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NUMERO 361





































Le lettere di Corrado Augias

La solitudine non è solo tristezza

Caro Augias, come la gioia e la tristezza anche la solitudine è uno stato d'animo. Qualcuno la confonde con la mancanza di amicizie, ma si può essere soli anche in una moltitudine.







Donne smettete di aver paura delle altre donne

Questa storia ce la racconta Alessandra

Cara Concita,
Leggo con molto piacere il tuo spazio su Repubblica e pensavo di raccontarti la mia storia. Più che una storia, è un percorso fatto di domande.
Ho 28 anni, a volte me ne sento 16 per l'entusiasmo che metto in ogni cosa che faccio, a volte me ne sento 40... Siccome sono una persona a cui non piace perdere tempo ed energie nel crearsi maschere, compromessi (anche se giustamente a volte vanno fatti), con quelle poche persone con cui riesco a intrecciare una relazione (amicizia, amore, passione, affetto) stabile ho fatto una scelta chiara. Essere schietta, trasparente, svelarmi per come sono. Posso parlare tranquillamente di tutto quello che mi può circondare, fino ad arrivare ad argomenti... che per le donne sembrano essere tabù. Perlomeno se si osa parlarne apertamente.
Parto subito con una domanda: perché se parlo di sesso con gli uomini, apertamente - così come loro ne parlano apertamente - le donne mi additano come troia? Perché mi vedono come una minaccia? Anche le altre sono fatte di carne, di desideri, suppongo. Io ne parlo, parafrasando Marlene Dietrich, come un dato di fatto, non come un'ossessione vergognosa da reprimere.


Istruzioni per sesso e donne
Concita De Gregorio
Da una lettera di Alessandra Leoni, Parma

Alessandra ha 28 anni, una sorella gemella e un fratello minore. E' nata a Milano, si è laureata alla Cattolica, è andata a vivere a Parma dove ha da poco trovato “un piccolo lavoretto, che è già qualcosa”. Vive da sola, ha qualche relazione anche lunga alle spalle. Mi scrive una lettera allegra e diretta piena di domande sulle relazioni sentimentali e sul sesso: il sesso come lo pensa lei, come lo pensano gli altri – il mondo fuori.
“Perché se parlo di sesso con gli uomini, apertamente come fanno loro tra di loro, le donne mi additano come minaccia?”. “Perché se elogio una donna e le dico quanto è bella che mi piace come parla e cosa dice, gli uomini (e anche le donne, spesso) mi indicano come lesbica?”. La chiamo al telefono. Questa rubrica non è una posta del cuore, ma d'altra parte Alessandra non chiede consigli sentimentali.

















































































Siamo soli quando non abbiamo fiducia nel prossimo, quando nulla facciamo per conoscerlo e rifiutiamo anche il suo aiuto. C'è chi la combatte dedicandosi al lavoro, chi ai passatempi, chi si chiude in se stesso. La solitudine è dei giovani, quando per la prima volta affrontano le difficoltà della vita, ma anche degli anziani, quando si sentono inutili e abbandonati. Spesso è anche timidezza, nasce dal ritegno dei pensieri, dalla paura di non saper reagire a una critica, a un giudizio, dal sopravvalutare gli altri negando noi stessi senza motivo. Anche l'orgoglio può isolarci. Quando per eccessiva considerazione di noi stessi pensiamo di poter far a meno di chiunque. In fondo orgogliosi lo siamo un po' tutti, quando persistiamo caparbiamente a non voler ammettere che della nostra solitudine, gli unici responsabili quasi sempre siamo noi stessi.
Michele Massa — Bologna-

