NUMERO 233 -PAGINA 2 - UN MONDO DIVISO E IN DECLINO


























































































































































Il G20 di Hangzhou, povero di risultati come tutti i vertici troppo affollati, è stato invece ricco di avvertimenti per un Occidente in pieno declino sulla mappa geopolitica del mondo. L'inventario delle battute d'arresto ascrivibili allo schieramento transatlantico non può che cominciare dalla potenza occidentale per eccellenza, l'America.
Obama era arrivato in terra cinese, per l'ultima volta da Presidente, convinto di poter strappare a Putin una tregua in Siria e a Erdogan un rilancio dei rapporti tra Washington e Ankara.
Sulla Siria l'intesa con il Cremlino si è rivelata impossibile perché Putin non ha voluto o potuto accettare una richiesta-chiave degli Usa: Assad doveva rinunciare all'uso della sua aviazione nella zona di Aleppo e poi nel resto del Paese. Quanto a Erdogan, non sarà una ambigua dichiarazione di Obama sul castigo dei golpisti di luglio a fargli cambiare direzione. In Siria la Turchia combatte l'Isis ma soprattutto allontana a cannonate i curdi filo-americani del Ypg, che sono ormai da anni il surrogato di quella fanteria che gli Usa non vogliono mettere in prima persona sul terreno.

Due motivi di imbarazzo per Obama, che ha ormai pochissimo tempo per risalire la china. Se non ci riuscirà (i contatti continuano) la quinquennale carneficina siriana e l'atroce sacrificio di Aleppo peseranno come macigni sull'ormai imminente tempo dei bilanci. Obama rischia di essere visto come il Presidente che ha «perso il Medio Oriente», anche se a perderlo davvero è stato George W. Bush. Ma tant'è: una eredità pesantissima attende, speriamo, Hillary Clinton, e non sarà facile per lei ristabilire da quelle parti la credibilità di una America che oltretutto non ha più bisogno di petrolio.
E che dire dell'Europa? Il G20 è stata una passerella malinconica, con la britannica signora May impegnata a rassicurare i giapponesi che causa Brexit minacciavano di trasferire altrove le loro fabbriche di automobili, con la germanica signora Merkel che tentava di dissimulare il colpo ricevuto nelle elezioni del Meclemburgo-Cispomerania, con il presidente del consiglio Tusk che sollecitava una improbabile solidarietà sull'accoglienza dei rifugiati.

Il solo a sorridere era ancora Erdogan, consapevole di tenere in pugno la Cancelliera tedesca e il resto della Ue perché nella stagione elettorale appena cominciata il libero transito dei migranti dalla Turchia avrebbe l'effetto di orientare ancor più nettamente i responsi delle urne in Germania, ma anche in Olanda, in Francia, in Austria, forse in Italia.

A proposito, se l'Occidente declina dove dovremmo collocare questa Turchia diventata arbitro delle crisi che ci affliggono? Nella Nato, cui appartiene? Tra gli amici o tra i nemici potenziali dell'America? Tra gli amici o tra gli avversari prossimi dell'Europa?



La polvere del dopo-golpe non si è ancora posata, ed è probabile che Erdogan, al di là delle dichiarazioni aggressive, non intenda tirare troppo la corda con i suoi alleati occidentali. Anche per raccogliere i vantaggi che già gli vengono dall'equilibrismo geopolitico, ora che è grande amico della Russia e che si accinge a chiedere l'appoggio di Putin per stabilire quella no-fly zone nel nord della Siria che è diventata possibile con l'avanzata dei carri armati di Ankara.

Non declina, di sicuro, la Cina che ha ospitato il G20.



Anzi, Putin è diventato protagonista centrale della crisi siriana, ha portato Erdogan dalla sua parte e ha buon gioco nell'indicare che non è soltanto lui il responsabile della guerra strisciante in Ucraina.

Resteranno queste, le linee di tendenza dei prossimi anni? La necessità di individuare strumenti per il controllo delle crisi regionali esige che non sia così. L'America è necessaria, e ha ragione Robert Kaplan quando dice che un declino americano sarà sempre relativo.








