NUMERO 264 - PAGINA 1 - SBATTIMENTI POST RENZIANI



































































Governo in crisi, su voucher e articolo 18 lo spettro di un nuovo referendum
I quesiti in materia di tutela del lavoro, presentati dalla Cgil, sono all'esame della Cassazione, poi passeranno alla Consulta con la possibilità di riportare alla urne i cittadini già in primavera. Una prospettiva che peserà sulla legislatura.









Sale la fiducia in Renzi.
Con un suo partito prenderebbe più del Pd.
Il 55% vuole votare subito, ma uno su tre è contrario.









PD bergamasco in crisi: «Anticipiamo il congresso»
Bisognerà avvertirlo che la gata fresusa la fa i migni orb.
















































































































































































































Un referendum per cancellare i voucher. Un altro per tornare all'articolo 18 nelle aziende sopra i 5 dipendenti. Un altro ancora per garantire che le imprese subappaltatrici paghino i contributi ai loro dipendenti. Tre quesiti presentanti dalla Cgil che potrebbero interferire con la complicata partita a scacchi sul futuro del governo e della legislatura. Perché, se la Cassazione prima e la Consulta poi dessero il via libera, si dovrebbe votare nella prossima primavera. Chiamare cioè i cittadini, reduci dal no di proporzioni impreviste al taglio dei senatori o all'abolizione del Cnel, a pronunciarsi sui famigerati voucher. E ancora più sul tanto discusso Jobs act, con la prospettiva di tornare alle vecchie protezioni contro i licenziamenti senza giusta causa.




Nel momento del deposito degli scatoloni con le firme, i presidenti delle Camere hanno assicurato che la discussione sulla Carta dovrebbe iniziare nel primo trimestre del 2017. Un esame che andrebbe a cozzare frontalmente con alcuni punti chiave dell'azione del governo Renzi e rischierebbe di spaccare ancora una volta il Pd. Ma il confronto, spiegano dalla Cgil, potrebbe essere sereno e si svolgerebbe sotto quello che chiamano lo "stimolo" dei referendum sul tappeto. Sempre che la Consulta li ammetta. E che il presidente della Repubblica non sciolga prima le Camere e mandi tutti a casa. Ma come proposta di legge di iniziativa popolare la Carta dei diritti non muore con la legislatura: verrebbe automaticamente recuperata nella legislatura successiva.







Le dimissioni hanno fatto bene a Matteo Renzi.
È la conclusione che salta all'occhio guardando i risultati del sondaggio che abbiamo realizzato dopo la netta vittoria del No al referendum. Il 59% degli intervistati ha gradito il passo indietro annunciato domenica sera e la fiducia nel premier dimissionario è cresciuta di due punti rispetto alla settimana precedente. 
 
Un risultato abbastanza sorprendente, se si considera che i «vincitori» del referendum, ovvero Luigi Di Maio e Beppe Grillo, hanno perso rispettivamente uno e tre punti in popolarità, mentre Salvini è rimasto stabile. L'unico vero vincitore a destra, in termini di immagine, risulta essere Silvio Berlusconi, che guadagna due punti (la sua base di partenza era però molto bassa). Ma c'è di più. Se Matteo Renzi decidesse di fondare un nuovo partito di centro sinistra, un intervistato su tre (33%) si è dichiarato disposto a votarlo. Un dato maggiore, se incrociato con le intenzioni di voto, rispetto a quanto prenderebbe il Pd (32,5%).

Il post crisi 
Per quanto riguarda il dopo Renzi, invece, è stato chiesto a chi dovrebbe affidare Mattarella l'incarico di formare un nuovo governo.







Il Pd bergamasco si prepara ai suoi stati generali. Si terrà, infatti, il 12 gennaio l'assemblea provinciale, una riunione con parlamentari, consiglieri regionali e segretari di circolo in cui i microfoni saranno aperti ai militanti. È la via scelta dalla segreteria provinciale per coinvolgere gli iscritti e superare il momento di smarrimento causato dalla sconfitta del Sì al referendum.
«Nell'attesa di capire come evolverà la situazione nazionale — chiarisce Gabriele Riva, segretario bergamasco — abbiamo concordato di dare voce ai circoli. Mercoledì è iniziata l'analisi del voto ma non ci sono state voci fuori dal coro. In Bergamasca il partito si è schierato compatto facendo campagna per il Sì. Anche per questo c'è stata un'altrettanta forte delusione. È giusto quindi riflettere e sugli eventuali errori fatti».
L'altra indicazione che è venuta dalla segreteria è quella di un congresso nazionale anticipato rispetto a quello previsto per l'autunno del 2017. «È l'auspicio che facciamo in attesa di capire cosa decideranno a Roma — conclude Riva —. È il modo migliore per mettersi tutti in discussione e rilegittimare la linea politica dando nuova linfa al partito».

