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NUMERO 367



























































la generosità invocata o proposta da Pisapia si scontra con la volontà dentro agli iscritti ed elettori di una conta elettorale che non promette molto di buono. epperò la scelta di Renzi dicreare un nuovo partito dalle ceneri del vecchio potrebbe essere vincente.





la legge elettorale deve costringere gli italiani a scegliere ed assumersi oneri e responsabilità





domani ricorre l'anniversario della morte di Gramsci






















































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Quando Giuliano Pisapia, solo pochi mesi fa, si è mosso in prima persona per contribuire alla rinascita di un centrosinistra largo, Barack Obama era ancora alla Casa Bianca, la Gran Bretagna nella Ue e il Pd unito sotto lo stesso tetto. Il tempo fugge e, secondo Pisapia, quello a disposizione della sinistra italiana per darsi un assetto coerente alle nuove
sfide globali sta per scadere: «Le elezioni francesi – dice l'ex sindaco di Milano a Repubblica – ci ricordano che la sinistra divisa va incontro a un solo destino: la sconfitta. Se le primarie lo confermeranno segretario del Pd, a Matteo Renzi resta meno di un mese per dare un segnale chiaro: cambiare la legge elettorale e costruire una coalizione. Altrimenti il centrosinistra andrà incontro a una sconfitta che definirei generazionale, perché ci vorrà appunto una generazione prima che si possa ricostruire la fiducia e la partecipazione del proprio elettorato».

Renzi non ha dato alcun indizio di voler andare in questa direzione.
«Gli indizi non sono favorevoli, ma credo ancora alla possibilità di una svolta. Sono favorevole al Mattarellum. Se però non ci sono i voti in Parlamento, può funzionare anche il sistema che il Pd ha proposto in commissione: collegi e premio di maggioranza moderato. Purché si chiarisca se il premio va alla lista o alla coalizione. Serve il secondo, se si vuole mettere in campo una alleanza larga di centrosinistra ».

La tesi dell'alleanza larga è degli sfidanti di Renzi alle primarie. Fa il tifo per loro?
«Non sono iscritto al Pd, sono uno spettatore interessato perché, senza i dem, per l'Italia non c'è un futuro di centrosinistra. Spero che, chiunque sarà il nuovo segretario, non stravolga la storia di un partito che nel tempo è cambiato ma il cui elettorato non ha mai rinnegato il suo essere di sinistra».

La sinistra è fresca di scissioni a catena. Come si riunisce chi si è appena lasciato?
«Ascoltando la domanda di unità che proviene dalla base. Esiste una sinistra ragionevole,



Su molti temi, anche i 5S – già simpatizzanti di Trump – coltivano posizioni affini a Le Pen: sovranis -mo, protezionismo, polemica dura sui migranti. C'è differenza tra il populismo lepenista e quello grillino?
«La differenza c'è e si vede. Credo che moltissimi sostenitori del M5S sarebbero furibondi all'idea di essere assimilati ai lepenisti. Il 5Stelle è un movimento trasversale, nato da posizioni in parte condivisibili e capace, come nel caso del testamento biologico o delle unioni civili, di sposare posizioni molto avanzate».

Ma con i 5S è ipotizzabile un asse di governo, come evoca Pier Luigi Bersani?
«Un accordo strutturale no. Sui singoli temi, è possibile una proficua collaborazione. Quanto ad alcuni dei loro argomenti forti – dalla sobrietà alla lotta ai privilegi – la sinistra deve saperli recuperare perché è dimostrato che, quando succede, il M5S non tocca palla».

Grillo attacca i radicali e corteggia l'elettorato cattolico. Corteggiamen to reciproco, a giudicare dalle posizioni di parte della Chiesa. Crede che sia una manovra solo elettorale o in prospettiva può cambiare equilibri reali, vista la mole di leggi sui diritti civili ancora impantanate o mai discusse?
«Dice bene. Una parte, della Chiesa. Il primo risultato di quello che lei definisce un corteggiamento del mondo cattolico intanto ha prodotto una divisione nella Chiesa. Non esiste più un mondo cattolico monolitico. Se parliamo dell'offensiva sul lavoro domenicale, non possiamo dimenticare che il M5S si è detto favorevole a una battaglia dei sindacati e di una parte della sinistra. Sui migranti, invece, non ci può essere differenza più marcata.

















































