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NUMERO 320

















































Diversi “profili di incostituzionalità” per un testo il cui contenuto risulta “complessivamente negativo”: è questo, in estrema sintesi, il commento che Antonello Ciervo, avvocato, studioso di diritto costituzionale e membro di Asgi – Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione, da in merito al Decreto legge 17 febbraio 2017 n. 13, contenente “Disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché misure per il contrasto dell'immigrazione illegale” (qui si può leggere il testo del decreto).
Già prima della pubblicazione di quello che è stato comunemente definito piano Minniti, approvato dal Consiglio dei Ministri il 10 febbraio 2017, il decreto aveva sollevato non poche polemiche (alcuni esempi si possono leggere qui, qui e qui).
La presentazione del piano è stata accompagnata dalle dichiarazioni rese alla stampa dal Ministro dell'Interno Minniti, che ha parlato dell'istituzione di nuovi centri detentivi, di rimpatri più veloci, della possibilità di prevedere lavori non retribuiti per i richiedenti asilo. Misure che abbiamo commentato (qui e qui), evidenziando la mancanza di un cambiamento rispetto all'approccio securitario, stigmatizzante e repressivo che contraddistingue la politica nazionale e, allargando la prospettiva, europea sull'immigrazione, e all'interno del quale il piano sembra inserirsi in un binario di continuità.
Ora che il testo del decreto legge è stato pubblicato, il 17 febbraio, in Gazzetta Ufficiale, abbiamo chiesto un commento a Antonello Ciervo. “Prima di tutto una precisazione: il decreto, che sta passando con il nome di piano Minniti, dovrebbe essere chiamato piano Minniti-Orlando, perché è opera del ministro dell'Interno tanto quanto di quello della Giustizia”. Quella di Ciervo non è una puntualizzazione di dettaglio: “Il decreto rappresenta la fusione delle due linee del governo, quella



“Sarà solo il giudice a poter richiedere l'udienza, ad esempio se si accorge, dalle registrazioni video, che il richiedente asilo non è soddisfatto della versione dell'interprete”.
Cancellando l'appello, il ricorso va direttamente in Cassazione. Ma ad oggi la Cassazione non discute i ricorsi in udienza pubblica. “Sembrerebbe, di fatto, l'applicazione di un escamotage per non permettere il verificarsi stesso dell'udienza”, sottolinea Ciervo.
Di fatto, misure che andrebbero a violare l'art. 111 della Costituzione (il diritto a un giusto processo), l'art. 24 (il diritto di difesa), e l'art. 6 della Convenzione europea sui diritti umani (diritto al contraddittorio).
Diverse critiche in merito sono arrivate dall'Associazione Nazionale Magistrati (alcuni esempi qui e qui)  e addirittura dal Primo presidente della Cassazione Giovanni Canzio. In risposta, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha sottolineato che l'obiettivo sarebbe quello di snellire le procedure, senza però voler mortificare il contradditorio. “Voglio rassicurare sul fatto che il giudice di primo grado sarà tenuto a fissare l'udienza quando valuterà la necessità di sentire personalmente il richiedente asilo, quando riterrà indispensabile che le parti diano chiarimenti. Il richiedente asilo potrà inoltre chiedere al giudice di essere sentito, e spetterà a quest'ultimo valutare se l'ascolto diretto sarà o meno necessario”, ha sottolineato il ministro, palesando, di fatto, la forte discrezionalità sottesa alla garanzia di un diritto.

In realtà, secondo Ciervo il rischio reale è che si vada a ingolfare ulteriormente l'intero sistema giudiziario italiano, eliminando i gradi di giudizio e portando dunque tutti gli appelli in Cassazione. Un timore condiviso dall'ANM e dal Presidente Canzio.
Il giudizio complessivo sul decreto espresso da Ciervo è negativo: “la soluzione alle





