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Il dott. Marco Battaglia, neolaureato nella magistrale di politiche europee e internazionali all’Università Cattolica di Milano ci comunica su Bergamo Post di avere conosciuto delle «persone incredibili come Bepi (Pelizzoli il secolare segretario del PCI curnese?) e Massimo Conti (il segretario PD?) che mi hanno introdotto nella politica più attiva all’interno del paese». Il virgolettato è nostro ma dal testo dell’articolo appare come una dichiarazione dello stesso Battaglia. Nel caso non fossero parole sue, ci scusiamo. A noi ha colpito invece l’aggettivo «incredibili» attribuito al duo Pelizzoli-Conti. Lo pensiamo in senso positivo. San Paolo rimase folgorato sula via di Damasco e si convertì. Di questi tempi meglio stare lontano da quelle parti. Adesso  basta una folgorazione in Largo Vittoria: ci permettiamo quindi di suggerire al dott. Battaglia una attenta attenzione alle parole del ministro Poletti. Per trovare lavoro «il rapporto di fiducia è un tema sempre più essenziale» e in questo ambito si creano più opportunità «a giocare a calcetto che a mandare in giro i curricula». Parole autentiche  del titolare del Ministro del Lavoro. Oltre al calcetto anche una lista civica non è da buttare.

Peccato che l’assessore Cavagna, nonchè la sua collega Gamba, non siano in grado di dirci QUANTI di questi 139 abbiamo poi trovato effettivamente un lavoro. Assessori, vi facciamo osservare che avete bisogno di un buon paio di occhiali. Quei 53mila euro (o quanti altri) NON sono serviti per trovare 139 posti di lavoro ma per garantire il lavoro a quelli di Energheia. Non meravigliatevi se poi i giovani dicono che «quelli del PD» stanno con l’»establissement» perché lo certificate voi stessi.
Il consigliere di minoranza in ordine al problema ha concluso: sicuramente il «posto» lo trovano a quelli della loro parte che poi mettono in lista». Che è la scoperta dell’acqua calda.




Nel lunotto posteriore della macchina che mi precede ci sono alcuni disegni di persone; sembrano tracciati da una mano infantile. Quando ci fermiamo al semaforo, m'avvicino e li vedo meglio: sono i ritratti dei componenti della famiglia, naturalmente accompagnati dai loro nomi. Disposti in ordine di altezza.

La famiglia è social anche sul lunotto dell'auto

Ci sono papà Carlo, mamma Federica, due bambini, Filippo e Graziella; poi il cane Febo e il gatto Fido. Non sono dei disegni, bensì delle decalcomanie bianche appiccicate al vetro, degli sticker. Probabilmente non sono state neppure tracciate da un bambino, ne imitano piuttosto il tratto. Disegno essenziale, semplice, con alcune parti tondeggianti, piedi e mani; i capelli sono disegnati con piccoli segni, tutto schematico, come in uno schizzo infantile. Scopro dopo qualche giorno che sono prodotti industrialmente. Si trovano in offerta nel web a prezzi abbordabili: 2,90 al ritratto, che comprende anche il nome della persona, indicato all'atto dell'acquisto. La casistica è varia: nonno e nonna, mamma e papà, bambini di età differenti; quindi gli animali: cane, gatto, coniglio, criceto, pesce, cavallo, tartaruga, uccellino. Famiglia allargata. C'è anche la mamma in dolce attesa, il papà motociclista o con barba: siamo in piena epoca hipster. Il produttore, che propone questi sticker, ha anche in catalogo una versione aggiornata di “Bimbo a bordo”, naturalmente personalizzata: il profilo in giallo di un Minion e la scritta con il nome, “Christian a bordo”.
Dare un nome a ciascuno, esibirlo sul lunotto dell'automobile è un effetto-Facebook? Possibile. Fatto sta che in un breve giro sul web reperisco almeno quattro o cinque diversi produttori di sticker-famiglia, nella versione detta “classica”, con i disegni in bianco, stile gessetto, o a colori, che costa un po' di più. La pubblicità di uno di questi produttori li definisce “adesivi family clan”, e li propone come un modo per personalizzare la propria automobile o il camper, per “far suscitare l'invidia di quanto bella sia la tua famiglia”.















































































































































































































































Noi continuiamo a guardare questa fotografia, in stile «famiglia del mulino bianco» e continuiamo a dirci che nella foto ce ne sono tre di troppo e  ne manca invece uno.
Manca qualcuno !.
Non riusciamo a indovinare chi.
Qualcuno di voi riesce a capirlo più alla svelta di noi?
Poi: mancherà di sua spontanea volontà
o l’avranno pregato di non esserci?








