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Tutti i grandi giornalisti curvi a interrogarsi e interrogare la politica sul risultato del primo turno  elettorale francese coniugandola col casino italiano. Con una spruzzata di legge elettorale e un cincinino di manovrina da 3,4 miliardi. Per adesso.
Si da il caso che sarebbe l’ora di addossare veramente agli italiani l’onere della scelta e non con una votazione che lascia sopravvivere egregiamente tutti (il proporzionale).
Gli italiani fanno sempre il doppio gioco. Vedi Torino dove non gli è riuscito nemmeno male. Vedi Roma dove hanno toppato alla grande. Vedi Milano dove si dividono sui barconi  nella conca del naviglio e dormicchiano sulle periferie.
Un paese che ha voglia di svegliarsi e di muoversi é governato da una massa di incollati non solo allo scranno parlamentare e alla relativa prebenda ma furbeggi pure con quella. C’è chi ne restituisce una parte e si allarga allarga allarga sulle spese rimborsabili. Non sappia la mano destra cosa cucca la mano sinistra.
Tocca agli italiani decidere in che mani consegnarsi.
A che mani governative affidarsi. Questo giochetto tra una maggioranza pd-forzaitalia oppure una alleanza caso per caso del pd coi pentastellati non può reggere il  futuro del paese. Dentro tutte le forze politiche prevalgono le forze espulsive che aggregatrici.
Ecco perché un maggioritario secco e semplificativo, con  premio  altrettanto netto alla lista vincente in collegi di 100mila elettori e senza lo stesso capolista in dieci collegi, è l’unica soluzione per governare finalmente il paese.  Gli iscritti di un partito scelgono a modo loro i candidati e li propongono agli elettori che li votano oppure no.
Poi si cancella il senato e si riducono i deputati a 350 e si stabilizza la conferenza stato regioni in conferenza telematica.
Dimenticavo!. Vorrei che il prossimo governo mettesse al primo punto  quello di ridurre l’evasione e l’elusione fiscale in cinque anni alla media europea.
Scusate ma vi giuro. Davvero lo giuro: non ho bevuto!





Gramsci non abita più qui. Sinistra senza egemonia e 5 Stelle senza cultura.

di Luca Mastrantonio

A 80 anni dalla scompar -sa, il 27 aprile del 1937, Antonio Gramsci è più attuale e più morto che mai. Si sprecano i libri in uscita, 20 già nei primi mesi del 2017, e i convegni; ma chi, tra i soggetti politici italiani, si rifà al filosofo? Sinistra italiana, costola di fuoriusciti dal Pd che ha organizzato un convegno dal titolo beffardo, «Egemonia», vista la loro vocazione minoritaria. Oggi chi parla di egemonia, non ne ha; chi ce l'aveva, l'ha persa, e chi sta diventando egemone, della cultura poco si cura. Il Pd, che dal Pci in parte discende, ha rottamato il filosofo comunista, dilapidandone parte dell'eredità: basti pensare all' Unità ; suonano tardivi gli appelli alla «battaglia per l'egemonia culturale», come quello di Tommaso Nannicini al congresso Pd del Lingotto: è stato sottosegretario di un governo (Renzi) che su scuola, bonus cultura e Rai non ha certo trionfato.
Sono campi difficili, sì, ma al posto di seminare idee nuove si sono aggiunte altre mine. È necessario che Renzi e il Pd cambino passo rispetto, per esempio, al referendum: è stato impostato come battaglia culturale o personale? Renzi pare persuaso di essere il nuovo Principe, con il 40% dei Sì quale personale indice di gradimento; certo il 60% di No è un dato nazional-impopolare rilevante (la sconfitta del Sì ha coinvolto anche il presidente della fondazione Gramsci, Giuseppe Vacca). Ma prendiamo l'altro soggetto politico potenzialmente egemone, in crescita, il Movimento Cinque Stelle, che non ha nell'antifascismo un valore fondante e verso Gramsci ostenta menefreghismo: nel 2016 i grillini furono i soli a votare contro la trasformazione della casa di Gramsci in monumento nazionale. E che idee culturali hanno i Cinque Stelle, a parte gli spettacoli di Grillo, le poesie di Taverna, la biblioteca di dietrologie e il guevarismo di Di Battista? Forse Gramsci non può che essere alieno al Pd e all'M5S di oggi: le sue analisi, molto attuali, mettono a nudo tanto la miopia di una classe dirigente democratica che ha dilapidato la sua egemonia culturale, quanto le ombre di un movimento antipartitico che per ora cavalca soprattutto gli umori delle masse.
























































































































































































































































































































































