NUMERO 266 - PAGINA 1 - MEDIASET NON E' PATRIMONIO NAZIONALE


























































Mediaset, il muro dei Cinque Stelle:
«Non è azienda strategica,
nessun aiuto dal governo»
«Intervento inappropriato dell’esecutivo che nulla fece contro la scalata a Telecom»





Non pensiamo che Mediaset sia un'azienda strategica per l'Italia.
Da sola Mediaset non va avanti in Ue.




Mediaset-Vivendi: "In gioco tutta l'azienda Italia". Gentiloni, "Scalata ostile"
Il retroscena. Il neo premier contattato da Confalonieri. Palazzo Chigi preoccupato per il futuro di Mediobanca, Generali e Unicredit. L'idea di scorporare la rete Telecom




















































































Si allarga la partita Mediaset. Dai mercati finanziari — sui quali la francese Vivendi di Vincent Bolloré ha iniziato la scalata al gruppo delle tv di Berlusconi, arrivando al 20% del capitale — all’arena politica. L’intervento di giovedì 15 dicembre di Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico, che ha definito l’avanzata di Vivendi una «scalata ostile inappropriata» ha scatenato le opposizioni. In prima battuta il Movimento 5 Stelle. «È totalmente inappropriato un intervento dell’esecutivo a tutela di Mediaset — spiegano i deputati M5S della commissione Trasporti e Telecomunicazioni — quando lo stesso nulla fece contro l’aggressiva scalata di Vivendi a Telecom Italia, che invece era veramente strategica per il nostro Paese considerando l’infrastruttura di rete in suo possesso».



«In queste ore penso che Berlusconi sia giustamente preoccupato di salvare parte del suo patrimonio, ma di un patrimonio che è degli italiani tutti. Poi i suoi atteggiamenti su questo governo li vedremo nelle prossime settimane».

Vivendi: «Non è atto ostile»
Il gruppo francese che punta ha Mediaset ha precisato la sua posizione: «Certamente non è stato sollecitato, ma non è un atto ostile», ha spiegato una fonte di Vivendi rispondendo a una domanda dell’Ansa a Parigi sulla recente scalata a Mediaset. «Vogliamo estendere e rafforzare la nostra posizione in Europa del Sud che per noi è strategica. Per questo abbiamo deciso di acquisire le quote di Mediaset», ha aggiunto.
In Borsa perdite più ridotte
In Borsa, intanto, dopo un calo delle azioni Mediaset in apertura si assiste



Vale la pena di leggere, per capire l'odierna vicenda dell'acquisto  fino al 20% di azioni Mediaset da parte di Vivendi, dell'articolo di Rampini che abbiamo RI-prodotto sul numero 247 di questo blog il 16 ottobre u.s. Vedi  al collegamento.
Ecco l'inizio: “AT&T-Time Warner, un'unione per la tv del futuro.
Il gestore dell'infrastruttura acquisisce il produttore di contenuti puntando a una televisione smaterializzata, da fruire su supporti diversi e in qualsiasi luogo, svincolata da abbonamenti. Resta da vedere se il matrimonio funzionerà
Federico Rampini
New York - La televisione del futuro può nascere dalla fusione di questi due giganti: AT&T e Time Warner. Sempre che non vinca l'elezione Donald Trump: ha detto che la vieterebbe. Mentre se vince Hillary Clinton è da prevedere un'istruttoria dell'antitrust che può concludersi con la richiesta di dismettere qualche pezzetto della nuova entità
AT&T, nella parte dell'acquirente disposto a spendere oltre 85 miliardi di dollari, è una telecom tradizionale, come tale gestisce un'infrastruttura a base di cavi, ripetitori per i telefonini o wifi, fibre ottiche e banda larga. AT&T, che nacque dallo spezzatino del monopolista Ma Bell, risale alle origini del telefono negli Stati Uniti. Più di recente aveva già fatto delle incursioni nel mestiere televisivo ma soprattutto dal lato delle infrastrutture attraverso DirectTV che offre i collegamenti via satellite.”
Sostanzialmente quello che Vivendi sta cercando di fare oggi con Mediaset, tenendo oltretutto conto che Mediaset non ha quotidiani a disposizione (rispetto a una Time Warner…).

Passare per il governo che ha spianato le porte alla colonizzazione finanziaria del Paese è il primo grande spettro che si impadronisce di Palazzo Chigi, nelle stesse ore in cui il Senato concede la fiducia e Paolo Gentiloni inizia la sua complicata navigazione. La scalata di Vivendi a Mediaset, il blitz che porta le azioni in mano al Bretone al 20 per cento spiazzano e scuotono il neo presidente del Consiglio che già dovrà correre ai ripari nella trincea Mps. Non c'è un istante da perdere. "Qui non è in gioco solo l'azienda di Berlusconi, la partita è molto più grossa e non possiamo stare a guardare" è il monito che il premier fa proprio e rivolge ai suoi ministri. Parte subito un giro vorticoso di telefonate ai massimi livelli istituzionali, lo scenario viene considerato tra i più cupi per un Paese già



Poco, nulla, temono i vertici Mediaset,così almeno ha smorzato gli entusiasmi l'avvocato Niccolò Ghedini durante il grande vertice di famiglia con il patron Berlusconi, i figli e il presidente Confalonieri ad Arcore.E invece non solo Palazzo Chigi ma lo stesso Pd entra in campo per fare quadrato. Saranno studiate "azioni per mettere in sicurezza Mediaset", conferma il vicesegretario di Renzi, Lorenzo Guerini: anche lui parla di "un patrimonio di questo Paese" da tutelare di fronte a una scalata "molto ostile".

