NUMERO 237 - PAGINA 3 - LA POLITICA SEMPRE IN RITARDO COI MIGRANTI





















































































































































































































Cominciamo col dare i numeri : al 19 settembre sono sbarcati 130.561 migranti (il 5,53% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente), i minori stranieri non accompagnati sono ben 16.611 (in tutto il 2015 non avevano superato i 12.360) e i migranti ospitati in strutture temporanee e centri governativi sono schizzati a 158.479 (l'anno scorso erano stati 103mila). A fare di più sono oggi Lombardia (20.843 migranti accolti), Sicilia (14.189), Lazio (12.874), Veneto (12.211), Piemonte (12.350) e Campania (12.089).
Non dimentichiamo però che gli Italiani sono 60,6 milioni e quindi siamo stati «invasi» dallo 0,002%. Anche raddoppiando il numero dei clandestini, (tra quelli «contati» e quelli che ci sono senza  essere stati conteggiati) siamo a numeri del tutto insignificanti per un paese della nostra grandezza.
Gli immigrati non sono poi così polli: sanno benissimo che da noi c'è poco lavoro ed un welfare modesto e quindi il loro obiettivo sono i paesi dove la situazione è migliore e dove già stanno  amicizie e parentele.
A me pare che non ci fosse bisogno dell'allarme del sindaco milanese per sapere che (1) le migrazioni non sono  episodi di qualche anno ma sono fenomeni stabili di lunghissimo periodo (come le guerre e la fame... guarda che novità!) e (2) che l'ovvia concentrazione in zone geografiche ed  economiche specifiche (facilmente individuabili senza troppi studi di geografia...) sia una componente del fenomeno migratorio.



Non occorre essere ne Sala ne Fassino ne Salvini per immaginare che le regioni meridionali siano il primo approdo dall'Africa e dal Medio Oriente e che Milano o Ventimiglia siano i punti di partenza verso l'Europa.
Soprattutto non  bisogna arrivare al 06 settembre 2016 per elaborare l'ultimo piano (anti)immigrati  di così modesta portata come quello illustrato nell'articolo di Bolchi e le altrettanto modeste proposte dell'ANCI.
Il primo aspetto che vi si coglie é «il fastidio» della politica quando è costretta a confrontarsi con problemi concreti che non conosce proprio perché li rifiuta «a prescindere».
Che è poi un atteggiamento che ritroviamo ogni volta che succede un disastro: si chiami stravento, alluvione, terremoto, incidente ferroviario. La politica s'incazza sempre quando qualcuno fa qualcosa senza chiederle il permesso mettendola per di più in imbarazzo.
Riassumendo la situazione possiamo dire: (VEDERE RIQUADRO)
Appare comunque tragicamente evidente la mancanza di una politica unitaria dell'Ue verso questo problema, che certifica l'idea di una Ue fatta di modesti ragiunatt che badano  ai conti – quelli dell'oggi nemmeno quelli di lungo periodo…- piuttosto che all'insieme del nostro “essere Europa”. Si può capire l'esistenza di un carattere nazionale ma non si comprende l'ottusità dei politici europei nel non sentirsi parte di una “grande nazione” che si chiama



Europa e che guardi agli USA come a Putin o alla Cina non come un pollaio di galli e galletti che si beccano ma come una potenza culturale economica militare.
Orribile pensare ai governanti europei che badano solo alle esigenze immediate della propria industria salvo poi venire bacchettate dai propri elettori. Una oscillazione che dimostra l'incapacità di “prendere il mondo”, non solo di comprenderlo.
Poi resto convinto che davanti a fenomeni com'é questa grandezza (non solo numerica, ma sociale culturale ideale) migratoria, occorra sia una grande dose di razionalità ma anche una grande dose di coraggio nel gettare il cuore oltre l'ostacolo.
Per questo leggendo le lettere del sindaco di Milano o le modeste proposte dell'ANCI e del governo, ci si trova di fronte a degli ingenui infastiditi e quindi poco attendibili. Che è poi –in altro settore- uno dei motivi della crisi economica mondiale e della sua mancata soluzione dopo dieci anni. Non riescono prevederla, non la vogliono nemmeno troppo considerare, la vogliono men che meno affrontare.
Quasi che la crisi internazionale o le bibliche migrazioni fossero delitti di lesa maestà della politica.




































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































La lettera del sindaco Sala al PdC Renzi


CARO direttore,
In tema di immigrazione è tempo di prendere atto che le condizioni intorno a noi sono profondamente mutate. Non definiamola più emergenza, oggi siamo nel pieno di una dolorosa, costante problematica da gestire. Centinaia di migliaia di persone fuggono la guerra, la fame e la persecuzione. L'Unione Europea dimostra tutta la fragilità della sua politica, che sta rapidamente diventando impotenza.

