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Il tribunale di Messina ha presentato quali sono i suoi quesiti: e a quanto pos
siamo valuta-
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-re sono del massimo interesse. Il primo riguarda i cosiddetti nominati
da ciascuna lista cioè i capi delle liste nelle varie circoscrizioni.
La seconda questione riguarda le preferenze le quali apparentemente
vengono propagandate dagli interessati come un segno evidente di
libertà.
Mentre nella realtà dei fatti le preferenze vengono emesse su
indicazione dei capi locali che rispondono quasi sempre a lobby e
clientele di vario genere; in certi casi perfino mafiose. Naturalmente
questi capi locali offrono il loro pieno appoggio alla lista nazionale
rivendicando tuttavia favori leciti e spesso illeciti. Questo avviene
ed è sempre avvenuto anche in passato, tant'è che le preferenze sono
sempre state guardate con estremo sospetto ma sempre praticate per la
loro utilità.
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L’Italicum
«consente» ma non «obbliga» che lo stesso capolista sia tale fino a 10
tra i 100 collegi nazionali previsti dalla legge.
Quindi con dieci capilista si potrebbero «coprire» tutti i collegi della nazione.
Questo vuol dire che- qualora quel capolista venisse eletto in tutti i
dieci in cui era presente- lo stesso dovrebbe dimettersi da nove
consentendo in questo modo ai successivi di essere a loro volta eletti.
In buona sostanza siccome il segretario nazionale del partito decide
chi siano i capilista - e potrebbero essere solo dieci sui 100 collegi-
in questo modo a catena «potrebbe» decidere chi siano i secondi eletti
e quindi «controllare» tutta la sua maggioranza in Parlamento.
In questo modo, sostengono gli oppositori della legge (anche dentro il
PD), verrebbe tolta all’elettore la possibilità di scelta.
Il ragionamento «può» filare ma non tiene conto di vari fattori.
Alle elezioni ogni partito propone all'elettrorato un programma e dei candida-
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Gli esperti elettorali hanno considerato anche che la Corte
Costituzionale dovrà occuparsi delle soglie minime oltre di quella
massima che raffigura la vittoria e quindi il premio a chi la consegue. Si tratta del 40 per cento ma la
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possibilità che non venga raggiunto è notevole e in questo caso il
ballottaggio avviene probabilmente con una lista maggioritaria che può
oscillare tra il 35 e il 37 per cento ed una lista che viene subito
dopo che può oscillare tra il 22 e il 25. Noi viviamo non più in un
sistema bipolare come è stato per molto tempo e lo è in quasi tutti i
più importanti Paesi democratici, bensì in un sistema tripolare nel
quale avviene inevitabilmente quello che è avvenuto nelle
amministrative recenti svoltesi a Torino dove, essendo tre i partiti
che concorrono alle elezioni è normalmente il terzo a decidere chi sarà
il vincitore nel senso che i suoi voti, secondo le sue convenienze
politiche, si spostano a favore di uno dei due che supera l'altro che
normalmente avrebbe vinto. Ho citato il caso di Torino perché parlante
ed è la dimostrazione che il sistema tripolare altera fortemente la
democrazia.
La Corte Costituzionale, per evitare questa democrazia fortemente
deformata e poco rispondente al parere degli elettori, sta anche
esaminando alcune diverse opzioni ma rivolte sempre a superare questa
deformazione del sistema. La prima opzione sarebbe quella di stabilire
la soglia minima per potere partecipare al ballottaggio la quale, se le
previsioni vedono la lista più importante intorno al 35-37 per cento,
vedrà la soglia minima di chi può concorrere all'eventuale ballottaggio
tra il 25 e il 27 per cento.
Tutte le altre sono escluse. Naturalmente la questione può anche essere risolta in altro modo
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Dice
nonno Eugenio che in un sistema tripolare (quasi) sicuramente non
sarebbe più il partito coi maggiori consensi a diventare leader
nazionale al secondo turno ma una impropria coalizione dei perdenti
deciderebbe altrimenti «contro» il partito maggiore.
Occorreva l’episodio di Torino per prevederlo e capirlo?
Basta osservare cosa accade in centinaia di piccoli comuni dove -
senza ballottaggio- vengono fatte vincere dagli eletori delle
maggioranze improprie, quindi Torino suscita meraviglia
solo per gli ipocriti della politica.
E’ inutile star li a cincischiare sul fatto che da una situazione
bipolare adesso siamo in un sistema tripolare con partiti a % molto
prossime tra di loro. Solito paternalismo dei politici verso il popolo
bove che capisce nulla.
Domani potremmo stare in una situazione in cui ci siano 4
formazioni con percentuali molto prossime tra di loro. Oppure cinque.
Non si può pensare di mettere il bavaglio all’elettore per cui i
perdenti non votino per la lista seconda per far perdere la prima.
La politica deve sfidare l’elettore parlando chiaro: non ci interessa
se il Paese decide due, tre, quattro cinque poli con
percentuali molto prossime tra di loro.
Il Paese si prenda la libertà e la responsabilità per cui se decide
cinque poli, sappia che quello che ha un voto in più governerà l’Italia
e gli altri nisba.
Il ballottaggio è la concezione della politica che vuol fare da balia
all’elettore quando invece è dimostrato come la gran massa
dell’elettorato voti per mafia capitale o la mafia o la ‘ndrangheta
senza alcun pudore. Oppure -vedi Torino- sia talmente cinico.
Secondo questo ragionamento l’elettore si allontanerebbe ancora di più
dal voto. Io metterei l’antico vincolo della perdita di certi diritti
civili per chi scansa il voto e poi, invece di mantenere il
Parlamento a numero fisso di eletti indipendentemente dal numero dei
votanti, farei un (uno solo...) Parlamento dove ci stia un eletto ogni
100 mila voti.
Fine del cinema sia da parte dei politici che da parte degli elettori.
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