NUMERO 266 - PAGINA 2 - IL SUICIDIO DELLA SECONDA REPUBBLICA



























































Gian Antonio Stella
Sono 42 le sigle salite al Quirinale per le consultazioni.
E basta rileggere un editoriale del Corriere del '66 per accorgersi che è sempre la stessa storia. Anzi, peggio




Luigi Castaldi
Campagna elettorale violenta sui nuovi media? Allora era meglio fosse violenta in piazza !?.




Andrea Ricciardi
Quando la prima republica dette il meglio di se .























































































probabile, e noi ce lo au guriamo, che si arriverà,in
una data non molto lontana, ad arrestare la proliferazione della bomba atomica. Ma c'è una proliferazione, nel nostro Paese, che nessuno potrà mai arrestare ed è la proliferazione dei partiti».
Parole d'oro, direte. Non c'è Paese al mondo che possa essere decentemen­te governato se per le consultazioni in Quirinale dopo le dimissioni del governo di Matteo Renzi si presentano i delegati di una marea di forze politiche. Citiamo l'ordine d'ingresso dal comunicato della presidenza della Repubblica: Gruppo Mi­sto del Senato e della Camera; Sudtiroler Volkspartei; Minoranza linguistica della Valle d'Aosta; Alternativa Libera Possi­bile (AL-P) ; Udc, Unione Sudamericana Emigrati Italiani (USEI-IDEA); FARE!- PRI, Partito Pensiero e azione (PPA- Moderati); Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI) ; Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale; Democrazia Solidale - Centro Democratico (DeS-CD); Grandi Autonomie e Libertà (Grande Sud, Popolari per l'Italia, Moderati, Idea, Alternativa per l'Italia, Euro-Exit, M.P.L.-Movimento Politico Libertas); Civici e Innovatori (CI); Gruppo parlamentare Per le Autonomie (SVP-UV- PATT -UPT); Gruppo parlamentare Conserva -tori e Riformisti (CR); Lega Nord e Autonomie (LNA); Sinistra Italiana -  Sinistra Ecologia Libertà (SI-SEL); ALA-Scelta Civica per la Costituente Liberale e Popolare; Area Popolare-NCD-Centristi per l'Italia;



Partitismo selvaggio. Meno comprensi­bile però, insisteva il Corriere, «è invece un'altra proliferazione: la più recente, (essa data infatti da ieri) di un nuovo raggruppamento socialista, che è stato promosso da alcuni parlamentari e loro amici, che non hanno approvato l'unifi­cazione. Nemmeno l'onorevole Lombardi e l'onorevole Santi hanno approvato l'unificazione, ma hanno pensato che era più opportuno far valere le loro opinioni, restando nel partito unificato. Gli onorevoli Gatto, Carettoni, Anderlini invece sono stati del parere opposto: che era meglio andarsene che restare.
E fin qui nulla da eccepire. Ma, andandosene, perché non hanno raggiunto i loro antichi compagni Vecchietti, Valori e seguaci, nel partito socialproletario? I socialisti di Gatto non si distinguono ideologicamente da quelli di Vecchietti. E nemmeno politicamente, perché gli uni come gli altri vogliono il fronte popolare, e cioè l'unione delle sinistre con l'inclusione dei comunisti. E tutti e due intendono mantenere l'autonomia dottrinaria e orga­nizzativa del socialismo rispetto al comu­nismo.
Quindi la logica avrebbe voluto che alla uscita di Gatto e compagni dal partito unificato fosse seguito il loro ingresso nel partito socialproletario. Ma, evidentemente, la logica non è stata rispettata. Gli scissionisti hanno preferito fondare un nuovo partito.
Per evitare il rimprovero della proliferazione, essi hanno preso una sola precauzione: hanno deciso di chiamare il partito “movimento”, e così tutto è andato a posto». I gruppi parlamentari compreso quello misto, per vostra curiosità, erano solo undici alla Camera e sette al Senato. Occorre aggiungere un commento? Ahi ahi.



uando sento i soloni della politica e della cultura, seguiti a ruota dai loro epigoni in sedicesimo, lamentare che ilweb ribolle d'odio,
mi vien voglia di dir loro: zitti, per carità di Dio, state zitti, ché senza il web tutto quest'odio lo vedreste nelle strade, e invece della gragnucola di tweet insultanti vedreste piovere sampietrini, invece delle migliaia di like a un'invettiva rancorosa vedreste dei linciaggi, lasciate che ogni esasperato possa sfogare tutta la rabbia attraverso i cavi che collegano la sua incubatrice a questo cyberspazio in cui ogni sollevamento popolare, ogni rivoluzione, ogni guerra civile, si risolve in stragi e devastazioni tutte virtuali, lasciando al potere chi ci stava, e nella merda chi ci resta.
E farei loro l'esempio del governo Gentiloni, direi: non ci fosse internet per sfogare la sacrosanta indignazione che nasce nel vedere che a Palazzo Chigi s'insedia un esecutivo fotocopia di quello che venti milioni di NO hanno mandato affanculo il 4 dicembre, non avreste in piazza a far danni materiali almeno un decimo di quanti su Twitter o su Facebook la stemperano in uno zotico improperio o in un acido sarcasmo? Ma che dico, ne basterebbe un centesimo per mettere a dura prova le forze dell'ordine, e senza dubbio ci scapperebbe il morto, forse due, dieci, ventisette, cinquantuno.
Non mi fraintendete: anch'io, come voi che presidiate le rendite di posizione di chi da tempo ha svuotato di sostanza la democrazia lasciandone solo il guscio vuoto, per giunta tutto ammaccato,