Un'ulteriore stretta dei controlli alle frontiere e il rigetto di ogni forma di accoglienza sono dietro l'angolo in un numero crescente di Paesi. È quindi di tutta evidenza il clamoroso e
doppio fallimento europeo: non riesce a controllare i flussi in partenza  e non riesce a gestire qui le persone che arrivano.

L'Italia sta faticosamente facendo la sua parte. Questo va detto chiaro e forte. Come cittadino ritengo che l'accoglienza non sia una scelta, ma un dovere. Come sindaco di Milano sono convinto che la nostra città viva nell'accoglienza uno dei tratti distintivi della sua identità. Come uomo di sinistra penso che ogni singolo migrante vada richiamato ai suoi doveri, ma nel frattempo gli tendo la mano.


Proprio per questi motivi, sono
consapevole del fatto che il nostro Paese deve passare a una consapevole gestione del fenomeno. L'Italia deve uscire dall'idea di essere una piattaforma di prima accoglienza. E' certo che la questione non può riguardare solo i non molti Comuni che se ne occupano, ma che il governo, soprattutto un governo di sinistra, deve provvedere a una nuova e efficace politica di integrazione.

Non è facile, ma è da sinistra che deve arrivare la spinta ad affrontare la questione, attraverso una programmazione che coinvolga da subito le amministrazioni regionali.
Milano sta facendo tutto il possibile. Negli ultimi tre anni abbiamo accolto oltre 100.000 profughi. Ma è necessario che il governo operi perché tutto questo non continui a pesare come un macigno sulle spalle della città. Abbiamo bisogno di una politica di integrazione seria, pianificata e dotata dei mezzi finanziari adeguati.

Il governo deve valutare se dare vita ad un unico soggetto che si occupi di immigrazione e accoglienza mettendo insieme i diversi tasselli del mosaico: il sistema Sprar, il rapporto con i Comuni, la circolazione di buone pratiche, l'uso di caserme e così via. A supporto del lavoro del Ministero degli Interni.
Bisogna poi costruire un nuovo e reale sistema di integrazione. Si tratta di proporre un nuovo patto a chi arriva: noi faremo tutto quello che serve a darvi una mano, voi mostratevi disponibili da subito ad aiutarci dove serve, mettendovi a disposizione di programmi per conoscere le nostre leggi e la nostra lingua.

Noi milanesi abbiamo nel lavoro e nella comprensione reciproca l'essenza più profonda del nostro stare insieme. Per questo a fine settembre avvieremo una sperimentazione per inserire centinaia di richiedenti asilo nelle attività di cura del territorio.
Oggi l'immigrazione non è un cerino da passare di mano in mano. È una questione gigantesca che chiede un radicale cambio di passo a livello nazionale. O daremo sostanza a questo cambio di passo o finiranno per prevalere egoismi e paure, che porteranno altri milioni di voti ai populisti di ogni genere. L'Europa si sta rivelando su questo fronte più un ostacolo che un sostegno. Dobbiamo agire subito e bene, per fare quello che la nostra coscienza di governanti ci chiede di fare.

L'autore è sindaco di Milano

La bozza della nuova distribuzione dei migranti preparata dal Viminale - di Vladimiro Bolchi
20/9/2016
il caso migranti
Il retroscena.
La bozza della nuova distribuzione preparata dal Viminale: “Alleggerire le metropoli e coinvolgere l'intero territorio”
Rifugiati nei piccoli paesi e incentivi a chi accoglie ecco il piano del governo
Vladimiro  Polki
«Togliere ai grandi, per dare ai piccoli». Al Viminale il nuovo Piano nazionale d'accoglienza lo sintetizzano così: «Alleggeriremo le metropoli, come Roma e Milano, pretendendo che tutti, anche i paesi più piccoli, facciano il loro». Le nuove quote promettono infatti di rivoluzionare la distribuzione dei migranti. Nessuno sarà escluso. I comuni verranno divisi in tre gruppi: quelli fino ai 2.000 abitanti, con più di 2.000 abitanti e città
metropolitane. Le quote? Massimo 5 migranti per i primi, 2,5 ogni mille abitanti per i secondi, “solo” 1,5 profughi ogni mille residenti per i comuni metropolitani. Chi collaborerà verrà premiato con deroghe al blocco delle assunzioni e 50 centesimi giornalieri per ogni richiedente asilo ospitato.

