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NUMERO 358




























































L'ISTAT ci ha dato la notizia che in Italia ci sarebbero quattro milioni e mezzo di cittadini in povertà assoluta. Pochi giorni dopo il governo Gentiloni ha cominciato a parlare e promettere il reddito di inclusione.
Guarda che coincidenza!.
Il problema é che c'é un'Italia con troppo di materiale ma scarsa di intelligenza e c'é un'Italia purtroppo priva di entrambe.
Curno appartiene alla prima Italia dove abbiamto di tutto e di più ma ci mancano davvero i fondamentali per vivere felici.
Che non é la pista ciclabile per l'ospedale.
Non bastano soldi e servizi per vivere bene e felici.














Istat: in Italia in 4,5 milioni in povertà assoluta.
Pil pro capite: -24% sulla Germania
Il mercato del lavoro recupera, ma solo la Grecia fa peggio per tasso di occupazione. E la quota di tempi determinati non viene scalfita. Le imprese arrestano la perdita di competitività, ma l'Italia resta in fondo alla graduatoria

MILANO - "Cento statistiche per capire il Paese in cui viviamo" e scoprire ancora una volta che dal punto di vista economico tante persone non se la passano bene. E' quello il titolo alla consueta pubblicazione che l'Istat dedica all'Italia, fotografandola in numeri e in settori trasversali. Tra le cifre che balzano subito all'occhio ci sono quelle su povertà e lavoro: sono più di 8 milioni gli italiani poveri, dei quali circa 4 milioni e mezzo vivono in condizioni di povertà assoluta, non possono cioè acquistare il minimo indispensabile per vivere.


Il ritardo sull'Europa. Gli statistici partono da un'amara considerazione: anche se gli indicatori nel complesso migliorano, i passi avanti italiani sono sempre meno di quelli dei partner europei con l'esito di sfigurare in una comparazione continentale (salvo qualche eccellenza). Questo è vero soprattutto per i mali storici del Belpaese: la produttività, l'economia della conoscenza, della formazione e il mercato del lavoro. Una menzione positiva va all'eccellenza agroalimentare e alle imprese del settore, così come la tutela dell'ambiente e i progressi fatti sul fronte della sostenibilità e dell'energia. La salute e il welfare sono buoni, ma la demografia ci gioca contro:



Se il tasso di senza lavoro è sceso all'11,7% lo scorso anno (-0,2 punti), quello dei giovani di 15-24 ha perso 2,6 punti fino al 37,8%. Ma con casi-limite nel Mezzogiorno (51,7%), soprattutto in Calabria dove arriva al 58,7%, e fra le ragazze (54,4%). Situazioni così critiche come la nostra si trovano in Grecia, Spagna e Croazia: insieme all'Italia presentano valori dell'indicatore all'incirca doppi rispetto a quello medio europeo (20,4%, dati 2015). Preoccupa anche il tasso di mancata partecipazione: sono disponibili a lavorare ma non cercano 21 persone su cento contro le dodici della media Ue.

Sanità e welfare sono capitoli importanti della spesa pubblica: nel 2014, la prima voce pro capite si è attestata intorno ai 2.400 dollari a fronte degli oltre 3.000 spesi in Francia e dei 4.000 in Germania (fonte Ocse). Le famiglie italiane hanno contribuito alla spesa sanitaria complessiva per il 23,3%, la quota è in leggero aumento. La spesa per la protezione sociale nel 2014 è stata il 30% del Pil e il suo ammontare per abitante sfiora gli 8 mila euro l'anno. Sia in termini pro capite sia di quota sul Pil il nostro Paese presenta valori superiori alla media dell'Ue.

