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NUMERO 305






















































































Nei disastri che sta combinando più per cattiva fede e squallida sete di potere che per inesperienza (ancora con sta storia dell'inesperienza? Ma qualcuno ci è cascato davvero?), Virginia Raggi si trova grazie al lavoro giornalistico di un giovane cronista precario de La Stampa con una freccia da scoccare capace di rimettere in carreggiata sette mesi di autentiche sciagure.

Che l'assessore Berdini fosse un perfetto idiota se non addirittura un coglione (tutti epiteti che egli ha dichiarato di se stesso oggi sui giornali, noi semplicemente riportiamo) lo abbiamo immaginato e fatto capire più e più volte anche prima della vittoria di Virginia Raggi visto che il suo nome era stato improvvidamente rivelato a qualche giorno dal ballottaggio. Con quella nomina  la sindaca si è autocondannata. La sensazione di sgoverno, di depressione, di tristezza, di diffusa depressione, di perdita di ogni tipo di slancio e di speranza non è transitata nella pancia della città a causa delle vicende di Minenna, di Romeo o di Marra. Neppure a causa della storia della Muraro, che aveva senza meno degli scheletri dell'armadio come ce ne hanno molte persone che hanno avuto ruoli di responsabilità, ma che era comunque una figura competente.
Berdini è - ma speriamo di dire presto "era" - un'altra cosa.Un'altra storia, un'altra partita. Una cosa facilmente smascherabile.



La ministra nemica e il sessismo scordato

di Pierluigi Battista
Corriere della Sera


Allora, a proposito di volgarità, oscenità, sessis mo, bullismo, ecco il ricordo di un episodio che dimostra quanto la violen za verbale sia trasversale e ben distribuita, e quanto spesso l'indignazione sia un sentimento volubile, che si accende e si spegne a seconda non delle con vinzioni, ma delle conve nienze. L'episodio si svolge sul palco di una mani festazione contro Berlus coni del luglio del 2008, guidata da Beppe Grillo e da Antonio Di Pietro. La piazza sempre indignata risuona di ululati di ap provazione quando Sabina Guzzanti, dopo aver maltrattato l'allora presi dente Napolitano e l'allora pontefice Ratzinger, deci de di vomitare sull'allora ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna espressioni avvilenti per tutte le donne e per tutti gli uomini, piene di allusioni grevi e riferimenti espliciti che si fa fatica a pubblicare integralmente: «Berlusconi, tu non puoi mettere alle Pari oppor tunità una che sta lì perché…» e via con l'insi nuazione volgare; «osteria delle ministre, le ministre son maestre, e se a letto son portento, figuriamoci in Parlamento»: «Berlusco ni il giorno del giuramento dei ministri potrà dire "pari opportunità"…» e via con giochetti verbali che si sarebbero definiti da caserma.
E così via berciando.
Da notare. Uno: che la platea di intellettuali gra vati dal fardello della superiorità morale non solo non deplorò la melma sessista fuoriuscita da quel palco, ma la applaudì estasiata. Due: che quel festival osceno aveva preso spunto da presunte inter cettazioni «calde» tra Mara Carfagna e un'altra minis tra, intercettazioni di cui non si è mai registrata traccia, esempio di come le vituperate fake news non siano una novità, anche se distribuite dai giornali autorizzati e vidimati dal ministero della Verità. Tre: che le reazioni a sinistra e nelle istituzioni furono molto blande, con l'ecce zione dell'allora segretario del Pd Walter Veltroni che colse l'occasione per rom pere l'alleanza elettorale (incautamente) stretta con Di Pietro. Quattro: che Mara Carfagna ha vinto una causa con Sabina Guzzanti e che, malgrado abbia dimostrato di essere una donna preparata e scrupolosa, sia ancora raggiunta da maldicenze diffuse dai sepolcri im biancati e legate alla sua bellezza e al suo passato di soubrette televisiva. Cin que: mai fidarsi dei professionisti dell'indigna zione a comando.















































































