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Bergamo: arriva la Finocchiaro a presentare il candidato Orlando.



C'era anche il segretario PD curnese dott. Massimo Conti?



Un Congresso parallelo in continuum per screditare le primarie democratiche




Sarà il parlamentare bergamasco Beppe Guerini (da Calcinate, classe 1976, avvocato  laureato a Bergamo, componente Commissione Giustizia della Camera, prima elezione) a co­ordinare i deputati che sosten­gono la mozione promossa da Andrea Orlando, ministro della Giustizia candidato alla segrete­ria nazionale del partito in com­petizione con il leader uscente, Matteo Renzi, e il governatore della Puglia, Michele Emiliano. La notizia è stata ufficializzata lunedì sera, a margine dell'in­contro per la presentazione del Comitato che a Bergamo appoggerà la corsa di Orlando verso le primarie del 30 aprile svoltosi nello spazio ArtiLab di via Borgo Palazzo, con l'intervento del mi­nistro per i Rapporti col Parla­mento, Anna Finocchiaro.
«Possiamo contare - ha spie­gato Guerini - sull'adesione di un'ottantina di deputati su 280 del gruppo. L'obiettivo è spiega­re ai cittadini una scelta che punta a offrire al partito una prospettiva diversa rispetto a quella degli ultimi quattro anni, all'insegna del dialogo, della ca­pacità di includere e non dei diktat dall'alto». La serata con il mi­nistro Finocchiaro nella sala di Confartigianato - ma l'associa­zione ha tenuto a ribadire la pro­pria neutralità rispetto le vicen­de politiche - ha visto la parteci­pazione di circa 200 persone fra a iscritti, simpatizzanti e amministratori locali. «Dopo settimane a

Nella fotografia di B.Bedolis su L’Eco compare a destra il segretario del circolo PD di Curno, il dott. Massimo Conti. Vero che stare in una foto non significa condividere o partecipare l’evento illustrato (uno ci può andare per pura curiosità) ma -non ridete!- siccome ho scommesso cinque pranzi con altri compagni che Massimo Conti si sarebbe schierato per Orlando (in sovrappiù ci abbiamo messo pure la Serra...), questa foto è un «pesante» indizio che gioca a vantaggio della nostra vittoria crapulona.
Non ci stupisce che l’on. Guerini, avvocato, stia schierato con Orlando e la ultra stagionatissima Finocchiaro (classe 1955, in Parlamento da 1987 per il PCI: 30 anni!). Ma non ci stupisce che pure il Massimo Conti (ex dc) stia schierato con larga parte della nomuneclatura ex comunista e piddina, sostanzialmente «politici» dalla nascita.
Abbiamo già scritto che Orlando è una figura che per il suo modesto escursus non giudichiamo all’altezza di fare  da segretario nazionale del PD. Tanto meno all’altezza di fare il PdC. Nella vita capita di balzare di botto alla PdC -vedi Renzi, con relativi problemi...-  mentre invece per un grande partito occorre una seria gavetta di governo dove gli elettori ti possono misurare. Orlando non ha nemmeno la capacità di porsi ed esporsi: pare sempre che piagnucoli. Una figura del genere  appare ideale per chi prospetta un PD che accarezza

Un Congresso parallelo per screditare le primarie democratiche
Massimo Franco

Ormai è evidente che il congresso del Pd sarà accompagnato da una specie di assise parallela, celebrata dai suoi avversari e tesa a delegittimarlo. La prima tappa ufficiale di questo contro-congresso sarà la mozione discussa oggi in Parlamento contro il ministro dello Sport, Luca Lotti, indagato nel caso Consip, la centrale che rifornisce la Pubblica amministrazione. Presentata dal Movimento 5 Stelle, quasi sicuramente sarà bocciata. Gli scissionisti del Mdp usciranno dall'Aula per non votarla, come FI.
Ma la richiesta di un «passo indietro» dell'alter ego di Matteo Renzi rimane. Rimane tra chi è uscito dal Pd, e tra chi sfiderà il segretario uscente alle primarie. L'obiettivo minimo è costringere il gruppo renziano sulla difensiva. Arrivare alle dimissioni del ministro, infatti, destabilizzerebbe Paolo Gentiloni: una contraddizione per chi ha scommesso sulla fine naturale della legislatura. La mozione del Mdp segnala «un atteggiamento singolare», commenta infatti il dem Lorenzo Guerini, «da parte di una forza di maggioranza».
La pressione, in realtà, dovrebbe servire a logorare il segretario uscente, dato in netto vantaggio. L'obiettivo massimo, invece, è creare nell'elettorato del Pd una tale ripulsa verso la nomenklatura, da alimentare un voto anti-renziano alle primarie; e fare in modo che nessun candidato raggiunga il cinquanta per cento.
Sotto questo aspetto, il congresso parallelo vede alleati gli scissionisti con i candidati alla segreteria













































































































































































