NUMERO 246 - PAGINA 1- LA RICCHEZZA CHE SCAPPA E LA POVERTA' CHE RESTA


















































































La notizia della rottamazione delle cartelle di Equitalia, che per ora, in attesa del decreto annunciato da Matteo Renzi, si esaurisce in una slide illustrata dallo stesso premier, ha oscurato la Relazione sull'evasione fiscale e contributiva. Un testo di 150 pagine frutto del lavoro della commissione di esperti presieduta dall'ex presidente dell'Istat, Enrico Giovannini, che lo stesso governo ha allegato al Documento di economia e finanza presentato in Parlamento. La Relazione, nel giorno in cui il presidente del Consiglio se la prende con il metodo «punitivo» e «vessatorio» di Equitalia e decide di chiuderla, ci ricorda che ogni anno a causa dell'evasione fiscale e contributiva vengono a mancare alle casse dello Stato 109 miliardi di euro, ovvero quattro volte il valore della manovra 2017. Allo stesso tempo Renzi, a chi lo accusa di abbassare la guardia sull'evasione, ribatte: «Nessuno ha fatto quanto noi, nel 2015 abbiamo recuperato 14,9 miliardi di euro, è un record».
Ma allora uno si chiede: se la riscossione va così bene, perché liquidare Equitalia? Se il problema era di tagliare interessi e sanzioni sulle cartelle, lo si poteva fare anche mantenendo in vita chi ha concorso al «record». Sulla scelta di Renzi, dunque, ha pesato l'impopolarità di Equitalia.



Nel 2014 le 142mila ispezioni mirate su aziende sospette hanno fatto emergere 78 mila lavoratori irregolari contro 73 mila regolari. Perfino l'Imu sulla casa viene evasa, per un minor gettito di circa 5 miliardi l'anno. A fronte di questa situazione, nel 2015, ricorda la stessa relazione, si sono recuperate «somme evase pari a 14,9 miliardi», di cui però solo «4,5 miliardi derivano dalla riscossione coattiva», le famose cartelle esattoriali. Il resto, più di 10 miliardi, è arrivato da versamenti diretti in seguito ad accertamenti e versamenti spontanei, dietro i quali spesso si nascondono errori e dimenticanze causate anche dalla giungla di norme. In questi 10 miliardi, spiega la relazione al Parlamento, sono però compresi i 4 miliardi di «incassi da voluntary disclosure» sui capitali nascosti all'estero: un'entrata straordinaria, al netto della quale il famoso record si sgonfia.
Conclusione. L'evasione è alta e lo Stato non ha le risorse (e la volontà) per combatterla adeguatamente. Gli accertamenti presso imprese e lavoratori autonomi sono stati meno di 280 mila nel 2015, in diminuzione rispetto al 2014, anche perché l'Agenzia delle Entrate è stata assorbita dalle pratiche della voluntary.
La linea scelta per combattere gli evasori punta, nelle condizioni date,







Al Sud, nei centri di ascolto della Caritas gli italiani che chiedono aiuto per arrivare a fine mese hanno superato gli immigrati. E in tutta Italia esiste una vera e propria emergenza giovani, dovuta alla crisi del mercato del lavoro che continua a penalizzarli: più diminuisce l'età, più cresce la povertà. Sono alcuni degli aspetti che emergono dal rapporto 2016 della Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale dal titolo 'Vasi comunicanti', elaborato sui dati del 2015, che affronta questi temi confrontano la situazione in Italia e quel che accade oltre i confini nazionali.



I DATI DEI CENTRI DI ASCOLTO: SEMPRE PIU' UOMINI E DISOCCUPATI – Accanto ai dati dell'Istat il rapporto fornisce quelli raccolti presso i centri di ascolto promossi dalle Caritas diocesane o collegati con esse (1.649 centri di ascolto dislocati su 173 diocesi). Nel corso del 2015, le persone incontrate sono state 190.465. Ed ecco un'altra novità. “Come nel passato – spiega il dossier – il peso degli stranieri continua ad essere maggioritario (57,2%), ma non più in tutte le aree del Paese”.
Nel Mezzogiorno la percentuale di italiani è pari al 66,6%. Il 2015 segna anche un ulteriore cambio di tendenza: per la prima volta risulta esserci una sostanziale parità di presenze tra uomini (49,9%) e donne(50,1%), a fronte di una lunga e consolidata prevalenza del genere femminile. L'età media delle persone che si sono rivolte ai centri di ascolto è 44 anni. Disoccupati e inoccupati insieme rappresentano il 60,8% del totale.
Tra i beneficiari dell'ascolto e dell'accompagnamento prevalgono le persone sposate (47,8%), seguite dai celibi o nubili (26,9%). Si tratta di persone con la licenza media inferiore per il 41,4%, lalicenza elementare (16,8%) o la licenza di scuola media superiore (16,5%). I bisogni o problemi più frequenti che li hanno spinti a chiedere aiuto sono soprattutto materiali: povertà economica (76,9%), disagio occupazionale (57,2%), problemi abitativi (25%) e familiari (13%). Ma la verità è che in molti casi queste difficoltà si sommano l'una all'altra rendendo la situazione ancora più complessa.

