NUMERO 257 - PAGINA 2 - LA BERGAMASCA SEMPRE AL TOP


































































































Seguendo la cronaca bergamasca si ha l'impressione di vivere in una provincia a due o tre facce o molte facce. I quotidiani ci restituiscono settimanalmente la notizia di qualche impresa o azienda che traffica di  fatture false e guadagna sull'IVA: commercio dei metalli ed edilizia la fanno da protagonisti e per cifre niente affatto modeste. Milioni a decine. La complessa vicenda che ha visto al centro l'impresario Locatelli, non ancora terminata (ingrandire p.e. la foto che riportiamo dal Corriere), vede un complesso di legami tra politica politici imprese che avevano ed hanno come faro il grande rassemblement formigoniano . Alle elezioni politiche italiane del 2013, Formigoni è candidato per Il Popolo della Libertà al Senato in Lombardia come secondo di lista dopo Silvio Berlusconi, garantendogli una sicura elezione. Attualmente è il presidente della commissione agricoltura al Senato.
Il 16 novembre 2013, con la sospensione delle attività del Popolo della Libertà, aderisce al Nuovo Centrodestra guidato da Angelino Alfano.
Adesso scoppia il caso Ubi-banca. “I reati contestati ai 39 indagati sono, a vario titolo, ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza, illecita influenza sull'assemblea in relazione alla capogruppo Ubi Banca, truffa, inosservanza delle obbligazioni da parte di esponenti bancari, conflitto d'interesse e illeciti tributari (dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture soggettivamente inesistenti e sottrazione all'accertamento o al pagamento di accise) in relazione a vicende riguardanti la controllata Ubi leasing. Contestati – spiega la Procura di Bergamo – anche illeciti formali previsti dalla normativa antiriciclaggio e dalla normativa sul trattamento dei dati personali. “La responsabilità amministrativa dell'ente – si conclude la nota – si innesta sulle condotte di ostacolo alla vigilanza e illecita influenza sull'assemblea ed è riferita al periodo precedente la trasformazione in società per azioni”.
Il riferimento è al filone che coinvolge Bazoli e si riferisce all'ipotesi che l'associazione del presidente onorario di Intesa Sanpaolo abbia pilotato le nomine dei vertici dell'istituto bancario lombardo in accordo con gli Amici di Ubi di Emilio Zanetti (indagato). I due gruppi di azionisti, secondo l'ipotesi da cui era partita l'inchiesta, avrebbero infatti messo in campo, senza che le autorità di vigilanza ne avessero conoscenza, un sistema di regole tale da predeterminare i vertici della ex popolare. In pratica, secondo gli inquirenti, il professore bresciano che compirà 84 anni a dicembre pilotava in segreto le nomine dei vertici del gruppo bancario di cui era azionista. E del quale è stato anche consigliere rappresentando l'”ala bresciana”, fino a quando la normativa sui doppi incarichi introdotta dal governo Monti lo ha costretto alle dimissioni per la contestuale presidenza della concorrente Intesa”.
Comunque vada a finire questa vicenda il danno non è poco perché come in tutte le vicende, il giudizio si spezzerà tra chi crede alla sentenza e chi no. Come una moglie che voleva separarsi dal marito per la sua infedeltà e una sentenza certifica il contrario. Quello che colpisce il cittadino medio è che volente e nolente, c'è sempre un cerchio magico che frequenta queste vicende. Vero che la casalinga di Bottanuco (audace concorrente di quella vogherese) non trafficherà mai di rifiuti  tossici sotto le biblioteche o le autostrade; non sarà mai azionista determinante di Banca Intesa e di UBI-Banca e nemmeno andrà alle assemblee dei soci. Però immaginate le perplessità del cittadino normale quando entra in biblioteca di Treviolo e si domanda se cammina su una discarica di rifiuti oppure no. Quando entra in una filiale per pagare o prelevare si domanda: cosa staranno combinando i 39 di cui sopra?
Se poi si guarda attorno vede quelli che trafficano fatture false per lucrare IVA e frodare il fisco.
Possiamo accettare (?!?!)che ogni provincia abbia una propria “dose” di criminalità economica ma forse è il momento di sciogliere definitivamente tutti i legami con la prima, la seconda repubblica e i relativi protagonisti. In alto e in basso. Perché quando  la casalinga di Bottanuco legge che un iper nonno di 84 anni che sta in una banca trafficherebbe con un altro iper nonno che sta in un'altra banca concorrente per sistemare il consiglio di amministrazione, gli viene qualche dubbio se lasciare o meno i propri soldi in una delle due banche. Per l’esattezza chi avesse investito 100 euro nel 2005 in Intesa oggi si troverebbe 83,5 mentre se avesse investito la stessa somma in UBI-Banca oggi  ne avrebbe persi 80. Persi ottanta euri.
Credo sia l'ora che tutta una classe dirigente si metta da parte. Buona o meno buona o cattiva che sia stata finora. Sono proprio queste notizie che spingono il cittadino medio nel qualunquismo e nel mettere tutti nello stesso sacco dei disonesti. E' questo clima nebbioso da cui non si  vedono e leggono mai certezze e sicurezze che la gggente vota per un Salvini o un Grillo.





