|
|
Il
referendum italiano è “più importante di Brexit”. Lo sostiene il Wall
Street Journal nell'edizione di ferragosto. Mette l'Italia al centro
della crisi europea: per ragioni di stagnazione economica, e non solo.
L'analisi preoccupata del quotidiano Usa s'inserisce in un crescendo di
attenzione sulla scadenza di novembre: anche il New York Times e il
Financial Times hanno lanciato segnali simili, additando nell'Italia
l'anello debole della crescita europea (dati di venerdì).
Ma anche il possibile epicentro di un nuovo shock politico che
indebolirebbe la già traballante Unione. L'allarme non è riservato ai
media anglosassoni: il giornale spagnolo El Paìs ha definito l'Italia
“la nuova malata d'Europa che potrebbe trascinare il continente in una
ricaduta nella crisi".
Diversi emissari della finanza e dell'industria globale, dagli uomini di George Soros a top
manager della Silicon Valley, |
|
Ma The
Economist inseriva l'analisi nel contesto di un allarme-paese più
generale, descrivendo l'Italia con questi tratti drammatici: “Quarta
economia d'Europa, una delle più fragili col debito pubblico al 135%
del Pil, con il tasso di occupazione adulta più basso dopo la Grecia,
un'economia agonizzante da anni, soffocata da eccessi normativi e
produttività debole”.
Il Wall Street Journal nell'edizione del 15 agosto ha aggiunto a questo
quadro fosco la variabile politica: “È questo scenario che rende il
referendum vitale, probabilmente più importante di Brexit”. Il giornale
americano riferisce che “i mercati sono concentrati sulla posta in
gioco politica del referendum”, cioè il rischio che una bocciatura
degli elettori travolga Renzi, “ma il vero costo per l'Italia sarebbe
che l'economia resterebbe inchiodata nella sua stagnazione di lungo
termine”, rendendo più diffi-
|
|
Nuove elezioni, con Camera e Senato potenzialmente in mano a
maggioranze diverse”. Risultato: ingovernabilità a perdita d'occhio. Il
secondo scenario del New York Times e Reuters vede
Renzi sconfitto ma capace di sopravvivere alleandosi con Forza Italia
“per guadagnare tempo e riformare la legge elettorale prima di
un'elezione parlamentare nel 2018”. Un governo simile “trascurerà
l'economia, mentre crescerà il consenso per i 5 stelle che vogliono un
referendum sull'appartenenza all'euro”. Terzo scenario, l'unico
positivo: “Renzi vince e riesce a far passare la riforma della
giustizia, della pubblica amministrazione, delle sofferenze bancarie”.
Ma c'è posto per un ultimo scenario in cui la vittoria dei sì al
referendum non è affatto positiva: “Se Renzi non riesce a risanare
l'economia, il M5S vince nel 2018, e non ha più limitazioni vista la
debolezza del nuovo Senato”.
|
|
Ma lo sbaglio è stato fatto, e a questo punto Renzi “deve ottenere
libertà di manovra dall'Unione europea”. In fatto di austerity, le
regole non sono più applicate con la severità di un tempo. Molti
osservatori ricordano che Bruxelles ha già dimostrato tolleranza verso
la Francia, la Spagna e il Portogallo quando non hanno rispettato i
vincoli di bilancio.
potrebbe aggiungere che dopo Brexit l'incubo di altre defezioni ha
ridotto ai minimi storici la disciplina interna, nonché la capacità di
pressione della Germania sui propri partner. In fatto di lassismo
europeo, stanno accadendo cose ben più gravi in campo extra-economico:
l'impotenza dell'Unione di fronte agli abusi contro lo Stato di diritto
in Polonia e Ungheria. Un po' di elasticità sulle manovre pubbliche a
sostegno della crescita, sarebbe un segnale di rinsavimento per fermare
in extremis l'onda anti-europea di tante opinioni pubbliche.
