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Pier
Luigi Bersani, lettera all'Huffpost: "Non stravolgiamo il Pd per le
velleità di una persona sola. A Renzi e i suoi dico: Fermatevi!»
L'Huffington Post | di Pier Luigi Bersani
Si capisce poco di quel che succede nel Pd. Questione di calendari e di
date? Questioni di lana caprina, bizantinismi? Non scherziamo, e
cerchiamo di capire meglio. Le questioni vere sono due.
Prima questione. Nel mondo, in Europa e in Italia, col ripiegamento
della globalizzazione, emerge una nuova destra non liberista, ma
sovranista, identitaria e protezionista. Le disuguaglianze,
l'umiliazione e lo smarrimento del lavoro, l'emigrazione alimentano
culture di chiusura e aggressive. È in corso dunque una possibile
regressione che può coinvolgere anche una parte dei nostri mondi. Come
possiamo reagire? Possiamo andare avanti sostanzialmente col pilota
automatico delle proposte di vent'anni fa, che allora erano vincenti
perché incrociavano la realtà, ma che oggi sono largamente superate?
Dobbiamo prendere atto che si sta chiudendo una fase ventennale.
Dobbiamo discutere davvero, come forse mai in nessun altro Congresso.
Non è vero che non ci sono idee. È vero invece che non c'è un posto
impegnativo per discuterne. Una discussione sincera può essere la
nostra occasione. Forse l'ultima.
Seconda questione. Il Pd
in questi anni ha smarrito buona parte del suo progetto originario, che
era fondato su un'ispirazione ulivista e popolare, un'impostazione
saldamente costituzionale e democratica e fortemente pluralista.
Quest'idea si è via via rinsecchita, come se il campo largo del
centrosinistra si riassumesse nel Pd e il Pd si riassumesse nel suo
capo. Abbiamo perso rapporti con pezzi di popolo su questioni cruciali
come il lavoro, la scuola, le politiche economiche e fiscali. Siamo
guardati con ostilità da una parte larga della nuova generazione. Le
ripetute sconfitte degli ultimi due anni e l'allontanamento evidente di
iscritti e di elettori sono stati totalmente ignorati ed è stata
zittita ogni richiesta di iscussione vera. Dunque ognuno deve
riconoscere che c'è parecchio da correggere nell'azione di governo e
nella vita del partito. E c'è assoluta urgenza di farlo. Il Pd non può
essere collocato nell'establishment ma la sua forza la deve trovare in
chi si sente escluso e non si piega alle nuove demagogie.
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Non
siamo dei pipottini che guardano ai grandi che si sputtanano l’un
l’altro. Bersani scrive che «nel mondo, in Europa e in Italia, col
ripiegamento della globalizzazione, emerge una nuova destra non
liberista, ma sovranista, identitaria e protezionista ecc. ecc.».
Bersani, il mondo si è fermato perché non c’é più bisogno di correre.
La globalizzazione e soprattutto le comunicazioni hanno fatto
comprendere a tutto il mondo che c’è o ci possono essere
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lavoro cibo acqua salute per tutti.
E’ vero che molti miliardi di uomini non hanno ancora tutti questi
diritti ma è vero che oggi si possono muovere o fuggire laddove possono
trovarli. Oggi «il mondo» ha netta la convinzione che possiamo vivere
meglio tutti.
Le conoscenze e le capacità che abbiamo oggi sono condivise in tutto il
mondo. Non c’è più bisogno dell’operaio italiano che fabbrica l’auto e
la lavatrice per i russi o i polacchi o i cinesi. S’arrangiano da
soli.
Oggi in Cina come negli USA o in Africa possono coltivare ottimi
pomodori e fare ottima polpa per condire spaghetti fatti di ottimo
grano locale. Esattamente come in Italia. Solo che ancora oggi gli
occidentali credono di avercelo sempre più lungo degli altri mentre
invece è solo un’idea provinciale.
La parola che nessuna forza politica ha il coraggio di
pronunciare è povertà. Il futuro sarà più magro per tutti e i consumi
personali saranno ridotti al necessario. Non perché esiste un mostro
extraterrestre che si arricchisce ai nostri danni ma perché della
ricchezza creata sui consumi «degli altri» oggi non ce n’é più bisogno.
Non è nemmeno immaginabile che quel 25% di imprese italiane che sono
leader nel contesto mondiale per tecnologia e prodotto possano
diventare domani o tra qualche anno il 50% o il 75%.
Bisogna avere il coraggio di raccontare alla gggente che la democrazia,
man mano si amplia a livello mondiale, porta con se un allargamento dei
diritti di tutti e dei vantaggi e la riduzione della ricchezza di tutti
e un aumento del benessere fondamentale. Il caos lungo la sponda sud
del Mediterraneo o nel Medio Oriente ci dice che quelle genti,
specchiandosi nel benessere della sponda nord del mediterraneo, ne
vogliono uno identico. Vogliono una democrazia identica alla nostra.
