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NUMERO 347







































































er la sua prima uscita pubblica Articolo 1 aspettava Pisapia invece è arrivato De Magistris. Il sindaco di Napoli ha accettato l'invito degli ex Pd, si è seduto in prima fila accanto a D'Alema creando un quadretto molto particolare e dopo un po' se n'è andato dicendo: «Pronto a un dialogo, non a un'alleanza». Sentimento ricambiato dagli scissionisti, che cercano altre sponde. Che hanno bisogno come il pane di agganciare l'ex primo cittadino di Milano. «Peccato», sospira Roberto Speranza parlando dell'assenza di Pisapia. «Ma questa è casa sua, noi continueremo a partecipare alle sue iniziative e speriamo che lui si avvicini alle nostre».
Siccome l'obiettivo di Mdp è allargare il campo non si può prescindere dall'unione delle forze con Pisapia-Boldrini. Hanno fatto di tutto per averlo a Napoli, alla prima assemblea dei comitati promotori. «Ma è stato organizzato tutto in 8 giorni Quando l'ho chiamato Giuliano aveva già altri impegni. Ci sarà un'altra occasione », racconta Speranza. Malgrado i tempi affrettati, la Stazione marittima di Napoli, è piena. Più di 2500 persone a questo inizio di cammino. Bersani e D'Alema restano in platea e ascoltano. Il tentativo è anche quello di un passaggio generazionale. I “padri nobili” devono (o dovrebbero) rimanere in disparte. Protetti da una scaletta breve, i giovani riescono a non essere oscurati dai vecchi. Anzi, con un gesto di generosità raro nel centrosinistra, Arturo Scotto, capo degli scissionisti di Sel, riconosce la leadership di Speranza: «E' lui che ha la maggiore responsabilità in questo progetto».

Questa mezza investitura consegna a Speranza le chiavi per il rapporto con Pisapia. Il quale manda un messaggio affettuoso all'assemblea (aveva impegni improrogabili) confermando l'obiettivo di formare il Campo progressista dal basso attraverso le Officine delle idee. «Noi daremo una mano alle Officine. Ce lo ha chiesto lo stesso Giuliano» dice l'ex capogruppo del Pd. Unità e pluralismo, chiede Pisapia. Perfetto, rispondono gli Mdp. Ma lontano dal Pd e da Renzi, questo è il discrimine. Un centrosinistra senza il renzismo, questo è il terreno.Non a caso dall'assemblea di Napoli arriva la richiesta a Paolo Gentiloni di modificare quasi tutte le politiche dei mille giorni precedenti. Reintroduzione dell'articolo 18, dice il capogruppo alla Camera Francesco La Forgia.



Se guardiamo alla breve storia del Pd (o Democratici di sinistra come si sono chiamati per un po’) e mettiamo in fila i leader bruciati dal «fuoco amico» si resta stupiti: Romano Prodi, Massimo D’Alema, Francesco Rutelli, Giuliano Amato, Walter Veltroni, Pierluigi Bersani, Enrico Letta. Anche Matteo Renzi non se la passa tanto bene…



















Non useremo mai le parole divisive e cattive con le quali gli esponenti di ART.1 si rivolgono a Renzi e quindi a quella parte di iscritti al PD che l’hanno scelto assieme ad altri  milioni di italiani. Asserire che il PD renziano sia sostanzialmente un partito personale del segretario significa dare del bambo agli iscritti ed agli elettori.



























































































































Asserire che questo modo di concepire il partito e il metodo di governo abbia allontanato molti elettori significa snaturare la situazione: il PD resta ancora il primo partito della sinistra in Italia. Asserire che iscritti ed elettori del PD stiano tutti con Marchionne piuttosto che coi giovani disoccupati, o con gli operai a contratto a tempo determinato e con i pensionati al limite è falso. Asserire che elettori ed iscritti al PD non vogliano dare una buona scuola ai giovani e vogliano punire gli insegnanti è un falso. Asserire che molti elettori ed iscritti al PD se ne siano andati delusi ed offesi dalla politica di Renzi (ma chi le ha votate? non c’era anche gran parte dell’Mdp?) significa mistificare le decine e centinaia di apparizioni in tv e interviste con cui questa minoranza stà martellando da oltre un anno il governo Renzi. Apparizioni e interviste durissime miranti a delegittimare il «proprio» PdC e segretario.
Fossero stati i tempi di Togliatti o Berlinguer od Occhetto sarebbero stati espulsi in 48 ore.

