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NUMERO 362


















































































































































«La prossima sfida? Aumentare i lettori»
Dopo l’inaugurazione si guarda avanti (e all’estero)

di Cristina Taglietti

Tempo di Libri, la nuova fiera dell’editoria, è iniziata e, al di là dell’orgoglio per una sfida vinta, la parola d’ordine, per tutti, è «vediamo». Lo dice Dario Franceschini, il ministro dei Beni culturali che fino all’ultimo ha cercato di compattare il fronte ed evitare lo sdoppiamento con il Salone di Torino. «Adesso vediamo Milano, a maggio vedremo Torino. È naturale che nella fase di decisione ci sia stata una dialettica anche abbastanza accesa. Io continuo a pensare che sia possibile una forma di collaborazione, un’integrazione. Questa non è una competizione, proviamo a capire come fare sistema e non farsi danno» dice mentre al Caffè Garamond Geronimo Stilton inizia la sua rassegna stampa commentando la notizia del giorno (il ritrovamento di un’impronta di dinosauro sul Monte Cagno, in Abruzzo). «Ci siederemo e vedremo come lavorare insieme», rilancia il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Scivola invece sulla diplomazia il governatore della Lombardia Roberto Maroni che parla della capacità di Milano di «trasferire qua un evento che è nato e cresciuto in un’altra città».

L’inaugurazione con il ministro, il giro di rito negli stand (37 mila metri quadrati la superficie totale) prima dei saluti di ospiti e autorità. Sembrerebbe il Salone del libro di Torino, ma c’è meno ressa, ci sono meno bambini delle scuole (appena rientrati dalle vacanze di Pasqua), meno rumore di fondo, meno spazi che con l’editoria c’entrano poco. Il layout è compatto ed elegante, manca quella frenesia che a Torino fa pensare al visitatore che mentre fa la coda per un incontro si stia perdendo qualcos’altro.



Il mercato sotto la lente: «La tecnologia non è un nemico»

di Alessia Rastelli

Si apre con il segno meno, quanto ai dati di mercato, la prima giornata di Tempo di Libri. Crollano del 4,9 per cento le copie di volumi vendute e del 2,9 per cento i ricavi nel primo trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016.
Le cifre sono state diffuse nel corso di uno dei primi appuntamenti della nuova fiera, curato da Nielsen e dall'Ufficio Studi dell'Associazione italiana editori (Aie). Durante la giornata, inoltre, diversi altri eventi sono stati occasione di riflessione sui dati e le strategie da adottare.
Più in dettaglio, nei primi tre mesi del 2017 i libri venduti sono stati 17,6 milioni contro i 18,5 milioni di gennaio, febbraio e marzo 2016; pari a 242,7 milioni di euro i ricavi contro i 249,9 milioni dello stesso trimestre dell'anno precedente. Tengono i libri per ragazzi e la narrativa, che intercettano oltre metà della domanda, mentre vanno male la saggistica e i titoli per professionisti. Meno fosco il quadro se si considera che nei primi mesi dell'anno molte novità non sono ancora uscite. Guardando invece all'intero 2016, l'Italia registra un timido più 0,3 per cento a valore, mentre a volume il segno è ancora negativo: meno 3 per cento. Sono esclusi gli ebook, che a fine 2016 sono il 4,5 per cento del mercato del libro (61-65 milioni il fatturato), contro il 4 per cento di fine 2015.L'analisi si allarga ad altri Paesi monitorati da Nielsen, perché — spiega il presidente dell'Aie, Federico Motta — «significa dare una prospettiva non solo italocentrica al nostro mercato e al nostro essere editori». Con il segno «più» ci sono solo la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, che possono contare sull'ampio bacino della lingua inglese. «L'Italia invece copre un'area linguistica piccola.















































La Fiera dei Librai Bergamo fa 58 anni, il Salone Internazionale del Libro di Torino si piazza a trent’anni e il milanese Tempo di Libri è appena nato. Nello spazio di poco meno di un mese tre importanti manifestazioni su un «prodotto» che in Italia ha (non) molti "consumatori" ma vieppiù in diminuzione.
La stampa nazionale ci pare abbia riservato un «discreto» accoglimento al salone milanese facendo finta che non sia partito con un flop inatteso mentre viceversa la fiera bergamasca si conferma forte e solida della sua storia e della qualità complessiva delle sue proposte.
Ovviamente non sono manifestazioni confrontabili e quindi lasciamo altrove le polemiche  sul casino torinese-milanese nonostante le benedizioni franceschiniane volte  alla collaborazione. Milano  sembra indirizzarsi più che «verso» il «lettore-cliente» per diventare il luogo dove si scambiano i diritti di produzione tra i vari autori ed editori di tutto il mondo. Lo auguriamo ma vedremo se ce la faranno.
Effettivamente mi sarei atteso un maggiore successo del salone milanese anche se i primi giorni non sono sufficenti per una corretta valutazione.

Vediamo cosa c’è da vedere leggere ascoltare sentire a Bergamo. In ordine sparso siamo  (già stati) curiosi di Antonio Dikele Distefano col suo «Chi sta male non lo dice». Torneremo per ascoltare Mauro Corona per «Quasi niente» e Paolo Cognetti col suo «Le otto montagne».
Eviteremo sicuramente Walter Siti e  Roberto Saviano per lo scontato assedio vista la notorietà del secondo e il rumore messo in piedi da «Bruciare tutto» di Siti.
Risentiremo per la terza volta la presentazione di «Contro venti e maree» di Enrico Letta . Una passata anche per «Sai dove trovarmi» di Carlo Simoncini per chiudere con «Un maestro a piedi scalzi» di Carlo dal Lago. Sperando che oltre a noi anche gli amici ci diano la registrazione degli eventi da conservare nella nostra tec(hin)a.



















































































































































































































































































































































































































































































































































































































«È mercoledì, temevo che ci fosse meno gente — dice Chiara Valerio che ha curato il programma generale —. E l’entusiasmo e l’affetto che ho ricevuto dalle persone che abbiamo invitato mi ripaga di tutti gli sforzi».

