NUMERO 272 -PAGINA 1 - MEDIASET&VIVENDI & CASO VERDELLI : IN ATTESA DELLE ELEZIONI



















































































































Vivendi tenta la scalata a Mediaset - quasi raggiunta la quota del 30%

Aggiornamento 22/12/2016:
La scalata di Vivendi a Mediaset procede come da programma. La compagnia francese ha già ottenuto il 28,8% delle azioni e il 29,94% dei diritti di voto. Siamo quindi ormai ad un passo dall'OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) obbligatoria. Nel mentre la Consob ha avviato le audizioni delle due parti in causa. Oggi è stato ascoltato Marco Giordani, direttore finanziario di Mediaset e presidente di Premium. Domani sarà la volta di Arnaud De Puyfontaine, l'amministratore delegato di Vivendi. Segnaliamo inoltre un incontro tra Consob e AgCom per esaminare la vicenda sotto il punto di vista normativo (molto complesso poiché coinvolge vari settori).
 
Aggiornamento 19/12/2016:
La situazione è ulteriormente mutata. Vivendi ha dichiarato di voler aumentare ulteriormente la propria quota. L'obiettivo è ora fissato al 30%. Andando oltre scatterebbe l'OPA (Offerta Pubblica di Acquisto) obbligatoria. Ad autorizzare l'operazione è stato il consiglio di amministrazione di Vivendi. Fininvest (la controllante di Mediaset) non è comunque rimasta inerte. E' stato infatti presentato un esposto alla Consob riguardante le azioni compiute dal colosso francese. Si parla di manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate.
 
Aggiornamento 14/12/2016:
Vivendi si sta muovendo molto rapidamente: dopo aver annunciato di aver raggiunto una partecipazione in Mediaset del 12,32%, nella giornata di ieri (Martedì 13), è riuscita oggi a conseguire l'obiettivo menzionato nelle prime dichiarazioni. Vivendi detiene ora il 20% del capitale.

La vicenda che da mesi vede coinvolte Mediaset e Vivendi si arricchisce di un nuovo ed importante capitolo. Tutto nasce lo scorso Aprile, quando le due compagnie sembravano aver concluso una trattativa per il passaggio di Premium ai francesi. Vivendi si è poi tirata indietro scatenando le ire di Mediaset e Fininvest e le relative azioni giudiziarie. L'emittente italiana aveva anche da tempo paventato l'ipotesi di una scalata ostile da parte di Vivendi. Nella giornata di ieri questa possibilità si è effettivamente concretizzata. La compagnia di Vincent Bolloré ha acquistato azioni Mediaset sul mercato e ha raggiunto il 3,01% del capitale del gruppo televisivo.
Si tratta solo di un primo passaggio, stando alle nequivocabili dichiarazioni rilasciate dalla stessa Vivendi:
 
L’ingresso nel capitale di Mediaset è in linea con le intenzioni di Vivendi di sviluppare la propria attività




Non credo sia un caso che la vicenda Mediaset/Vivendi e la mancata approvazione (per adesso informale) del piano Verdelli avvengano prima e dopo  il 6:4 subito dal fiorentino e le sue dimissioni e l'annuncio delle prossime (2018...) elezioni politiche. Alla Rai ( ed alle TV in generale) il Palazzo ci tiene assai più che al proprio portafoglio. Se a un centinaio di uomini politici togli il gelato di bocca per la dichiarazione quotidiana (la preparano fin dal mattino e la limano  man mano durante la giornata...) poco poco che si suicidano.
Anzi: sparano sui media che tanto tutto fa brodo.
Schierarsi con Vivendi appare come  uno schierarsi «contro» Mediaset e quindi contro il cavaliere. Non è così.
Mi pare che un'alleanza tra Mediaset e Vivendi costituiscano una utile difesa di tutto il valore accumulato da Mediaset (nel buono come nel cattivo) e soprattutto  si diano un respiro non solo europeo ma rivolto alla vasta comunità di lingua italiana dispersa nel mondo (quindi anche in Europa) che oggi ha meno voce delle altre comunità di lingua differente.



