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NUMERO 298










































































La povertà fa male quasi quanto fumo, obesità e diabete
I risultati di uno studio durato 13 anni: una cattiva condizione sociale ed economica fa perdere oltre due anni di vita, quasi quanto fumare, avere il diabete o avere una vita sedentaria

Fumare tabacco, consumare alcool, una vita sedentaria, ipertensione, obesità e diabete. Sono sei tra i più importanti fattori di rischio per la salute umana, cui è arrivato però il momento di aggiungerne un altro. Ovvero vivere in condizioni sociali ed economiche di disagio. A sottolinearlo è uno studio condotto dai ricercatori di Lifepath, un progetto finanziato dalla Commissione Europea con lo scopo, per l’appunto, di individuare i meccanismi biologici alla base delle differenze sociali della salute. Come raccontano sulle pagine della prestigiosa rivista Lancet, gli autori dello studio hanno comparato l’effetto sulla salute di un basso status socioeconomico con quello di altri fattori di rischio conclamati, scoprendo, per l’appunto, che avere un basso profilo professionale accorcia la vita, in media, di oltre due anni. Quasi quanto fumare, soffrire di diabete o praticare poca attività fisica, che rosicchiano rispettivamente 4,8, 3,9 e 2,4 anni di vita.
Lo studio. Gli autori del lavoro hanno messo insieme i dati relativi a 48 coorti (sia raccolti direttamente nell’ambito del progetto Lifepath che liberamente disponibili da banche dati pubbliche), relativi a quasi due milioni di persone da sette diversi Paesi, Regno Unito, Italia, Portogallo, Stati Uniti, Australia, Svizzera e Francia. I partecipanti, seguiti per una media di tredici anni, sono stati classificati in base al proprio stato occupazionale (seguendo il quadro europeo delle qualifiche), utilizzato come indicatore dello status socioeconomico. Informazioni che sono state poi messe in correlazione con lo stato di salute dei partecipanti e opportunamente confrontate con quelle relative a sei tra i fattori di rischio (fumo di tabacco, consumo di alcool, scarsa ainclusi in “25x25”, il piano strategico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha l’obiettivo di ridurre del 25%






Lo stop ai migranti dalla Libia, é una favola per bambini cattivi
Chiudere la rotta del Mediterraneo centrale è irrealistico e inumano, titola Internazionale.
Perché quelle 170 miglia marine dalla Libia
all'Italia sono già un muro terribile ma non abbastanza alto da dissuadere tanta disperazione del rischiare comunque la vita.
181mila le persone giunte nel 2016 via mare in Italia e cinquemila i corpi senza vita recuperati. Secondo l'Onu, dall'ottobre del 2013 al gennaio del 2017 sono 13.288 i morti e i dispersi nel Mediterraneo.


Mare Monstrum
Altro che muto antimigranti tra Usa e Messico che costruirà Trump. Il Canale di Sicilia è il più alto e pericoloso dei muri. Centosettanta miglia marittime cosparse di cadaveri. 13.280 dice il contabile Onu ma nessuno sa quanti siano veramente quei morti.
Nel 2013, allora erano ancora tempi di pietà e dell'orrore, l'Italia decise 'Mare Nostrum', pattugliamento navale a salvare vite. Approccio umanitario. Centomila persone salvate, sempre e voler contabilizzare l'impossibile.
Poi operazione europea Triton e infine EuNavFor Med, navi da guerra a fare da ambulanze del mare. Problema difficile e forse impossibile da risolvere,