un mondo che non ha paura della sfida di governo, e che insieme a voci civiche, ambientaliste e moderate al Pd dice: alleiamoci su un progetto per il Paese o sarà la fine. Ha sentito cosa ripete in queste ore Romano Prodi? Io confido che Renzi raccolga questo appello».

Altrimenti?
«Altrimenti questo stesso mondo dovrà trarre le conseguenze e attrezzarsi a dare una rappresentanza autonoma alle proprie idee. Ma il rischio concreto è che, da questo quadro esploso, esca la peggiore sconfitta degli ultimi decenni».

È pronto a essere il candidato premier di uno schieramento a sinistra del Pd?
«Non sono sceso in campo per questo né per fondare partitini del 3 per cento. Senza un'intesa anche con il Pd, si porrà presto il tema della leadership. Un passo alla volta».

In Francia sono fuori dal ballottaggio sia il socialista Hamon che il più radicale Mélenchon. In Gran Bretagna Corbyn pare fuori dai giochi. In Spagna i socialisti hanno perso a ripetizione. La sinistra è in crisi irreversibile?
«La sinistra, ovunque, quando si divide perde. I partiti tradizionali non riescono ad avere la fiducia degli elettori. Ma se si sommano i voti di Mélenchon, che non è estremista, a quelli socialisti, si ha la prova che il campo di centrosinistra è tutt'altro che sparito.

La sinistra è vista da una parte di opinione pubblica come un pilastro dell'establishment responsabile della crisi. A ragione?
«In parte sì. In Italia, in particolare, ha restituito l'immagine di una nomenclatura chiusa. Per troppi anni gli elettori hanno visto le stesse facce scambiarsi ruoli all'interno del gruppo dirigente. È mancato un ricambio e la volontà di agevolarlo. Io, da sindaco, avevo in giunta ragazzi di 28 anni che spesso mi facevano riflettere sul valore di questioni che non avevo gli strumenti per capire».

Le speranze di fermare Marine Le Pen sono affidate al centrista Macron, sostenuto da un elettorato trasversale. Non teme che questo scenario francese dia nuovi argomenti a chi sostiene che, per battere Grillo e Salvini, occorre un fronte dei “responsabili” anche in Italia?
«Mi sembra il contrario. A parte la differenza di sistema elettorale, la ragione fondamentale è politica: è un grave errore dire che il discrimine fondamentale non è più tra destra e sinistra. Innanzitutto perché non è vero e poi perché non offre chiarezza. Ci sono due possibili ordini di risposte ai problemi di fondo, dalla povertà alla crescita: quelle della destra securitaria e parolaia e quelle di una sinistra responsabile e pragmatica ».

La manovrina di primavera racconta che il governo di sinistra non riesce a districarsi tra il rigorismo europeo e la volontà di metterlo in discussione.
«In questo caso le notizie dalla Francia sono positive. Macron è un'europeista convinto ma critico. Le regole europee vanno rispettate, ma cambiate quando è necessario. A settembre si voterà in Germania, e se come pare il presidente Schulz avrà un buon successo, potrà esserci un fronte compatto per modificare le regole di Bruxelles. Non per distruggere quello che si è costruito in 70 anni, ma per rispondere alla crisi più drammatica dell'economia dal 1929».




Mi chiedo cosa può pensare la Chiesa su quanto sostiene il M5S, peraltro diviso al suo interno, sull'assistenza ai disperati che fuggono da guerra e miseria».

E Berlusconi? Una legge che incentivi le coalizioni non porta con sé il rischio che il centrodestra superi le sue profonde divisioni e torni maggioranza elettorale?
«È una possibilità, comunque meno grave di una sinistra che va divisa alla battaglia decisiva. E poi attenzione: se Fi, Lega e Fdi corrono da soli prendono nel complesso più voti. Il cartello elettorale può invece scoraggiare molti elettori dal sostenere una coalizione con Salvini e Meloni».

