NUMERO 257 - PAGINA 1- DOPO TRUMP ALLEVIAMO I NOSTRI TRUMP













































































Il tempo di Trump
Come e perché ha vinto e in che modo è una perfetta espressione
della nostra epoca.
Alessandro Giberti / Il Tascabile /18 novembre 2016







Tutti a Mosca:
la sfida tra putiniani d'Italia.
Conclusa la missione dei parlamentari pentastellati, oggi l'arrivo di Salvini . Berlusconi rilancia, al Cremlino aspettano il suo braccio destro Valentini
Ilario Lombardo
La Stampa/18 novembre 2016




































































adottata il 03 novembre









Più che Donald J. Trump ha vinto lo zeitgeist, lo spirito del tempo. Ha vinto lo spirito di un tempo infame che aveva già pervaso le urne in precedenza a tutte le latitudini del mondo occidentale: con la Brexit in Gran Bretagna, con Le Pen in Francia, a casa nostra con i Cinque Stelle, in misura minore in Spagna con Podemos, e poi in Ungheria, Polonia, Austria, Grecia. Ha vinto lo spirito del tempo, che non è quello del merito, cioè di chi entra nel merito, e certo non è neanche quello di chi sa di che parla, ma è di chi la spara più grossa, nel modo più greve e per una durata più estesa.
Si dice anche sia il tempo della gente comune, ma non è così: più che altro è il tempo di gente arrabbiata – anche a ragione – che non trova nulla di meglio da fare che aderire alla speranza potenzialmente più sovversiva, all'ipotesi più scabrosa, allo slogan più altisonante – e questo sì, è stata l'unica cosa che Trump ha avuto di davvero formidabile: quel “Make America Great Again” si capiva avrebbe funzionato come detonatore irrefrenabile di classi medie tradite, di maschi bianchi terrorizzati, di pistoleri da giardino e negoziatori di trattati internazionali via Facebook.
dellaGente comune e disinformata, dicono, ma anche questo è un errore fondamentale. Dal giorno successivo al voto sulla Brexit, il 23 giugno, tutti i commentatori si sono sbilanciati in divertenti parodie del britannico medio, con la pinta e la panza, intento a googlare “Che cos'è l'Unione Europea” e “Che cosa significa uscire dall'Unione Europea”. Michael Moore, l'invincibile partigiano retorica stanca,




È un tempo infame, si diceva, e non c'è altro modo di definirlo: mentre gli elettori americani mandano a casa il candidato probabilmente più preparato della Storia delle presidenziali Usa e fanno trionfare quello certamente meno preparato, chi ha responsabilità e cervello deve preoccuparsi enormemente e correre ai ripari. Questo tempo, questa ondata di pressappochismo politico, è la più grande sfida che le società occidentali dovranno affrontare da oggi in avanti. Come tutte le ondate sovra-rappresentate, godrà di un momentum destinato a scemare ai primi, inevitabili, insuccessi. Ai primi fiaschi, quando non ai primi disastri. Ma sarà duro a morire perché non si tratta di sola protesta ma si fonda su qualcosa di molto più solido: lo spirito del tempo, appunto. Il nostro spirito, nel nostro tempo.
La cultura predominante oggi, piaccia o non piaccia, è questa: l'estrema democratizza zione di accessi e opinioni – cosa ottima in sé- ovvio -ha generato



L'enormità della vittoria di Trump non risiede tanto – o soltanto – nell'incredibile profilo del personaggio, quanto nel suo significato più intrinseco. Asfaltando Hillary Clinton, Trump non ha soltanto sconfitto un avversario politico ma ha distrutto il primo livello dei sistemi di contrappeso della più grande democrazia del mondo, quelli, appunto, d'ingresso. Quali siano è presto detto: prima di tutto il suo genos, la sua unità politica di riferimento, e cioè il Partito Repubblicano, che è il vero responsabile dell'accaduto. I partiti non sono tornelli da supermarket con l'insegna “ingresso libero” appesa sopra, sono libere associazioni di persone con comuni finalità politiche. Ripeto: “comuni finalità politiche”. Quale funzione rivesta un progetto politico buttato a gambe all'aria da un outsider estraneo a qualsiasi progetto comune non è una domanda a cui sia molto complicato rispondere.
In secondo luogo la quasi totalità dei media mainstream che hanno scherzato col fuoco




Siamo arrivati al 19 novembre e sul sito del Comune non sono stati pubblicati gli atti della prima variante al PGT adottata il 03 novembre. "In teoria" dal 04 novembre in avanti ci sarebbe stato da scrivere "solo" la delibera, peraltro brevissima perchè la seduta é stata particolarmente spoglia di interventi "densi e sensati" se si escludono le comode presentazioni degli autori e addetti ai lavori. Anche altre volte é successo un ritardo nella pubblicazione.
Ma siccome veniamo dalla scuola andreottiana pensiamo che la pubblicazione avverrà "dopo" il 04 dicembre. Per ovvio motivi.
C'é un altro aspetto su cui scommettere ed é il voto positivo o l'astensione delle minoranze. Una l'ha già fatto. Vero che le minoranze  rappresentano interessi variegati di molti operatori ma altrettanto vero che sostanzialmente questi le  hanno abbandonate al proprio destino fin dal 2012 per evidente inaffidabilità personale e politica.
Del resto quando una maggioranza fa una variante di questa portata "aggiuntiva" quanto a  volumetrie edificabili con la debole giustificazione di salvare il polo commerciale di Curno, é evidente che  sia in "braghe di tela". Senza un centesimo in tasca. Oltretutto poi le minoranze fanno come quelli che durante gli scioperino non escono mai. Tanto se ci sono risltati anche loro ne approfittano ma intanto si salvano la faccia e la paga.