ochi capirono il nuovo slancio vitale dei giovani durante l'alluvione di Firenze
Nel mese scorso, in occasione del cinquantenario, si è molto parlato della
vicenda dcll'alluvione di Firenze del novem­bre 1966. Sono emerse testimonianze c immagini. Soprattutto, a distanza di cin­quantanni, si è meglio valutata la portata di queirevento, non solo per le distruzioni operate (700.000 tonnellate di fango si rovesciarono sulla città), ma per l'impatto sui fiorentini c sugli italiani La città ferita attirò l'attenzione c l'aiuto di tanti italiani che accorsero rapidamente a soccorrere i suoi abitanti. Fu un fatto eccezionale. Se ne accorse don Lorenzo Milani, isola­to nella sua montagna di Barbiana ma attento a quanto succedeva. Con i suoi ragazzi fece raccolte per gli alluvionati. Ma, soprattutto capì, che c'era un clima nuovo tra i giovani e la gente: parlò di un ritorno al clima unitario della guerra, tanto che “preti” c comunisti lavoravano insieme. Firenze ferita, infatti, fu sentita come qualcosa che riguardava tutti gli italiani. Anche tra quelli all'estero, ci fu­rono importanti collette per il capoluogo toscano. Macchine con altoparlante, nei primi giorni dopo l'alluvione, giravano per Firenze, dando questo messaggio: «Studenti, aiutateci a salvare i capolavori di Firenze!». Da fuori Firenze, vennero in tanti.
Molti i giovani. L'Università di Bo­logna organizzò lo spostamento di 2.483 studenti con un trasporto autonomo pendolare. Giorgio La Pira, che visse con passione quel dramma cittadino, incontrò giovani di vari Paesi europei (e anche isra­eliani) e concluse: «I giovani hanno capito che Firenze appartiene a loro, come gli appartiene il futuro. Hanno lavorato con la stessa passione nelle cantine e nelle biblioteche».

















































































































































































































































































































































































































































































trovo inescusabili certe espressioni che grondano livo re, ma direi che vi convenga chiudere un occhio e lasciar scorrere, riservan dovi semmai un'al tezzosa levata di sopracciglio sulla bestiale volgarità della plebe che intasa i social net work. Lasciateli sfogare sulla tastie ra, probabilmente a loro basterà ancora per molto, e questo vi consen tirà di continuare a preser vare il Palazzo.
Sennò poi a chi potreste offrire consulenza?











Ci fu infatti una percezio­ne diffusa: Firenze, con la sua bellezza e la sua arte, era di tutti Molti giovani vennero ad aiutare, mentre la macchina statale dei soccorsi era lenta e inadegua­ta.
Si è sottovalutato l'impatto di questa esperienza “nazionale" e di solidarietà in una generazione, limitandosi a conside­rarla un episodio. 1 due decenni di storia repubblicana, fino allora trascorsi, erano stati all'insegna del conflitto politico tra De e Pei sul modello delle elezioni del 18 aprile 1948. Quella era la Repubblica
dei partiti, come diceva Pietro Scoppola. Ed ogni partito aveva il suo movimento giovanile, vivaio dei suoi quadri futuri. E, prima ancora, la generazione della guerra mondiale aveva vissuto l'esperienza dram­matica dell'8 settembre 1943, lo sbando totale delle forze armate e la fine dello Stato, «'tutti a casa», era stato il grido che esprimeva la volontà dei giovani italiani in armi che si riprendevano la libertà.
Si è sottovalutato l'impatto di questa esperienza “nazionale" e di solidarietà in una generazione, limitandosi a conside­rarla un episodio. 1 due decenni di storia repubblicana, fino allora trascorsi, erano stati all'insegna del conflitto politico tra De e Pei sul modello delle elezioni del 18 aprile 1948.
Quella era la Repubblica
dei partiti, come diceva Pietro Scoppola. Ed ogni partito aveva il suo movimento giovanile, vivaio dei suoi quadri futuri. E, prima ancora, la generazione della guerra mondiale aveva vissuto l'esperienza dram­matica dell'8 settembre 1943, lo sbando totale delle forze armate e la fine dello Stato, «'rutti a casa», era stato il grido che esprimev a la volontà dei giovani italiani in armi che si riprendev ano la libertà. Tra l'altro si manifestò una solidarietà tra gli studenti e le forze dell'ordine, non scontata in quel periodo specie per la sinistra. Allora ben 6.000 salvataggi furono realizzati dai vigili del fuoco, carabinieri, polizia ed esercito. Intanto, nelle città dove fu spostato una parte del patrimonio librario imbevuto di fango (come a Roma, ricordo al palazzo della civiltà italiana all'Eur), i più giovani, che non erano andati a Firenze, davano il loro tempo per pulire i libri. L'anziano Giuseppe Prezzo lini, non tenero verso i giovani («capello ni, sporchi e maleduca ­ti»), dovette notare con una certa condiscen denza: «È emerso un buon comportamento dei giova­ni, che sono accorsi ad aiutare e si sono mostrati diversi da quello che dicono le voci correnti...». L'alluvione di Firenze dette luogo a un vasto protagonismo giova­nile: era l'espres sione di una generazione folta da un punto di vista demogra fico e di un'Ita lia non invecchiata; mani fes tava voglia di fare e di esistere, da cui sarebbe sgorgato il volontariato degli anni suc­cessivi e l'impegno politico su vari fronti Nessuno capì che quello slancio vitale e solidale significava qualcosa di nuovo. Un anno e mezzo dopo, nel 1968, fu l'ora del movi -mento studentesco e di un'effer­vescenza giovani le, destinata a lasciare un'impronta, specie nella contestazione delle istituzioni. Il '68 fu una rivoluzione antropologi ca, anche se politicamen te rappresentò un falli -mento. Ma era una storia tutta diversa.