LA POVERTÀ DEI RIFUGIATI E DEI RICHIEDENTI ASILO
A questi dati, si aggiungono quelli relativi ai rifugiati e airichiedenti asilo. Nel 2015 sono sbarcati sulle coste italiane 153.842 migranti, provenienti soprattutto da Eritrea, Nigeria, Somalia, Sudan, Gambia, Siria, Mali. i richiedenti asilo sono stati 83.970, mentre dieci anni fa (nel 2005) erano poco più di 10mila. “Nel corso del 2015 i profughi e i richiedenti asilo in fuga da contesti di guerra che si sono rivolti ai Centri di Ascolto Caritas sono stati 7.770”, spiega il rapporto. Si tratta per lo più di uomini (92,4%), con un'età compresa tra i 18 e i 34 anni (79,2%), provenienti soprattutto da Stati africani e dell'Asia centro-meridionale. Basso risulta essere il loro capitale sociale e culturale. Numerosi i casi di analfabetismo (26,0%). Il 61,2% si trova in situazioni di povertà economica (povertà estrema o mancanza totale di un reddito). Oltre la metà (il 55,8%) non ha un posto dove vivere. Queste persone chiedono beni e servizi materiali (pasti alle mense,vestiario, prodotti per l'igiene) oltre a un alloggio. “Il 2015 è stato definito come 'l'annus horribilis' per i movimenti migratori – chiosa la Caritas – per l'elevato numero di rifugiati, sfollati e morti, ma anche per la debolezza e l'egoismo che molti Paesi hanno dimostrato nell'affrontare l'emergenza umanitaria”. Infatti “la politica europea è risultata frammentata, disunita e per molti aspetti inadeguata e le immagini di muri e fili spinati stridono con gli ideali e i principi del grande 'sogno europeo', quello di un continente senza più confini”.

Luisiana Gaita
Il Fatto Quotidiano
17 ottobre 2016





















































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Il documento, frutto dell'analisi dei dati e delle esperienze quotidiane delle oltre duecento Caritas diocesane operanti sul territorio nazionale, arriva nella Giornata internazionale della povertà e a due giorni dal varo di una legge di bilancio che, stando alle slide presentate da Matteo Renzi, rinvia al 2018 l'aumento di 500 milioni del Fondo per la lotta alla povertà. Quelle risorse, necessarie per far partire il Reddito di inclusione attiva, come fatto notare dalla Cisl erano state al contrario promesse per il 2017. “Un errore ed un danno all'intero Paese”, accusa il sindacato. Intanto l'Eurostat ha reso noto che la Penisola è al quarto posto nella Ue per aumento (+3,2%) del rischio di povertà tra il 2008 e il 2015, alle spalle di Grecia (+7,6%), Cipro (+5,6%) e Spagna (+4,8 per cento).

LA POVERTÀ INVERSAMENTE PROPORZIONALE ALL'ETA'
Secondo i dati Istat  in Italia vivono in uno stato di povertà1,58 milioni difamiglie, per un totale di quasi 4,6 milioni di individui.
Si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi. “Le situazioni più difficili sono quelle vissute dalle famiglie del Mezzogiorno – spiega il rapporto – da quelle con due o più figli ancora minorenni, dalle famiglie di stranieri, dai nuclei il cui capofamiglia è in cerca di un'occupazione o operaio, ma anche dalle nuove generazioni”. Ed è quest'ultimo un elemento inedito messo in luce dall'analisi della Caritas, che stravolge il vecchio modello italiano: “La povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all'età, diminuisce all'aumentare di quest'ultima”. La crisi del lavoro, infatti, continua a penalizzare soprattutto giovani e giovanissimi sia in cerca di una prima occupazione sia di un nuovo lavoro, ma anche gli adulti rimasti senza un impiego. D'altro canto, secondo gli ultimi dati Istat, l'incidenza più alta di povertà si registra proprio tra i minori, gli under 18, seguita dalla classe 18-34 anni. Al contrario gli over 65, diversamente da quanto accadeva meno di un decennio fa, si attestano su livelli contenuti di disagio. Il risultato è che degli oltre 4,5 milioni di poveri totali, il 46,6% ha meno di 34 anni (si tratta di 2 milioni e 144mila persone).






















































































































































































































































































































































































































































Ma ciò che è peggio è che, anche se i 15 miliardi di evasione recuperata fossero veri (e vedremo che non è così) sarebbero pur sempre non più del 13% di quanto sottratto all'erario. Ora Renzi scommette che cambiando approccio e alleggerendo le cartelle esattoriali si incasseranno 4 miliardi in più. Il provvedimento però potrebbe avere accanto a questi benefici, difficilmente stimabili prima, anche dei costi in termini di riduzione del potere di deterrenza. Vedremo. Intanto, come stanno le cose?
L'evasione fiscale e contributiva in Italia è maggiore che negli altri Paesi avanzati, per motivi culturali e a causa di una struttura produttiva frammentata, con una quota elevata di lavoro indipendente. La fotografia dei redditi Irpef con il 46% dei contribuenti che dichiara un imponibile Irpef inferiore a 15 mila euro annui è inverosimile. La propensione media ad evadere l'Irpef da parte dei lavoratori autonomi e delle imprese, dice il rapporto del governo, è pari al 56%, «in continua crescita dal 2010 al 2014, anno in cui si avvicina al 60%». L'evasione Iva è tra le più alte in Europa e fa mancare ogni anno incassi per 40 miliardi.






su un mix di deterrenza, affidato molto allo spauracchio dell'anagrafe finanziaria, e di compliance , cioè il vecchio «concilia?». I più deboli in genere conciliano, gli altri vanno dall'avvocato. Equitalia ha fatto meglio del precedente sistema di riscossione affidato alle concessionarie locali, che non incassavano nulla. Del resto, la lotta all'evasione non ha mai funzionato se non dal centro, lontano dalle pressioni locali. L'ultima prova? La legge attribuisce il
100% degli incassi ai Comuni che segnalano casi sospetti di evasione che vanno a buon fine. Bene, in 7 anni sono arrivate solo 82mila segnalazioni per un gettito di 85 milioni. La classifica 2014 vede in testa Milano con 2,1 milioni. A Roma si scende a 469mila euro. A Napoli a zero. Equitalia chiude, i problemi restano.

Enrico Marro
Corriere della Sera
18 ottobre 2016