Ubi, Bazoli e Zanetti erano i registi occulti delle nomine in banca

La Procura di Bergamo ha chiuso le indagini su come veniva gestita la banca e su come si alternavano le cariche al potere. Secondo l'accusa vi era un patto occulto tra i bergamaschi e i bresciani per influire sulle assemblee e sulle maggiori decisioni del gruppo
di Walter Galbiati

17 novembre 2016
MILANO - Sono 39 indagati che rischiano di andare a giudizio per come hanno condotto, in barba alle regole del mercato, la gestione di Ubi, la quarta banca italiana, nata dalla fusione fusione tra le banche di Brescia e Bergamo. Tra di loro figurano Giovanni Bazoli, come presidente dell'associazione Ablp, e la figlia Francesca, l'amministratore delegato di Ubi Victor Massiah, Emilio Zanetti, come presidente dell'associazione 'Amici di Ubi', il vicepresidente di Ubi Mario Cera, nonché il presidente del consiglio di sorveglianza Andrea Moltrasio e l'imprenditore Giampiero Pesenti.
 
Secondo il documento di chiusura delle indagini, Bazoli era "tra i componenti della cabina di regia che sul lato bresciano decideva le nomine degli organi della banca e delle sue partecipate in condivisione con quelle decise dalla 'commissione Zanetti' costituita sul lato bergamasco".
Tutti in concorso tra loro erano a conoscenza dell'esistenza di un patto parasociale stretto tra le Associazioni Ablp e Amici di Ubi Banca, direttamente riconducibili a Bazoli
e Zanetti, un patto che permetteva di decidere l'alternanza negli organi di governo della banca, dirigendo con i loro voti l'assemblea dei soci. Per di più nessuno ha comunicato



E la banca non solo era gestita in modo occulto, ma favoriva anche alcuni clienti. Il documento di chiusura dell'inchiesta su Ubi ripercorre alcune operazioni della banca svolte per lo più in conflitto di interesse. Per questo rischia il processo anche Italo Lucchini, componente del consiglio di sorveglianza di Ubi, perché tramite la società della figlia Silvia, la Tuscany Charter, aveva acquistato dalla società di Leasing della banca Ubi una barca da diporto, chiamata “Beata of Southampton”, senza denunciare il conflitto di interessi e senza alcun via libera da parte dell'organo di controllo. Il tutto per permettere all'imprenditore Giampiero Pesenti, anche lui indagato, di acquistare a sua volta la barca a un prezzo di favore: il risparmio secondo la procura sarebbe stato di due milioni, a danno ovviamente della banca.






















































































































































































































































































































































































































































































































































































