Con la solitudine bisogna andare cauti, si tratta di una condizione, o di un sentimento (prima importante distinzione) che non s'accompagna esclusivamente alla tristezza. Arthur Schopenhauer che in fatto di sentimenti la sapeva lunga, sosteneva che «chi non ama la solitudine non ama neppure la libertà perché si è liberi unicamente quando si è soli». Forse esagerava un po' ma questo tipo di eccessi è anche il bello del suo affascinante discorso sulla condizione umana, va preso com'è. A questo aforisma affiancherei il graffito trovato sulla parete di una cella “Beata solitudo, sola beatitudo”. Anche questo suona eccessivo, più un grido che una constatazione, il vecchio detto latino in questa circostanza sembra dettato più dalla disperazione del recluso che da una scelta. La mia opinione è che, fatti salvi i casi realmente drammatici o penosi (per esempio quelli degli anziani) la solitudine come sentimento dipende più dal modo in cui la si vive che dalla condizione in sé. Provo per esempio a considerare un altro tipo di solitudine cioè quella di chi è intento alla lettura. Nel mondo che conosciamo chi legge è solo con i suoi pensieri, con quelli dell'autore di cui scorre le pagine, con le combinazioni che nascono dall'incontro. Noi leggiamo soli e in silenzio. Non è stato sempre così.
In un passato nemmeno troppo lontano si leggeva sillabando a mezza voce le parole, per non parlare della lettura nei refettori dei conventi dove si mangiava in silenzio ascoltando però la voce del “lector”. Torno alla distinzione cui accennavo all'inizio ovvero quella tra condizione e stato d'animo.





































































































































































Il tempo dei bambini nati sotto i cavoli mi sembra finito da un pezzo. E gli uomini apprezzano la mia solidarietà e la mia sincerità. L'abito della donna "dolcemente complicata", paranoica, mutevole, che dice "niente" e invece vuol dire "tutto" mi sta di uno stretto che neanche si può immaginare. Ciò non mi fa sentire "meno donna".
Corollario a questa domanda: perché ancora oggi, se parlo con un uomo e ho un rapporto disteso e onesto, solidale, la sua donna (che sia essa fidanzata, convivente, compagna, morosa, frequentazione, moglie) mi piomba addosso e mi scrive di non avvicinarmi mai più a lui, di non cercarlo perché lui "è già impegnato"? Che poi, io veramente non sopporto questa prassi del controllare il cellulare, la posta elettronica, le conversazioni del partner. O dello stare addosso. Se una persona ha le sue insicurezze, deve lavorare su se stessa e non vedere come minaccia tutto ciò che è fuori di lei. Questo è quello che ho imparato (a mie spese, soprattutto).
Corollario numero 2: se un mio partner, anche dopo una lunga storia assieme, un lungo percorso di condivisione,dovesse arrivare un giorno e dirmi che "è finita" perché




































































































































































































































































































































































Il signor Massa, nella sua lettera, accenna sia all'una cosa che all'altra, mentre esiste nella realtà una notevole differenza.Mi ha colpito la sua osservazione sulla solitudine dei giovani che può essere data non soltanto dalle difficoltà iniziali di una vita adulta ma,com'è stato osservato, dal fatto che ormai molti giovani sembrano eccessivamente proiettati a ricercare all'esterno il significato della loro esistenza senza rendersi conto che così facendo rischiano di allontanarsi da se stessi.

c.augias@repubblica.it


















Al contrario, da studiosa della materia, alla fine della sua lettera (che trovate integrale on line) è lei a darne uno: “Donne, smettete di aver paura delle altre donne”. Perché, mi dice “è questo che fin da bambina osservo attorno a me. Poi mi sono laureata in linguaggi dei media, editoria e sociologia. Leggo pagine scritte e ascolto le persone per mestiere e per piacere. Vedo che le donne, in materia di sesso e di relazioni, non sono libere di dire la verità. Sono inscatolate in aspettative e pregiudizi. Se a 28 anni vivi sola susciti sospetto: non ti sposi? E non fai figli? E perché frequenti tutti quegli uomini? Sono solo amici? Ti piacciono le donne? Ecco. Siamo andati ai tempi di mia nonna”, ride al telefono.
La sua lettera è sfrontata e gioiosa. Ha un'aria che somiglia a quella del libro che ha appena scritto Valeria Parrella, le dico. S'intitola “Enciclopedia della donna. Aggiornamento”. Hai mai sentito parlare dell'Enciclopedia della donna? Usciva a fascicoli settimanali ogni sabato, negli anni Sessanta.
Le madri li mettevano da parte per le figlie per il giorno del matrimonio, in genere insieme al Talismano della Felicità, padre paleolitico di tutti



















































































































































































































































































































