NUMERO 234 -PAGINA 3- LE BUGIE ROMANE



















































































































































































































































































Avevano esordito con la prima riunione della giunta capitolina in streaming e con gli assessori appena nominati che si raccontavano in video, il tutto all'insegna della «massima trasparenza». Ma al primo intoppo, eccoli rinchiudersi nelle segrete stanze, impegnati in vertici blindati.
Niente diretta degli incontri in cui i dirigenti del Movimento 5 stelle se le sono date di santa ragione: solo veline e veleni. E i loro elettori, che cercavano notizie di quanto stesse succedendo dopo le dimissioni a catena e le reciproche accuse, e gli insulti, hanno compulsato invano il blog di Beppe Grillo. Quel sito in questi giorni sembrava quasi la Pravda del tempo che fu. Una sorridente Virginia Raggi annunciava: «Al lavoro per Roma». Come se nulla fosse accaduto. Qualche grillino, perplesso, ha chiesto: «Perché l'organo ufficiale del M5S continua a tacere?». Ma non ha avuto risposta fino a ieri sera, quando Raggi ha rotto il silenzio.
Che fine ha fatto la tanto invocata «trasparenza» che del Movimento doveva essere la bandiera e il faro? Accantonata, nell'attesa che i dirigenti pentastellati la smettessero di litigare e che Grillo imponesse l'unità. Curioso destino, e paradossale, quello dei vari Di Maio, Di Battista e compagnia. Hanno sempre criticato gli altri partiti perché non avevano un filo diretto con gli elettori, perché non facevano decidere le strategie ai «cittadini», naturalmente on line, e poi sono stati loro a sfuggire, a non rendere conto di quanto sta succedendo nella giunta della Capitale.
Ma sarebbe sbagliato ritenere che i 5 stelle abbiano rinunciato allo strumento «salvifico» dello streaming. Ieri sera, sul blog del «capo», la diretta è tornata in auge.
Già, sono andati tutti al mare, cioè tutti a Nettuno (il direttorio al gran completo, Beppe Grillo e gli altri dirigenti) per dimostrare che il Movimento è unanime, che i dissapori e i problemi sono il parto della





Sono state autenticamente profetiche le parole del governatore campano DeLuca quando definì ruvidamente la nuova sindaca di Roma:“Ho visto Virginia Raggi affacciata al balcone del Campidoglio, una bambolina imbambolata, mi sono intenerito… Apprendiamo che la giunta è in via di composizione. I Cinque stelle propongono all’Italia una grande innovazione politica: il Web-Cencelli. E non si è ancora insediata la giunta, guardo con terrore a quando metteranno le mani sui quartieri… Mi spiace per Roma, ma questa è la conferma – lo dico a Giachetti – che dio c’è”. La «casta» bianca rossa nera levò la sua voce  in difesa della «donna». S’è vista che donna! furono persino troppo eleganti le parole di DeLuca.
Più che il buondio c’era e c’è nel coacervo di personaggi che stanno attorno alla sindaca parecchi diavolacci in camicia nera, frutto



La sindaca che anziché chiedere ai propri consiglieri dei nominativi da interpellare come assessori lo domanda al contestatissimo studio dove lavorava?  Una sindaca avvocato che non chiede al futuro assessore il certificato ex 335 cpc prima della nomina? Poi vai a  prendere nientemeno che una magistrata Rainieri di Cassazione  o un Minennna e te li fai scappare? Dov’é il «senso delle istituzioni» che ti stiano o meno sulla balle la Cassazione o la Consob?!
E ci credo che un DeDomincis non le abbia risposto : no grazie! Visto il pedregree.
E il Marra e il Romeo ?
Scontato che in queste ore ci sia tutto un orgasmo nelle forze politiche in concorrenza  ai cinque stelle immaginando di spolparne i consensi ed appropriarsene. Non sono così convinto che i 5S ne escano scalfiti elettoralmente da questa vicenda.