E prevede che andrà anco­ra meglio ora, visto che da Natale l'accesso è permesso anche dai televisori connessi col sem­plice telecomando: uno stru­mento che sta cambiando il consumo Rai». Ci vorranno alcuni anni perché l’utenza tardizionale del televisore in casa imparino l’utilizzo approfondito della smart TV o del telecomando  intelligente ma ci si arriva anche perché nel frattempo occorre che questa benedetta o maledetta fibra arrivi  dappertutto.
Ovvio che finchè non sarà decisa la data delle elezioni il cavaliere  mostrerà la sua preziosa dentiera al  ricchissimo bellimbusto francese perché non può andare alle elezioni dopo avere calato le braghe al galletto d’oltralpe.
La prevista bocciatura del Piano Verdelli (vedere i link per il contenuto ) non è che una scelta corporativa del grande esercito dentro una RAI che ha sempre avuto un pessimo marchio: la romanocentricità  nella politica, nel personale, nel sindacalismo dei giornalisti. Figuratevi  se la corporazione interna alla RAI e tutto il pollaio esterno che lo regge poteva-potrebbe ammettere




Rai, si dimette Carlo Verdelli dopo naufragio del piano per le news
Il direttore editoriale per l'offerta informativa rassegna le proprie dimissioni. In cda spaccatura sul suo progetto. L'Usigrai: "Non assisteremo in silenzio alla delegittimazione del servizio pubblico". L'azienda: "La sua proposta resterà come base da cui far proseguire il confronto"

Si è dimesso il direttore editoriale per l'offerta informativa Rai Carlo Verdelli. La decisione di rassegnare il mandato è stata presa dopo un acceso consiglio d'amministrazione in cui era stata bocciata buona parte del suo progetto di riorganizzazione dell'informazione e dopo l'incontro con il direttore generale Rai, Antonio Campo dall'Orto.
"Sto scrivendo la lettera di dimissioni che consegnerò questa sera al direttore generale", ha detto poi Verdelli. "Una persona perbene prende atto che nella seduta del consiglio di amministrazione odierna il piano da lui messo a punto sarebbe stato bocciato e accantonato, perché ritenuto pericoloso e irrealizzabile. Chi lo propone - ha aggiunto - non può che prendere atto che non gode più della fiducia dei vertici e rassegnare le sue dimissioni. Non ci può essere un direttore che non ha la fiducia del consiglio di amministrazione".

Il piano di riforma del sistema delle news (il trasferimento del Tg2 a Milano, le macroregioni, l'integrazione tra Rainews e Tgr) è naufragato oggi al secondo confronto in cda sull'ipotesi di riforma messa sul tavolo lo scorso dicembre. I consiglieri avevano detto che Campo Dall'Orto si sarebbe occupato di una "rivisitazione" sulla base delle indicazioni proposte dagli stessi consiglieri nel corso del dibattito. E alla luce anche - "e comunque", è stato sottolineato - del lavoro svolto dal team-Verdelli. Ma di sicuro c'è che "quel piano non esiste più, è stato giudicato incompatibile" con quello che invece si vuole in fatto di informazione Rai.

Nessun consenso in cda. In cda oggi nessun consenso netto sarebbe stato speso per l'ipotesi di piano formulata, si è riproposta quindi una situazione come quella del 22 dicembre, quando lo stesso Verdelli aveva rilevato questa 'diffidenza' marcata. E oggi è apparso chiaro che il piano così com'era stato impostato non aveva alcuna possibilità di passare. E quindi in attesa che arrivi la convenzione Stato-Rai (si tratta della concessione di servizio pubblico che è scaduta lo scorso maggio e che ora va avanti in prorogatio) si
lavorerà in maniera continua per "rivisitare" punto per punto il piano e "riscriverlo".

















