ha trovato un'altra con cui si sente meglio, che in quel momento storico della sua esistenza lo completa, chi sono io per fermarlo? In primis, voglio la sua felicità. Perché devo aggrapparmi alla sua caviglia e implorarlo di non lasciarmi?
Perché devo avere necessariamente paura di rimanere sola? Ciò che non uccide, fortifica. E accettare qualcosa che finisce mi ha fatto conservare ricordi bellissimi e un grande affetto e amicizia verso queste persone che sono uscite dalla mia vita sentimentale, non dalla mia vita in senso assoluto. E ho sbagliato ad aggrapparmi alle persone a suo tempo, perché con quelle non ho più rapporti, e mi dispiace davvero molto.
Ciò fa di me una persona cinica, egoista, narcisista (tutte cose che mi sono sentita dire)? Non credo. Mi rende una persona libera a posto con la propria coscienza. Odio l'ipocrisia che costringere le persone a fare qualcosa che non si sentono più. Ci si fa male in due e i danni sono maggiori dei benefici.
Altra domanda: perché, invece, se io non esprimo invidia verso una mia simile, ma semmai le dimostro apertamente la mia stima, con qualche apprezzamento, passo per la lesbica di turno? Io ho i miei pregi, i miei difetti, e me li tengo. Se una donna è bella, glielo dico. Se ha talento in qualcosa, glielo dico. Se ha un'ambizione, un desiderio, un'aspirazione, la incoraggio a uscire dallo steccato, dai limiti, e provare a dare un senso a quell'ambizione. Perché dovrei essere un uomo? Mi piace truccarmi, vestirmi femminile (anche se ci sono dei giorni dove sembro una scappata di casa), mi piace valorizzare il mio corpo. Ripeto, sono una donna che non ha paura di dire quello che pensa. Forse è questo che fa paura. Il dire quello che si pensa.
Ma io penso anche che il tempo delle maschere, dei troppi compromessi, del quieto vivere, dello "eh ma", "eh ma se", "eh se solo potessi, ma", sia finito. Ho un invito da fare che mi viene dal cuore. Donne, smettete anche di avere paura delle altre donne, di quelle diverse dal modo di pensare a cui ci hanno abituato. Smettete di pensare che dovete essere sempre il "gentil sesso", quello debole, quello che va difeso e che è incapace di difendersi. Smettete di attaccare quelle che riescono a correre e a camminare da sole, quelle che hanno lavorato duramente su loro stesse per liberarsi di ciò che le faceva stare male. Scoprirete che siete in grado di farlo anche voi. Ci vuole del tempo, ma scoprirete che non è buttato via. Invidiare, sparlare, attaccare, invece, è una grossa perdita di tempo. E io non voglio più perdere tempo - l'ho deciso da molto. E' brutto sentirsi dare delle "troie", degli "uomini mancati" o delle lesbiche, solo perché siamo noi stesse.

Alessandra Leoni

i libri di ricette che avrebbero inondato le nostre case nei decenni successivi. L'Enciclopedia conteneva “nozioni pratiche e di cultura generale per la donna”. Tutte, dalla cura degli eczemi alle porcellane, tranne una. Il sesso.
Ecco, dico ad Alessandra, Valeria Parrella completa l'indice con questo aggiornamento: le donne e il desiderio sessuale. La vita quotidiana e il sesso. Racconta quelle storie di cui nessuno parla ma che ogni donna sa. Un amico, leggendolo, mi ha detto: “Dovrebbe essere obbligatorio come i Promessi Sposi. Anche in alternativa: specialmente per i maschi sarebbe più istruttivo”. Amanda, la protagonista, è una professoressa cinquantenne, ha due figli gemelli, un ex marito e tutti gli uomini (e le donne) che desidera.
Spiega con allegria di che materia è fatto il suo desiderio: della stessa materia del desiderio maschile, solo che era la voce mancante dell'Enciclopedia – non si poteva dire. Scrive Alessandra: “Se dopo una lunga storia lui dice che è finita, magari c'è un'altra persona che in quel momento della sua esistenza lo completa e lo fa stare meglio, chi sono io per fermarlo? In primis voglio la sua felicità”. Della sua e della nostra felicità, risponde Valeria voce per voce: dal baciamano all'overbooking alla mossa del cavallo. Ecco le pagine mancanti, finalmente, che sollievo.

Concita De Gregorio