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LA SINISTRA RISCOPRA LA SICUREZZA DEI DIRITTI
Giuliano  Pisapia
La conseguenza delle nuove norme sulla sicurezza rischia di trasformarsi in un vero e proprio boomerang in vista delle prossime elezioni: si offre infatti al centrodestra l'occasione di strumentalizzare la giusta esigenza di sicurezza dei cittadini e, in particolare, di quelli appartenenti alle fasce più deboli. Esigenza che, si badi, non va sottovalutata: la sinistra non può trascurare la questione sicurezza proprio perché le conseguenze della criminalità vengono subite soprattutto dai più deboli, economicamente e socialmente. Ma si debbono rispettare i princìpi e i valori della democrazia ».
Penso a quello che sta succedendo in questi giorni e rileggo queste righe che avevo scritto in un articolo a commento del pacchetto sicurezza nell'anno Duemila.
È passato molto tempo, le ideologie si sono scolorite, 



Perché, ad esempio, modificare, e peggiorare, la legge sulla legittima difesa che si è dimostrata in grado di garantire il diritto di difendersi dalle aggressioni e di evitare ingiuste condanne o ulteriori pene per le vittime di aggressioni?
E se è vero, oltre che indispensabile e urgente, trovare una soluzione per accorciare i tempi delle decisioni relative al riconoscimento dello status di rifugiato, non sarebbe stato meglio eliminare le commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, che non garantiscono la terzietà e imparzialità della giurisdizione, e mantenere i tre gradi di giudizio?
Non sarebbe stato più utile incrementare l'organico della magistratura anziché assumere 250 “unità a tempo indeterminato” per le Commissioni ministeriali? A maggior ragione se si considera il numero elevato di annullamento delle decisioni delle Commissioni da parte della magistratura giudicante.
Per quanto riguarda il cosiddetto “pacchetto sicurezza” vi sono certo norme positive richieste dai sindaci che spesso non hanno gli strumenti per contrastare il degrado urbano, ma non si può confondere il degrado con la sicurezza o l'ordine pubblico.












Regione Lombardia: sei malato?
Non chiamare il medico, ora c'è il gestore

Vittorio Agnoletto
Medico, professore presso l'Università degli Studi di Milano

Il titolo, purtroppo, non è uno scherzo, ma è quello che sta avvenendo in Regione Lombardia.
Per ora riguarda una sola Regione ma, se dovesse realizzarsi, è probabile che in pochi anni troverà estimatori anche in molte altre parti d'Italia. E' una vicenda (volutamente) complicata ma proverò a spiegarla nel modo più semplice possibile, convinto che ognuno abbia diritto di essere pienamente informato su quello che riguarda il presente e il futuro della sua salute.
Con due delibere, la n. 6164 del 3 gennaio e la n. 6551 del 4 maggio 2017, la giunta regionale lombarda, senza nemmeno una discussione in Consiglio regionale, sta modificando totalmente l'assistenza sanitaria in Lombardia e cancellando alcuni dei pilastri fondativi della legge di riforma sanitaria la n. 833 del '78.
La non costituzionalità di tali delibere è stata sollevata attraverso un ricorso al Tar dall'Unione Medici Italiani ed un altro ricorso è in arrivo da Medicina Democratica. Gli Ordini dei medici di Milano e della Lombardia sono insorti: la giunta regionale si è limitata ad inserire qualche modifica di facciata proseguendo a vele spiegate verso una terza delibera attuativa attesa in questi giorni.
La vicenda riguarda, secondo le stime della Regione, circa 3.350.000 cittadini “pazienti cronici e fragili” che sono stati suddivisi in tre livelli a seconda della gravità della loro condizione clinica. Costoro riceveranno in autunno una lettera attraverso la quale la Regione li inviterà a scegliersi un “gestore” (la delibera usa proprio questo termine) al quale affidare, attraverso un “Patto di Cura”, un atto formale con validità giuridica, la gestione della propria salute. Il gestore potrà essere loro consigliato dal medico di base o scelto autonomamente da uno specifico elenco.






























































































































































































































































































































Presente la morbidissima assessora regionale Terzi (all'ambiente) già sindaco di Dalmine, nella vita normale avvocato come Maroni, il CDX+Lega di Curno ha celebrato con una merendaanalcolica la giornata dedicata al futuro Parco del Brembo sud che dovrebbe finalmente arrivare a comprendere anche Treviolo e Curno e Ponte san Pietro.
Scrive BGnews che “l'assessore regionale Terzi ha messo l'accento sul coraggio degli impegni presi dal Centrodestra di Curno: “i temi ambientali sono spesso consideranti scottanti, ma vedo con piacere che qui a Curno il Centrodestra ha deciso di mettere nero su bianco obiettivi coraggiosi ma realizzabili. Mi riferisco in particolare al progettodel Parco, al passaggio alla tariffa puntuale per arrivare all'80% di raccolta differenziata, ....”.
Ottimo e abbondante si potrebbe dire.
Il fatto è che dopo trent'anni di amministrazioni di destra leghista e forzista  al centrosinistra siamo ancora a zero. Il problema Parco del Brembo per Locatelli sindaco (come pure le candidate Gamba e Carrara …)non sarà così facile da affrontare perché


































































































































































































































































































































































































