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































che il Tg2 sia spostato a Milano oppure che ci sia una RAI napolicentrica per una sua importante gamba.
Immaginatevi migliaia di giornalisti buttati fuori dalle comode sedi dove assemblano le  mille pippe della politica e della cronaca fatte con le veline delle questure a farsi una fatica boia in mezzo alla gggente. Perché limite del fare TV o fare giornalismo lo vedi quando scoppia il caso Gorino o Cona o Mineo. Non arrivano mai «prima» a denunciare (tranne voci limitatissime) e informare ma sempre «dopo» con trasmissioni ed articoli di colore o denuncia.
Arrivano a frittata fatta e scodellata nel fango: purtroppo.
Mentre i normali cittadini armati di cellulare mettono in linea in diretta quel che accade e certi orrendi filmati

La prevista bocciatura del Piano Verdelli (vedere i link per il contenuto ) non è che una scelta corporativa del grande esercito dentro una RAI che ha sempre avuto un pessimo marchio: la romanocentricità  nella politica, nel personale, nel sindacalismo dei giornalisti. Figuratevi  se la corporazione interna alla RAI e tutto il pollaio esterno che lo regge poteva-potrebbe ammettere che il Tg2 sia spostato a Milano oppure che ci sia una RAI napolicentrica per una sua importante gamba.
Immaginatevi migliaia di giornalisti buttati fuori dalle comode sedi dove assemblano le  mille pippe della politica e della cronaca fatte con le veline delle questure a farsi una fatica boia in mezzo alla gggente. 






















































































































































































































































Quattro capisaldi del piano. I capisaldi saranno almeno quattro: informazione digitale. Informazione di flusso. Informazione da parte di tg e reti, con il necessario coordinamento tra loro. Informazione per l'estero, per le comunità italofone. Da tutti i consiglieri la sottolineatura che l'informazione, il sistema news, è centrale per la Rai, e deve avere indici di garanzia assoluta di pluralismo. Nelle prossime settimane il cda, dove viene espressa volontà di dare corpo a una fortissima innovazione, è chiamato quindi a verificare quali e quante cose si possono fare in tempi brevi, e peraltro capire su quali risorse finanziarie poter contare. In una parola, il piano dev'essere "sostenibile".

La Rai. "La proposta di Piano per l'informazione redatta dal direttore Verdelli e dalla sua struttura resterà come una preziosa base da cui far proseguire il confronto necessario al varo del Piano finale per l'Informazione su cui tutto il consiglio di amministrazione e il direttore generale sono da mesi impegnati", ha sottolineato in serata la Rai, esprimendo rammarico per le dimissioni di Verdelli.





nell’Europa meridionale e con le proprie ambizioni strategiche quale primario gruppo internazionale con sede in Europa nel settore dei media e dei contenuti.

In conformità con la normativa applicabile, Consob e Mediaset sono state entrambe informate del superamento di tale soglia. Vivendi intende continuare ad acquistare azioni Mediaset in base alle condizioni del mercato, fino a diventare, ove possibile, il secondo maggiore azionista industriale di Mediaset, con una partecipazione che, in un primo tempo, potrebbe rappresentare tra il 10% e il 20% del capitale di Mediaset
Vivendi vuole quindi perseguire il progetto paneuropeo come alternativa a Netflix e Sky. Mediaset è evidentemente vista come una delle chiavi per raggiungere l'obiettivo desiderato. Proprio per questo motivo Vivendi intende acquisire tra il 10 e il 20% di Mediaset, una quota molto superiore a quella che le due compagnie avrebbero dovuto scambiarsi in virtù dell'accordo concluso in Aprile (si parlava del 3,5% delle rispettive quote).
Mediaset ha risposto dichiarando di non aver ricevuto informazioni sull'operazione portata avanti da Vivendi. La notizia è giunta tramite lo stesso comunicato stampa rilasciato dai francesi.