Potremmo continuare ma di fronte ad una minoranza che costruisce un’immagine del partito completamente fasulla ci si domanda: com’è che con questo Parlamento potranno fare diversamente? Non hanno i numeri e non hanno alleanze e stanno dentro un Parlamento del tutto «sputtanato» dal semplice fatto che in poco  più di tre anni su 950 eletti i cambi di gruppo raggiungono quota 457, cioè 261 alla camera e 196 al senato. Ad oggi un parlamentare su tre ha cambiato casacca almeno una volta dalle politiche del 2013. Nei prossimi giorni, stando alle notizie diffuse dagli interessati i cambi di gruppo






























































































































































































































































































































































































































































































































































































































































CAMERA DEI DEPUTATI APRILE 2017




















da inizio legislatura con nuovi spostamenti si arriverà a 457, di cui  261 a Montecitorio e 196 a Palazzo Madama.
In totale sono 315 i parlamentari (il 33%) che hanno cambiato casacca almeno una volta. Nello specifico parliamo di 184 deputati (il 29,21% della camera) e 131 senatori (il 40,94% del senato).
I numeri per fare «una» maggioranza sono scritti nelle due tabelle di fianco aggiornate al 02 aprile dai siti ufficiali di Camera e Senato.
Occorre anche rilevare come in questa tornata di voto sulla scelta del nuovo segretario PD ne i contendenti di Renzi ne i fuoriusciti dell’MdP non parlano mai di come potrebbero reagire quelli di Alfano e quelli di Verdini rispetto alle proposte dell’Mdp.























































































































































Maggiori tutele per le donne, invoca la presidente dei senatori Maria Cecilia Guerra. Una revisione della Buona scuola cancellando la norma sui poteri dei presidi, propone Scotto. E più socialismo, conclude il governatore toscano Enrico Rossi. «Cambieremo l'asse del governo», assicura Speranza. «Diamo un sostegno gratis al premier, non chiediamo posti. Vogliamo che duri, ma non tiri a campare», chiosa D'Alema. La prossima settimana Mdp presenterà un documento per il Def, con una critica ai bonus fiscali tipo taglio del costo del lavoro e rilancio degli investimenti pubblici. E attaccherà alla Camera sul decreto immigrazione.
C'è anche il fantasma di Renzi a Napoli. Speranza dice: «Siamo tornati noi stessi. Prima eravamo nel partito amico di Marchionne e non degli operai di Melfi e Mirafiori. Alla fine vedrete che il Pd si alleerà con Berlusconi ». Parla dal palco Silvia Prodi, nipote di Romano, consigliera regionale in Emilia: «Pochi o tanti non so, ma siamo tornati a essere noi». In un angolo Miguel Gotor tira un sospiro di sollievo: «Il congresso del Pd va come previsto. Ormai è il partito di Renzi. Certo, se Orlando avesse superato il 40 avremmo fatto la stupidaggine del secolo. Ma non è così».

Goffredo de Marchis /La Repubblica














































































































































































































SENATO DELLA REPUBBLICA-APRILE 2017












Il disegno che si intravede è quello solito: far cadere il governo tenendo la zampa nascosta e andare alle elezioni anticipate in mezzo al maggior casino inimmaginabile col proporzionale attribuendo tutto il danno possibile al PD e a Renzi.
La cattiveria che deborda dagli interventi di uno Speranza, fasullamente trattenuta, è evidente. In periferia lo scontro tra gli orlandiani e gli emiliani verso  Renzi appare di una rozzezza e ferocia incredibile: da tribunale nazista. L’altra sera Bersani dalla Gruber chiedeva sostanzialmente a Renzi di consegnarsi a mani alzate e sparire.

Gli elettori del PD e i suoi iscritti si sentono massicciamente offesi sia dagli orlandiani & emiliani che dall’MdP e non ci stanno a passare per delinquenti. Le parole di Bersani e D’Alema sono assolutamente offensive.
Appare evidente come all’interno della sinistra si stia nuovamente consumando la nota battaglia per l’affermazione delle mille micro-leadership personali volta solo a conservare un posto parlamentare dove far valere non la capacità di proporre e costruire unità ma il micropotere di interdizione contro qualsiasi maggioranza.

Torna di nuovo a galla quello che abbiamo scritto più sopra. Del destino del paese o dei poveri sbattuti in faccia agli elettori del PD all’MdP e alleati a questi importa nulla: a loro basta consolidare con le nuove elezioni la certezza di altri mesi e anni di carica (e relativa sostanziosa prebenda).