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NUMERO 328
























































i ladroni euroscettici hanno tentato di svuotare le casse di Strasburgo









Livi Bacci: «Dobbiamo anticipare l'età dell'autonomia per i nostri giovani»





























































Partiti euroscettici: ecco come hanno svuotato
le casse di Strasburgo
Fa scalpore l'inchiesta riguardo una serie di truffe ai danni delle casse del Parlamento europeo. Nel mirino numerosi esponenti dei partiti populisti europei. Procediamo con ordine. L'ex presidente dell'Europarlamento, Martin Schulz, durante il suo mandato, ha inasprito le verifiche e le indagini in merito alla correttezza dei bilanci dei gruppi politici a Strasburgo.
Questa attività di monitoraggio ha portato alla luce una vasta schiera di europarlamentari che hanno abusato sistematicamente dei soldi della Ue. Minimo comun denominatore degli "euro-furbetti"? Sono tutti appartenenti a partiti populisti in ascesa nel panorama europeo.
E, conseguentemente, viste le tendenze dei populismi del nostro continente, euroscettici. A questo si aggiunge la modalità di azione ai danni dell'Unione Europea, analoga per tutti i coinvolti. Assunzione, con soldi europei, di collaboratori impiegati in patria per lavorare al partito.
Ad aggravare la situazione il fatto che tali frodi siano organizzate a livello centrale. Non sono, cioè, i singoli europarlamentari ad abusare dei fondi europei, ma i partiti europei che si trovano a Strasburgo. Tra questi, il Front National di Marine Le Pen, l'Ukip di Nigel Farage e il partito Diritto e giustizia del polacco Jaroslaw Kaczynski. Tre delle forze anti-europeiste più importanti sul continente. Ad aggravare la situazione il fatto che tali frodi siano organizzate a livello centrale.








Il demografo
Livi Bacci: «Dobbiamo anticipare l'età dell'autonomia per i nostri giovani»
E' stato il fondatore di «Neodemos», un portale di divulgazione 
su temi demografici: «Per dare una risposta concreta, l'ordine delle priorità in Italia deve cambiare»
Non solo perché è uno dei demografi più ascoltati d'Europa, Massimo Livi Bacci pensa che l'ordine delle priorità italiane debba cambiare: è tempo di una risposta concreta al declino delle nascite, se l'Italia vuole ritrovare la strada verso un'economia e assetti sociali più sostenibili. Per attrarre l'attenzione su questi temi Livi Bacci dieci anni fa ha fondato «Neodemos», un portale di divulgazione delle questioni demografiche, ma da allora la natalità nel Paese non ha fatto che indebolirsi.
Nel 2016 è stato toccato un nuovo minimo delle nascite, ben sotto il mezzo milione. Come se lo spiega?
«Siamo sull'onda lunga di un fenomeno di crisi che non è solo economica, ma è stato accentuato dalla recessione degli anni scorsi.
Ciò che preoccupa è che non se ne vede bene l'uscita. Le 474 mila nascite del 2016



In verità il governo Renzi ha lanciato il bonus bebè e anche una campagna, per quanto controversa, per richiamare l'attenzione al problema.
«Serve molto di più per vedere dopo diversi anni degli effetti reali. Non basta neppure mettere a disposizione delle famiglie più asili nido o soluzioni pratiche del genere. Si va molto aldilà. Ciò che occorre è una maggiore sicurezza dei redditi familiari e un numero più vasto di donne al lavoro. Poter contare su due pilastri di reddito in famiglia, o almeno due pilastrini, è essenziale. I Paesi dove lavorano più donne, come in Europa del Nord, hanno una natalità più equilibrata. Per questo sono prioritarie politiche fiscali che incoraggino il lavoro femminile».
Uno dei problemi è che ci sono sempre meno donne in età fertile, non trova?
«Anche per questo dobbiamo anticipare l'età dell'autonomia dei giovani. Se vivono troppo a lungo nella famiglia di origine, se si trattengono negli studi e poi non trovano lavori continuativi e dunque non hanno casa, finiscono per rinviare le decisioni riproduttive. Si fanno figli sempre più tardi, dunque se ne fanno sempre di meno. Le politiche pubbliche dovrebbero fare di tutto per dare più autonomia ai giovani, e prima nella vita».






































































































































































































































































































