La barca sarebbe stata venduta per circa 3,5 milioni di euro contro un valore di mercato iniziale di 12 milioni, prima alla Tuscany Charter srl di Silvia Lucchini che poi l'avrebbe girata a una società di Nicosia riconduci bile a Pesenti.
A pesenti e Silvia Lucchini, oltre alle omesse  comunica zioni e ai raggiri,






































































































































































































alle Autorità di vigilanza, Consob e Banca d'Italia, il patto parasociale e i metodi con i quali venivano decise le nomine, lasciando intendere al mercato che fossero garantiti i principi di "pariteticità e alternatività". Invece erano le due associazioni esterne alla banca a decidere i vertici del gruppo e come se non bastasse hanno preso le decisioni anche sulle maggiori questioni aziendali, al di fuori degli organi di governo societario e dei relativi comitati. I due fronti guidati da Bazoli e Zanetti hanno creato un apparato organizzativo capace di creare consenso in favore delle lista dei candidati che facevano loro riferimento, che si è manifestato da ultimo nell'assemblea soci del 2013. Convolti nella raccolta deleghe anche la Compagnia delle Opere, la Sodali spa, il consorzio Fidi imprese artigiane di Bergamo.

A Bazoli è anche contestato di aver ignorato il divieto di possedere due cariche in due gruppi concorrenti, Ubi e Banca Intesa: "E' vietato ai titolari di cariche negli organi gestionali di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nel mercato del credito, assicurativi o finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti". Dal 29 marzo 2012 Bazoli ha continuato a mantenere la presidenza del gruppo bancario Intesa Sanpaolo oltre che ad amministrare di fatto il gruppo Ubi. E Bazoli avrebbe anche negato durante l'interrogatorio presso la Consob l'esistenza del governo occulto di Ubi.




viene contestato anche un mancato versamento Iva pari a 735mila euro, a cui si aggiungono oltre 100mila euro di Iva per false fatturazioni. Sono finite nell'occhio del nucleo valutario della guardia di finanza anche i rifornimenti di carburante dello yatch, fittiziamente destinato all'attività di charter che beneficia del regime di esenzione delle accise, cosa invece non possibile quando la barca è privata. Per tutti questi rifornimenti a Pesenti è contestato anche il reato di ricettazione.

Ecco chi rischia il giudizio: Franco Polotti, Andrea Moltrasio, Victor Massiah, Mario Cera, Giovanni Bazoli, Francesca Bazoli, Enrico Minelli, Flavio Pizzini, Federico Manzoni, Emilio Zanetti, Giuseppe Calvi, Armando Santus, Carlo Garavaglia, Mario Mazzoleni, Pierpaolo Camadini, Italo Folonari, Giuseppe Medda, Italo Lucchini, Silvia Lucchini, Gianpiero Bertoli, Alessandro Maggi, Guido Cominotti, Alessandro Miele, Giampiero Pesenti, Giuseppe Sciarrotta, Guido Marchesi, Marco Mandelli, Gemma Maria Baglioni, Enrico Invernizzi, Antonella Bardoni, Rossano Breno, Matteo Brivio, Ettore Ongis, Angelo Ondei, Stefano Lorenzi, Giovanni D'Aloia, Marco Martelli, Marco Fermi, Francesco Morlè.

I reati contestati per Ubi Banca: "Ostacolo all'esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza" e di "Illecita influenza sull'assemblea".
I reati contestati per Ubi Leasing: "Truffa", "Inosservanza delle obbligazioni da parte di esponenti bancari-cosiddetto conflitto di interesse" e per illeciti tributari (dichiarazione fraudolenta, emissione di fatture soggettivamente inesistenti e sottrazione all'accertamento o al pagamento di accise). Contestati anche illeciti formali previsti dalla normativa antiriciclaggio e dalla normativa sul trattamento dei dati personali.
La 231 per la banca: "La responsabilità amministrativa dell'ente - conclude la Procura - si innesta sulle condotte di ostacolo alla vigilanza e illecita influenza sull'assemblea ed è riferita al periodo precedente la trasformazione in società per azioni".

Walter Galbiati
Corriere della Sera / 17 novembre 2016