Concorda su questo passaggio Maria Carla Rocca, sindaco di Solza e membro del direttivo nazionale che mercoledì era nella capitale. «Mai direttivo fu tanto atteso e fu tanto breve — spiega —. Il clima era rovente e si respirava una tensione fortissima. Sono convinta che la mancanza di dibattito sia stata concordata tra renziani e bersaniani per evitare di esacerbare gli animi».
Anche a Roma la Rocca ha notato un inatteso smarrimento. «Mi sembra che politici di così lungo corso, presi dalle loro ripicche — dice — non avessero calcolato gli esiti del referendum e non fossero organizzati per il giorno dopo, ma ci fosse solo voglia di resa dei conti».























































































































































































































































































































































































































































































































































































Ci sono tre nomi in evidenza, tra cui quello dello stesso leader Pd. In testa troviamo il presidente del Senato Pietro Grasso (16%) e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan (16%), seguiti proprio da Matteo Renzi (14%). Nel centro destra e tra i grillini i nomi più gettonati sono il leader della Lega Nord Matteo Salvini (11%), il membro del direttorio Cinquestelle Luigi di Maio (11%) e il redivivo Silvio Berlusconi (7%).
L'ipotesi di elezioni anticipate, poi, caldeggiata dal 55% del totale degli intervistati. Più nel dettaglio, il 70% degli elettori di centrodestra e M5S vor-











































































































































































































































































Qualcosa che al momento po-
trebbe fare pensare a una valanga di no sopra governo e maggioranza. E l'ipotesi, letta in questa chiave, comincia già a circolare. "Segnalo che l'anno prossimo avremo di nuovo prove su questo terreno perché la Cgil ha promosso tre referendum, tra cui quello contro l'abolizione dell'articolo 18. Oggi non finisce un percorso, tutt'altro. Bisogna fare di questo risultato un'analisi che possa guidare le azioni dei prossimi mesi. Torneremo al protagonismo dei cittadini, che hanno dimostrato di voler esercitare le loro prerogative in proprio", ha spiegato Stefano Rodotà il giorno dopo il risultato del 4 dicembre.
 
Un buon motivo per pensare che nei ragionamenti di questi giorni sul voto anticipato possa pesare anche la preoccupazione di evitare questo nuovo "giudizio di Dio", mandando a casa senatori e deputati.  Rinviando, come previsto dalla legge, il voto referendario di un anno. Un meccanismo ampiamente usato, ricordava sempre il leader dei Radicali Marco Pannella per bloccare le sue ondate referendarie, un prendere tempo per cercare di trovare soluzioni e disinnescare la mina.


Cesare Damiano, democratico, presidente della Commissione lavoro della Camera, giudica però "fantasioso" questo legame fra voto anticipato e referendum della Cgil. "Francamente non ci avevo proprio pensato - dice - non vedo proprio il nesso. È un fatto del tutto casuale e non credo che sia stato mai valutato". Nel merito, Damiano si dice favorevole all'abolizione dei voucher "per il cattivo funzionamento di cui hanno dato prova", mentre crede "sia impossibile tornare indietro sull'articolo 18 perché era stato già svuotato di molte delle sue previsioni".

Questi referendum della Cgil sono comunque legati a doppio filo alla proposta di legge popolare sulla Carta dei diritti su cui la Cgil ha raccolto un milione e 150 mila firme che sono state depositate alla Camera. Si tratta di un testo che mira a un nuovo Statuto dei lavoratori, coerente con la mutazione del mercato del lavoro, che tuteli soprattutto i giovani dalle nuove forme di sfruttamento.
 















































































































































































































-rebbero andare subito alle urne. Quelli di centro sinistra, invece, vorrebbero che la legislatura continuasse fino alla naturale scadenza del 2018.