Non sono, cioè, i singoli europarlamentari ad abusare dei fondi europei, ma i partiti europei che si trovano a Strasburgo. Tra questi, il Front National di Marine Le Pen, l'Ukip di Nigel Farage e il partito Diritto e giustizia del polacco Jaroslaw Kaczynski. Tre delle forze anti-europeiste più importanti sul continente.
Partiti euroscettici: ecco come hanno svuotato le casse di Strasburgo
Aveva già fatto scalpore l'indagine sul Front National. Da questa era emerso che numerosi assistenti della candidata all'Eliseo venivano pagati con soldi europei. Ora la forza politica che vuole portare la Francia fuori dall'Europa è al centro di un nuovo caso. Le autorità europee e transalpine indagano sui contratti degli assistenti di altri esponenti FN come Louis Aliot, compagno di Marine Le Pen, Florian Philippot, braccio destro della leader, Jean-Marie Le Pen, padre di Marine e fondatore del Front National.
Per quanto riguarda il Regno Unito, è l'Ukip di Nigel Farage ad essere coinvolto nello scandalo. Pena già sentenziata dall'Unione Europea: un milione di euro da restituire al Parlamento Ue, ammontati sia per i contratti di una serie di assistenti, tra cui la moglie di Farage, che lavoravano per il partito in UK pur essendo stipendiati da Strasburgo, sia per finanziare la campagna del referendum sulla Brexit.
In quest'ultimo caso, Ukip aveva avuto accesso ai fondi europei segnalandoli come finanziamenti per sostenere la politica europea del partito. Diversamente da quanto stabilito, i fondi sono stati utilizzati per la campagna referendaria antieuropeista condotta da Ukip. Una beffa ancora più consistente per l'Unione europea.
Infine, il casojaroslaw Kaczynski, presidente del partito governativo Diritto e Giustizia. Ha assunto, come badante della madre, Bozena Mieszka- Stefanowska, assistente del deputato Tomasz Poreba e pagata da Strasburgo.
Partiti euroscettici: scandalo rimborsi, i casi italiani
L'Italia non rimane esente dallo scandalo, anche se, a differenza dei casi succitati, gli abusi ai danni dell'lle emersi non sono da imputare ai partiti, ma a singoli europarlamentari, spalmati su tre diverse legislature.
Tra questi, l'eurodeputata Forza Italia Lara Comi. Ha assunto la madre, nel biennio 2009/2010, come assistente parlamentare, violando le regole europee che vietano l'assunzione di parenti. "Per non incappare in guai più seri - scrive Repubblica - Comi, a fine 2015, ha accettato di restituire l'importo alle casse di Strasburgo". Si tratta di 126mila euro.
Al centro di un'inchiesta ancora in corso anche due euro deputa te del Movimento 5 Stelle: Daniela Aiuto e Laura Agea.



























































































































































































































































































































































































































costituiscono il livello minimo dello Stato unitario e noi di Neodemos stimiamo che si debba risalire alla metà del '500, quando l'Italia contava meno di un quinto della popolazione attuale, per trovare numeri così ridotti».
Cosa la preoccupa, in particolare?
«Sono dinamiche insostenibili. Soprattutto non sono compatibili con il perdurare di una qualità della vita che, malgrado la profonda recessione recente, è in miglioramento almeno sotto il profilo di salute e aspettativa di vita».
Quali rimedi alla denatalità potrebbero esserci?
«Uno dei pochi antidoti sicuri è l'immigrazione, sulla carta. Ma siamo in una fase storica nella quale le preferenze sociali e politiche rendono difficile pensare a flussi migratori ad alta intensità».
Dunque quali alternative vede per prevenire l'invecchiamento della popolazione?
«L'unico altro rimedio concreto al rallentamento delle nascite sarebbero politiche più favorevoli alla riproduttività. Ma sono difficili: non possono avere un impatto immediato, sono costose e dunque sono poco probabili, dati i vincoli del bilancio e la relativa indifferenza al problema nell'opinione pubblica. Sembra che le politiche pro-natalità non importino a molti, dunque le politica tende a occuparsene ben poco».



Non c'è anche una questione culturale nelle famiglie di origine, che proteggono e trattengono troppo a lungo i propri figli?
«Direi che c'è anche un calcolo nelle nuove famiglie che si costituiscono. Se temono di dover tenere un figlio in casa fino ai 30-35 anni, i genitori hanno davanti a sé un investimento simile a quello necessario per crescere due figli fino ai 18 anni. Dunque sono molto riluttanti ad avere il secondo».
La Francia, con una popolazione simile all'Italia, ha un numero di nascite da popolazione autoctona quasi doppio. Da cosa dipende?
«È la dimostrazione che le misure di sostegno alla natalità sono di lunga lena o non sono. I risultati si vedono nel tempo, un bonus bebè di un anno non cambia niente. La Francia ha avviato politiche per le nascite subito dopo la Seconda guerra mondiale e adesso emerge una differenza enorme rispetto all'Italia».

Corriere della Sera /Roma
6 marzo 2017































































































































































































































































































































































































































































































































La prima è nel mirino per avere chiesto il rimborso, diverse migliaia di euro, per una mezza dozzina di ricerche che le sarebbero dovute servire per svolgere il mandato europeo ma che, in realtà, sono state copiate da siti come Wikipedia.
Sulla seconda, invece, si indaga perché, in linea con gli altri "euro-furbetti", si sospetta che l'assistente da lei assunto si occupi di seguirla nell'ambito della politica locale e non europea.
Infine, c'è un'ombra su Antonio Panzeri, fuoriuscito nei giorni scorsi dal Pd per aderire al neo Mdp, che "dovrebbe restituire 83mila euro per viaggi giudicati non idonei al rimborso e alcuni finanziamenti del Parlamento alla sua associazione, 'Milano più Europa'".
Lo stesso, di fronte alla richiesta di risarcimento del Parlamento di Strasburgo, ha fatto ricorso alla Corte di giustizia europea.

Camilla Ferrandi / Termometro Politico




L'immagine in testata è di Nancy Borowick