i problemi concreti sono cambiati, ma ci sono dei temi che continuano ad essere motivo di preoccupazione di tutti. Uno di questi è la sicurezza e proprio per questo ritengo necessario fare una precisazione: io continuo a credere che esista una profonda differenza tra destra e sinistra. E penso che questa differenza emerga in modo prepotente nell'affrontare i temi legati alla sicurezza. E che il punto di partenza non possa essere che quello di rispettare i princìpi della nostra Costituzione per evitare la lesione di diritti individuali e collettivi. Quello che mi preoccupava nel Duemila, e ancora oggi mi preoccupa, è che la sinistra si accontenti di proporre semplicemente le ricette che sembrano più “popolari”. E che sulla sicurezza, ma anche sulla legittima difesa e sui migranti, vi siano state, in Parlamento e nel Paese, ulteriori divisioni anche all'interno della sinistra e del centrosinistra.
Con il ministro Minniti che ha parlato del pacchetto sicurezza come di un provvedimento di sinistra e Roberto Saviano che lo ha definito degno “della peggiore destra”.
Non credo che le norme apprrecentemente siano di sinistra, come sostiene il ministro Minniti. Ma sono anche certo che se avessimo una maggioranza di destra la situazione sarebbe certamente peggiore. Tanto per rinfrescare la memoria: ci ricordiamo le leggi “ad personam”, l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, la Bossi-Fini che aveva cancellato proprio gli articoli della legge Turco- Napolitano che favorivano la legalità e il reinserimento sociale e lavorativo degli extracomunitari? Il fatto è che la destra, che con le sue leggi non ha risolto i problemi della sicurezza, continua a strumentalizzare per finalità esclusivamente elettorali situazioni non facili da affrontare. C'è un principio invalicabile, fissato dall'art. 2 della Costituzione: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo … e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» .
Articolo che non si riferisce — come in altre parti della Costituzione — solo ai diritti dei cittadini, ma a quelli universali, senza alcuna distinzione.
Chi fa proposte conoscendo i dati della realtà, sa che quella dell'insicurezza è soprattutto una percezione, che contrasta con il fatto oggettivo che i reati sono calati. Il che non significa ignorare il problema, ma essere consapevoli che è sempre miope cavalcare le strumentalizzazioni del centrodestra rischiando un vero e proprio effetto boomerang.
























































































































































































































































































Il gestore, seguendo gli indirizzi dettati dalla Regione, predisporrà il Piano di Assistenza Individuale (Pai) prevedendo le visite, gli esami e gli interventi ritenuti da lui necessari; “il medico di medicina generale (Mmg) può eventualmente integrare il Pai, provvedendo a darne informativa al Gestore, ma non modificarlo essendo il Pai in capo al Gestore”.
La Regione ha individuato 65 malattie, per le quali ha stabilito un corrispettivo economico da attribuire al gestore a secondo della patologia presentata da ogni persona da lui gestita. Se il gestore riuscirà a spendere meno della cifra attribuitagli dalla Regione potrà mantenere per sé una quota dell'avanzo, eventualmente da condividere con il Mmg che ha creato il contatto. Il gestore non deve per forza essere un medico, può essere un ente anche privato e deve avere una precisa conformazione giuridica e societaria e può gestire fino a… 200.000 persone.
E' facile immaginare che nelle scelte dei gestori conterà maggiormente il possibile guadagno piuttosto che la piena tutela della salute del paziente, il quale potrà cambiare gestore ma solo dopo un anno. Scomparirà ogni personalizzazione del percorso terapeutico e ogni rapporto personale tipico della relazione con il medico curante. Per una società che gestirà 100/200.000 Pai (Piani di Assistenza) ogni cittadino è un numero asettico potenziale produttore di guadagno.
Il Mmg viene quindi privato di qualunque ruolo, sostituito da un manager e da una società; ed è questa una delle ragioni che ha fatto scendere sul piede di guerra i camici bianchi. Se avesse potuto la Lombardia avrebbe cancellato la figura dei Mmg, ma per ora una Regione non può modificare i pilastri di una legge nazionale come la legge 833. Ma all'orizzonte c'è il referendum sull'autonomia regionale voluto dal presidente leghista, un referendum consultivo ma che verrà fortemente enfatizzato. Ci sentiremo dire che l'autonomia da Roma permetterà di rendere pienamente operativa questa “eccellente riforma regionale”. Di bufale sulla sanità ne abbiamo già sentite molte, da Renzi alla Lorenzin e questa non sarà l'ultima.
Una “legge eccezionale”, sosterrà la Regione, perché eviterà che cittadini malati, in maggioranza anziani, debbano impazzire con le ricette, le telefonate interminabili ai centralini regionali per fissare le visite, le code agli sportelli, le liste di attesa ecc. ecc.
La Regione Lombardia non dirà che tutti questi disagi sono stati costruiti ad arte, prima da Roberto Formigoni e poi da Roberto Maroni, per spingere i cittadini verso la sanità privata che li aspetta con gioia per lucrare ulteriormente sulla loro pelle. Se il Tar non cancellerà queste delibere e se le organizzazione della società civile non si ribelleranno è forte il rischio che molti nostri concittadini accetteranno quasi con riconoscenza il piano della Regione; salvo poi accorgersi che ad essere trascurata sarà proprio la loro salute. Ma allora sarà troppo tardi.
Scritto in collaborazione con Albarosa Raimondi, medico, esperta in organizzazione sanitaria.

