NUMERO 247 - PAGINA 1 - LA MINORANZA PD VUOLE AFFONDARE LA COMMISSIONE  DI RIFORMA DELL'ITALICUM






































































































































































Il premier convinto che la sinistra non tratterà

di Maria Teresa Meli

«Non credevo che ci fosse così tanto risentimento. Un concentrato di risentimenti e problemi personali, la politica, il referendum e la riforma non c'entrano»: in questi giorni in cui la minoranza bersaniana ha bombardato Renzi, il premier si è lasciato andare con i collaboratori ad amare riflessioni. Renzi vorrebbe «un Pd compatto», ma ha capito che non è aria: «Ho tolto l'alibi della riforma dell'Italicum, ho compreso che la devo modificare e lo farò, ma quelli niente. Sanno che con un accordo tra di noi il Sì avrebbe una prevalenza ancora più netta ed è per questo che non lo vogliono, piuttosto preferiscono consegnare il Paese ai grillini». Renzi, che ha in animo di far presentare al Pd, prima del 4 dicembre, un documento che fissi le linee della futura riforma, ritiene che sarebbe meglio portare












































L’intervista.
Pier Luigi Bersani: “Regole congressuali da cambiare. L’Italicum? Con me stai sereno non funziona”
“Il Pd di Renzi è finito il prossimo segretario lo scelgano gli iscritti”

Andrea Carugati
Fenza- Ravenna

«Far eleggere il segretario del Pd dagli iscritti, e lasciare le primarie di coalizione per la scelta del candidato premier del centrosinistra». Così Pier Luigi Bersani dice al cronista e alle 200 persone venute giovedì sera ad ascoltarlo all’auditorium di Sant’Umiltà di Faenza, in provincia di Ravenna. Poi spiega: «Sarà un confronto aspro, più secco di altre volte ma forse più comprensibile, tra il partito di Renzi e una nuova prospettiva ulivista che rifondi la sinistra».
Dunque dopo il referendum e prima del congresso chiederà di riscrivere le regole dentro il PD?




In mezza Italia siamo troppo permeabili a fenomeni che come minimo chiamerei di trasformismo. Prima del congresso ci vuole un appuntamento nazionale per cambiare lo statuto: una volta si chiamava conferenza di organizzazione, se adesso vogliono trovare un nome inglese a me va bene anche chiamarlo Leopold».
Prima però c’è il passaggio del referendum. Lei ormai pare decisamente orientato verso il No.
«Un anno e mezzo fa ho iniziato a denunciare i rischi del combinato disposto tra Italicum e riforma costituzionale. Dai vertici del partiti hanno risposto che erano capricci di Bersani».
La Commissione Pd al lavoro sulla riforma dell’Italicum è già da buttare?
«Non pensino di dire a me cose tipo stai sereno. La verità é che definisocno l'Italicum una legge ottima e la maestra mi ha insegnato che meglio dell'ottimo



Davvero crede che dalla vittoria del No possa rinascere il centrosinis tra?
«Non sono di quelli che pensano ex malo bono. Il rischio è che il 5 dicembre ci ritroviamo un Paese diviso in cui non ha vinto nessuno. Aver chiamato a un giudizio di Dio su questa riforma, davanti al mondo, è un errore di Renzi che non posso perdonare, l’esatto opposto di quello che diceva Calamandrei quando invitava il governo a restare fuori dalla discussione sulla Costituzione. Ci deve essere anche una pezzo di sinistra che mette i piedi dentro questo magma del No e cerca di interpretarlo. Non puoi dare l’idea di stare sempre con quelli che comandano».
Sulla legge di bilancio lei ha espresso dure critiche, in particolare sul contante. Potrebbe non votarla?
«Si rischia di apparire condiscendenti verso l'evasione, mentre invece biosgna cercare di raddrizzare la barca,







































