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NUMERO 291






















































Accademia Carrara
Il bilancio del 2016 del museo e l’addio della direttrice Daffra: abbiamo centrato i risultati ma qualcuno è stato sleale






in vista delle amministrative 2017

e pensare di unire 5-6 comuni ?
e riorganizzare il municipio
e magari ingrandirlo ?





























































Si è tolta qualche sassolino dalla scarpa Emanuela Daffra. Ieri, nell’atrio dell’Accademia Carrara, la direttrice ha salutato i presenti, stendendo un sintetico bilancio dell’anno trascorso alla guida della pinacoteca. Per il report completo ha rimandato al sito museale, da cui è scaricabile. Ad ascoltarla amici, staff, donatori, gente qualunque, anche Alessandra Pioselli, direttrice dell’Accademia di Belle Arti, Giacinto di Pietrantonio della Gamec e l’assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti. In rappresentanza della Fondazione solo il sindaco Giorgio Gori, in ascolto, silente. E l’assenza di un saluto pubblico da parte sua e delle istituzioni alla direttrice uscente ha suscitato del borbottio tra i presenti. Ma Daffra è andata oltre.

Per lei era «un’occasione di allegria e saluto», dice, partendo da un’immagine dell’estate al museo tra saltimbanchi, «per capire il clima di quest’anno: un ballo bellissimo, ma sui trampoli — esordisce —. Questo dà la misura del percorso bello, ma difficile, condotto sul crinale tra equilibrio e caduta». E ne spiega le ragioni. Essendo il primo anno della fondazione bisognava prendere le misure, capire come muoversi e cosa mettere in movimento. Inoltre «era il secondo anno d’apertura della pinacoteca e ci sono sempre aspettative straordinarie, che poi vengono ammazzate», continua, riportando l’esempio del Guggenheim Museum di Bilbao




La questione va vista sotto due aspetti. Il primo riguarda il destino del nostro comune. sarebbe finalmente sensato che  i partiti decidessero un programma per arrivare ad una FUSIONE di comuni che metta insieme Paladina, Valbrembo, Mozzo, Curno, Treviolo, Lallio creando in questo modo un ente da 38-40.000 abitanti. In questo modo il nuovo ente potrebbe ottimizzare al meglio i servizi dotandosi di una struttura amministra tiva molto più professio nalizzata, anche se questo contrasta con gli interessi delle innumerevoli categorie professionali e non, ben rappresentate nei consigli comunali, che VOGLIONO gli enti locali «deboli» per potere gover nare meglio i propri interessi. Legittimi e non.
Non c’è di mezzo la banale questione della riduzione dei costi della politica visto che i compensi degli amminis tratori sono ormai insensata mente esigui.
Il fatto è che solo un organo politico amministrativo di alta capacità e professio nalità oggi è grado di rapportarsi con la società civile anziché risultarne spesso indirettamente  gover nato.
La fusione ha senso anche perché tutti questi comuni «poggiano»sulla  provinciale che unisce l’A4 a Dalmine con la Valle Brembana ma sono anche attraversati e dall’asse interurbano, dalla ferrovia e dalla provinciale della Valle Brembana che esce dalla città.
A parte il fatto che -tutti fanno finta di nulla...- che esiste già una ferrovia che da Verdello arriva a Dalmine e non sarebbe scandaloso che proseguisse in parallelo alla provinciale fino ad Almè dove potrebbe proseguire verso l’alta valle, con uno snodo all’altezza di Mozzo-Dorotina.





Chi faccia visita agli uffici del comune resta stupito del suo incasinamento. Non perché gli impiegati siano disordinati ma perché appare come un (vecchio) uovo lesso. Quelli con la ciarega quando si  aprono: pieno zeppo dappertutto con un vuoto (anzi: vuoto inutile) da una parte. Sarebbe anche ora che la maggioranza provvedesse a mettere un po’ d’ordine riorganizzando -magari a costo  zero o minimo- l’ambaradan in modo da utilizzare meglio gli spazi attuali. Fuori dubbio che gli spazi attuali non sono sufficenti come gli arredi siano ormai dei ruderi di modernariato quanto improbabili: vedi gli scaffali nell’ufficio tecnico.
Lasoluzione ideale starebbe in un progetto











































































































































































costoso: quello di alzare di un piano l’intero edificio attuale e ristrutturarlo del tutto in classe energetica A. Ipotesi complessa. magari non regge il secondo piano.

L’idea più semplice e di costo zero o minimo consiste nello spostare le riunioni del consiglio comunale ed altre manifestazioni connesse nell’atrio  quasi sempre inutilizzato del centro di via IV Novembre. Bel posto, arioso, possibilità di sistemare al meglio sedute e strumenti audiovisivi: tanto servirebbe non più di 4-5























































































































































































































































































































































































volte (anche meno...) volte al mese per poche ore al giorno.
Nella palazzina ASL si potrebbe spostare l’ufficio dei servizi alla persona.
L’ufficio tecnico si potrebbe  quindi spostare al primo piano nella sala consigliare e la biblioteca potrebbe quindi accorparsi lo spazio dell’attuale UUTT.
Al primo piano l’inutile sala d’attesa potrebbe essere in parte accorpata alla segreteria, tanto in quella sala non ci sta mai nessuno. Invece  la parte dell’amministrazione finanziaria potrebbe occupare sia lo spazio attuale che quello lasciato libero dai servizi sociali. Una destinata al rapporto col pubblico ed una più amministrativa in senso stretto in rapporto col segretario e il sindaco.
Lanciata l’idea ci sediamo sulla sponda del fiume per vederla scorrere a valle senza sia nemmeno letta.





