Bianca Berlinguer mi sta antipatica perché giornalista di scarsa intelligenza e cultura per il ruolo che vuole giocare. Non é una giornalista di un giornale o rivista qualsiasi, ma della RAI dove è diventata  direttora di un TG. Secondo perché è un caso di clamoroso nepotismo.
Anche l'intrecciata telenovela della sua sostituzione alla guida di TG3 e l'approdo ad un talkshow sia giornaliero che settimanale in sostituzione –stavolta- di un altro conduttore parecchio infelice è una lottizzazione che lascia perplessi.  Per le televisioni realizzare un talckshow costa pochissimo vista la voglia dei politici e dei giornalisti di stare sullo schermo e fare-farsi propaganda senza dire nulla. Quello che conta é il Parlamento e la sua produttività é assai bassa. La Berlinguer e Giannini non sono giornalisti da schermo sopratutto perché (in televisione)  hanno alle spalle delle redazioni altrettanto modeste e quindi il "prodotto" finale é destinato, anche per merito della sia infinita ripetitività- a nascere obsoleto e quindi inutile.
RAI3 ha alcune trasmissioni di alta qualità e dovrebbe sviluppare quelle sia nel contesto nazionale ma sopratutto "girando" nei contesti locali (regionali, zone, ecc.) perché in questo modo si “costruisce un paese”. L'Italia non é solo Roma e le sue quattro piazze della politica e della religione. Cosa ne sanno i lombardi o i siciliani di quel che succede a Napoli o Roma o Trieste? Cosa ne sanno gli italiani dei principali paesi dell'Europa? Gli stuzzichini di 60” degli inviati?





Il ritorno di Bianca Berlinguer e l'impaccio della sua seriosità

Oh, finalmente una trasmissione di modernariato ideologico! Al martedì sera, su Rai3, pare di essere tornati ai tempi
eroici di TeleKabul. Era vestita di rosso, la Berlinguer. Bianca la rossa! Che invidia: dopo sette anni di direzione del Tg3 è stata sostituita (è normale) e in cambio ha ottenuto un giornaliero pomeridiano e una prima serata; ma lei continua a posare da epurata. Un genio!
Bianca, «bianca e rossa che pareva un tricolore», non nasconde la sua avversione per Matteo Renzi, le va dato atto. Così la prima puntata di «Cartabianca» in versione serale si è trasformata in un atto d'accusa contro l'usurpatore. C'era Luigi Di Maio, quello della Casaleggio Ass., che non le ha mandate a dire: «Incontro elettori del PD fortemente indecisi». C'era Massimo D'Alema, in splendida forma, specie quando si compiace di fare l'astioso: «L'elemento di divisione è Renzi. Se Renzi viene rimosso, il centrosinistra tornerà a essere unito». E perfido, come sempre: «La questione Giachetti è stata risolata dalla Raggi». C'era il più televisivo dei sindacalisti, ovvero Maurizio Landini: «Il governo se n'è sbattuto di quello che hanno detto i lavoratori e sono andati avanti con le loro leggi. Il Jobs Act ha cambiato anche gli ammortizzatori sociali… Chiediamo di cancellare i voucher». C'era Guido Martinetti, quello dei gelati, che come apriva bocca si liquefaceva per effetto della luce dei riflettori. C'era Michele Placido che aveva appena visto un vecchio film, I compagni di Mario Monicelli. C'era Fiorella Mannoia, dispiaciuta per non aver vinto Sanremo con una bella canzone pro-life (colpa di Renzi?)











































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































La signora Bianca, come l'ha chiamata Landini, era solo un po' indispettita per i ritardi con cui la regia mandava i filmati. Per il resto sorrideva ai comici, da lei ingaggiati per alleggerire l'impaccio della sua seriosità: Gabriella Germani, Gabriele Corsi, Enrico Bertolino e, soprattutto, Antonio Noto, con la gag del «sentiment». (b.l)