Il nuovo piano è stato discusso il 6 settembre scorso al Viminale tra il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, il presidente dell'Anci, Piero Fassino, il capo della Polizia, Franco Gabrielli e il capo del Dipartimento libertà civili e immigrazione, Mario Morcone. Il documento ancora non è stato “firmato” dai comuni italiani, ma la bozza già circola al ministero e vuole essere una prima risposta a chi chiede (come ha fatto il sindaco di Milano,
Giuseppe Sala, ieri su Repubblica) «un'equa distribuzione sul territorio dei profughi». Oggi infatti la rete d'accoglienza italiana è al limite. I numeri sono tutti da record: al 19 settembre sono sbarcati 130.561 migranti (il 5,53% in più rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente), i minori stranieri non accompagnati sono ben 16.611 (in tutto il 2015 non avevano superato i 12.360) e i migranti ospitati in strutture temporanee e centri governativi sono schizzati a 158.479 (l'anno scorso erano stati 103mila). A fare di più sono oggi Lombardia (20.843 migranti accolti), Sicilia (14.189), Lazio (12.874), Veneto (12.211), Piemonte (12.350) e Campania (12.089). Ma ora tutti dovranno rimboccarsi le maniche. Il nuovo piano prevede infatti un «sistema di accoglienza
dei richiedenti asilo e rifugiati diffuso sull'intero territorio nazionale, che garantisca una ripartizione equilibrata». Tutti saranno coinvolti. Anche i piccoli centri. «Oggi in Italia su 8.200 comuni – spiega Christopher Hein, consigliere strategico del Cir (Consiglio italiano rifugiati) – solo poco più di 500 partecipano al piano per l'accoglienza». Cosa cambierà? Le future quote prevedono 2,5 migranti ogni mille abitanti, differenziando i comuni in tre gruppi: fino a 2.000 abitanti, con più di 2.000 e città metropolitane. Nel primo caso il massimo di profughi assegnati sarà di 5. Non è l'unica novità. Per alleggerire il peso sulle grandi città, già in prima linea nell'accoglienza, si prevede uno “sconto” per i 15 comuni metropolitani: la loro quota scende
infatti a 1,5 rifugiati ogni mille abitanti. Certo, ogni città volendo potrà fare di più, ma solo su base volontaria.
Il nuovo piano prevede anche una serie di incentivi. I comuni potranno aderire volontariamente allo Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo, gestito da Viminale e Anci), altrimenti continueranno a subire i trasferimenti gestiti direttamente dai prefetti. Non solo. Nella prossima legge di bilancio si cercherà di prevedere per i comuni che aderiranno allo Sprar una deroga al patto di stabilità interno, per procedere così a nuove assunzioni necessarie a gestire l'accoglienza. E ancora: ogni comune incasserà 50 centesimi al giorno a migrante a fondo perduto, soldi che saranno tolti dai 2,5 euro che ogni richiedente asilo riceve per le proprie spese
personali. «Quello che è essenziale alla riuscita del nuovo piano – spiegano al Viminale – è l'accordo con il maggior numero possibile di enti locali. Altrimenti tutto rischia di saltare».
Altra partita in corso nel governo è l'istituzione di una cabina di regia presso la presidenza del Consiglio, che coordini i vari interventi in materia d'accoglienza, rimpatri e accordi coi Paesi d'origine dei migranti. Insomma, un pool che metta assieme i tanti ministeri competenti. I primi incontri già ci sono stati. Ma, avvertono dal Viminale, quest'ultima “rivoluzione” «non è ancora formalizzata».

Le proposte dell'ANCI
Una esigenza che l'Anci propone da tempo e ancora da ultimo abbiamo sollecitato nell'incontro dello scorso 14 settembre con il Ministro Alfano, indicando principali punti.
1. Effettiva realizzazione dei Centri regionali di prima accoglienza, quale stazione intermedia tra il momento dello sbarco e la distribuzione dei profughi nei Comuni. Ad oggi i Centri sono pochi e saturi di persone e sempre più spesso i profughi passano direttamente dallo sbarco ai Comuni.
2. Passare ad un sistema “diffuso” di accoglienza, superando l'attuale concentrazione in un numero limitato di Comuni (circa 1.000), fonte di addensamento che suscita crescente inquietudine nell'opinione pubblica e enormi difficoltà nei Comuni. Ma un sistema “diffu
so” che faccia leva sugli 8.000 Comuni italiani richiede come condizione imprescindibile che si adotti il criterio della “proporzionalità” tra numero di profughi inviati e popolazione del Comune ospitante. Molte delle resistenze delle amministrazioni locali ad accogliere derivano non da insensibilità, ma dal timore di vedersi destinatari di un numero non gestibile di profughi.
3. È necessario che l'accoglienza faccia capo ai Comuni attraverso il sistema Sprar, superando gradualmente il parallelo canale prefettizio di distribuzione attivato dal Ministero degli Interni, fonte di sovrapposizioni e troppo spesso gestito senza alcun coinvolgimento dei Sindaci.
4. La possibilità per i Comuni di utilizzare i profughi in attività
socialmente utili, quale forma di “restituzione” alla comunità che li accoglie. Il che richiede strumenti normativi elastici e flessibili, attualmente insufficienti.
5. L'esclusione dai vincoli di bilancio delle spese sostenute dai Comuni per le politiche di accoglienza e la predisposizione di forme di premialità per i Comuni che aderiscono al sistema di accoglienza Sprar.