L’assessore Cavagna  incumbent anche «per il sostegno e lo sviluppo delle attività produttive e commerciali» comunica «alcuni esiti» della sua attività sempre attraverso Bergamo Post: «Per quanto riguar­da il bando Cariplo, con il progetto "Tessere relazioni, generare lavoro", focalizzato sul tema della fragilità nelle famiglie a causa della man­canza di lavoro, è stata su­perata la prima selezione, rientrando nei venti progetti migliori su 75 proposti in Lombardia. Tuttavia, non è stato poi finalizzato. Coworking: sono due le postazioni di Curno coperte su tre, mentre le altre postazioni riservate a Lallio, Mozzo e Paladina sono ancora aperte. Per quanto ri­guarda lo Sportello Lavoro, a oggi gli iscritti sono 286; 139 cittadini hanno partecipato a 21 corsi o attività formative. Stando ai prezzi di mercato, i cittadini disoccupati hanno potuto godere di formazione gratuita per più di 48mila eu­ro, acquisendo competenze utili per un futuro inserimento lavorativo. Insomma, le po­litiche attive per il lavoro sono state una nostra priorità».
Riassumendo. Il primo progetto era bellissimo ma non è stato finanziato. Del coworking occupati 2 posti:5 e dagli altri Comuni nessuno. Poi viene il bello. Dice il nostro: «i cittadini disoccupati hanno potuto godere di formazione gratuita per più di 48mila eu­ro». Cioè «il pubblico» avrebbe finanziato ad Energheia 48mila euro per fare i corsi a 139 cittadini,  e la società ha ricevuto anche i 5mila euro ogni anno di compenso del Comune.
Ci spieghi ass. Cavagna: siete stati furbi o avveduti voi a scroccare ad Energheia 38 mila euro di corsi pagandoli solo 25mila oppure quei 38mila sono stati rimborsati da qualche ente pubblico e i vostri 25 si sono aggiunti ai 38mila?
Sa com'é: sono euro pubblici mica noccioline all'apericena.

Il custode delLa latrina di Nusquamia, tale ing. Claudio Piga da Trezzo sull’Adda nonché  autore de «Le vegliarde di Trezzo» ha virgolettato la sua latrina:

















































«La manovra di coinvolgimento di Gandolfi nella manovra di assalto della Ndoc è fallita. Viene ribadito il concetto: Gandolfi non è alleato di Locatelli (il segretario di FI a Curno) e di Cavagna il Giovane (il consigliere leghista) !».Prosegue la caccosa virgola: «Gandolfi l'aveva scritto su Nusquamia circa due settimane fa. Il concetto viene adesso ribadito sull'ultimo numero di Bergamo Post, in edicola dal 21 aprile: così il tentativo di sputtanare Gandolfi è fallito, speriamo per sempre". Beh, se lo scrive pure Bergamo Post, allora c’è proprio da crederci. Il problema è che -ascoltando le due campane avversarie queste commentano: «... e chi lo vuole!?». Che gggente irriconoscente e irriguardosa.






























































Quando i bambini “vedono i pupazzetti adesivi sorridono”, è scritto, e li “vogliono anche loro”. Che la famiglia sia tornata di moda? In tempi di crisi è il segno di un ritorno alla tradizione? Possibile. La molla principale sta proprio in quella volontà di personalizzazione ogni cosa. Segnare con il proprio nome, e quello dei propri familiari l'automobile, diventa una forma di distinzione, oltre che di effettiva identificazione. La presenza dell'animale è poi un segno ulteriore dell'estensione del clan familiare al di là delle linee parentali. Mentre esistono molte versioni del papà (tennista, sciatore, con baffi, con giacca e cravatta, con jeans, ecc.) e della mamma (fotografa, lettrice, insegnante, capelli ricci, capelli lisci, con shopper, ecc.), e anche alcune dei nonni, scarseggiano gli sticker di zii e zie, cugini, cognati o cognate. La famiglia è quella mononucleare con l'aggiunta dei nonni, e non sempre tutti e quattro. Ciò che le persone oggi più temono è l'anonimato, il timore di non avere nome, e per questo lo esibiscono in questo modo sulla propria casa viaggiante. Gli sticker manifestano una forma di regressione: la volontà di essere bambini e insieme di vedersi attraverso gli occhi dei bambini. Non sarà forse la medesima cosa.

Marco Belpoliti /La Repubblica