La formula del talk politico non conquista il pubblico giovane

Il talk politico di Rai3 riparte il martedì sera da «#Cartabianca» ma i tempi migliori di «Ballarò» sembrano lontani: Bianca
Berlinguer prende curiosamente le mosse dalla posizione lasciata da Massimo Giannini a fine stagione 2015/16. Allora il programma del martedì sera della Terza Rete raccoglieva un'audience leggermente superiore: una media di 1.266.000 spettatori, per uno share del 5,6%.
La scorsa settimana, con la puntata di esordio del prime time, la Berlinguer non è riuscita ad eguagliare Giovanni Floris, in onda su La7, e si è fermata a 1.260.000 spettatori medi (per 2 ore e 44 minuti di emissione), con una share del 5,4%. Insomma, meglio del «Politics» di Gianluca Semprini e del tentativo «Duemiladiciassette» di «Agorà» di Gerardo Greco. Ma non ancora ai livelli di «Di Martedì» né, tanto meno, del vecchio «Ballarò».
La composizione del pubblico, d'altra parte, resta sempre piuttosto simile: per «#Cartabianca» un'audience composta in parti uguali da uomini (5,4% di share) e donne (5,4%), ma molto caratterizzata in termini di età. Fatica la formula del talk politico a fare breccia fra generazioni più giovani, e anche «#Cartabianca» vince soprattutto fra gli spettatori adulto-anziani (magari nostalgici del cognome). In particolare, la metà dei suoi 1.260.000 spettatori ha più di 65 anni: gli ultra 65enni sono 618.000, per una share dell'8,6%.Scendendo con l'età scende anche inesorabilmente lo share: 6,2% fra i 55-54enni, 4,2% fra i 45-54enni, 3,2% fra i 35-44enni, 2,8% fra le generazioni più giovani. Il talk politico conferma anche l'appeal fra gli spettatori con livelli d'istruzione più elevata: nel caso di «#Cartabianca» sono 203.000 i laureati, per uno share del 9,4%. Quest'ultima è una differenza importante con l'ultimo «Ballarò», che riusciva ad allargare l'ascolto su spettatori dal grado d'istruzione più variegata. (a.g.)

In collaborazione con Massimo Scaglioni, elaborazione Geca Italia su dati Auditel

























































































































































securitaria del ministro Minniti (espressa chiaramente dalle dichiarazioni del rappresentante del Viminale. Presentando il piano, Minniti affermava: “Da tempo ho un'idea: sfatare il tabù che le politiche di sicurezza siano 'par excellence' di destra. (..) Sono da sempre convinto che la sicurezza sia pane per i denti della sinistra”; qui un nostro commento , e quella maggiormente legata, invece, al ministero presieduto dall'on. Orlando: “Il cuore di questo decreto consiste proprio nella riforma generale del processo per il riconoscimento della protezione”, sottolinea Ciervo, evidenziando le radicali trasformazioni che subirà il processo, in un cambiamento in negativo che “andrà a erodere i diritti dei richiedenti asilo”.
Secondo Ciervo, sono diversi i profili di incostituzionalità rilevabili nel testo. In primis, il ricorso stesso allo strumento del decreto legge: “Una misura che si applica solo in condizioni di urgenza”, come ben specificato nel testo del decreto, fin dal titolo. Una misura che però in questo caso verrebbe snaturata, visto che la nuova legge verrà applicata “sui processi in vigore tra 180 giorni”, come indicato nel testo. “Se un'urgenza c'è, allora l'applicazione dovrebbe essere immediata. Invece, si parla di urgenza ma si posticipa l'azione”, in quella che viene ravvisata come “una mossa puramente politica”, in vista delle nuove elezioni.
Il secondo aspetto evidenziato da Ciervo è relativo alla possibilità di presentare ricorso, e alle modalità per farlo. Il decreto legge indica che il colloquio tra il richiedente asilo e i membri della Commissione per il riconoscimento della protezione sarà ora videoregistrato con mezzi audiovisivi. Se al richiedente asilo non sarà riconosciuta la protezione potrà, entro 30 giorni, presentare ricorso. Ad oggi le udienze possibili sono tre: con l'entrata in vigore del dl, invece, si elimina il secondo grado di giudizio, e l'udienza ai fini del contradditorio non viene più prevista. “La regola sarà dunque la totale assenza di udienze, che diventeranno l'eccezione”, sottolinea Ciervo. Quali saranno gli effetti pratici? “Si va di fatto a eliminare il confronto, la possibilità del richiedente asilo di essere interpellato”, sottolinea l'avvocato, evidenziando l'aumento di discrezionalità che causerà questa norma.







































































































































































































































































