NUMERO 247 -PAGINA 2 - STUPIDI E IMBECILLI










































































































Beppe Grillo: "È un minus habens". I grillini: "Peggio di lui". In generale: "Il novanta per cento delle persone è stupido. In un paese di 60 milioni di abitanti come l'Italia, saranno all'incirca 54 milioni: non possono essere andati tutti alla festa nazionale dei 5 stelle a Palermo".
Piergiorgio Odifreddi – matematico, divulgatore scientifico, saggista – ha scritto un Dizionario della stupidità (Rizzoli, 378 pagine, 18 euro) per proteggersi dalle "scemenze della vita quotidiana".
Laico fervente, ha studiato prima dalle suore, poi dai preti: "Non erano niente male". Se deve immaginare uno scenario politico peggiore di quello odierno, torna con la memoria alla stagione della Democrazia cristiana: "Anche se Giulio Andreotti – racconta – mi salvò da un pericoloso fermo in Unione Sovietica".
Con l'Huffington Post, parla di banchieri da "mandare all'infermo", di politicamente corretto e Islam, della "superiorità" di Benedetto XVI sulla "banalità" di Papà Francesco, e di politica.
Odifreddi, nel suo dizionario c'è anche la voce: Matteo Renzi. Perché?
Se vogliono conquistare voti, i politici devono dire alle persone ciò che si vogliono sentir dire. Tendenzialmente, delle stupidaggini. E Matteo Renzi è l'erede perfetto di Berlusconi: il Cavaliere ha imparato a farlo cantando sulle navi, lui esordendo alla Ruota della fortuna.
Ma politicamente?
Renzi ha realizzato il programma berlusconiano, andando addirittura oltre con il Jobs act, che ha dissolto le tutele dello statuto dei lavoratori.
Dedica un lemma anche a Grillo.
Grillo ha iniziato a dire scemenze prima di cominciare a fare politica. Per dire: sosteneva che l'AIDS era una bufala, che l'OGM ammazza, che le radiazioni dei cellulari cuociono le uova. Ma lui ci crede. È questa la grande differenza tra Grillo e un politico di professione: che il politico deve dire delle cretinate per racimolare voti, lui le dice per convinzione.
Eppure ha un gran consenso.



C'è una differenza enorme tra le due città: a Torino, Chiara Appendino è il prodotto di ciò che i 5 stelle stessi chiamano poteri forti; a Roma, invece i poteri forti li hanno contro.
Può essere più esplicito?
Dietro Appendino c'è la Fiat. Appena aletta, John Elkan è subito corso a incontrarla. Viceversa, Virginia Raggi è dovuta recarsi in visita dal Papa.
C'è solo questa differenza tra le due?
No, Appendino ha le qualità per governare, Raggi le ha solo per vincere le elezioni.
Scrive: "E' venuto il momento di tornare a considerare i banchieri paria della società e reietti da Dio".
Nel Medio Evo, era considerato usuraio chiunque prestasse denaro, a qualsiasi tasso. Oggi il fastidio per i banchieri è tornato a essere forte. Quando la gente vede i posti di lavoro che evaporano, le tutele che si dissolvono, e dall'altra gli aiuti di stato per tenere in vita istituti che hanno fallito, s'incazza.
Però è difficile vivere in un mondo senza banche.
Certo che si può vivere in un mondo senza banche. Per metà del secolo scorso, l'Unione Sovietica ne ha fatto a meno.
Non è andata benissimo, però.
Non per quel motivo. Mi domando perché non si possano nazionalizzare le banche che vengono salvate.
Perché è diventata una bestemmia?
In Europa, nazionalizzare è contrario alle regole dell'Unione. È per questo che l'UE suscita l'astio dei suoi cittadini: perché è solo un'unione economica.
Nel suo libro, mostra di preferire Ratzinger a Papa Francesco. Perché?
Da ateo, con Benedetto XVI ho avuto un dialogo. Mi è interessato leggere le cose che scriveva, Ratzinger aveva una profondità di pensiero. La statura intellettuale Papa Francesco lascia perplessi. Quando parla, mi cadono le braccia. La misericordia, il vogliamoci bene, l'amore: sono cose talmente banali. Chi può essere contrario?
E' facile criticare l?Islam allo stesso modo in cui lei, ora, ha fatto con il Cattolicesimo?