La seconda fase della globalizzazione consiste nella integrazione e
quindi alla nostra gggente va detto che il futuro non é più o solo
«fuori casa» ma altrove e soprattutto in un cambio di modello di vita
dove al benessere basta lo stretto necessario mentre occorre
riacchiappare forti dosi di cultura umanistica e scientifica per
produrre innovazione, non tanto nella domotica casalinga o il cellulare
per giocare ma per creare spazi salubri in cui vivere, essere capaci di
una vita equilibrata, soprattutto capire le ragioni di certe patologie
per evitarle e poi disporre di cure adeguate.
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Scissione: la vera mucca nel corridoio sono le poltrone.
Eccoci qua, davanti all'ennesima possibile scissione nel
centro-sinistra. A memoria ne ricordo almeno 5, e pensare che la prima
volta che ho votato è stato nel 1995. Non c'era più la Democrazia Cristiana
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e né il Partito Comunista Italiano. Da allora ne ho, e ne abbiamo, davvero viste parecchie.
Ma questa scissione "minacciata" dalla mino ranza del Partito
Democratico, e capitanata dai candidati al congresso - Speranza,
Emiliano e Rossi - e gestita da dietro le quinte da Bersani e D'Alema,
è forse la più forte mai avvenuta a mia memoria politica.
Una scissione che nei fatti ha preso seriamente corpo solo nelle ultime
settimane, e che nel balletto di dichiarazioni si percepiva già da
prima del 4 dicembre, voto che ha dato coraggio a coloro che
intendevano allontanarsi dal partito guidato da Matteo Renzi.
Un coraggio che è stato rafforzato ancor di più dalla sentenza della
Consulta che, bocciando il ballottaggio e restituendo di fatto un
sistema proporzionale con capilista bloccati, ha messo su un problema
non da poco, che è quello della possibile costituzione di micro partiti
- "nanetti" li chiamava Sartori - che con un semplice 3% alla Camera
possono fare il bello e il cattivo tempo di governi e coalizioni
politiche.
Ecco dunque la vera ratio della scissione paventata da Bersani, D'Alema
e co. Una questione solamente di poltrone, avrei potuto usare il
termine potere, ma avrei rischiato di nobilitare l'intento, che di
fatto di nobile non ha nulla, politicamente parlando.
Mi spiego.
Se la minoranza decidesse di rimanere nel Partito
Democratico e andare a congresso, nel caso di sconfitta rischierebbe di
prendere una percentuale molto simile a quella presa al congresso del
2013, risicando ancora di più il loro "potere" percentuale all'interno
del partito. Con una percentuale piccola, restando nel Pd, avrebbe meno
margini di "occupazione di spazi" sia negli organismi dirigenziali, sia
nell'assegnazione dei capilista che dei nomi nelle liste politiche.
Ora, il ragionamento è semplice.
Se i sondaggi mi danno intorno all'8-10%, perchè non correre da soli e prendere tutti i parlamentari
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Come si
vede, si tratta di questioni serie e vitali per il paese e per il Pd.
Se consentissimo l'ordinario svolgimento delle cose, non mancherebbe la
possibilità di questa radicale e ineludibile discussione. Abbiamo una
maggioranza e un governo che possono e devono operare fino al 2018, col
tempo dunque di correggere le cose che non hanno funzionato. La data
ordinaria e statutaria del Congresso (da giugno all'autunno) può
consentire un percorso che si avvii con una discussione comune che
ridefinisca il perimetro e i muri della nostra casa, i cardini
essenziali della nostra proposta prima di passare alla sfida tra i
candidati. Serve dunque, prima del vero e proprio confronto
congressuale, una riflessione fondativa che definisca il profilo del Pd
di fronte alle sfide nuove, un passaggio da costruire con un lavoro
unitario.
Potremmo peraltro avere alle spalle la cognizione del quadro di regole
elettorali nel quale inserire la proposta politica. Questo percorso
semplice, logico e utile al paese, viene inopinatamente e
incomprensibilmente stravolto. Viene messa una spada di Damocle sul
nostro stesso Governo. Si trasforma il percorso congressuale in una
immediata e rapida conta, cancellando così ogni ipotesi di riflessione
strategica e bruciando l'unica possibilità di una correzione di rotta.
Nel pieno fra l'altro di una discussione parlamentare sulla legge
elettorale che in queste condizioni rischia il binario morto e
nell'incombenza di rilevantissime elezioni amministrative.
