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la sua prima uscita pubblica Articolo 1 aspettava Pisapia invece è
arrivato De Magistris. Il sindaco di Napoli ha accettato l'invito degli
ex Pd, si è seduto in prima fila accanto a D'Alema creando un quadretto
molto particolare e dopo un po' se n'è andato dicendo: «Pronto a un
dialogo, non a un'alleanza». Sentimento ricambiato dagli scissionisti,
che cercano altre sponde. Che hanno bisogno come il pane di agganciare
l'ex primo cittadino di Milano. «Peccato», sospira Roberto Speranza
parlando dell'assenza di Pisapia. «Ma questa è casa sua, noi
continueremo a partecipare alle sue iniziative e speriamo che lui si
avvicini alle nostre».
Siccome l'obiettivo di Mdp è allargare il campo non si può prescindere
dall'unione delle forze con Pisapia-Boldrini. Hanno fatto di tutto per
averlo a Napoli, alla prima assemblea dei comitati promotori. «Ma è
stato organizzato tutto in 8 giorni Quando l'ho chiamato Giuliano aveva
già altri impegni. Ci sarà un'altra occasione », racconta Speranza.
Malgrado i tempi affrettati, la Stazione marittima di Napoli, è piena.
Più di 2500 persone a questo inizio di cammino. Bersani e D'Alema
restano in platea e ascoltano. Il tentativo è anche quello di un
passaggio generazionale. I “padri nobili” devono (o dovrebbero)
rimanere in disparte. Protetti da una scaletta breve, i giovani
riescono a non essere oscurati dai vecchi. Anzi, con un gesto di
generosità raro nel centrosinistra, Arturo Scotto, capo degli
scissionisti di Sel, riconosce la leadership di Speranza: «E' lui che
ha la maggiore responsabilità in questo progetto».
Questa mezza investitura consegna a Speranza le chiavi per il rapporto
con Pisapia. Il quale manda un messaggio affettuoso all'assemblea
(aveva impegni improrogabili) confermando l'obiettivo di formare il
Campo progressista dal basso attraverso le Officine delle idee. «Noi
daremo una mano alle Officine. Ce lo ha chiesto lo stesso Giuliano»
dice l'ex capogruppo del Pd. Unità e pluralismo, chiede Pisapia.
Perfetto, rispondono gli Mdp. Ma lontano dal Pd e da Renzi, questo è il
discrimine. Un centrosinistra senza il renzismo, questo è il
terreno.Non a caso dall'assemblea di Napoli arriva la richiesta a Paolo
Gentiloni di modificare quasi tutte le politiche dei mille giorni
precedenti. Reintroduzione dell'articolo 18, dice il capogruppo alla
Camera Francesco La Forgia.
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Se
guardiamo alla breve storia del Pd (o Democratici di sinistra come si
sono chiamati per un po’) e mettiamo in fila i leader bruciati dal
«fuoco amico» si resta stupiti: Romano Prodi, Massimo D’Alema,
Francesco Rutelli, Giuliano Amato, Walter Veltroni, Pierluigi Bersani,
Enrico Letta. Anche Matteo Renzi non se la passa tanto bene…
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Non
useremo mai le parole divisive e cattive con le quali gli esponenti
di ART.1 si rivolgono a Renzi e quindi a quella parte di iscritti al PD
che l’hanno scelto assieme ad altri milioni di italiani. Asserire
che il PD renziano sia sostanzialmente un partito personale
del segretario significa dare del bambo agli iscritti ed agli elettori.
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Maggiori
tutele per le donne, invoca la presidente dei senatori Maria Cecilia
Guerra. Una revisione della Buona scuola cancellando la norma sui
poteri dei presidi, propone Scotto. E più socialismo, conclude il
governatore toscano Enrico Rossi. «Cambieremo l'asse del governo»,
assicura Speranza. «Diamo un sostegno gratis al premier, non chiediamo
posti. Vogliamo che duri, ma non tiri a campare», chiosa D'Alema. La
prossima settimana Mdp presenterà un documento per il Def, con una
critica ai bonus fiscali tipo taglio del costo del lavoro e rilancio
degli investimenti pubblici. E attaccherà alla Camera sul decreto
immigrazione.
C'è anche il fantasma di Renzi a Napoli. Speranza dice: «Siamo tornati
noi stessi. Prima eravamo nel partito amico di Marchionne e non degli
operai di Melfi e Mirafiori. Alla fine vedrete che il Pd si alleerà con
Berlusconi ». Parla dal palco Silvia Prodi, nipote di Romano,
consigliera regionale in Emilia: «Pochi o tanti non so, ma siamo
tornati a essere noi». In un angolo Miguel Gotor tira un sospiro di
sollievo: «Il congresso del Pd va come previsto. Ormai è il partito di
Renzi. Certo, se Orlando avesse superato il 40 avremmo fatto la
stupidaggine del secolo. Ma non è così».
Goffredo de Marchis /La Repubblica
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