Il presidente della Fiera Roberto Rettani dice che «non sarebbe male se diventasse sempre più internazionale, capace di sfidare la rassegna di Francoforte». Un’ambizione che si capisce anche visitando l’enorme e organizzatissimo Mirc (Milan International Right Center), riservato allo scambio dei diritti. Una vocazione, quella internazionale, su cui punta anche Federico Motta, presidente dell’Associazione italiana editori. I confronti dei mesi passati, anche accesi, con Franceschini sembrano ormai alle spalle quando Motta riconosce di avere come interlocutore «un ministro a cui stanno a cuore i destini della cultura di questo Paese», prima di ricordare, comunque, che l’organizzazione a marce forzate (225 giorni dalla fondazione della Fabbrica del libro, la società di Aie e Fiera che organizza la rassegna), «è stata fatta contando soltanto sulle nostre forze, intellettuali ed economiche». La presidente della Fabbrica del libro Renata Gorgani è pronta ad ammettere che non tutto è perfetto («abbiamo un cassetto pieno di cose che non siamo riusciti a fare») ma ci tiene a sottolineare che 600 ospiti (su circa duemila) sono donne, il trenta per cento, mentre «mediamente in questo genere di manifestazioni sono il dieci per cento».

Franceschini dice che quando nasce un libro è come un figlio (in Francia esce oggi da Gallimard la traduzione del suo romanzo Daccapo ) e che Tempo di Libri è «una fiera bella, dinamica, e fa parte di una sfida complessa che il Paese deve condurre e vincere». Una sfida per aumentare i lettori, magari con qualche aiuto pubblico. Per ora è soltanto un’idea. «Perché lo Stato sovvenziona il cinema, gli spettacoli dal vivo e non le case editrici? Il settore va sostenuto con risorse pubbliche, per esempio investendo sulle esportazioni dei libri italiani all’estero. Dobbiamo pensarci, trovare gli strumenti».






Bisognerebbe lavorare di più sui diritti e la vendita all'estero», commenta Giovanni Peresson, responsabile Ufficio studi Aie e curatore del programma professionale di Tempo di Libri. Anche al confronto con i mercati stranieri, inoltre, l'Italia si distingue per la quota della fiction (39,2 per cento del mercato nel 2016, includendo la narrativa e un 2,4 per cento di young adult , che viene invece escluso negli altri Paesi, dove la fiction non va comunque oltre il 30 per cento).
«I dati sono preoccupanti» commenta dal palco Riccardo Cavallero, fondatore della nuova casa editrice Sem. «Amazon sta aprendo una banca e noi continuiamo a gioire se il digitale non decolla. Il mio marchio fa solo fiction ma su carta, in ebook e audiolibri. Serve diversificare e agganciare i giovani. Se non investiamo noi sui contenuti adatti a più supporti, perché dovrebbero farlo i lettori?». Che raggiungere questi ultimi sia «uno dei pilastri del lavoro editoriale» — insieme a quello di avere gli autori — è convinta anche Laura Donnini, direttore generale e publisher di HarperCollins Italia: «Abbiamo troppi libri e pochi lettori. Nel marketing digitale, ad esempio, in Italia siamo all'età della pietra». D'accordo Gian Luca Pulvirenti, amministratore delegato di DeA Planeta Libri: «Nella grande distribuzione ci sarebbe già una domanda potenziale maggiore di quella che stiamo cogliendo».
Proprio per disegnare il profilo del lettore di oggi, il gruppo Innovazione di Aie ha ideato un Osservatorio, condotto dall'istituto Pepe Research sul consumo editoriale e culturale, per capire quanto le nuove tecnologie influenzino l'accesso ai contenuti. I primi risultati, presentati ieri, hanno ribadito che «il mondo tecnologico non si contrappone a quello editoriale», spiega Peresson. Chi legge tanto coincide spesso con chi è più avvezzo ai mezzi digitali. E creare contenuti su più piattaforme potrebbe essere dunque decisivo per catturare questo tipo di lettori e farli aumentare.





























Fiera dei Librai

La 58° edizione della Fiera dei Librai, a Bergamo dal 15 aprile al 1 maggio 2017, è organizzata da Promozione Confesercenti insieme al Sindacato Italiano Librai (SIL) e alle librerie indipendenti aderenti a Li.Ber- Associazione Librai Bergamaschi.

La Fiera più antica d’Italia, con i suoi romanzi, saggi e volumi per ragazzi, incontri con gli autori, laboratori e tanto altro “invade” Il Sentierone, la via di passeggio nel cuore della città, trasformandola in una grande libreria a cielo aperto, un luogo dove regna sovrana la libertà di guardare, cercare, scegliere, ascoltare, vivere l’emozione vera della lettura.

Da 58 anni, di libraio in libraio sempre indipendente, la Fiera rinnova il suo modo unico di scoprire il mondo del libro: dai fenomeni editoriali di tendenza, alle numerose realtà cosiddette minori che da sempre sono la linfa più viva, reattiva, libera da logiche di mercato. Il successo della manifestazione, già elogiata dal Presidente del Centro Nazionale per il Libro e la Lettura, che l’ha simbolicamente eletta a modello per tutte le altre Fiere del Libro italiane, ha infuso negli organizzatori la volontà di proseguire un percorso difficile convinti che la cultura sia il valore intorno a cui fare rete tra gli operatori per rilanciare il sistema delle librerie, specialmente quelle indipendenti.

Librai indipendenti: liberi di scegliere!