Scrive il custode delLa Latrina di Nusquamia a proposito delle vicende tragicomiche dell'amminis trazione comunale di Roma che “il suo (quasi) ex assessore all'urbanistica Paolo Berdini (suo: scelto dalla sindaca Raggi) , che è un uomo serio, tutto d'un pezzo, con buoni studi (bontà sua, egregio custode, del riconoscimento: anche Berdini ha fatto il classico…?) e una solida cultura alle spalle (…), uno che di urbanistica se ne intende davvero, (…)
Ormai sono in molti che hanno cambiato parere sulla somma intelligenza del Berdini – classe 1948- autore di due dozzine di agili testi tra il tecnico e il politico.  Magari quel tipo di testi che un prof universitario mette insieme sfruttando le decine di tesi che i suoi allievi vengono indirizzati a compilare.
Prosegue  il custode delLa latrina di Nusquamia: “Berdini ha cercato di mettere una pezza sulle dichiarazioni rilasciate al giornalista (…). Lui adesso, dopo aver detto certe cose, ne dice altre: beh, poiché è una persona intelligente, penso che non se l'avrà a male, se non gli crediamo. Penso che tutto quello che ha detto l'abbia detto essendo perfettamente consapevole del 
















































































































































































































































fatto che sarebbe stato regis trato; e, nel preciso momento in cui parlava con il giornalista, sapeva benissimo che poi avrebbe smentito. È il gioco delle parti e, se certe cose non le puoi dire apertis verbis, perché non te la senti di esporti al fuoco del politicamente coretto, all'ira delle femministe ecc., non ti rimane che ricorrere a qualche via traversa. (Vero: essere cretini e fare i bugiardi è colpa diegli altri...). Scrive perciò il giornale sabaudo La Stampa, ora entrato nel cono d'ombra del potentato della Repubblica (invidia, eh…?), che (…) il problema, per il professore “anarchico” di Roma, sembra essere proprio la Raggi: «Su certe scelte sembra inadeguata al ruolo che ricopre. I grand commis dello Stato, che devo frequentare per dovere, lo vedono che è impreparata. Ma impreparata strutturalmente, non per gli anni».
Bisogna proprio avere scritto due dozzine (e passa) di testi “di riferimento” per essere così “romani e coglioni” da confi dare a un giornalista queste idee –peraltro condivise  dalla maggioranza degli italiani…- mirando al doppio gioco del  qui lo dico e dopo lo smentisco senza immaginare –come  fan no ancora adesso dopo vent'anni di cellulari digitali- che ormai resti registrato anche del sonoro della defe cazione al cesso quando stai a Pechino. Una persona seria prima di tutto non confida questi giudizi a chicchessia: li tiene per se. Ma questo fa parte del genere romano, dei salotti della capitale dove si parla e sparla di tutto e tutti (soprattutto  di “tutte”). Non c'è bisogno di chiamare la testimonianza dei grand commis dello Stato sull'impre parazione della sindaca Raggi – ormai gliela cantano pure in chiesa- ma perché normal mente accade che nei partiti si scelgano i più cocconi sperando o immaginando




















































































































































































Il rappresentante eponimo dell'impegno civile alla romana, dell'ambientalismo alla brace, dell'urbanistica alla amatriciana. Un residuato bellico di una ideologia che, tutt'altro che marginale, è stata in realtà egemone a Roma da sempre (aho i balazzinari, aho a golada de gemendo, aho e cattedrali nel deserto) e ha portato alle condizioni che vediamo: edilizia scadente, investimenti nel real estate inferiori alla città di Tunisi, sprawl urbano nell'agro romano perché così almeno non si costruisce in altezza, contesto totalmente inospitale per i player internazionali e dunque campo libero ai peggiori palazzinari. Questo hanno fatto negli anni Berdini e i berdiniani in tesi in senso lato.













































































































































































































































Sono le persone che non hanno aperto bocca sulle speculazioni edilizie in campagna, impossibili e costosissime da servire e tragiche per gli equilibri urbani, ma che poi hanno criticato il Maxxi, l'Auditorium di Renzo Piano o il parcheggio di Via Giulia. Sono le persone che non alzerebbero un dito sul centro storico trasformato in autorimessa a cielo aperto di diecimila vetture in divieto, ma che fanno la barricata se fai il parcheggio dentro al Pincio per toglierle. Sono pochi ma efficaci. E molto convincenti. Metastasi romane che hanno fiaccato il corpaccione della città e modificato la percezione di una cittadinanza che in passato è stata sfrontata, coraggiosa, proattiva e proiettata e che oggi è solo provincia e strapaese coatto.