lungaggini burocratiche che  gravano sulle vite dei richiedenti asilo non è l'eliminazione dell'appello e delle garanzie fondamentali”.
Inoltre, un ulteriore elemento da chiarire riguarda l'istituzione presso i tribunali ordinari di sezioni specializzate in materia di diritto di asilo, previste dal decreto: un'implementazione che non contempla alcun “onere aggiuntivo per la finanza pubblica, né incrementi di dotazioni organiche”. Come verranno istituite dunque queste nuove sezioni? Chi saranno i magistrati competenti, visto che non viene previsto un aumento dell'organico? “Sembra che tutto rimanga uguale” nota Ciervo.
La sensazione, secondo l'avvocato, è che ci si trovi di fronte a “mera propaganda politica”. Con il serio pericolo che questa ricada, nel concreto e in chiave negativa, sulle persone e sui loro diritti.

Serena Chiodi



Per la RAI il "paese non esiste" se non in caso di tragedie ed anche in quel caso veniamo spesso inutilmente sopraffatti -vedi il terremoto laziale- di una massa di informazioni ripetute banali cazzone che non meritano lo spreco energetico ne per crearle trasmetterle vederle ascoltarle. Per la RAI l'Ue non esiste
C'é solo l'imbarazzo della scelta nello stilare l'elenco delle cose che la RAI -pagata da tutti gli italiani-  dimentica. Dell'Italia, Europa mondo.
Oltre a questo c'é il problema del come si produce informazione di qualità. Un quotidiano dispone di un numero altissimo di universitari, esperti titolati, conoscitori che ne costituiscono il "profilo" culturale e politico. Alla Rai tutto diventa una pillola. I "professori" sono animali da zoo evocati come "esperti" ma per favore interventi brevi concisi, fermi tutti dobbiamo mandare in onda la pubblicità. Giornalisti analfabeti affiancati da  docenti. Allucinante.
Non apparteniamo alla congregazione di quelli che ormai una TV che trasmette a ore fisse programmi prefissati non ha-avrà più grande seguito. Siamo certi che la funzione Re-play diventerà una scelta comodo normale ottimale per selezionare la trasmissione da visionare nel tempo disponibile di ciascuno.
Resta il problema: la leggerezza media dei contenuti e il sopravanzare della interpretazione banale degli avvenimenti.
Poi ci si stupisce degli errori di geografia di un DiMaio, degli italiani  che “aifonano” continuamente ma sono analfabeti. Come i giornalisti e gli invitati in Tv. Non tutti. Solo la stragrande maggioranza.






























































































































L'ing. Claudio Piga custode delLa Latrina di Nusquamia, ha scarabocchiato delle virgole merdose il muro della sua latrina tirandoci di mezzo. Sostiene che l'autore del volantino di Obiettivo Curno” saremmo noi. L'ing. Claudio Piga racconta infamie come sua abitudine: trumpiano anzitempo. Abbiamo riportato il testo del volantino ma a metà colonna c'è l' immagine di prima pagina dello stesso. Basta ingrandirla su una pagina apposita che si legge a grandezza naturale e trovare la fonte del testo.  Il custode delLa Latrina di Nunsquamia, ing. Claudio Piga, sospetta pure che noi saremmo l'anti Aristide «è un sospetto, forte, anzi fortissimo. Manca la prova della pistola fumante, o del tepore dell'alcova. Prima o poi la troveremo, se il sospetto è fondato".  Non si disturbi lo confermiamo senza problemi: questo blog è FERMAMENTE contrario alle sue idee e a quelle del suo datore di lavoro Gandolfi al secolo sindaco del buongoverno decaduto anzitempo. Anche  a quelle degli ex leghisti neo pentastellati. Ed aggiungiamo: il suo modo di procedere è perfettamente identico a quello usato per decenni dall'anima “nera” del comunismo curnese, di (ex) professione bottegaio esattamente come il suo idolo (decaduto). Tutto si tiene nella grande famiglia. Si curi perchè questo suo vomito continuato l'é un brutto segno.