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Nella sua brutale semplificazione la riforma costituzionale renziana era l'unica che portasse gli italiani ad assumersi delle responsabilità al momento del voto. Se gli italiani avessero praticato il giochino come a Torino Roma o Livorno, si sarebbero dovuti ciucciare i penta stellati: col paese  nel casino  stile Roma che è poi l'immagine più corretta dell'italiani medio. Che per fortuna ha due soli piedi.
Adesso invece alla fine l'idea del doppio turno con premio al 51% a chi primo arriva (partito o coalizione che sia) e chi vince che governi resta l'idea più semplice ed onesta nel panorama delle  mille riforme elettorali possibili. L'unico punto  da modificare è quello dei capilista bloccati che però piacciono a tutti . I maggiori problemi al doppio turno toccano i 5S perché non hanno ne personale affidabile ne quella organizzazione minima sul territorio che li manda allo sbaraglio. L'altra certezza è che tutti vogliono le elezioni anticipate ma realmente nessuno le vuole perché i nodi che verranno al pettine questo autunno metteranno in crisi qualsiasi maggioranza, quindi andreottianamente meglio tirare a campare che tirare le cuoia.



Gisella Ruggia su Il Fatto Quotidiano scriveva in resoconto della trasmissione della Gruber su La7 le parole di Scanzi in polemica con la giornalista dell'Unità, Claudia Fusani, sulle dimissioni del direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall'Orto. “Era stato scelto per la sua grande fedeltà a Renzi” – commenta Scanzi – ” era anche alle prime Leopolde, è stato un renziano ante litteram. La sua storia è una storia di successi, ma anche di momenti non proprio esaltanti. Credo che nella sua scelta ci sia stato un doppio errore di Renzi. Da una parte, lui ha scelto un fedelissimo che poi non si è rivelato tale e che, secondo lo stesso Renzi, si è macchiato di eccessiva libertà nei confronti di Rai Tre, come dimostrano i casi di Massimo Giannini e di Bianca Berlinguer. Dall'altra parte, la Rai di Campo Dall'Orto non ha brillato per qualità e ascolti”. E sottolinea: “Non è certo il primo fallimento di Renzi. Mi domando quand'è che riuscirà a invertire il trend, perché francamente i fallimenti di Renzi non li conto più. Penso al Jobs Act, alla Buona Scuola, alla legge elettorale, al referendum costituzionale, alla Rai. E non ultima la decisione del Tar sui 5 nominati dei Musei. Mi fa sorridere la reazione di Renzi” – continua – “quando viene bocciato, perché di fronte alla bocciatura ieri non ha ammesso di aver sbagliato, ma ha sostenuto che il loro errore è stato quello di non modificare il Tar.
Renzi è uno di quello che, quando ha la febbre,




E' in atto in questo Paese una reazione istituzionale e politica della maggioranza della popolazione e delle istituzioni che mira a confermare tutto il sistema precedente.

Dati i tempi e le scadenze viene in mente quello che accadde al CSM nella vicenda Falcone Borsellino. Il 19 gennaio dell'88, il Csm bocciò la nomina di Giovanni Falcone a capo dell'ufficio istruzione di Palermo, preferendogli il suo oppositore, Meli.  Borsellino era stato nominato procuratore di Marsala in base a una direttiva del Csm che privilegiava la professionalità sull'anzianità. Poi era venuto l'articolo di Sciascia sui professionisti dell'antimafia. In seguito Sciascia e Borsellino si chiarirono. Ma quell'articolo venne sbandierato. Chi in precedenza aveva votato per



Al CSM volevano chiudere in fretta. Qual era la posta in gioco? Con Falcone doveva essere bocciato il suo metodo di lavoro, vincente ". Un lunga sintesi del verbale di quella seduta la potete leggere QUI.