Il tessuto produttivo paga ancora i danni della crisi: le imprese nel 2014 sono scese a meno di 61 ogni mille abitanti. Il tasso di imprenditorialità è comunque altissimo, anche perché la dimensione media delle aziende (3,8 addetti) è ben sotto la media Ue (5,8). Notizia positiva: si è interrotta la perdita di competitività del 2012-2013. Nel 2014, le imprese italiane hanno prodotto mediamente circa 125 euro di valore aggiunto per addetto




Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da disporre nel raggio di cinque chilometri di una dozzina di ospedali di cui perlomeno un paio di livello internazionale, di qualche dozzina di centri prelievi pubblici e privati di cui due nel proprio comune.
Non per merito dei Curnesi, però.
Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da disporre di una linea di trasporto pubblico  sovvenzionata dallo stato e dal biglietto privato.Non per merito dei Curnesi, però.
Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da disporre di una associazione per il trasporto gratuito o agevolato da casa all'ospedale o centro prelievi o centro riabilitazione.
Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da disporre di un servizio pranzi a domicilio in casi sfortunati e se dispongono di un servizio per trovare un posto di lavoro proprio presso gli uffici comunali.
Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da disporre di un piano del diritto allo studio che -tra le altre cose- finanzia per circa ottomila euro procapite l'anno i ragazzi meno fortunati.
Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da disporre di una scuola elementare con la vasca idromassaggio.
Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da disporre di una biblioteca



Il reddito di inclusione avanza a piccoli passi

Chiara Saraceno /La Repubblica

A fronte di un tasso di povertà assoluta molto cresciuto negli anni della crisi, a piccoli passi l'Italia si avvia ad avere finalmente un reddito minimo di garanzia. Il reddito di inclusione (Rei), definitivamente approvato per legge a marzo 2017 e confermato in questi giorni nel documento di programmazione finanziaria, da maggio dovrebbe sostituire il Sia, la misura sperimentale partita in tutti gli ambiti territoriali il settembre scorso. Per rafforzare il suo impegno, il governo ha firmato un memorandum di intesa con l'Alleanza contro la povertà relativamente ai criteri che dovranno informare i decreti attuativi e il monitoraggio della misura su tutto il territorio nazionale, in modo da garantire omogeneità dei diritti e dei doveri a prescindere dal luogo di residenza. Ha così riconosciuto all'Alleanza un ruolo di interlocuzione analogo a quello tradizionalmente riconosciuto alle parti sociali in materia di regolazione del mercato del lavoro. È un passo importante. Anche se è auspicabile che, accanto all'interlocuzione con l'Alleanza, il governo rafforzi quella con gli enti territoriali che, applicando




























































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































concretamente la misura, possono vederne direttamente le criticità sul piano applicativo e dell'equità.
Alcune di queste criticità, emerse nell'applicazione del Sia, sono oggetto del memorandum. È il caso, ad esempio, del meccanismo per cui, tenendo conto solo dell'Ise e non anche del reddito effetti-vamente disponibile, chi possiede una abitazione di qualsiasi tipo viene attualmente escluso dal sostegno anche se l'abitazione non ha mercato e la famiglia ha un reddito bassissimo. Per ovviare a questo, il memorandum impegna il governo a utilizzare entrambe le misure, con due soglie diverse. Per non scoraggiare chi trova un lavoro, anche se a orario parziale e a basso compenso, il memorandum impegna a individuare un meccanismo per cui a ogni euro guadagnato non corrisponda un euro di sostegno tolto, almeno fino ad un certo livello. Impegna, inoltre, il governo a stanziare risorse proprie per i servizi di accompagnamento che costituiscono parte integrante del Rei, non caricandone la spesa esclusivamente sugli enti locali, con il rischio di svantaggiare proprio i più poveri di risorse.
Vi sono tuttavia altre criticità che nel memorandum non sono affrontate, o solo di passata e in modo non chiarissimo e che vanno invece chiarite in sede di decreti attuativi. Non mi riferisco al fatto che i fondi stanziati copriranno, ad andar bene, solo circa la metà dei poveri assoluti, obbligando quindi a fare delle graduatorie tra poverissimi. Mi riferisco a problemi interni al modo in cui si sta procedendo a definire il Rei. Ad esempio non è affatto chiaro se sostituirà, come logica vorrebbe, tutte le misure di sostegno economico oggi in essere e che oggi si rivolgono a platee in parte diverse e con criteri differenti. Lo stesso importo massimo del Rei, definito nel memorandum in rapporto alla pensione sociale, non tiene conto che questa si riferisce ad una persona sola, non a famiglie di due o più componenti, i cui bisogni quindi vengono parecchio sottovalutati. Non vi è, inoltre, nessuna indicazione circa lo strumento concreto che verrà utilizzato: di nuovo una carta acquisti, quindi vincolata al consumo, o invece denaro, come avviene in tutti i paesi che hanno uno strumento di sostegno al reddito per i poveri e come è auspicabile, non solo al fine di riconoscere l'autonomia decisionale dei beneficiari, ma perché spesso la prima difficoltà di chi è in povertà riguarda il pagamento dell'affitto e delle bollette, non del cibo o dei detersivi. Infine, nell'enfasi sul lavoro come unica forma di integrazione sociale, si ignora che avere una occupazione non sempre è sufficiente per uscire dalla povertà: il 4, 8% dei lavoratori vive in una famiglia in povertà assoluta.

