Ecco allora la domanda di fondo. Tutto questo perché? Qual è la ragione
di questo stravolgimento? Esiste una motivazione comprensibile e
pronunciabile? No. I commentatori infatti attribuiscono quanto accade
alla intenzione del segretario di "non farsi logorare". Non c'entrano
nulla "l'astio o il rancore verso Renzi". Stravolgeremo dunque tutto il
percorso per le esigenze o le velleità di una persona sola? No. Prima
il paese, poi il partito, poi le esigenze di ciascuno. Questo criterio,
per me e per tanti, e spero per tutti noi, è la base stessa della
politica. Se noi non teniamo ferma questa sequenza, non siamo più il
Pd. Mi sono dunque rivolto e mi rivolgo a tutti quelli che hanno buon
senso. Al segretario e a tutti coloro che lo hanno sostenuto dico: non
date seguito alle infauste conclusioni dell'ultima direzione.
Fermatevi.
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Poi
dobbiamo avere il coraggio di dire che il debito pubblico non è come il
debito della massaia verso il prestinaio della via. Indubbiamente il
debito pubblico va fermato ma il debito pubblico è un duplice
vantaggio per chi ci presta i soldi ma col QE vediamo che è diventato
un reperto. Il debito pubblico, oltre a essere contenuto, si tiene in
equlibrio con lo scambio tra paesi. Con una maggiore inte grazione
economica. Fiscale.
Occorre avere il coraggio di dire alla gggente che non puoi disporre di
risparmi liquidi superiori al debito pubblico ed evadere cento miliardi
all’anno.
Occorre spiegare alla gente come mai USA e Germania con una
disoccupazione pratica mente inesistente (meno del 5%) hanno una
crescita del PIL doppia o tripla di noi italiani che abbiamo una
disoccupazione del 12% e quella giovanile del...40%.
Molti «compagni» si allontanano dal PD non tanto per quei due numeri:
12 e 40, ma perché la gggente si rende conto che i milioni di pre
pensionati cinquantenni di 10 15 venti anni or sono che poi si sono
dedicati assiduamente al lavoro nero, quella pacchia sta per finire per
sempre. Potrebbe finire. Molti giovani disoccupati si affacciano alle
nostre sezioni e vedono tante crine bianche con in saccoccia una
pensione immeritata mentre loro no.
La tua idea Bersani di andare avanti tenendo dentro tutti e il
contrario di tutto non convince più. Risorsa è lavoro stabile. Risorsa
è una istruzione utile. Risorsa non è una pensione largamente
immeritata. L’evasione fiscale una risorsa per troppi. Il lavoro nero
pure.
Che poi ci sia bisogno di una assemblea programmatica è vero . Che poi
ci sia bisogno di un vasto dibattito nel partito è vero. Che poi siano
necessari tempi un po’ articolati per fare tutto questo da qui al 2018
ci sono tutti.
Però io non accetto i tuoi toni e quelli della tua fazione contro il segretario che poi è contro il «mio» partito.
Non si risponde ad una esuberanza giovanile che a te hanno castrato fin
dai primi anni del PCI coi tuoi toni ed argomenti. La gggente vede
la tua paura e quella della tua fazione di perdere il seggio
parlamentare e paradossalmente stai-state lavorando proprio per questo
cercando di mimetizzare le vostre responsabilità attribuendone la colpa
al fiorentino. Dai, datti una calmata: perché noi elettori siamo
fieramente scociati dei vostri casini.
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con una
lista a parte, piuttosto che "dividerla" con la maggioranza e con
Renzi? Posso prenderne di più e gestirli ancora meglio. Ecco, questo il
motivo della scissione, ed è inutile che stiamo a parlare di conferenze
programmatiche, di congressi lenti, di date o di prospettiva politica,
agli strateghi della minoranza interessa poco, è solo lo specchietto
per le allodole.
Agli italiani poi importa ancora meno della scissione e delle manovre
della minoranza, basta guardare i sondaggi sui temi che stanno a cuore
ai cittadini, hanno più interesse per le vicende Balivo vs Leotta. Un
congresso infine non dovrebbe spaventare nessuno, soprattutto i D'Alema
e i Bersani che con i congressi ci sono cresciuti.
Quindi il ragionamento politico c'entra poco con la scissione,
calassero giù la maschera e dicessero le cose come stanno, visto che la
melina va avanti da troppo tempo, e secondo me una ammissione di
intenti, chiara e trasparente, farebbe recuperare un po' di stima
politica a chi, in queste ore, minaccia la scissione dai canali
televisivi e poi nelle direzioni ritratta con un imbarazzante "era una
battuta".
Dateci conferma che queste ipotesi non sono reali, rimanete nel
partito, facciamo un congresso politico e trasparente e chi ha più
filo, faccia più tela.
Tommaso Ederoclite
Huffington Post Italia
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