Chi ha visto il PD di Curno? In effetti non è  scomparsa solo la sezione PD curnese e il suo segretario. Ci voleva la sconfitta (nazionale) alle amministrative con la mirabile scoperta (non l'avevano immaginata o prevista?....) dell'alleanza delle destre a votare le candidate pentastellate pur di mandare a casa una combriccola di delinquenti com'era quella  incistata nel PD romano o la pervasività del PD piemontese che aveva ormai occupato tutto l'occupabile.
Significative pure le legnate subite dal PD a Treviglio dopo anni di lotte intestine tra galli e galline indigene. Significativa la sconfitta a Ponte San Pietro. Significativa lo stop alla Festa di Mapello mentre crescono altrove. Insomma le ombre prevalgono sulle luci.
Invece da almeno un anno il PD di Curno non esiste.
Ignoto il livello di tesseramento con la sezione spaccata verticalmente tra i neo-renziani (freschissimi neo-convertiti ex Bersani) e i seguaci della vecchia guardia con l'ex Pelizzoli avanti col bandierone rosso dell'opposizione renziana. Lui che operaio magari non lo è mai stato.
Navigazione a vista con la giunta Serra mentre la vecchia guardia “contratta” scambi elettorali: gli spogliatoi del CVI1 oppure la “neo-clementina” in attesa.
Sia La Serra che la vecchia guardia sanno benissimo
di non avere un euro in cassa per muovere domani il mattone: ma intanto si consolano.
Non pare che la Serra abbia suscitato entusiami: bada soprattutto al proprio orticello senza avere la minima capacità di uno



due opposizioni che mettono a disagio. Un evidente disegno di delegittimazione personale verso i due. Un atteggiamento poco consono per un sindaco alla guida di una maggioranza blindata di 8:3. Oltretutto per la differenza di età e di professione, quei due giovani consiglieri possono essere stati anche suoi allievi (o di sue colleghi). Quindi eccessiva due volte.
Come è eccessiva l'assessore Gamba, che pare avere mutuato dalla sindaco un'inutile aggressività sia verso il cittadino che faccia domande come verso l'esigua minoranza. O viceversa.

Soprattutto però domina l'incognita del Referendum, della Legge di Stabilità, dello stop alla mini crescita d'inizio anno per i quali la minoranza spera in una debacle renziana alla faccia delle legnate all'Italia che poi ci arriveranno dall'Ue.
La Serra mira a un seggio parlamentare ma anche il segretario piddino locale mira a un seggio regionale da cui scivolare poi, riforma permettendo, nel new Senato.
Come se  in provincia non ci fossero concorrenti altrettanti ambiziosi.
Insomma ambizioni tante e molto estreme da parte di modesti soggetti in un comune che anziché  essere valorizzato in ambito provinciale e regionale viene governato come uno scartino –rispetto alla città nella quale invece la sindaca si specchia!!!!...- a colpo di piccoli premi clientelari.
Non bastano i soldi distribuiti –anzi: centellinati- a pioggia per creare un “paese bello da vivere” o dove le persone siano contenti di starci.
Ci vuole dell'altro che la Serra non sa nemmeno dove stia.
Insomma un pessimo  quadretto anche perchè

































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































La sua crescita non è più quella di una volta, ma non è crollata come prevedevano interessati osservatori occidentali. Piuttosto, le ambizioni di Pechino nel Mar Cinese Meridionale sembrano essere indifferenti alle condanne americane come a quella della Corte dell'Aja, e Xi Jinping lo ha detto a un frustrato Obama che provava a strappargli qualche promessa di buona condotta.

E non declina più di tanto a Russia, che pure è alle prese con una grave crisi economica dovuta più al crollo delle quotazioni del petrolio che alle sanzioni occidentali per l'annessione della Crimea.



L'Europa deve salvarsi, elettori e migranti permettendo. Russia e Cina devono essere tanto forti da accettare anche compromessi scomodi. Deve nascere, in definitiva, un ordine multipolare capace di gestire le tensioni di un dopo-Muro che è stato sin qui sinonimo di stragi e di impotenze. Comprese quelle del G20.

Fventurini500@gmail.com







sguardo più lontano.Se c'è da l'occasione per ampliare il proprio consenso elettorale in sede provinciale non sbaglia mira ma del paese proprio...

Pensando alla Serra torna in mente la figura dell'ex sindaco dc Marco Finassi. Finassi governò (da sindaco) con la dc solidamente monocolore come  con una dc che riceveva un infarto quotidiano. Eppure chi  riascolti gli interventi di Finassi non troverà mai una parola fuori posto. Un tono eccessivo. Viceversa chi ascolta la Serra o legge le risposte che da alle interrogazioni del leghista e della destra, rileva un astio, un disprezzo verso le



le opposizioni sono malmesse anche peggio del PD.
E non ci sono neppure i penta stellati (… dopo Roma vanno a... rane…).
I prossimi dieci mesi saranno interessanti  anche perché nel centrodestra compariranno pure le liste di disturbo di Gandolfi e quella di Pedretti e quindi lo spettacolo è garantito.

Purtroppo per i Curnesi.