Paolo Gentiloni poco prima di volare a Bruxeles per il suo primo Consiglio europeo da premier viene contattato da Fedele Confalonieri. Col presidente Mediaset il rapporto ha radici nel tempo.














































































































































































































































































































































































































































considerato fragile dagli investitori internazionali e da Bruxelles.

È il messaggio che rimbalza da Milano a preoccupare la Presidenza del Consiglio e il ministero dello Sviluppo economico in prima battuta, perché in gioco non c'è solo la messa in sicurezza di una grande azienda che già nel 1998 l'allora premier Massimo D'Alema aveva definito "patrimonio del Paese". Ma la sospetta coincidenza temporale: l'arrembaggio del colosso francese viene condotto appena pochi giorni dopo la chiusura dell'esperienza Renzi, un governo considerato forte e stabile in tutte le cancellerie e sui mercati. E quando la crisi politica italiana si conclude comunque con la nascita di un nuovo governo, che certo non vuole apparire all'esterno debole e aggirabile.



Ma le rassicurazioni hanno solo in parte rasserenato il clima a Villa San Martino.
Berlusconi ordina ai suoi figli di fare quadrato e tenersi forti, forti del fatto che per andare oltre e completare l'Opa Bolloré dovrebbe mettere nel carrello anche le Torri e Telecinco: almeno altri due miliardi oltre i 4,3 di valore Mediaset.

Palazzo Chigi teme questo e altro. Ovvero che ad essere scalate in futuro siano anche Mediobanca, Unicredit e Generali. Altra storia Telecom. L'ex premier Renzi ha scommesso tutto sulla fibra ottica, ma la gran parte delle comunicazioni - anche le più delicate, quelle della Difesa - viaggiano ancora sulla linea telefonica di rame nelle disponibilità della società. Il governo potrebbe scorporarla, renderla "strategica" per gli interessi nazionali e sperare di smorzare così le mire di Vincent Bollorè (che già controlla Telecom col 24,5 per cento). Un intervento simile ma di altra natura - per esempio sulla tassazione - potrebbe essere una via allo studio per proteggere Mediaset.
A Cologno Monzese sanno che sarà difficile nuotare ancora da soli in una piscina di squali.
Il competitor dei francesi è l'altro colosso Sky, gli approcci con Rupert Mardoch per Mediaset Premium non sono mancati.
Il fatto è che il magnate australiano stia chiudendo importanti accordi proprio col "nemico" Bolloré in Francia. Intese che potrebbero passare attraverso la non belligeranza sul "terreno di caccia" italiano. Chissà se allora il patron di Vivendi non tenterà nell'arco di pochi mesi di chiudere il pacchetto telefonia-tv nel Belpaese.
Una strada spianata, sempre che Palazzo Chigi non blindi in qualche modo gli ultimi gioielli di casa.

Carmelo Lopapa
La Repubblica





















































































































«Altrettanto bizzarro — proseguono i grillini nella nota — è sostenere, come ha fatto il ministro Calenda che la società di Cologno Monzese “opera in un campo strategico come quello dei media” quando rappresenta la principale concorrente dell’operatore radiotelevisivo pubblico. Mediaset è un’azienda totalmente privata e non è certamente più strategica di Unicredit e delle altre finite già in mano francesi. È chiaro che qualsiasi intervento pubblico a sostegno di Mediaset risulterebbe alquanto anomalo e discriminatorio verso realtà produttive del nostro Paese anche più importanti». «Le parole del ministro Calenda e del vicesegretario Pd Guerini — aggiunge Mirella Liuzzi — sottolineano come l’esecutivo `Renziloni´ abbia a cura gli interessi del proprio sodale Silvio Berlusconi, visto che i vertici di Mediaset si sono schierati pubblicamente per il sì al referendum costituzionale. Questi interventi di governo e maggioranza sono quindi una vera e propria ricompensa?».