Aprire su una pagina a parte la tabella a sinistra per una migliore lettura.
Invece le tavole sono riferite a Italia, Curno, Provincia di Bergamo e Curno











sostanzialmente finita ma chiusa ancora dopo vent'anni.
Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da disporre di due edifici di cui non sanno esattamente cosa inventare per occuparli.
Chissà se tutti gli italiani sono così (s)fortunati da NON disporre di un nido e di una scuola materna di «proprietà» comunale  magari anche gestita da un privato o una associazione esplicita piuttosto che mascherata.

Questo paese era “bello da vivere” prima che arrivasse la giunta Serra e dopo i cinque anni della giunta Serra non pare decisamente migliorato visto che la popolazione sta diminuendo, che l'unica opera pubblica terminata (dopo sedici anni) è stata una spesa inutile purtroppo subito allagata al primo stravento.
Non pare decisamente migliorato con la creazione delLa Miniera  o centro di riuso –con oltre centomila euro di debito a carico degli italiani- che imita quello già creato dalla parrocchia ed abbandonato quando quella speculò sull'area dove si trovava.
Non pare nemmeno decisamente migliorato sotto il profilo industriale visto che ci hanno abbandonato la TESMEC, la BOSSONG, la CARTEMANI  diventate tutte aziende multinazionali o incorporate in dette.
La Freni Brembo attende da almeno cinque anni che le diano qualche indicazione per fare un ampliamento ma quell'azienda non pare proprio nelle maniche della giunta Serra. Forse, ma forse, lo farà. Forse.


Sorvoliamo sulla assurda scelta di regalare qualche centinaio di migliaia di metri cubi per ampliamento del commerciale su via Fermi ed Europa visto che se ne parla da cinque anni.
Hanno calato le braghe perché nelle tasche del comune non c’è uno euro uno.

Il 90% degli anziani ultra 70enni di questo (s)fortunato paese non è in grado ne di registrare un numero sul cellulare ne di mandare un sms.
Nel caso cadesse a terra per qualche ragione non sa che numero chiamare per il soccorso sanitario.
Compera  il quotidiano locale ma non legge ne ricorda se il lunedì dopo pasqua il quotidiano sarà in edicola o no.
Dimentica tre volte su dieci di «prendere la pastiglia» al momento opportuno.
Non è in grado di usare il bancomat.
Non è in grado di usare il tlc della televisione tranne i due comandi fondamentali.
Non sa usare un computer e neppure  internet.
Non sa leggere la bolletta della luce, gas , telefono.
Non è grado di leggere (e capire?) un testo stampato corpo dieci.  Cecità curata con gli occhiali del supermercato.
Il 90% dei suoi discorsi vertono su malati malattie morti moribondi alzaimer e demenza gravidanze problematiche incidenti stradali.
Il 90% stanno  diciotto ore al giorno sdraiati sul divano davanti alla tivù.
E' un paese che in settanta anni dalla Liberazione non è stato in grado di darsi un giardino o un parco che non siano ritagli o residui di speculazioni.
E' l'UNICO paese sul fiume Brembo che non ha un percorso pedociclabile sulla sponda.
Per cinquanta anni ha usato come piazza del mercato un parcheggio della parrocchia quando da quaranta dispone dell’area dove adesso... ha trasferito il mercato. Calma e gesso.

Ecco perché  Curno è un paese in cui è bello vivere. Pecat a mör!
Sperando che i prossimi non siano peggio!





































































































































































































































































































































































































































































































































l'indice di vecchiaia è secondo solo alla Germania.