l’antico elettorato in pensione da   anni col conto in banca discretamente imbottito mentre








































































































discutere di date, è venuto il tempo della politica vera - ha ri­levato il segretario provinciale, Gabriele Riva. Ci sono diffe­renze tra noi, ma l'esperienza di Bergamo dimostra che si può stare insieme anche nella diver­sità, quando in discussione non sono i valori di fondo». «Serate come questa - ha aggiunto il deputato Antonio Misiani - dimo­strano che la voglia di buona po­litica è tanta. E su questa base poggia la mozione Orlando: il desiderio, cioè, di unire e fare sintesi per superare la distanza che si è creata con il Paese». Di­stanza sulla quale ha insistito il ministro Finocchiaro: «L'Italia - ha detto - ha bisogno di corpi intermedi in cui si discute, si col­gono le diseguaglianze e ci si fa carico della sfida di colmarle. Non concepisco quella in corso come una gara tra leader. Voglio lavorare per un Pd fatto non solo di iscritti, ma anche delle voci della società civile». Tra i «con­vinti sostenitori» della mozione Orlando presenti alTArtiLab il vicesindaco Sergio Gandi e l'as­sessore all'innovazione, Giaco­mo Angeloni: «Sono importanti il metodo - hanno rilevato - ma anche il merito. Alcune scelte degli ultimi anni vanno corrette, senza demolire, e alcuni temi, come la povertà e l'accoglienza, rimessi al centro». Nel pubblico anche il presidente della Provincia, Matteo Rossi, reduce dal Lingotto con Renzi: «Ma qui - ha sorriso - siamo tutti amici». Con Orlando anche l'ex sindaco Roberto Bruni, capogruppo del Patto Civico in Regione, e l'as­sessore comunale alla Cultura, Nadia Ghisalberti. «È una scelta personale e non di lista - affer­ma Bruni -. Mi riconosco nel ti­tolo della mozione di Orlando, "Unire l'Italia, unire il Pd”, per­ché di lui apprezzo lo stile lontano da ogni forma di leaderismo».

Alessandro Borrelli /L’Eco di Bergamo

Andrea Orlando e Michele Emiliano: anche se il Guardasigilli evita gli eccessi tra Emiliano e i renziani.
L'offensiva è appena all'inizio, e sarà calibrata dagli sviluppi dell'inchiesta su Consip e della scissione. La preoccupazione di un ministro come Graziano Delrio per la rottura dell'unità mostra una consapevolezza che non tutti nel Pd mostrano di avere. Non è solo legata alla prospettiva di un'emorragia di eletti in Parlamento.
Il timore è la silenziosa scissione degli elettori, di fronte a uno scenario di risse. La conseguenza non voluta eppure inevitabile di una discussione distorta dal congresso parallelo sarebbe un astensionismo massiccio alle primarie.
E, cosa peggiore, diventerebbe un segnale d'allarme per le elezioni politiche nel 2018.
Beppe Grillo martella contro la «doppia morale» del Pd a proposito di Lotti, dimenticando la propria quando si tratta di inchieste sul Campidoglio. E elenca tutti i casi nei quali Renzi l'avrebbe applicata. Dovrebbero prendere esempio dall'ex ministro Josefa Idem, dimessasi dal governo di Enrico Letta nel 2013 su pressione anche dei renziani. «Lotti non si dovrebbe dimettere», dice serena. «Troppe volte c'è stata una caccia alle streghe».






































































al bar fa grandi discorsi sull’occupazione giovanile, coniugando l’ipertensione e il prelievo a prezzo ribassato con un pezzo di ‘68 cui forse non hanno nemmeno partecipato perché altrove interessati.
Commovente sentire Bersani dalla Berlinguer ricordare la sua presenza  come volontario  nell'alluvione di Firenze. Peccato non averlo conosciuto nonostante fosse assai più giovane del sottoscritto.
La nomenclatura nazionale del PD - i D’Alema e i Bersani- stanno passando la mano agli eredi di se stessi, un po’ più giovani ma pur sempre col medesimo imprinting. Fare mille riforme ma non farne mai una. O farle a capocchia. I poveri ma senza curarli mai. I disoccupati da (non) occupare ma con le agenzie che vivono per darsi prima di tutto il lavoro a se stesse coi soldi di tutti alla faccia dei disoccupati. L’ambiente da curare ma sempre alle prese con un terremoto. Le pensioni da salvare e i vouchers di Biagi. La salute per tutti per scoprire che un’appendicite costa meno  in Lombardia che in Calabria. La privatizzazione delle poste con quattro postini che passano nella stessa via per meno lettere di ieri quando ce n’era uno. I bar diventati tutti ristoranti. Bersani che loda la trasportabilità dei mutui come propria vittoria e dimentica il QU e lo spread a 190 piuttosto che a 300 o 500. Insomma: scurdammoce u passatu.