Il vero potere armato oggi in Libia.
Fantasie e sogni maltesi
Eppure l'Unione europea insiste nell'affi dare alle autorità libiche il contrasto “del traffico di esseri umani” e “dell'immi grazione irregolare”. Manca sempre un 'come' convincente. Affidare alla guardia costiera libica, corpo iper corrotto, come da denunce internazionali, il pattugliamento delle acque territorialilibiche per fermare le imbarcazioni in partenza? O è uno scherzo, o una presa in giro.
Ma i gruppi armati, le bande, le kabile che gestiscono il traffico miliardario qualcuno pensa che si fermeranno spontaneamente? La sola concretezza europea sono come sempre i soldi. Un investimento di 400 milioni di euro. Duecento da Bruxelles entro il 2017, il resto dai singoli paesi con tempi e modalità che non sono ancora chiare.
La Libia non è un paese sicuro
Il futuro del forse e se mai accadrà. Ma se davvero i libici smettessero di arricchirsi sul 'neo schiavismo', che fine faranno i migranti a cui non sarà permesso di salpare dalle coste libiche? si chiede Annalisa Camilli su Internazionale. Essendo tutta una favola, centinaia di migliaia di disperati che scompaiono in una nuvola de magheggio?
L'Unione europea a Malta non rileva il problema. L'Organizzazione Onu delle migrazioni e l'Unhcr, il 2 febbraio hanno chiesto all'Europa di non stipulare accordi con un paese considerato “non sicuro” come la Libia. Ma l'incasso politico anche se solo dell'apparenza come abbiamo visto prevale.





































































































































































































































































































































































































la mortalità per malattie non trasmissibili entro il 2025.

I risultati. "Il fatto che un basso status socioeconomico fosse correlato a una maggiore mortalità era noto da tempo alla comunità scientifica - spiega Silvia Stringhini, coordinatrice dello studio ed epidemiologa all'Ospedale Universitario di Losanna - . Tuttavia, il nostro lavoro è stato il primo a confrontare questo parame tro con gli altri grandi fattori di rischio, mostrando quantita tivamente che vivere in condizioni sociali ed economiche povere diminuisce di oltre due anni l’aspettativa di vita, quasi la metà di quanto non faccia il tabacco e più del consumo elevato di alcool". I dati sono confermati dalla stima della cosiddetta prevalenza attribuibile a un fattore di rischio, un indicatore che misura quanto la mortalità (o una data malattia) sono influenzate da un dato fenomeno: un basso status sociale ed economico, in particolare, aumenta del 20% il rischio di mortalità prematura negli uomini, appena il 10% in meno del tabacco e molto più di diabete, consumo di alcool e ipertensione.

Il rischio relativo. È opportuno precisare che, nello studio, i fattori di rischio sono stati valutati in maniera indipendente, cioè senza considerare eventuali mutue correlazioni (ovvero, in altre parole: è più probabile che chi viva in condizioni socioeconomiche



















































































































































































































































E scatta la fantasia della Libia paese terzo dove l'Europa possa avviare l'esame delle domande di asilo in Nord Africa.

Gli schiavisti le complicità
L'ong Medici senza frontiere è categorica. «La legge e l'ordine sono al collasso in Libia. Le persone provenienti da paesi dell'Africa subsahariana sono arrestate e tenute in detenzione senza processo legale, senza alcun modo per opporsi o fare ricorso, e senza contatto con il mondo esterno». L'Unione europea -sempre Medici senza Frontiere- starebbe travi sando la realtà: la Libia non è un paese sicuro. «Impedire alle persone di lasciare quel paese o costringerle a ritornarvi equivale a mettere in discussione i fondamentali valori della dignità umana e del rispetto delle regole su cui si fondano le istituzioni europee», ha concluso Medici senza frontiere, ma i tempi dell'umani tarismo stanno esaurendosi.

Il ruolo dell'Italia
Tripoli Bruxelles via Roma. Il 2 febbraio, qualche ora prima dell'inizio del vertice europeo della Valletta, il premier libico Fayez al Serraj è arrivato a Roma per firmare il memorandum di intesa con il presidente del consiglio Gentiloni. Il ministro dell'interno Marco Minniti aveva anticipato i termini dell'intesa nel suo viaggio a Tripoli il 9 gennaio. Come negli accordi precedenti, dai tempi di Gheddafi, soldi in cambio di pattugliamenti per impedire ai migranti di partire.
Ma già allora le denunce sulla detenzione arbitraria dei migranti, i maltrattamenti e le torture da parte delle autorità libiche. Oggi non sappiamo quanto soldi pagherà l'Italia, ma sappiamo cosa darà in cambio la Libia, ai migranti africani fermati sulle sue coste.