Si confermano le intenzioni di Vivendi già segnalate da Mediaset in data 26 luglio 2016 di passare da un accordo industriale a un tentativo di scalata. Già oggi la società francese ha dichiarato di voler raggiungere il 20% del capitale di Mediaset. Un disegno che appare ancora più grave oggi in quanto il voltafaccia estivo ha provocato una perdita di valore di Borsa della società di circa il 30%, perdita di cui Vivendi si avvantaggia oggi investendo massicciamente sul mercato. Il comunicato emesso oggi dalla Società francese conferma la validità del contratto firmato l’8 aprile, compreso l’acquisto del 100% di Premium, e giudica fondamentale per lo sviluppo strategico di Vivendi in Europa il contributo di Mediaset. La prima preoccupazione di Mediaset in questo momento è tutelare gli interessi di tutti gli azionisti della società, proseguire nel contenzioso in atto aggiornato alla luce degli ultimi sviluppi e valutare il reale obiettivo delle generiche mosse francesi. Nonché la loro coerenza con le strategie di Mediaset.

Anche Fininvest si è espressa con toni molto duri: Vivendi deve sapere che Fininvest non intende arretrare neppure di un passo dalla sua posizione di azionista di riferimento di Mediaset, e che si tutelerà in tutte le sedi e con tutti i mezzi per bloccare quello che ritiene non una normale operazione di mercato ma un gravissimo inganno che delle leggi del mercato fa scempio. Vincent Bollorè e Vivendi hanno mostrato quelli che erano fin dall'inizio i loro veri progetti su Mediaset. L'accordo strategico raggiunto in primavera e seguito pochi mesi dopo dall'incredibile voltafaccia, con la violazione di un contratto preceduto da lunghe e dettagliate trattative e assolutamente vincolante, facevano parte di un disegno ben preciso che Vivendi svela con la mossa odierna: creare le condizioni per far scendere artificiosamente il valore del titolo Mediaset e lanciare a prezzi di sconto quella che si presenta come una vera e propria scalata ostile. Senza avere neppure la decenza di risparmiarsi l'ipocrita giustificazione di voler portare avanti quel progetto industriale che con motivazioni assurde solo pochi mesi fa Vivendi aveva calpestato.




Poi c'è la questione economica perché un paio di scelte industriali di Mediaset l'hanno messa piuttosto male sia per lo sproposito investito (meglio: speso) che per la cultura industriale che dovrebbe sostenere tali scelte (canali tv a pagamento via satellite). 
L'arroccamento del cavaliere in difesa della propria creatura in epoca di sviluppo della rete appare di retroguardia, tipica del vecchietto che difende l'argenteria di famiglia, piuttosto che una visione internazionale anche della capacità della propria impresa nel contesto mondiale.
Del resto «la sfida da parte di Vivendi per il controllo di Mediaset, comunque finisca, è destinata a ridisegnare lo scenario televisivo italiano.Un mercato che, del resto, non aspetterà l'esito della battaglia per














































































































































































































































































































































Le reazioni. Il consigliere di amministrazione renziano, Guelfo Guelfi, smonta la ricostruzione di chi parla di piano accantonato. "Nel cda - afferma - c'è una componente che osteggia il piano-Verdelli ma la discussione è stata presa in mano dal dg che assume la titolarità dell'argomento e prevede una revisione a partire dalla gerarchia delle forme attuative del piano. Il deputato del Pd e membro della Commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, commenta: "Adesso chiedano scusa in prima battuta agli italiani per non aver applicato il piano Gubitosi e fatto perdere un risparmio di 70 milioni in un anno garantendo efficienza

























































































































































































