L'Internazionale populista in Europa ha trovato il suo leader: Vladimir Putin. Uno degli effetti della vittoria di Donald Trump è stato rianimare le forze anti-establishment del Vecchio Continente, tutti interlocutori in cerca di amicizia con l'uomo forte del Cremlino. Tra loro, diversi partiti anche in Italia, dove sembra essere esplosa la moda del putinismo. 
 
Il viaggio a Mosca dei 5 Stelle, accolti dall'agenzia di Stato Ria Novosti, ha scatenato il corri corri verso Mosca. A breve arriverà Valentino Valentini, uno di casa da queste parti, da sempre ambasciatore per conto di Silvio Berlusconi presso Putin, che con l'ex Cav non ha mai interrotto il dialogo. Ufficialmente i 5 Stelle sono sbarcati per un evento del comitato del No al referendum degli italiani di Russia. Per lo stesso motivo oggi è qui Matteo Salvini. Tra i putiniani d'Italia il leader della Lega è forse quello più appassionato. Attraverso il suo emissario in terra russa, l'ex deputato Claudio D'Amico, Salvini aveva contattato gli stessi organizzatori dell'incontro con i 5 Stelle. E di fronte al loro rifiuto non ha demorso. 

Il capo del Carroccio è voluto esserci a tutti i costi prima del voto: «Il no al referendum è un no anche alle sanzioni contro la Russia, l'ennesima follia di Renzi, a cui non si è mai opposto». In missione a Mosca, per la quarta volta in due anni, Salvini, a differenza dei grillini, sfrutta il viaggio per ritrovare i vecchi amici di Russia Unita





































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Vedrà una delegazione, casomai si fossero scordati che è lui il primo fan di Putin in Italia, non i grillini. Rivitalizzato dalla vittoria di Trump, adesso Salvini spera con ansia nel trionfo di Marine Le Pen in Francia. Sono tutti protagonisti di un domino geopolitico che trova in Putin contemporaneamente uno spettatore e un attore interessato. Per smontare le architravi europee e spostare l'asse verso l'Unione Eurasiatica a guida russa, lo zar soffia sulla rabbia antiglobalizzazione che ha travolto Hillary Clinton e e ha trascinato i britannici verso la Brexit.
I partiti populisti crescono nei consensi ovunque e spesso hanno il sostegno dei russi. Con alcuni paradossi anche: perché le stesse voci che da Mosca si alzano sdegnate contro «le milizie fasciste» che ci sarebbero dietro le rivolte di Maidan in Ucraina, sono spesso quelle che difendono le simpatie tra il Cremlino e partiti xenofobi e di estrema destra. Secondo fonti di intelligence americane citate dalla stampa inglese, la Russia addirittura starebbe condizionando molti partiti europei. Come? Finanziandoli? Non ci sono le prove.

Ce ne sono ampiamente invece della visibilità offerta al M5S e alla Lega su tutto il network mediatico che da Russia Today a Ria Novosti a Sputnik ruota attorno a Putin. Oltre che delle attenzioni e dell'accoglienza che la diplomazia russa riserva ai 5 Stelle. A Mosca, come a Roma, dove a giugno, durante il ricevimento all'ambasciata russa, è stato notato come un ospite più degli altri ricevesse gli onori di casa: il grillino Alessandro Di Battista, contento per la vittoria di Roma, e per l'occasione accompagnato da una donna in pizzo rosso. 

















































































































































































































































































































































































































































































































































ha ripreso il cliché nel recente Michael Moore in Trumpland, one-man show registrato a Wilmington, Ohio, ai principi del mese scorso e distribuito nei cinema americani dopo solo una decina di giorni, il 19 ottobre. “Non fate come gli inglesi, che dopo aver votato per il Leave hanno firmato una petizione per rivotare”, diceva Moore alla platea, “se votate Trump voterete per l'ultimo Presidente degli Stati Uniti”.
In Ohio ovviamente Trump ha vinto con il più ampio margine che un repubblicano abbia fatto registrare dai tempi di Bush (padre). È colpa di Michael Moore? Ovviamente no, ma non è nemmeno colpa di una generica “disinformazione”. Semmai è vero il contrario: mai i cittadini del mondo occidentale sono stati più informati di ora e mai come ora stanno inanellando
una scelta apparentemente irrazionale via l'altra. Il paradigma reale è questo, bisogna che lo si accetti anche se non piace. Non è colpa della disinformazione, è colpa di chi crede alla disinformazione.
L'attuale è anche il tempo più situazionista dell'era moderna, del “vediamo che succede”, del “tanto è uguale”, e insieme di un perverso meccanismo di richiesta di centralità, che più che una richiesta è avvertita come un diritto, un supposto diritto risarcitorio di tutte le angherie subite nella vita, delle paure più infondate e delle attese più irrazionali, e il cui prezzo si deve per forza scontare nel segreto dell'urna, possibilmente con un ghigno malefico ad accompagnare il momento del riscatto.