di Vittorio Agnoletto
15 maggio 2017




















































































































































































































































































Sono questioni diverse la cui responsabilità deve essere affidata a chi ha le giuste competenze e professionalità.
Un conto è la collaborazione tra diverse istituzioni che le nuove norme tendono giustamente a rafforzare, altro è l'intervento repressivo che, invece, non può essere di competenza di chi ha un ruolo amministrativo.
Nel confronto parlamentare il decreto legge è stato, in alcune parti,
migliorato rafforzando il tema della prevenzione e della coesione sociale, ma le criticità e i rischi di un uso improprio dei nuovi poteri da parte di chi ha il compito di amministrare certamente esiste.
Un più attento esame da parte del Parlamento, reso impossibile dai tempi per la conversione di un decreto legge, sarebbe stato non solo utile ma anche necessario per evitare il rischio di un uso meramente repressivo delle nuove norme, come già è avvenuto da parte di alcuni sindaci leghisti. E per evitare i rischi denunciati da Roberto Saviano, da molti parlamentari di sinistra e dalle associazioni quotidianamente impegnate nell'aiutare i soggetti più deboli.
So bene quanto è difficile governare una città e posso immaginare quanto sia difficile governare un Paese, soprattutto quando le diseguaglianze aumentano giorno dopo giorno, ma anche per questo sono convinto che un confronto più sereno e costruttivo a sinistra, soprattutto su temi così delicati e difficili, non può che contribuire a trovare le soluzioni più equilibrate e più giuste, oltre che più efficaci.

Giuliano Pisapia
Campo Progressista
15 maggio 2017
















dopo la questione del valore dei livelli lungofiume  (che la giunta Serra per mano del duo Conti&Cavagna immaginavano forse di poter gestire al ribasso) si troverà di fronte due autentici molossi da affrontare. Uno di sicura fede leghista (e per di più pedrettiano…) e l'altro pendolare verso chi gli consentirà di godere una settantina di pertiche di pascolo pubblico senza pagare un euro di affitto.
In sovrappiù dovrà fare i conti coi cacciatori e coltivatori.
Locatelli dovrà fare i conti con le numerose immobiliari –in massima parte di fede forza italiota e leghista- che conoscendo la “fame di soldi”  di cui è afflitto il comune non molleranno facilmente l'osso.
L'aspetto più grave è che, sia  Locatelli che la Gamba ed anche la Carrara, non hanno uno straccio di idea del “che fare” del Parco del Brembo tranne mettere dei vincoli (in massima parte ignorati) ed abbandonarlo al suo destino imbambolati nei fiorellini.
Invece di trasformarlo in motore di sviluppo e per la riduzione della CO2, il Parco del Brembo  è e resterà un territorio semiabbandonato in mano a tutti e nessuno.
L'idea di investire nei prossimi dieci anni un euro pro-anno pro-abitante per tutti gli abitanti che fanno-faranno parte del Parco per le opere idrauliche, di rimboschimento e irrigazione e di dare corso ai finanziamenti pubblici per le poche infrastrutture destinate all'uso generale non gli passa neppure per la mente.
Soldi spesi “bene” però….
Se consideriamo che da trent'anni i comuni non riescono nemmeno a provvedere alla manutenzione minima dei percorsi già esistenti (con tutti i soldi che hanno incassato prima del 2010….)e in trent'anni non sono riusciti a fare accordi con due proprietari per tracciare un trecciolino largo pochi metri (due? tre?) che credibilità possono avere? Se poi andiamo a vedere le opere eseguite (nessuna opera nel fiume….) vediamo che trattasi di spese del tutto inutili. Perciò… aspettiamo e speriamo.