Nei pochi mesi di governo della città, Berdini è riuscito (altro che "non stanno facendo niente") a rendere non trasformabile urbanisticamente il recinto della ex Fiera di Roma, che poteva essere un bel quartiere di qualità (soldi al comune a pacchi e posti di lavoro a gogo, come è successo nella ex Fiera di Milano) e che invece rimarrà così, abbandonato, magari utile per ricoverare gli homeless nei pochi giorni all'anno in cui fa troppo freddo. E' riuscito a interrompere con una spregiudicatezza senza confini il progetto di riqualificazione delle Ex Torri delle Finanze all'Eur. E stava cercando di uccidere nella culla il progetto dello Stadio della Roma.

Secondo chi la pensa come Berdini, in estrema sintesi, a Roma non si possono edificare abitazioni di qualità e uffici di qualità perché questo andrebbe a ledere i patrimoni di chi in passato ha costruito abitazioni scadenti e uffici scadenti e se li ritrova sfitti. Far passare la tutela dei palazzinari romani come istanza ambientalista è stata la geniale operazione che lorsignori, in decenni di finto impegno civico, hanno affermato. Geni loro, mediocre l'opinione pubblica a non smascherarli mai. E la frittata è fatta. Il tutto tra bugie continue, solo bugie, sempre bugie. Su tutto.

http://www.romafaschifo.com/
09 febbraio 2017







































































































































































































































che poi ci siano i veri padroni del comune che fanno il sindaco e l'amministratore. A Curno una sceneggiata del genere è durata quasi cinque anni ed è terminata 45 giorni prima della scadenza naturale.
Una persona seria come vuole essere o si crede Berdini prima di tutto non  tiene un blog su Il Fatto Quotidiano ma soprattutto non va a fare l'assessore per una sindaca totalmente analfabeta (a prenderla per onesta) come la Raggi. Professionista che probabilmente era stata assunta  dai due studi legali proprio per tale motivo. Gli utili idioti.
E così il prode Paolo Berdini, dopo essersi costruito una solida fama e carriera s'è definitivamente sputtanato proprio per merito della peggiore dei sindaci che Roma s'è data. Un doppia o tripla o quadrupla martellata sugli attributi: geniale!.


Andiamo avanti. Non bastava questo quadretto tipicamente romano, ecco Libero che celebra la «patata» sindacale e  genera il  conseguente coro UNANIME di appoggio alla sindaca come donna.
Noi diamo a quella copertina una lettura dif-
-ferente, al di la del contenuto censurabile scritto nei testi (che non abbiamo letto).
Quell'articolo é stato una scelta politica ed editoriale di prima grandezza in appoggio a una Raggi che ormai navigava nel gran fiume della cacca politica romana. Bisogna dare atto al combinato tra grillismo e destrismo fascista (quelli che poi hanno eletto la Raggi…) di avere sollevato i consensi verso la sindaco nel suo momento peggiore. Quei testi, che ovviamente riflettono il pensiero machista del giornale e del suo direttore da sempre (ed anche del custode delLa Latrina di Nusquamia: sono fratelli gemelli nel genere), sono stati volutamente gettati in pasto ad una stampa e ad una opinione pubblica come strumento di distrazione di massa da parte degli schieramenti del politicamente corretto. Che ci sono cascati come pere cotte. La Raggi e la sua corte dei miracoli va lasciata a navigare sul Tevere. Presto o tardi la corrente la smaltirà non perché femmina ma perché l'è bamba. In dialetto bergamasco. E questo vale partendo dal presupposto che tutto il casino che ha combinato finora abbia come fondo la sua onestà. Potrebbe essere anche l'opposto e perciò stiamo aspettando la magistratura romana.