Che c'entra la vicenda del CSM coi c.d. fallimenti della politica renziana?. C'entra perché clima è lo stesso anche se gli anticorpi si spera siano maggiori e più forti. Sostanzialmente quello che accadde nel CSM non fu per nulla irregolare ma il risultato politico di quelle decisioni formalmente perfette  non solo hanno portato alla morte di importanti servitori dello stato ma soprattutto non si è scoperchiata e vinta l'organizzazione che in Italia non vuole nessuna riforma. Il tragico è che in questa «organizzazione» ci stanno uomini di destra



















































































































































































































































































































































































































































































































































































































ed uomini di sinistra riproducendo esattamente la divisione dell'Italia che abbiamo visto anche per il quattro dicembre.  Dove lo «stare» non significa avere una medesima tessera in tasca, lucrare i medesimi interessi economici e relazionali, supportare pezzi deviati dello stato che proteggono ogni sorta di criminalità.
E' un condividere regole che non consentono di scardinare sistemi di cui il Paese va liberato.
Ma il problema è che mentre nel 1988 l'attenzione degli italiani verso il problema mafia era ancora modesto, oggi la crisi economica cui versa il Paese rende edotta una grande parte di italiani della necessità di cambiare in profondità e in maniera estesa.

Invece abbiamo che una dopo l'altra le riforme  sono state cancellate ricordando le regole pregresse (e ancora vigenti: ovvio...) esattamente come quando, tra Falcone e Meli, venne deciso -dall'estrema destra all'estrema sinistra- che occorreva riconfermare il principio che a comandare l'ufficio fosse non il migliore ma come s'era sempre fatto: cioè il più anziano.

Che è quello che è successo anche il 4 dicembre quando un fronte eterogeneo dalla destra alla sinistra hanno cassato al 60% la riforma costituzionale. Che è poi – siamo all'oggi- quello che si legge oggi nei commenti -da sinistra a destra- sulla decisione del TAR laziale di cassare alcune nomine di direttori di musei.
















































































































































































































































































































































A quella gente importa zero sia del destino degli italiani che del destino del paese: al massimo importa finire la legislatura e incassare i soldi per i debiti elettorali pregressi.
Invece procedono a ranghi serrati verso un inciucione da cui tutti vogliono trarre vantaggi come fu per la prima e la seconda repubblica.
Ovviamente tutti a godere del grasso che cola dall'inciucione ma senza responsabilità perché quando ci sarà da approvare la legge di stabilità 2018, fuggiranno come polli dal pollaio in cui è entrata la volpe. Una volpe tedesca.

Del resto di fronte a un Parlamento dove su 945+6 eletti finora ben 481 hanno cambiato casacca (al 17 maggio) o si introduce una regola per cui chi cambia casacca decade, oppure non si va da nessuna parte. Nemmeno introducendo la fiducia costruttiva.
In tutto questo abbiamo una sola certezza: che se la legge elettorale prefigura un inciucione votiamo penta stellato pur di mandarli a casa. Poi magari questi fanno casini a iosa, ma almeno ne abbiamo spedito fuori un bel mazzo.



non se la prende con la febbre sicura, ma col termometro.Non la trovo una reazione così matura”. Fine della citazione.



















































Al Referendum del 04 dicembre 2016 la riforma costituzionale del governo Renzi è stata approvata da 13,4 milioni di voti e cancellata da 19,4 milioni. Alle successive primarie del 30 aprile 2017  Renzi è stato confermato al 69,17%, Orlando 19,96%, Emiliano 10,87%  con una votazione cui hanno partecipato circa due milioni di cittadini.
Gli ultimi sondaggi elettorali (del 26 maggio per IXE) darebbero il PD al 29,3%, il Movimento 5 Stelle al 28,0% e poi  ci sarebbe FI col 13,0% e la Lega col 12,6%. Articolo 1 sarebbe al 2,7%. Prendiamo i grandi numeri e non affoghiamo sullo zero virgola.

Questo lungo quadro fa emergere un paese dove c'è una  consistente parte di elettori e di cittadini che -bene o male- hanno condiviso e condividono le riforme attuate dal governo Renzi e lo confermano come proprio leader.
La domanda che viene in mente è come reagiscono questi cittadini  nel vedere le varie  riforme essere via via cancellate.




Borsellino non appoggiò Falcone e ribaltò le regole, privilegiando l'anzianità. Pure magistratura democratica sui spaccò: Caselli votò per Falcone mentre gli altri di MD si astennero. Dissero che avrebbero comunque difeso il pool antimafia. Ma quando Meli parlò davanti al Csm, disse chiaramente che dei metodi di lavoro di Falcone non sapeva che farsene. Falcone si dovette prima dimettere dall'ufficio e poi abbandonare Palermo. Borsellino disse che quello fu l'inizio della sua fine.