«Abbiamo ballato sui trampoli, ma i risultati ci sono stati», prosegue Daffra, citando alcuni numeri: 66.093 visitatori, 56 prestiti, 5.154 opere censite, 642.414 visitatori del web, in crescita i «mi piace» sulla pagina Facebook, a quota 11.468 a dicembre, e 9.545 follower. La crescita dei volontari, passati da 20 ad aprile a 91 a novembre.

Si è steso un programma triennale, che «può essere stravolto — dice —, ma intanto si è dato un passo», e poste le basi per il catalogo scientifico. Rulmeca è entrata come nuovo partner. Un Lions club cittadino sovvenzionerà l’allestimento, con piante e sedute, del cortile esterno del museo. Sul fronte bilancio emerge che il budget della Fondazione è di circa 2 milioni di euro, di cui 425 mila euro costituiti da ricavi dalla gestione museale per vendita di biglietti, visite guidate, card annuali e audioguide, mentre 217 mila euro derivano da sponsorizzazioni dirette. Mentre i costi sono stati di 1,9 milioni di euro. Ne risulta un utile di 100 mila euro da «reinvestire nell’efficientamento degli impianti, perché — spiega —, i costi gestionali di utenze e guardiania sono stati più alti del previsto».









































































































































































































































quale destino per la vecchia Rodari? 

il comune  e la san Giovanni Bosco 
si scambiano i due edifici in affitto.


























































L'edificio della scuola materna San Giovanni Bos co e dell'annesso nido mos tra tutto il suo secolo di vita nonostante che l'ammi nistrazione della scuola cer chi di tenerlo in piedi coi cerotti e le stampelle. A questo punto il Comune dovrebbe -con un atto di coraggio civile- prendersi l'onere di proporre alla SGB  uno scambio di edifici e spazi in reciproco affitto. Il Comune mette a dispo sizione della SGB le vecchie Rodari e  il giardino a sud, chiedendo al parroco    di af -fittare anche la zona verde adesso sottoutilizzta per la maggior parte del tempo.
In buona sostanza il Comune finanzia dei lavori sul proprio edificio 8in via DeAmicis)  che verrà usato dalla materna e dal nido e nel contempo alloggia certi suoi servizi (magari anche l'uffico comunale dei servizi) nell'edificio di via Roma.
Purtroppo dai veementi interventi della sindaca Serra nella prima  assem blea in merito abbia mo tratto l'impressione che preferisca NETTAMENTE appoggiare le scuole ma terne private (TUTTE...) che ci sono qui attorno e non voglia rimettere in gioco il Comune. Pro babilmente la scusa é semplice: ghè mia i solcc!.
Noi pensiamo che un Comune SERIO non possa poggiarsi per un servizio del genere SOLTANTO sulla privata iniziativa e quindi debba disporre di un edificio proprio destinato allo scopo. Ghè mia i solcc? Investire meno nell'imma gine e più sulle strutture utili (;-)).




































































In questo quadro Daffra racconta ciò che le sta a cuore, come la qualità dell’accoglienza e l’occhio di riguardo avuto per il pubblico, da continuare, così come quello verso il patrimonio, pubblico. Perché «l’identità della Carrara deve mantenersi nella sua vocazione pubblica, a prescindere dall’utile immediato e dallo sfruttamento d’immagine. Il museo deve essere inserito nella valorizzazione cittadina, puntando alla collezione permanente. È un progetto ambizioso, ma perseguibile e raggiungibile. I risultati mi confortano. Yes, we can. Yes, we did it. Yes, you’ll do it», continua. Ma aggiunge una nota stonata sulla comunicazione, «troppo focalizzata sull’evento spicciolo e incapace di comunicare la scommessa di questo programma: far capire il ruolo della Carrara in città e sul territorio. Sono stati attivati anche dei pacchetti turistici di cui non si è detto nulla. Non solo parlare di far mostre». Alla fine ringrazia tutti, anche chi «non è stato particolarmente leale e che mi ha insegnato che lavorare con professionalità non basta, bisogna anche sapersi guardare intorno ed essere cauti». Sentore di slealtà che Daffra ha percepito dall’estate, con «le prime uscite a fine agosto di articoli anonimi che hanno creato una situazione complicata». Ma detto questo, dice: «Un fantastico percorso vi aspetta». E il suo? «Mi vorrei prendere del tempo — conclude —. Non è detto che ritorni in Soprintendenza. Ho ricevuto diverse proposte. Valuterò le opportunità».

Daniela Morandi
Corriere della Sera