Ma non alza la voce solo il Movimento 5 Stelle. Sulla questione interviene anche la Lega, sebbene il discorso vada in altre direzioni: «È emblematico, secondo il leader della Lega, Matteo Salvini, che «il governo e gli organi di vigilanza non abbiano mosso un dito» per fermare la scalata di Vivendi a Mediaset. «In queste ore i francesi stanno cercando di fare shopping tra le aziende» di Silvio Berlusconi, «Mediaset è una delle principali aziende del Paese, ci sono migliaia e migliaia di posti di lavoro», ha sottolineato Salvini, intervistato da Radio Cusano Campus. «Il fatto che dalla sera alla mattina un finanziere francese riesca a scalare il 20% di una delle principali aziende italiane senza che il governo abbia mosso un dito, senza che gli organi di vigilanza abbiano mosso un dito, è emblematico», ha scandito Salvini.



a un tentativo di recupero del terreno: i titoli a metà seduta cedono solo l’1,8% con i broker che scommettono su alcuni giorni di «pax armata» tra Fininvest e Vivendi mentre continuano gli acquisti su Telecom Italia (+3,2%) che potrebbe rientrare nella partita. Allo stato attuale una scommessa dei mercati, visto che Giuseppe Recchi, presidente diTelecom Italia, si chiama fuori dalla partita:"Non abbia mo alcun ruolo nella vicenda Mediaset












































































































































































































E per capire ancora meglio l'operazione odierna e la piccolezza politico culturale di chi difende la nazionalità strategica di Mediaset basta osservare le cifre in ballo: 85 miliardi (di dollari) nell'affare AT&T-Time Warner contro i 4-6 miliardi di euro  di Mediaset. Uno a quindici.
Per questi motivi  non riteniamo Mediaset un'azienda strategica per l'Italia. Se parlassimo di Mondadori allora potremmo menare le mani, ma per Mediaset proprio no. Anzi: pensiamo che Mediaset nel  Gruppo Vivendi possa costituire non solo un vantaggio per gli vari azionisti proprietari ma per tutto il settore in Italia e in Europa.
Bloccare la fusione o il matrimonio o l'acquisizione Vivendi-Mediaset  va a svantaggio non solo dei consumatori ma soprattutto dell'Europa. Perché se il gruppo AT&T+Time Warner  producono in lingua inglese, un polo europeo simile dovrà produrre in molte lingue e la sua presenza sul mercato internazionale (oltre quello delle nazioni europee) sarà sempre più difficoltosa.
Vivendi-Bollore aveva siglato lo scorso aprile una partnership strategica e industriale con Mediaset. La partnership, "avente una portata internazionale, prevedeva, da un lato, varie iniziative relative alla produzione e distribuzione congiunta di ambiziosi programmi audiovisivi e, dall'altro lato, la creazione di una piattaforma televisiva globale over-the-top".
Il primo passo prevedeva l'acquisizione da parte di Vivendi del 3,5% del capitale sociale di Mediaset e il 100% della pay-tv Mediaset Premium, in cambio del 3,5% del capitale sociale di Vivendi.
Ma. C'é di mezzo un "grande" MA.
“Se dici che mi vendi una Ferrari, ma questa si dimostra essere una Fiat Punto, c'è un problema”. Il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, non usa giri di parole: in un'intervista al Financial Times sintetizza così l'inaspettato dietrofront della media company francese sull'acquisto del 100% di Mediaset Premium – come 'conguaglio' nello scambio azionario del 3,5% tra Mediaset e Vivendi. Il ceo della società guidata da Vincent Bollorè confida che si possa riprendere un dialogo Francia-Italia per rafforzare la posizione di Vivendi in Europa; ma se questo non dovesse essere possibile ci sono “altri piani. Abbiamo opzioni diverse”, dice.
Il caos giudiziario tra estate e autunno hanno fatto probabilmente decidere Vivendi Bollore a muoversi da sola, sfruttando la posizione di forza economica che possiede e l'appeal internazionale di cui gode.
Quanto alle posizioni del governo e dei partiti italiani ormai fanno solo sorridere mestamente.













Vivendi, né attivo, né passivo. Siamo del tutto estranei», ha spiegato a margine di un evento della compagnia telefonica.

Il supporto di Banca Intesa
Nella partita scenda in campo anche il principale gruppo bancario italiano, Intesa Sanpaolo: «Supportiamo Mediaset in questa operazione, è importante che le aziende italiane restino italiane», ha sottolineato Carlo Messina, consigliere delegato del gruppo bancario a margine della presentazione del progetto del nuovo asilo nido al reparto di Oncoematologia dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino. «Abbiamo relazioni con Mediaset, le siamo vicini», ha aggiunto.

Michelangelo Borrillo
Corriere della Sera





Tanto più che il sospetto, il timore è che l'assalto a Mediaset non sia l'unico in cantiere oltre confine. Ecco allora che quando i mercati sono chiusi da un'ora, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda interviene per piantare dei paletti, pur premettendo "l'assoluto rispetto del governo per le regole di mercato". Quello in atto, viene sottolineato, appare "un tentativo, del tutto inaspettato, di scalata ostile a uno dei più grandi gruppi mediatici italiani" e non è "il modo più appropriato di procedere per rafforzare la propria presenza in Italia". Ed è il motivo per il quale "il governo - avverte il ministro competente in materia - monitorerà con attenzione l'evolversi della situazione". Ma cosa potrà fare in concreto l'esecutivo in un regime di libero mercato, di fronte a un'operazione di Borsa, sebbene pianificata come un assalto in stile raider?