Andrea Ricciardi/Sette






















































































































































































































































































































































































































































































































































Forza Italia-Il Popolo della Libertà; Movimento 5 Stelle; Partito Democratico. Per un totale, considerando che le componenti di questo e quel gruppuscolo uniti sono nella stessa delegazione, di 42 sigle. Quarantadue!
Eppure, vi sembrerà impossibile, a pubblicare quel corsivo dell'incipit sulla proliferazione della bomba atomica e dei partiti, sotto il titolo «Tutto è a posto», era il Corriere del 22 novembre 1966. Cinquanta anni fa. Proseguiva quel commento, anonimo e quindi «fir­mato» dal direttore, allora Alfio Russo. «Pochi giorni or sono», proseguiva il corsivo, «abbiamo visto nascere un nuovo partito comunista, che per brevità è stato chiamato cinese. E sta bene, non ce ne siamo sorpresi, perché era da attendersi che un fatto così importante come lo scisma tra comunisti russi e comunisti cinesi, scisma a torto o a ragione fondato su questioni ideologiche d'interesse mon­diale, avesse una qualche ripercussione in tutti i partiti comunisti.
Quando due ortodossie vengono in conflitto, quando Breznev e compagni da un lato e Mao Tse-tung dall'altro pretendono di essere ognuno l'interprete unico del marxismo- leninismo, non si può impedire che tutti coloro che partecipano alla comunità marxista-leninista si pronuncino a favore dell'uno o dell'altro».



















































Segue celebrazione: »Bergamo e dintorni: qualcosa si muove nel panorama dell'in mazione. La corazza ta dell'informazione anglo orobico sasso ne conserva la sua egemonia, ma potreb be essere indotta a cambiare rotta» A L’Eco stanno sicura mente tremando per la perdita degli annun ci mortuari. Celebrazione di como do perché dopo il falli mento editoriale di un mensile (che aveva ospitato artico li del gestore della Latrina) adesso l’ennesimo tentativo elettorale di un settimanale orobi co «ospita» ogni setti mana un articolo ce lebrativo dell’ex sinda co Gandolfi oppure dei grillini ex leghisti indigeni. Compare la riproduzione di un trafiletto: «M5S va all’attaco e loda Gan dolfi». E chi compare in foto? un »coordi natore degli Amici di Beppe Grillo 3.0"» ex assessore leghista - della giunta Gandolfi fresco d’iscrizione -06 novembre 2016- ai pentastellati.  Come si dice?: culo e camicia.
















































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































La Latrina di Nusquamia dello spin doctor del sindaco decaduto Angelo Gandolfi Claudio ing. Piga (auto)celebra i cinque anni di spargimento di escrementi in rete e altrove. Con particolare preferenze verso il genere femminile. Femmine meritevoli di numerosi ammazzamenti per via del "nervus" che provocano nei maschi quando li mirano con delle stoviglie. La Latrina celebra cinque anni di grandi successi tra i quali può appuntarsi l'essere riuscita a costringere il Gandolfi a non presentarsi alle elezioni 2017. Vorrebbe appuntarsi sul petto anche la medaglia delle dimissioni dal consiglio regionale di Pedretti, ma é una delle sue tante bufale dal momento che il Pedretti é franato assieme alla Lega di Bossi et famiglia.

Sulla Latrina di Nusquamia c’è anche un elenco delle cento migliori canzoni francesi suggerite da un sito...russo. Come cercare consigli sulle migliori pizzerie in Svezia o in Russia. La chicca del ragionamento sta in una frasetta che -data la velocità dell’intelligenza del gestore delLa Latrina- gli deve essere sfuggita:»io quel libro (Piccolo principe di Saint-Exupéry) di sentimenti dolciastri non l'ho letto, e dico che non mi piace». Non l'ha letto ma non gli piace. Oh!?.