Il PD é stabile.
Un'altra sorpresa arriva osservando le intenzioni di voto, in cui il Pd risulta assolutamente stabile (come se nulla fosse accaduto), mentre







L'esito è ora una crisi al buio dagli esiti difficilmente prevedibili. «Il rancore è il peggiore consigliere che si possa avere — spiega la Rocca — ma temo che in questo momento stia guidando la maggior parte dei delegati del Pd. O ci liberano di questa scimmia o sarà impossibile prendere decisioni nell'interesse generale. Un partito grande come il nostro non può non avere correnti che rappresentino le sue tante anime. Occorre trovare dei punti d'incontro. Il Pd c'era prima e ci sarà dopo Renzi, ma in questo momento non possa prescinderne. È auspicabile accelerare il congresso dando la possibilità a una nuova classe dirigente di emergere».

Pietro Tosca / Il Corriere della Sera


Mezzoretta. Un'oretta. Non si intuisce che cosa si possano dire in questi tempi brevissimi le delegazioni di gruppuscoli gruppetti gruppi parlamentari
col presidente della Repubblica. Vero che questa crisi era ampiamente prevedibile ma questa sceneggiata poteva essere risparmiata al paese. Magari  ricevere una delegazione sindacale (pure dei padroni, eh...); una dei consumatori (pure quelli!); una dei Comitati del NO. Tutti si aspettavano che il Renzi si rimangiasse la parola, vedrai che non molla e invece lo stronzetto se n’è davvero andato a casa. Ah ma vedrai che l’è tutta una tattica per tornare più forte che prima. Mi pare di no. Perché li ha inchiodati: avete vinto, datevi da fare a fare la legge elettorale. Ovviamente non ci riescono e ributtano la palla in campo (PD...). Non hanno compreso che col Renzi -che tutti trattano da papano- non si scherza. Fossi in Renzi farei il finto tonto. Proporrei a Mattarella di nominare Bersani PdC, D’Alema agli interni; Speranza all’economia, Fassina alla scuola. Poi andrei tutti i giorni in tutte le trasmissioni TV e  li ripagherei tre quattro cinque dieci volte al giorno di tutti gli insulti di cui lo hanno gratificato nei precedenti mille giorni. Tanto per farci provare l’emozione del serpente in casa. Tanto dopo il 4 dicembre viene il cinque....

























































































































































































































il Movimento 5 Stelle scende di un punto e la Lega di mezzo punto. L'unico partito non di sinistra che guadagna (un punto in più) è Forza Italia, per il rientro nei propri ranghi (almeno in termini di immaginario) di Berlusconi.
 
Capitolo referendum. Più di metà degli intervistati (51%) si sono dichiarati soddisfatti del risultato, con particolare gradimento tra gli elettori di centrodestra e del Movimento 5 Stelle, che sono anche coloro che hanno apprezzato maggiormente le dimissioni televisive del presidente del Consiglio. Il sentimento dominante, correlato con i risultati del referendum, è stato positivo (gioia, soddisfazione, senso di speranza) per il 43% degli italiani. Viceversa circa un terzo degli intervistati ha provato uno stato d'animo negativo: senso di delusione, tristezza e sconfitta, talvolta declinati in rassegnazione. Lo stato d'animo positivo ha trovato il suo epicentro in coloro che normalmente votano per il centrodestra e il Movimento 5 Stelle. Mentre lo stato d'animo negativo ha pervaso coloro che votano per la sinistra e per il centrosinistra. Due Italie quindi: a destra i vincitori, a sinistra gli sconfitti.
 
Ma chi sono stati, secondo l'opinione pubblica, il vero vincitore e il vero sconfitto dopo il voto popolare? Uno solo risulta vincitore: il Movimento 5 Stelle, che appanna tutti gli altri. Ciononostante anche Lega Nord, Forza Italia e persino il Partito democratico compaiono come eventuali «partecipi» della vittoria. Quanto al vero perdente, gli intervistati ne hanno identificato uno soltanto: il Pd. Tutti gli altri partiti, in ter














L'iter sui referendum é ancora in corso. La Cgil ha infatti depositato in estate 1.100.000 firme per ogni quesito e l'Ufficio centrale per il referendum presso la Cassazione deve verificare le firme e valutare se i quesiti rientrino fra le materie che si si possono sottoporre a referendum abrogativo. Tre giorni fa i proponenti sono stati sentiti dai giudici e adesso, forse già nei prossini due tre giorni, il relatore potrebbe presentare l'ordinanza. Un passaggio che comunque si deve concludere entro il 15 dicembre. Poi la palla passerebbe alla Consulta che ha tempo fino al 20 gennaio per decidere sull'ammissibilità dei quesiti.

Silvio Buzzanca