Le esortazioni a Renzi perché prima di novembre si svincoli dalla
soggezione verso Bruxelles, si spiegano anche con la delusione per
l'operato della Banca centrale europea. I dati di venerdì sulla
crescita dell'eurozona, sempre fiacca se paragonata a quella americana
(o a maggior ragione se confrontata con gli anni d'oro, dai Sessanta ai
Novanta), hanno innescato nuove bordate di giudizi negativi sul
“quantitative easing” in versione Bce. Quegli acquisti di titoli, pur
mantenendo ai minimi storici i tassi d'interesse, non stanno rianimando
la crescita come invece era avvenuto nella prima versione (made in Usa)
del “quantitative easing” applicato dalla Federal Reserve tra il 2009 e
il 2015.
È la conferma di quanto sostengono da tempo gli economisti della
sinistra neokeynesiana, da Paul Krugman a Joseph Stiglitz: la politica
monetaria da sola non basta, ci vuole anche una manovra di bilancio per
rianimare un'economia così malata. Meno tasse, più investimenti
pubblici. Renzi dia l'esempio, se non vuol perdere il referendum di
ottobre e scatenare un effetto Brexit al quadrato: il messaggio è
corale, dagli osservatori stranieri.
|
|
hanno confidato preoccupazioni analoghe
in occasione delle loro visite in Italia. Da più parti si trae una
conseguenza immediata: il governo Renzi deve ottenere da Bruxelles un
margine di tolleranza più ampio, per lanciare una robusta manovra di
bilancio a favore della crescita.
A riaccendere i riflettori sul caso Italia sono stati i pessimi dati
che hanno chiuso la scorsa settimana: l'eurozona nell'insieme cresce,
ancorché debolmente, perché è trainata da una performance della
Germania migliore del previsto, ma l'Italia si è fermata e questa sua
frenata rallenta tutti.
L'analisi del Wall Street Journal sottolinea
che siamo alle prese con un male antico, antecedente alla grande crisi
globale del 2008, visto che “dal 1996 al 2011 la crescita italiana è
stata in media dello 0,9% annuo contro +1,4% in Germania, +1,8% in
Francia, +2,6% in Spagna”. Le conseguenze del lungo ristagno italiano
le pagano anzitutto i giovani. La disoccupazione giovanile da noi
raggiunge il 36,5% contro una media europea del 20,8%.
La questione italiana non è scoppiata all'improvviso sulla stampa
straniera di ferragosto. Un antefatto c'era stato un mese prima, con la
copertina ansiogena dell'Economist: l'immagine di un autobus
pericolante, in precario bilico sul ciglio di un precipizio, pronto a
cadere nel burrone sottostante.
La fiancata dell'autobus era dipinta col nostro tricolore. In quel caso la denuncia partiva dalle banche italiane in dissesto.
|
|
|
|
|
-cile la soluzione di tanti problemi: dal debito pubblico alle sofferenze bancarie.
L'altro grande quotidiano americano, il New York Times, sempre a
Ferragosto riprende l'analisi dettagliata dell'agenzia Reuters sulla
“stabilità a rischio in Italia”. Su quattro scenari relativi all'esito
del referendum di novembre, ben tre sono negativi. Primo: “Il
referendum viene bocciato. Renzi si dimette e il Senato sopravvive. Il
sistema elettorale si converte in una proporzionale che rende ancora
più difficile capire chi comanda.
|
|
Il New
York Times conclude con un'esortazione identica a quella con cui si
chiude l'articolo del Wall Street Journal: la necessità di un potente
stimolo fiscale. Ed è la stessa lezione a cui il Financial Times dedica
un intero editoriale. Intitolato: “Renzi deve lanciare un'offensiva per
lo stimolo”. Questa pressione ha come destinatari finali Bruxelles e
Berlino. Anche il Financial Times considera come “un errore di Renzi
l'aver personalizzato il referendum” e prevede che “molti italiani
coglieranno l'occasione per votare contro un governo sempre più
impopolare”.
|
|
Le immagini sono della -Festa del Fe- a ferragosto 2016 nel Comune di Vedesta.
Il fotografo é Giulio Vimercati per Bergamo News.
Ai primi del '900 un vedesetano
migrò a Londra dove aprì un negozio per vendere prodotti "bergamaschi".
Dovette rientrare per la seconda guerra e mise in piedi uno dei primi
alberghi del paese. In tempi di Brexit i vedestani - sindaco leghista-
anzichè fondare imprese a Londra fanno la Festa del Fe. Della serie: Söche e melù, ogni fröta a la so stagiù.
|