un clamoroso big bang relativista dove tutto si tiene (e anzi prolifera fino alla cabina elettorale), dove chi dovrebbe ascoltare parla e chi dovrebbe parlare spesso si accontenta di accompagnare il consenso e indirizzarlo a proprio consumo. Uno scherzetto che, siamo d'accordo, sta funzionando più che bene, ma che finiremo per pagare tutti, e pesantemente.
I padri della democrazia occidentale, gli ateniesi del V secolo a.C. ai quali spesso i movimenti politici populisti si rifanno per trovare una sponda teorica alle loro teorie bislacche sulla democrazia diretta, in realtà avevano previsto tutt'altro. I diritti civili e politici, l'iscrizione al demo, avveniva dopo votazione a scrutinio segreto degli appartenenti al registro, i demoti, e soltanto una volta ottenuto il risultato affermativo i giovani avevano diritto di entrare
all'Assemblea. Da sempre democrazia è sinonimo di una qualche forma di controllo all'ingresso. Nella Repubblica, la principale preoccupazione espressa da Platone è quella di fissare la scelta, l'educazione e lo statuto dei governanti perché niente è peggio per la città che essere governata da uomini che credono di sapere e non sanno: i cosiddetti “falsi saggi”.














creando il mostro prima e pensando di poterlo mettere a tacere a piacimento una volta
che il gioco si fosse fatto serio. Non è andata così, perché Trump si è spinto ben oltre sradicando alla base anche il terzo contrappeso d'ingresso al gioco democratico, quello del senso comune, dell'accettabilità sociale, infine della ragione.
Da ultimo, bullandosi con quell'ennesimo registro vuoto mentre concedeva fittiziamente alle tre di mattina della notte americana l'onore delle armi a Hillary Clinton, ancora una volta senza dire una singola cosa nel merito se non inutili “We will do a great job”, “We will build bridges”, “We will make great deals”, in un victory speech che è parso accettabile soltanto ai divoratori compulsivi di premiazioni di Oscar, è finalmente apparso evidente l'ultimo dei problemi che abbiamo osservato nei mesi della campagna del candidato Trump e il primo di quelli che arriveranno copiosi durante gli anni di governo del presidente Trump. Forse non fa più tanto ridere, eh.































































































Un autentico "parterre de rois" la sera del 17 u.s.  nella sala dell'oratorio comunale di via IV Novembre: da Fassino passando per Misiani Rossi Gori Gandi Serra Conti (Massimo) con Giuseppe Pelizzoli gongo -lante del successo di pubblico nella assolta maggioranza fatta di amministra -tori PD dei comuni bergamaschi. In orgasmo anche  il locale segretario PD Massimo Conti che  vede salire le proprie azioni politiche nel firmamento provinciale. Dove il PD é piuttosto soccombente come in dato nazionale.
Fassino ha presentato la riforma costituzionale in modo molto semplice e comprensibile tutt'altro che "politichese", ha elegantemente svicolato sul caos interno al PD, Rossi e Misiani interventi inutili, Gori  inte- ressante. Pochi interventi dei cittadini presenti e del tutto inutili tranne quello sulle regioni a statuto speciale. Presente anche l'antico pachiderma democristiano Bonalumi che non ci ha fortunatamente deliziato con la sua solita allocuzione trombonesca.
Nessun intervento per il NO sia da dentro il PD che da esterni nonostante fosse una assemblea pubblica, non del PD.
C'erano molti giovani -quasi metà dei partecipanti-  e c'era anche l'effervescente consigliera Colombo, nota alle cronache  provinciali per i casini alle elezioni del segretario provinciale PD (cioè di lei stessa). Seduta con  qualche sua amica su un poderoso divano cino-pugliese hanno ininterrottamente digitato sullo smartphone per tutta la serata e quando in sala sono arrivati alcuni anzianissimi piuttosto claudicanti, anzichè levare la sacre chiappe dal divanone ed offrirlo agli acciaccati... non li hanno nemmeno visti.
Cazzi loro se sono vecchi ed acciaccati.

Bella la sala che é in larga parte a doppia altezza con una specie di tribuna. Chissà perchè non fanno le sedute del consiglio comunale in questo posto anzichè in quella specie di vecchia polleria che é l'attuale sala. Qui, se non altro, potrebbero finalmente attrezzarsi per una migliore proiezione dei materiali che ormai fanno parte di quasi tutte le delibere.
Purtroppo la sala una una illumina zione di Carlo Codega e degli arredi straccioni. Tavolini e sedie in plastica ruvida abbastanza lerci per una pulizia decisamente scadente. Illuminazione esterna da presepe praticamente inutile e segnaletica altrettanto assente. Che sia un'opera della Lega?!