Il commento Medici senza frontiere
«Per migliaia di esseri umani, il muro virtuale in corso di costruzione nel Mediterraneo centrale avrà come immediata conseguenza detenzioni arbitrarie, maltrattamenti, stupri, sfruttamento e respingimenti nei paesi di origine. Senza alternative per coloro che non possono più restare in Libia o che sarebbero in pericolo di vita se venissero rimpatriati». Troppo 'umanitarismo'? Forse.
Ma anche una radicata e molto concreta diffidenza su ciò che potrà davvero garantire la Libia di oggi alla sicurezza dell'Europa, e a un minimo trattamento umanitario alle folle di disperati che attraversano i deserti per raggiungere la sua costa mediterranea.
Quelle 170 miglia marine di muro mortale chiamato Canale di Sicilia.

Mimmo Lombezzi
Giornalista, vignettista
Giornalista tv. Ex autore TV. Ha scritto Cieli di piombo (ed.E/O) e Bosnia, la torre dei teschi. Collabora con Il Fatto Quotidiano, il SecoloXIX.




































































































































































































































svantaggiate abbia uno stile di vita meno salutare). Ma anche tenendo opportunamente conto di questo fenomeno, il legame tra basso stato socioeconomico e mortalità precoce continua a essere presente: "L’analisi effettuata ‘aggiustando’ la mortalità con gli altri fattori di rischio" - spiega ancora Stringhini - ha mostrato che chi vive in condizioni socioeconomiche precarie continua a soffrire, comunque, del 30% in più di rischio relativo rispetto agli altri". Il motivo, molto probabilmente, sta nel fatto che un basso status sociale ed economico 'nasconde' anche altri fattori di rischio, come maggiore esposizione a stress, peggiori condizioni nell’infanzia e condizioni ambientali più deleterie.

L’appello ai decisori. Commentando i risultati dello studio, gli autori sottolineano come, nonostante il fatto che un basso livello socioeconomico possa essere un efficace indicatore di un calo nell’aspettativa di vita, i governi "spesso non lo considerano fra i fattori da prendere di mira con interventi specifici. Le condizioni socioeconomiche e le loro conseguenze sono modificabili tramite politiche a livello locale, nazionale e internazionale. Intervenire su fattori ‘a monte’, come il lavoro o l’educazione infantile, può avere una maggiore efficacia, in termini di miglioramento della salute, rispetto a interventi ‘a valle’, focalizzati su singoli fattori di rischio come l’assistenza per chi vuol smettere di fumare o i consigli alimentari. Che sono importanti, questo sì, ma tendono anche a favorire le fasce sociali più alte, che possono accedervi più facilmente e che hanno meno difficoltà nel correggere eventuali abitudini poco salutari»

Sandro Iannaccone
Primario NeuroRiabilitazione Disturbi Cognitivi-Motori Ospedale San Raffaele e docente a contratto di Neurologia e Neuropsicologia Università Vita - Salute San Raffaele.




ma soprattutto grande confusione europea.

Chiudere il Mediterraneo centrale
Ma adesso, da Bruxelles arriva il presidente del Consiglio Donald Tusk a dirci che l'Europa vuole cambiare approccio. «Chiudere la rotta del Medi terraneo centrale», decidono al summit al Malta del 3 febbraio.
Ridurre gli arrivi sulle coste italiane, convincere gli stati europei a riaprire le frontiere interne dell'Unione europea e ripristinare lo spazio Schengen di libera circolazione il prima possibile. Summit alla Catalano, in memento Arbore: meglio essere ricchi e belli e in salute che poveri, brutti e malati. Applausi.
Parlavamo di favole già dal titolo. Come dovrebbe accadere il miracolo ? Noi non lo abbiamo capito.

La Libia non è la Turchia
Scaricabarile. Affidare la difesa dei confini esterni dell'Unione a paesi terzi come la Turchia e la Libia. Ma replicare un accordo con la Libia sul modello di quello concluso con la Turchia è impossibile.
In Libia il governo di unità nazionale guidato da Fayez al Serraj controlla una piccola parte del territorio del paese nordafricano, un territorio poco più esteso della capitale Tripoli, ancora conteso tra decine di milizie dopo la caduta del colonnello Gheddafi nel 2011.
Mentre sembra ostile all'intervento europeo, Khalifa Haftar, il generale vicino al governo di Tobruk, appoggiato dall'Egitto e da Mosca. Il vero potere armato oggi in Libia.