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































in Parlamento la proposta vera e propria solo dopo il referendum e la sentenza della Corte. Ma dà per scontato che Bersani e i suoi non accetteranno nemmeno questo percorso. Secondo il premier (che tiene invece un confronto aperto con Gianni Cuperlo e altri esponenti della minoranza) questo atteggiamento non giova nemmeno agli stessi bersaniani, perché il tentativo di far saltare quel clima di confronto costruttivo che si voleva creare con l'istituzione di una commissione «non piace alla nostra base e al nostro elettorato». E infatti in periferia la minoranza è spaccata e una parte considerevole è per il Sì. Renzi comunque continua il suo lavoro in vista del referendum e ieri a Bruxelles ha riunito gli eurodeputati del Pd per incitarli a trasformare le loro preferenze in voti per il Sì. A confortarlo, un sondaggio riservato della Swg, secondo il quale la fiducia in lui è passata dal 31 al 33%, quella nel governo è aumentata del 2% e il Pd è salito al 33 mentre i 5 Stelle sono scesi al 26,5%. Sempre secondo questo studio, quattro italiani su 10 apprezzano la legge di Bilancio, il 51% è favorevole all'aumento dei fondi alla Sanità (che piace anche agli elettori di Fi e Lega), mentre solo il 6% ritiene sbagliata la chiusura di Equitalia.

LaRepubblica
21 ottobre 2016





























































































































non c’è nulla».
E così farà campagna per il No con Grillo, Salvini, Brunetta…
«Il Sì va da Obama a Verdini, dunque… Ripeto che non farò comitati. Ma a domanda secca, tra Grillo e Verdini, io scelgo il primo. E comunque sarò in compagnia dell’Anpi, della Cgil, dell’Arci ».
Dopo il 2013 lei insiste ancora col dialogo col M5S?
«Noi non dobbiamo demonizzare, ma essere sfidanti e competitivi con le ragioni di quell’elettorato. E aggiungo: con quello che sta accadendo nel mondo a destra, il M5S ha dato una mano tenere il sistema in equilibrio, portando l’insofferenza sul terreno parlamentare. Col senno di poi, il governo di cambiamento che proposi nel 2013 resta una buona idea: avrei proposto 3-4 lenzuola centrate sui diritti dei consumatori e sulla trasparenza e avrei voluto vedere con che faccia il M5S avrebbe potuto bocciarle».
Ora però quel film è decisamente finito.
«Sì, ma è finito anche quello delle europee e del 40%. Quella era solo un’amichevole e i voti di destra sono arrivati per questo. La Ditta per me è il centrosinistra, di cui il Pd deve essere la principale infrastruttura. Dobbiamo fertilizzare quello che sta attorno a noi, promuovere associazioni che stanno un po' dentro e un po' fuori.










mettersi sul pulito. Lo Stato non può perdere la sua dignità di fronte a casi come quello di Maradona che ha un debito di 40 milioni più 35 per il lungo contenzioso. Ma come si fa ad abbonargli i 35? Non negherò l’eventuale fiducia al governo, ma se non cambiano alcune norme come queste, non le voterò. In campagna elettorale avevo preso impegni precisi con gli italiani su questi temi. Ora almeno mi si esenti dal votare il contrario».

LaRepubblica
22 ottobre2016

AGGIORNAMENTO - Bersani ha smentito di aver parlato con Repubblica. "Non ho parlato a Repubblica. Approfitto per dire che io ho parlato a Faenza di fronte a 200 persone. Sta invadendo nella stampa, non è la prima volta, l'idea di inventarsi le interviste. Io non sono d'accordo. Non mi si può obbligare a fare un'intervista, è vero?". Lo ha detto Pier Luigi Bersani parlando con i giornalisti a margine di un' iniziativa a Firenze in merito all'intervista apparsa stamane su Repubblica. Non ha però smentito il senso delle parole riportate sopra.




















































































































































































































































































































































































































































































































«Non ho paura di una discussione radicale sulla prospettiva politica. Ma credo che prima di arrivarci serva una discussione sulle regole, se siamo ancora una comunità. Io credo che i segretari a tutti i livelli vadano scelti dagli iscritti».
Renzi vi accusa di non mandare giù la sua leadership.
«Non accetto che mi si accusi di additare Renzi come un intruso. Di certo io non lascio il partito. Mi limito a constatare che per fare un congresso in modo serio avremmo dovuto partire almeno sei mesi fa. A Roma dopo la sconfitta non si è fatta neanche una riunione e non si è dimesso nessuno.