alle famiglie rispetto al risultato.
Ultimo decidere le relazioni tra l’Europa e gli stati in via di
sviluppo, nel senso che se non li aiutiamo a crescere nemmeno il nostro
sistema industriale può resistere.
Meno evasione fiscale (interna internazionale finanziaria) e più Europa
quindi sono gli obiettivi complessivamente più sensati oggi, smettendo
l’inutile enfasi sull’immigrazione.
|
|
|
|
e dai boschi uscivano anche quelli che s’erano nascosti per evitare
l’internamento o la morte. In una delle prime riunioni del comitato
che governava il paese il sindaco decise di far lavorare un po’
di gente per rimettere a posto la stazione, rifare la strada, i
giardini adiacenti quello pubblico e anche quello privato. I
contadini vennero invitati a dare qualche albero tolto dai
loro boschi per abbellire di nuovo i giardini dove le antiche
alberature erano state distrutte dai bombardamenti.
Ricordo le parole di mio padre. «Il sindaco presentando l’idea di
questi lavori concluse dicendo: dopo tutto quello che abbiamo visto e
subito di brutto durante la guerra, adesso facciamo questo paese
anche un po’ più bello di prima. La bellezza ci aiuterà ad essere anche
più buoni».
Non solo perché sono state parole di quel sindaco pure condivise da mio
padre, ma credo che davvero nei momenti più difficili, la bellezza ci
aiuta a vedere e sperare nel futuro.
|
|
|
|
si posizionano in mezzo, con commenti che però tendono di solito più che allo scetticismo che all’entusiasmo.
Questo tipo di andamento non si riscontra solo nelle serie storiche, si
conferma anche negli ultimi mesi. Tanto che il comunicato Istat sui
dati di febbraio diffuso ieri non si apre con il tasso di
disoccupazione che scende, attestandosi all’11,5%, lo 0,3% in meno
rispetto a gennaio, e neanche sul tasso giovanile, che si riduce di 1,7
punti arrivando al 35,2%, livello che ci riporta ai minimi dell’agosto
2012. Invece si scrive in apertura che «a febbraio 2016 la stima degli
occupati è stabile rispetto a gennaio, mantenendosi su livelli prossimi
a quelli dei quattro mesi precedenti». E allora se gli occupati
rimangono stabili come fa a calare la disoccupazione? Tra gennaio e
febbraio ci sono 83.000 persone in meno in cerca di lavoro, e 51.000
inattivi in più. Il governo è ottimista: «Cala la disoccupazione, anche
tra i giovani. L’impegno per le riforme ottiene risultati. E continua»,
twitta il premier Gentiloni, seguito dall’ex premier Renzi che esalta
gli effetti positivi del Jobs Act. Mentre Brunetta (capogruppo FI alla
Camera) accusa il governo di fallimento, e altri esponenti politici, da
Fratelli d’Italia a Mdp, di mistificazione. Nessuno commenta dati
Eurostat, dai quali emerge una distanza notevole dell’Italia
dall’Europa: il tasso di disoccupazione dell’Eurozona è al 9,5%, la
media Ue è all’8%.
Anche sul calo della disoccupazione giovanile c’è chi solleva dubbi:
«Ultimi 3 mesi +86mila giovani inattivi e -86mila giovani disoccupati.
Hanno ricominciato a studiare a febbraio o hanno smesso di cercare
lavoro?», twitta Francesco Seghezzi, del centro studi Adapt. Su base
annua gli occupati invece crescono davvero, 294.000, ma l’aumento si
concentra tra gli ultracinquantenni, bloccati dalle riforme
pensionistiche. Le altre fasce di età calano, anche se si tratta di un
effetto in parte dovuto alle variazioni demografiche, che vedono un
aumento degli anziani a discapito dei giovani. «Galleggiamo. – commenta
Guglielmo Loy, segretario confederale Uil – I dati sono implacabili,
con questo tasso di crescita non possono aumentare i posti di lavoro».
|
|
|