Analizzando la situazione economica delle famiglie, l'Istat rileva che nel 2015 l'11,5 per cento della popolazione viveva in "condizioni di grave deprivazione", 3,4 punti sopra la media europea per il nono posto tra i Paesi con i valori più elevati. La povertà assoluta coinvolgeva il 6,1% delle famiglie residenti, 4 milioni 598 mila individui. Di buono c'è che l'anno scorso la quota di persone soddisfatte del proprio bilancio familiare (50,5%) è cresciuta per il terzo anno di fila, in particolare nel Centro-Nord dove è arrivata al 56,4%. Restano problemi di diseguaglianza, misurata in termini di concentrazione del reddito: è più elevata in Sicilia e più bassa nelle regioni del Nord-est.

I conti pubblici dicono che nel 2015 il Pil pro capite italiano è ancora sotto il livello del 2012 e - depurato dei diversi prezzi tra i Paesi Ue - è inferiore del 4,5% rispetto a quello medio dell'Ue, più basso di quello riferito a Germania e Francia (rispettivamente del 23,6 e 9,2%) e superiore del 5% al prodotto interno lordo spagnolo pro capite. Tra il 2010 e il 2015 la produttività del lavoro italiana è aumentata dell'1,1%, un ritmo decisamente inferiore a quello medio europeo (+5,1%) e dei principali paesi. L'indebitamento pubblico (2,4% del Pil) del 2016 è allineato al resto del Vecchio continente mentre la pressione fiscale - scesa al 42,9%, in riduzione di 0,7 punti - ci pone tra quelli con i valori più elevati, superati tra i maggiori partner solo dalla Francia.

Il mercato del lavoro, nonostante i recenti miglioramenti, relega la Penisola in fondo alla graduatoria Ue: solo la Grecia ha un tasso di occupazione inferiore al 61,6% italiano (in Svezia si supera l'80%). E' poi un dato disomogeneo: è forte lo squilibrio di genere a sfavore delle donne (71,7% gli uomini occupati, 51,6% le donne) come il divario territoriale tra Centro-Nord e Mezzogiorno (nell'ordine 69,4% e 47,0%). Che l'effetto positivo della decontribuzione del 2015 sia andato scemando è testimoniato dal fatto che l'anno scorso l'incidenza del lavoro a termine è rimasta invariata al 14%.



ogni 100 euro di costo del lavoro unitario.

Resta comunque il ritardo sui competitor: le imprese italiane sono al terzultimo posto della graduatoria nel 2013, una competitività inferiore caratterizza solo le imprese di Francia e Grecia. Parte di questo ritardo si deve forse al fatto che nel 2014 la spesa per ricerca e sviluppo sia sì aumentata in termini assoluti e in rapporto al Pil (1,38%), ma a valori sotto la Ue (2,04%) e ancora lontano dall'obiettivo nazionale della Strategia Europa 2020 (1,53%) e dal target europeo del 3%.

Le spese per cultura e tempo libero riguardano solo il 6,7% delle uscite delle famiglie italiane, ben sotto la media europea (8,5%) e con i soli Lussemburgo, Cipro, Irlanda, Portogallo, Romania e Grecia in una posizione inferiore. L'anno scorso sono scesi sia i lettori di quotidiani (43,9%, dal massimo di 58,3% del 2006 e da 47,1% del 2015) sia di libri (40,5%, dal 42,0% del 2015). La lettura rimane prerogativa soprattutto dei giovani e delle donne. Cresce invece il web per la lettura di notizie, giornali o riviste; tra i giovani di 20-24 anni il 53,9% va su Internet a questo scopo. Su scala europea l'Italia occupa però l'ultima posizione insieme alla Romania. Nonostante questi dati poco incoraggianti, continua a crescere la partecipazione culturale. Nel 2016 sono aumentate le persone che vanno al cinema (oltre il 50% della popolazione) e a concerti di musica diversa da quella classica. La spesa pubblica in istruzione incide sul Pil per il 4,1% a livello nazionale, valore più basso di quello medio europeo (4,9%) tanto che l'Italia occupa il quartultimo posto.

Redazionale de La Repubblica



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