NUMERO 223 -PAGINA 1 - IO STO COI CINGHIALI.












































Coldiretti Bergamo rilancia l'hashtag #bastacinghiali creato dai produttori di Coldiretti nelle varie regioni italiane per mantenere accesi i riflettori sul grave problema del proliferare incontrollato dei cinghiali e dei relativi danni.
“Purtroppo si tratta di un'emergenza che si sta estendendo rapidamente – spiega Coldiretti Bergamo -; anche sul nostro territorio questi animali continuano a rappresentare un grosso problema. Molte aree della nostra campagna sono messe a ferro e fuoco dai cinghiali che si sono riprodotti in modo esponenziale e sempre in modo esponenziale stanno causando perdite economiche alle imprese agricole, mettendo a rischio anche l'incolumità dei cittadini. Ormai gli equilibri naturali sono saltati e il fenomeno è sempre più difficile da arginare”.
Negli ultimi dieci anni il numero dei cinghiali presenti in Italia è praticamente raddoppiato poiché secondo l'Ispra sul territorio nazionale sarebbero stati presenti non meno di 600.000 cinghiali nel 2005 per passare a 900.000 nel 2010 e nel 2015 hanno superato il milione secondo le stime della Coldiretti.
Il fenomeno è così articolato e complesso che è difficile anche da inquadrare con precisione. Nella Bergamasca i danni causati dai cinghiali liquidati nel 2015 sono stati di oltre 60 mila euro, ma se si considera che tra gli agricoltori lo scoramento è tale che non tutti presentano richiesta di risarcimento, il quadro presenta tinte di gran lunga più fosche.
“I cinghiali sono solo la punta dell'iceberg – prosegue Coldiretti Bergamo – perché l'agricoltura è praticamente sotto l'attacco anche di nutrie, corvi e altri animali selvatici. Non si tratta più solo di avere i legittimi risarcimenti, ma è inconcepibile che non si possano mettere in atto misure di prevenzione realmente efficaci per contrastare un fenomeno che costa molto agli agricoltori e ai cittadini, non solo in termini economici ma anche di sicurezza e tranquillità”.
Gli animali selvatici distruggono i raccolti agricoli e pregiudicano la sicurezza delle comunità.
“Oltre ai danni che sono particolarmente pesanti e vanno purtroppo a sommarsi a quelli causati da una stagione inclemente dal punto di vista climatico – conclude Coldiretti Bergamo – se non si argina al più presto la situazione che si è creata, per chi lavora e abita nelle aree rurali è a rischio la possibilità di poter proseguire l'attività agricola e di poter circolare sulle strade senza fare incontri sgraditi e spesso pericolosi”.
Di fronte al protrarsi di questa situazione Coldiretti Bergamo chiede una riforma della disciplina in materia che garantisca l'indispensabile presenza delle aziende agricole a tutela del territorio, oltre a pretendere la necessaria tutela del loro reddito a fronte di procedure certe di integrale risarcimento dei danni.




La polemica tra coltivatori versus i cacciatori per l’infestazione dei cinghiali mi pare una classica storia italiana dove non comprendi mai chi faccia la guardia e chi faccia il ladro. Innanzi tutto perché maggioranza dei contadini è sempre stata ed è tuttora un popolo di cacciatori generalmente poco rispettosi dei periodi di fermo dal momento che oltre a conoscere il proprio territorio lo controllano meglio degli animalisti e delle guardie. E quindi per loro la caccia è sempre aperta. 

Poi perché sapremo mai se l’infestazione originaria è stata creata ad arte da «cacciatori puri» piuttosto che da «contadini cacciatori». Ormai non è nemmeno importante stabilirlo. 
Un bel numero di cinghiali da abbattere va bene per tutti tanto se fanno dei danni anziché essere imputati ai cacciatori vengono saldati buona parte dalla provincia.

Tra cacciatori e coltivatori noi stiamo moderatamente coi cinghiali perché venendo da una famiglia di coltivatori e allevatori  questo problema l’avvento dei cinghiali lo abbiamo visto nascere  crescere e debordare allo stato attuale. Abbiamo conosciuto coltivatori cacciatori che portavano a casa animali catturati altrove per liberarli senza avere il minimo di discernimento o idea del casino che stavano combinando.

Del resto se i cacciatori potessero, non esiterebbero a inserire anche l’elefante o il leone o la pantera: per divertimento. Possedere un’arma e pagare i salatissimi diritti significa per loro automaticamente «il diritto» di sparare all’universo mondo animale (e umano: ma è sovrappiù del fato...).

Complice anche il consumismo che dissemina il territorio di quantità immense di alimenti vari: dai semi per fare le produzioni industriali alle decine di orti casalinghi oppure  i lussuosi bidoncini dell’organico messo in strada di notte «a disposizione» di sua eccellenza «sus scrofa».

La proposta della LAV é di chiudere cogli abbattimenti armati (che indirettamente favoriscono la prolificità della specie) e di avviare una politica di controllo (chimico) della fertilità e quindi delle nascite.
Ma questo ovviamente «urta» la scarsa o nulla sensibilità del cacciatore al quale di cinghiali  non ne basta uno  da sparare (non amo il termine «fucilare» adottato dalla LAV) ma ne vorrebbe 10 100 1000.