Non stupirebbe sapere di una libreria che dedichi una sezione monografica al campo «stupidità, imbecillità, idiozia e fessaggine». Per limitarsi all'Italia, recentissimo è un dizionario della stupidità di Piergiorgio Odifreddi; qualche anno fa Gianfranco Marrone aveva integrato e aggiornato un suo importante saggio sulla stupidità; l'antropologa italofrancese Lynda Dematteo ha esplorato presenza e ruolo dell'«idiota in politica»;l'ultima polemica suscitata da Umberto Eco ha riguardato gli «imbecilli dei social media ». Tutti infine conoscono il fortunato saggio sulle leggi universali della stupidità dell'economista Carlo Maria Cipolla. Quasi trent'anni dopo, lo stesso successo di quest'ultimo se lo augura il filosofo Maurizio Ferraris che nella stessa spiritosa collana ora, pubblica:

































































































































































































































































































































"L'imbecillità è una cosa seria" (il Mulino, pagg. 130, euro 12).
A patto di dichiararsi preliminarmente parte in causa (mossa obbligatoria e sperabilmente sincera), scrivere un libro su questa area della condizione umana (e sui suoi confini così poco precisabili) consente piaceri variegati: ricordare aneddoti e citazioni di sicuro effetto umoristico, dileggiare avversari disciplinari e anche totem culturali (qui, per esempio, Rousseau, Baudelaire, Heidegger, Lacan, Nietzsche...), coniare strumenti analitici, come qui il «colpo d'imbecillità» (versione rovesciata, e assai più diffusa, del «colpo di genio ») restando dentro a quel tono di semiserio che è il più opportuno, nella comunicazione contemporanea.
Ferraris non si nega nessuno di questi piaceri, essendo lui del resto un virtuoso del genere del trattatello ironico. Ma se esempi e digressioni rispondono a una volontà di intrattenimento (della quale il lettore non potrà che essergli grato), il libro non manca di avere una tesi di fondo, e anche molto forte.








































































































































































































































































































































































































































































































Penso che, in realtà, sia molto più facile criticare l'islam che il Cristianesimo. Farlo, è politicamente corretto. Ci sono partiti politici che fanno propaganda sull'equazione musulmano uguale terrorista. E l'opinione pubblica è sempre sul chi va là.
Dimentica quello che é successo in Francia per le vignette di Charlie














































































































































































Non voglio dire che il suo pubblico sia fatto di deficienti. E' una parola brutta. Dico: ingenui. Ma rimane il fatto che sono persone che credono alle scie chimiche e fanno battaglie contro i detersivi. È la parte della società con meno mezzi culturali per giudicare.
Possibile che siano tutti così?






































































































































































Bertrand Russell diceva che i politici hanno nei confronti degli elettori un vantaggio: che gli elettori sono più stupidi di loro. E giudicare Grillo, per me, è troppo difficile: mi è così distante che lo considero un minus habens. Quando lo sento, mi viene la pelle d'oca. Dicono che i suoi siano argomenti di pancia. Io fatico a considerarli proprio argomenti.
A Palermo, però, molte persone sono andate per ascoltarlo alla Festa nazionale dei 5 stelle.
Il novanta per cento delle persone è stupido. Quindi, considerato che siamo 60 milioni, in Italia ci sono almeno 54 milioni di stupidi: non credo ve ne siano di più a quella festa.
E gli altri dove vanno?
Vanno anche alle feste dell'Unità. Come si fa a pensare che dopo due anni di governo Renzi quella festa abbia un senso? Almeno, per decenza, cambiassero nome.
Non le sembra di sottovalutare? Il partito democratico governa il Paese, i Cinque stelle hanno conquistato due grandi città alle ultime elezioni.



Hebdo su Maometto?
La diversità è che i cristiani non vengono sotto casa ad aspettarti se li prendi di mira con la satira. Ma ricorda la parodia di Ratzinger fatta da Crozza? A un certo punto ha dovuto smettere di farla. E potrei fare altri esempi. Nei risultati, non è molto diverso da quello che accade con l'Islam.
Lei è stato compagno di classe di Flavio Briatore. Ha letto della polemica sul turismo al sud, secondo lui poco sensibile ai bisogni dei ricchi?
Non saprei dire se è così. So che con Briatore studiavo al geometra. Lui fu bocciato al secondo anno, poi lasciò e fece una scuola privata per recuperare tutti gli anni in uno. Credo sia la dimostrazione che il detto popolare – "ultimi a scuola, primi nella vita" – è vero.

Nicola Marenzi
Huffington Post Italia








A differenza di alcuni suoi predecessori, non procede per tipologie, dell'imbecillità non cerca psicogenesi e sociogenesi. La definisce come «indifferenza ai valori cognitivi», la prende come un dato di realtà e la pone alla radice dell'esistenza umana. È da imbecilli, e pazienza per Rousseau, pensare che l'uomo sia nato libero. In realtà l'uomo è nato imbecille e le armi con cui cerca di affrancarsi dall'imbecillità (cultura e senso del ridicolo) sono di per sé stesse insufficienti, né proteggeranno mai nessuno da occasionali, e magari esiziali, colpi di imbecillità. «La frase di Margaret Thatcher, “la società non esiste, esistono solo gli individui e le famiglie» va completata con “e molti di questi individui sono imbecilli”». Per Ferraris l'imbecillità è una causa prima: «Siamo indubbiamente cattivi, non per difetto di cultura o per eccesso di natura, ma per semplice imbecillità». Il libro è divertente; quello a cui fa pensare lo è meno.

Stefano Bartezzaghi
Il Corriere della Sera