Perché limite del fare TV o fare giornalismo lo vedi quando scoppia il caso Gorino o Cona o Mineo. Non arrivano mai «prima» a denunciare (tranne voci limitatissime) e informare ma sempre «dopo» con trasmissioni ed articoli di colore o denuncia. Arrivano a frittata fatta e scodellata nel fango: purtroppo.
Mentre i normali cittadini armati di cellulare mettono in linea in diretta quel che accade e certi orrendi filmati
(orrendi come qualità tecnica) godranno di migliaia di visioni nei siti internet.
Non giudichiamo quindi buono o cattivo il Piano verdelli  da quel che scrive il link ma così fosse ci pare manchi l’idea dell’Europa e del Mondo. Come abbiamo già scritto occorre che ci siano tiggi dalle principali capitali europee perché non c’è solo da «tenere insieme l’Italia» ma c’è tenere insieme l’Europa e il mondo e solo se ci conosciamo riusciamo ad andare avanti senza guerra. Non può la televisione italiana mandare in onda una Siria in francobolli militari come quella che abbiamo visto. Se in quel paese si scontrano 89 formazioni politico e militari differenti (lo dice Staffan De Mistura in una intervista proprio della Rai. mica una bufala grillina) forse è il caso non dico di conoscerle tutte ma almeno molte di loro. Scavalcando pensate all’inferno di  Caivano e con che lentezza e difficoltà il giornalismo  ha saputo comprendere il male di quella periferia.
Insomma c’è molto lavoro da fare.






e dinamismo. Il consigliere Rai Arturo Diaconale hapresentato un suo contro-piano, mentre il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, chiede: "Chi pagherà per la struttura inutile?".

"Altro atto del conflitto aperto all'interno dei vertici Rai. Tutto sulla pelle della Rai Servizio Pubblico. Siamo ormai a metà mandato e questo vertice non ha prodotto alcun piano di riforma. Ha solo demolito quelli esistenti e anche quelli che ha commissionato", sottolinea l'Usigrai. "Siamo ormai in emergenza. Chiediamo un intervento urgente - continua il sindacato dei giornalisti della tv pubblica - alle istituzioni e alle autorità di vigilanza e garanzia, che auspichiamo di incontrare presto".
"Questa vicenda non può chiudersi qui - aggiunge il sindacato - La censura Anac, la sanzione per comportamento antisindacale, ora le dimissioni di Verdelli: il vertice Rai deve render conto con urgenza di scelte disastrose. Anche perché non è credibile che il dg non fosse a conoscenza della linea scelta dal direttore editoriale. Non assisteremo in silenzio alla delegittimazione della Rai causata da un vertice inadeguato".

Aldo Fontanarosa /La Repubblica






































































































































accelerare il processo di mutazione tecnologica e culturale in atto. Le cifre suggeriscono la velocità del cambiamento: nel 2007, prima dell'avvento del digitale terrestre, i canali televisivi nazionali erano 10, oggi sono 185. Ma a colpire è il numero complessivo (circa 130 milioni) di dispositivi, attraverso i quali seguire programmi e contenuti video. Gli apparecchi televisivi tradizionali sono circa 32 milioni, altri 7 milioni sono i televisori con decoder, seguono più di 3 milioni di smart tv (cioè connesse a Internet) e, infine, 73 milioni di dispositivi tra Pc, tablet e smartphone.».

Si profila sostanzialmente uno scenario dove la TV sarà il mezzo della popolazione anziana stazionaria abbastanza cieca mentre gli utenti più spendaccioni utilizzeranno altri mezzi, in numero e quantità di tempo superiori.
Proprio oggi il direttore della RAI Campo dall'Orto (come si fa a chiamarsi così?!) ha dichiarato che Raiplay, è un vero successo perché nel 2016 ha registrato il doppio di visualizzazioni rispetto al 2015 superando 75 milioni di media views nei primi due me­si di piena attività, cioè ottobre e novembre 2016.
























































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































































http://www.repubblica.it/economia/2016/12/19/news/rai_nel_nuovo_piano_cinque_super-regioni_e_un_tg_per_il_sud-154426109/




http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/11/25/rai-il-piano-verdelli-fusioni-e-tg2-a-milano15.html