Cosa accadrà nelle prossime settimane del Movimento 5 stellenon è facile da prevedere. E' opinione diffusa però che le aspirazioni che hanno mosso milioni di persone a votare il movimento rischiano di essere risucchiate alla prova del governo romano in una palude di dilettantismo, improvvisazione e scarsa trasparenza destinati a lasciare un segno indelebile sul futuro della forza politica che doveva rivoluzionare il paese.
Certo, molti diranno che guardando al vecchio governo di Alemanno o del Pd, i problemi erano assai più gravi e il malaffare più diffuso e radicato. Questo è senza dubbio vero, così come è evidente che i media collegati ai poteri forti siano saltati famelica mente sulla vicenda per portare acqua al mulino dei loro padroni.
Ma il votante grillino medio, quando ha messo la scheda nell'urna, esprimeva attese diverse rispetto alla nuova classe dirigente.



Certo, il linguaggio di Berlusconi e Renzi era diverso da quello di Grillo. Berlusconi prometteva meno tasse e libertà per tutti. Renzi crescita, rottamazione e bonus da 80 euro. Mentre Grillo parlava di onestà, di trasparenza e di democrazia dal basso come perno della strategia per risollevare la nazione dal baratro di qualunquismo e malaffare in cui era sprofondata.Uno vale uno, non più qualcuno che decide per tutti gli altri.
Quello che si vede in questi giorni a Roma purtroppo è lo sconfessamento di questa promessa. La politica dell'uno vale uno si è tradotta in processi di selezione anonimi della classe dirigente, scelti più sulla base di simpatie e amicizie da un numero ristrettissimo di votanti che non in base a una valutazione approfondita delle qualità individuali. L'esito è una scelta di un ceto dirigente lasciato al caso, o a seconda dei punti di vista all'onestà dei votanti. Un ceto in larga parte privo di competenze, alle volte persone oneste, altre con un senso





































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































dell'etica più discutibile, con un livellame nto verso il basso che Alexis de Tocqueville aveva già individuato come il presuppo sto naturale per lo scivolamento versoil dispotis mo. Incarnato emblematicamente da un direttorio e da un leader che scelgono i propri servant in base alla sudditanza e all'ortodossia nel rispettare il pensiero dominan te più che alla preparazione intel lettuale e all'auto nomia di pensiero.
Vedere oggi la Raggi e il direttorio cercare disperatamente nellanomenklatura tecnica amica assessori e capi di gabinetto che dovrebbero essere rintracciati all'interno di un corpo politico maturo e consapevole dà l'idea di un fallimento che prima ancora che  essere imputabile alle singole persone era già










































































































































































































































fantasia dei giornalisti, e perciò la diretta era assolutamente necessaria.
Così i militanti e gli elettori che li hanno votati, e che non hanno avuto il piacere di apprendere da quel sito i perché e i per come delle fibrillazioni di questi giorni, hanno potuto conoscere finalmente la verità. E non una verità qualsiasi, come quella raccontata dai quotidiani, ma quella con la “V” maiuscola, vistata e approvata dal leader.
Insomma, da strumento di trasparenza lo streaming è diventato il veicolo della diffusione del «verbo». Il che ricorda gli usi e i costumi di certi regimi non propriamente democratici.

Maria Teresa Meli
La Repubblica/Roma
08 settembre 2016





dello scambio politico tra destra e cinquestelle.
Inutile girarci attorno: i voti si «pagano» altrimenti ciccia che li porti a casa.
Del resto non cambi una città come Roma, dove il malaffare in comune stà incistato da qualche decennio -e con che personaggi, poi!- con una banda di impreparati. Proprio perché il comune di Roma è ancora nelle mani di mafia capitale, occorreva continuare col commissario per almeno un decennio, magari affiancandogliene un altra coppia più specializzata.
Quel che emerge dagli atti della sindaca è totale incapacità di fare politica nonostante  abbia alle spalle almeno sette anni di opposizione in consiglio comunale e non sia una avvocato neofita ma con un decennio di professione alle spalle non in uno studio dove difendono ladri di galline e motorini.
La destra e la mafia sapevano e sanno benissimo da sempre quando e dove occorre un pollo -stavolta una gallina- per continuare a fare gli affaracci propri.