More solito una società  consumista che ha ridotto ogni cosa animale persona a oggetto da usare in maniera corretta e non, il tema dei diritti degli animali a non essere oggetto di consumo ludico (e non...) oppure quello di non creare danni indiretti (per il proprio divertirsi) ad altri cittadini imputando i danni inferti all’intera collettività lascia il tempo che trova alla riflessione.

In parallelo la politica è infetta peggio dei cacciatori del virus del consenso e quindi misura i provvedimenti in contraddizione tra le scarse disponibilità economiche dell’ente e il rapporto tra  il numero di elettori-cacciatori e quello degli elettori-LAV.

Davvero: meglio stare dalla parte dei cinghiali anche se una volta ci hanno mangiato lo zaino che avevamo incautamente posato incustodito su una panchina al Colle di San Fermo.
Ghè negot da fa:i bestie i fa ol so mester!.





La Lav (Lega antivivisezione) di Bergamo risponde alla Coldiretti che nei giorni scorsi aveva lanciato un allarme cinghiali (leggi). E sottolinea come l'eradicazione violenta non paghi.
Questi animali, spiega la Lav, introdotti furbescamente e fraudolentemente nel nostro Paese dai cacciatori e poi incrociati con specie molto più prolifiche, sono indicati quali responsabili di incalcolabili danni all'agricoltura i cui risarcimenti incombono però sulle tasche di tutti i cittadini e non dei soli responsabili; ma anche prima causa di incidenti stradali, in cui i cinghiali assumono addirittura il ruolo di “assassini”.
Eppure, la difesa delle colture attraverso recinzioni elettrificate
ha portato risultati positivi in oltre il 90% dei casi: impedendo l'accesso alle coltivazioni gradite dal cinghiale, si riducono le disponibilità alimentari della specie e si contribuisce alla riduzione numerica delle popolazioni.Anche la presunta pericolosità della specie è stata smentita e i casi rari di aggressione

L'avanzata impetuosa dei cinghiali annunciata è quindi il preambolo propedeutico alla formulazione del postulato per cui i cinghiali devono essere sterminati.
E gli amministratori, siamo pronti a scommetterci, saranno ben felici di dare il loro fattivo contributo al clima di velato terrorismo che sottende tutta la questione cinghiali. Mai nessuno di loro in passato si è soffermato sul fallimento della gestione venatoria della fauna selvatica e dei cinghiali in particolare!
E' evidente, sotto gli occhi di tutti, ma nessuno ha il coraggio di ammetterlo, proseguendo lungo una strada fallimentare, senza comprendere che uccidere gli animali non risolve affatto il problema. Da anni, da decenni i cacciatori ammazzano milioni di animali, ungulati e cinghiali compresi. Le quote di abbattimento crescono ogni  anno, eppure i danni non diminuiscono, ma nessuno se ne vuole accorgere. Nessuno prende atto che ammazzare gli animali non porta alla riduzione dei danni, tutt'altro. Né diminuisce il numero di animali. Ed i politici, gli agricoltori, i cacciatori, continuano a meravigliarsi!

E se, leggendo queste note, vi chiedeste perché il numero di ungulati aumenta nonostante gli abbattimenti, vi diciamo quello che normalmente viene omesso, più o meno consapevolmente da chi ha interesse a impugnare i fucili e, cioè, che l'attività venatoria disgrega i gruppi consolidati e contribuisce ad aumentare la fertilità della specie, venendo meno il fenomeno della simultaneità dell'estro delle femmine – lo spiega bene la LAC che a suffragare le proprie dichiarazioni ci mette la biologia: “Il cinghiale è un animale che vive in branchi a gerarchia matriarcale. Le femmine dominanti, che si riproducono in natura una sola volta l'anno, grazie alla sincronizzazione dell'estro, lo condizionano anche nelle altre femmine del branco… in questo modo tutte le femmine avranno un solo estro. Ma, si sa, l'istinto degli animali ha come fine quello della riproduzione e così la persecuzione venatoria, messa in atto contro gli ungulati, determinano il totale sfasamento del branco. Le femmine finiscono per andare in estro più volte l'anno ed anche in età meno adulta e spesso i parti diventano plurigemellari. Insomma, dove l'uomo cerca di distruggere i branchi, l'istinto di conservazione ne modifica la struttura, rendendoli più prolifici… a dispetto dei proiettili (questo per quanto riguarda le specie comuni di cui i cinghiali fanno parte)”.

Un contributo concreto alla gestione degli animali selvatici in ottica di una migliore convivenza con gli umani, conclude Lav, potrà venire solo da un pensiero nuovo, aperto a nuove prospettive, che abbandoni la vecchia, crudele, fallimentare strada delle fucilazioni generalizzate. Solo attraverso lo sviluppo e l'implementazione dei farmaci che controllano la fertilità, che già esistono, possiamo configurare un futuro migliore per gli animali, l'agricoltura, l'ambiente, l'uomo.
Intanto la Lav suggerisce a Coldiretti di chiedere i risarcimenti alle associazioni venatorie, colpendo così i veri responsabili dei citati danni all'agricoltura.






























































































































































































































































































verso le persone sono tutti riconducibili a comportamenti scorretti o imprudenti dei soggetti coinvolti. Molto più pericolosa è l'attività venatoria cui si ricorre per eradicare l'ungulato a causa delle armi utilizzate – si vedano i numeri di incidenti mortali a 2 o 3 cifre che ogni anno si registrano per incidenti di caccia e che coinvolgono anche ignari passanti.












































































































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