Lei paventa un tracollo della sinis -tra. Ma, senza una vera riforma elettorale, quasi certamente saran -no le alleanze in Parlamento a decidere il governo. L'abbraccio Pd-Berlusconi pare a molti inevitabile.
«Sarebbe innaturale. Mettere insieme qualcosa e il suo opposto non può funzionare. L'effetto delle larghe intese sarebbe l'equivalente di una sconfitta elettorale: ci vorrebbero anni per riconquistare la fiducia degli elettori».

Stefano Cappellini / La Repubblica




















































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































Domani si verrà a conoscenza del candidato sindaco dell'area di centrodestra. Salvo colpi di scena, sono mesi infatti che hanno cercato disperatamente un candidato non appartenente alle varie segreterie, punteranno su Locatelli o Cavagna. Comprensibile il timore degli eventuali interpellati a rappresentare e ad amministrare a fianco di personaggi come Locatelli da voi soprannominato il Verdini di Curno e in più dover ascoltare da vicino la voce di Cavagna il giovane. Credo che il centrodestra stia facendo di tutto per regalare la vittoria al PD con la Gamba. Di Locatelli sappiamo tutto, geometra nel settore delle costruzioni, da assessore sgambettò Gandolfi e lui disse che fu per il bene dei cittadini, grande amico di Pedretti e tutt'ora erede del suo stile. Cavagna ha la fregola dell'arrivista in poco tempo ha bruciato le tappe, si scottò anche le mani con faccende più grosse di lui, potrebbe sempre dire che eseguiva solo degli ordini. Graziato da Gandolfi (gran signore).
Sapete comunque chi ne esce vincente?
Massimo Conti




Il custode delLa Latrina di Nusqua mia tale ing.Claudio Piga da Trezzo sull’Adda pubblica un intervento firma to Massimo Conti. Era molto tempo
che Massimo Conti non scriveva suLa Latrina: dev’essergli venuto uno schittone primaverile per ricorrere subitaneamente al luogo.  Crediamo sia un falso: é un po’ difficile credere che il segretario PD di Curno non sappia chi sarà il candidato sindaco della destra leghista curnese (che il suo attivissimo informatore nel bar dei cinesi ne sia davvero ignorante? incredibile! L’abbiamo saputo noi (se è quello vero) quello  che non aprirebbero fauci nemmeno con una tenaglia!).
Detto questo -se lo scrittore è davvero il segretario del PD curnese- ha dimenticato di dare tre informazioni. La prima é perché non compare nella foto del Mulino Bianco di presentazione della new list Vivere Curno. La seconda quali sarebbero i primi o secondi fini per cui il centrodestra leghista curnese ha deciso di far vincere la Lista Gamba. La terza è  che ci spiegasse ‘sto tortone: se vince la Gamba vince il PD. Vero che il maggior azionista della Lista Gamba è PD  ma vista questa dichiarazione, perché PD non s’è presentato col suo simbolo? 



Il custode delLa Latrina di Nus quamia tale ing. Claudio Piga da Trezzo sull’Adda pubblica ci bac- chetta perché per indicare il
lungo percorso del PCI fino al PD (attraverso le sue trecento denomina- -zioni intermedie) abbiamo (volutamente con la consulenza della prof.ssa Rolla) scelto la dizione «usque ad». Mica solo lui c’ha vichipedia o google. In effetti di questi tempi trovare un brand vincente l’è un po’ problematico specie se si hanno dirigenti piuttosto scalzini come il filosofo piacentino.
I post del custode delLa Latrina di Nusquamia sono sempre un insieme di copia&incolla dei suoi testi. Ripetuti uno cento mille volte. Nelle oscure leggi dell giungla internettiana (pare) valga il principio per cui se una parola è ripetuta mille volte questa compare nelle infauste ricerche dei visitatori con maggiore immediatezza di una parola scritta poche volte.  Se poi questo ripetere ripetere ripetere fa affluire della pubblicità sul sito (epperò per adesso non ne vediamo sulLa Latrina di Nusquamia...), il proprietario del sito riceve dei soldini. Magari non diventi ricco con un blog come La Latrina di Nusquamia, ma ci si può sempre sperare.







































































































































































































































































































































































Nella foto: il sacrificio di Carlo Giuliani