Un sindaco si regge sul rapporto consensuale coi propri consiglieri altrimenti rischia ogni momento una botta. Vero che un assessore a Roma non può essere anche consigliere ma quando sono scappati i cinque  assessori e dirigenti tutti insieme, è stato chiaro che il governo reale della città stava in «altre» mani che non quelle del sindaco e del consiglio.




















































































































































































Perché la  trasversalità di quell’elettorato non ha un partito in cui accasarsi. Ne  i romani ne altrove in Italia.  I primi hanno dimostrato di fregarsene ampiamente della propria città che considerano ormai una della tante italiche disgrazie tutto sommato  più comode che altrove. Meglio essere romani che di Reggio Calabria o Palermo.
Gli altri partiti, cosa possono offrire di meglio un Salvini o un Renzi?. Il secondo se riesce a strappare un po’ di flessibilità all’Ue regalerà una quattrordicesima di 500 euro ai pensionati minimalisti. Che metteranno sotto la piastrella alla svelta. Salvini? ai romani non serve altro circo. Bastano da soli. Gli andrebbe meglio una camicetta nera.







Non era una questione di meno peggio, o un po' meglio.
Il nodo era che si reclamava un ceto politico radicalmente diverso da quello che lo aveva preceduto. Certo non tutti i sindaci 5 stelle sono eguali. Ci sono le esperienze di Torino e Parma. Ma guarda caso, Parma è messa in quarantena da Grillo e dal direttorio mentre la Appendino a Torino ha da subito dimostrato un'autonomia che la rende anomala rispetto alle dinamiche di gestione del movimento a livello nazionale.
Il punto centrale della questione però, non è se i 5 stelle sapranno superare l'attuale crisi, o ne verranno irrimediabilmente travolti. Forse riusciranno a sfruttare l'impopolarità crescente di Renzi, o forse sarà una nuova crisi economica a rinforzare il vento che soffia nelle vele della ammaccata barca grillina. L'interrogativo cruciale è se veramente c'è del nuovo in questo movimento, un nuovo capace di riscrivere le regole offuscate della vecchia democrazia, in grado di rigenerare la passione civile di quei milioni di italiani che comunque continuano a credere sia giusto impegnarsi per un futuro migliore per se stessi e i propri figli. Sono i 5 stelle un nuovo modello di democrazia?
L'impressione, dopo le prime esperienze di governo, è che a avere portato al successo il movimento siano stati soprattutto slogan, strategie di marketing e intelligenza comunicativa, in perfetta continuità con quanto era accaduto con Berlusconi prima e Renzi dopo.



dall'inizio drammaticamente insito nella strutturazione strategica e politica del movimento.
Walter Lippmann nel 1922 scriveva che ogni democrazia che voglia dirsi tale deve poggiare sul senso critico dei cittadini. Lippmann è stato il precursore di generazioni di pensatori che hanno evidenziato come solo attraverso la cultura, la formazione, la scuola, e il confronto sui contenuti, i mali delle democrazie rappresentative possono sperare di essere curati. Il grillismo ha venduto per democrazia processi che di democratico hanno assai poco. Democrazia non è solo sapere lanciare slogan. Democrazia è una pratica antica che richiede impegno, investimenti di medio periodo, capacità di assumere decisioni consapevoli. Qualcosa che il grillismo non ha avuto tempo di costruire, ma molto probabilmente nemmeno la volontà di fare, rimanendo in questo perfettamente in linea con chi ha governato negli ultimi venticinque anni l'Italia.

Luca Fazzi
Il FattoQuotidiano
7 settembre 2016