NUMERO 225 -PAGINA 6 - RISPOSTA AD EUGENIO SCALFARI












































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Il tribunale di Messina ha presentato quali sono i suoi quesiti: e a quanto pos
siamo valuta-
-re sono del massimo interesse. Il primo riguarda i cosiddetti nominati da ciascuna lista cioè i capi delle liste nelle varie circoscrizioni. La seconda questione riguarda le preferenze le quali apparentemente vengono propagandate dagli interessati come un segno evidente di libertà.
Mentre nella realtà dei fatti le preferenze vengono emesse su indicazione dei capi locali che rispondono quasi sempre a lobby e clientele di vario genere; in certi casi perfino mafiose. Naturalmente questi capi locali offrono il loro pieno appoggio alla lista nazionale rivendicando tuttavia favori leciti e spesso illeciti. Questo avviene ed è sempre avvenuto anche in passato, tant'è che le preferenze sono sempre state guardate con estremo sospetto ma sempre praticate per la loro utilità.


L’Italicum «consente» ma non «obbliga» che lo stesso capolista sia tale fino a 10 tra i 100 collegi nazionali previsti dalla legge.
Quindi con dieci capilista si potrebbero «coprire» tutti i collegi della nazione.
Questo vuol dire che- qualora quel capolista venisse eletto in tutti i dieci in cui era presente- lo stesso dovrebbe dimettersi da nove consentendo in questo modo ai successivi di essere a loro volta eletti.
In buona sostanza siccome il segretario nazionale del partito decide chi siano i capilista - e potrebbero essere solo dieci sui 100 collegi- in questo modo a catena «potrebbe» decidere chi siano i secondi eletti e quindi «controllare» tutta la sua maggioranza in Parlamento.
In questo modo, sostengono gli oppositori della legge (anche dentro il PD),  verrebbe tolta all’elettore la possibilità di scelta.
Il ragionamento «può» filare ma non tiene conto di vari fattori.

Alle elezioni ogni partito propone all'elettrorato un programma e dei candida-






Gli esperti elettorali hanno considerato anche che la Corte Costituzionale dovrà occuparsi delle soglie minime oltre di quella massima che raffigura la vittoria e quindi il premio a chi la consegue. Si tratta del 40 per cento ma la
possibilità che non venga raggiunto è notevole e in questo caso il ballottaggio avviene probabilmente con una lista maggioritaria che può oscillare tra il 35 e il 37 per cento ed una lista che viene subito dopo che può oscillare tra il 22 e il 25. Noi viviamo non più in un sistema bipolare come è stato per molto tempo e lo è in quasi tutti i più importanti Paesi democratici, bensì in un sistema tripolare nel quale avviene inevitabilmente quello che è avvenuto nelle amministrative recenti svoltesi a Torino dove, essendo tre i partiti che concorrono alle elezioni è normalmente il terzo a decidere chi sarà il vincitore nel senso che i suoi voti, secondo le sue convenienze politiche, si spostano a favore di uno dei due che supera l'altro che normalmente avrebbe vinto. Ho citato il caso di Torino perché parlante ed è la dimostrazione che il sistema tripolare altera fortemente la democrazia.
La Corte Costituzionale, per evitare questa democrazia fortemente deformata e poco rispondente al parere degli elettori, sta anche esaminando alcune diverse opzioni ma rivolte sempre a superare questa deformazione del sistema. La prima opzione sarebbe quella di stabilire la soglia minima per potere partecipare al ballottaggio la quale, se le previsioni vedono la lista più importante intorno al 35-37 per cento, vedrà la soglia minima di chi può concorrere all'eventuale ballottaggio tra il 25 e il 27 per cento.
Tutte le altre sono escluse. Naturalmente la questione può anche essere risolta in altro modo


Dice nonno Eugenio che in un sistema tripolare (quasi) sicuramente non sarebbe più il partito coi maggiori consensi a diventare leader nazionale al secondo turno ma una impropria coalizione dei perdenti deciderebbe altrimenti «contro» il partito maggiore.
Occorreva l’episodio di Torino per prevederlo e capirlo?
Basta osservare cosa accade in  centinaia di piccoli comuni dove - senza ballottaggio- vengono fatte vincere dagli eletori delle maggioranze improprie, quindi Torino  suscita meraviglia  solo per gli ipocriti della politica.

E’ inutile star li a cincischiare sul fatto che da una situazione  bipolare adesso siamo in un sistema tripolare con partiti a % molto prossime tra di loro. Solito paternalismo dei politici verso il popolo bove che capisce nulla.  
Domani potremmo  stare in una situazione in cui ci siano 4 formazioni con percentuali molto prossime tra di loro. Oppure cinque.
Non si può pensare di mettere il bavaglio all’elettore per cui i perdenti non votino per la lista seconda per far perdere la prima.
La politica deve sfidare l’elettore parlando chiaro: non ci interessa se il Paese decide  due, tre, quattro cinque poli con  percentuali molto prossime tra di loro.
Il Paese si prenda la libertà e la responsabilità per cui se decide cinque poli, sappia che quello che ha un voto in più governerà l’Italia e gli altri nisba.

Il ballottaggio è la concezione della politica che vuol fare da balia all’elettore quando invece è dimostrato come  la gran massa dell’elettorato voti per mafia capitale o la mafia o la ‘ndrangheta senza alcun pudore. Oppure -vedi Torino- sia talmente cinico.

Secondo questo ragionamento l’elettore si allontanerebbe ancora di più dal voto. Io metterei l’antico vincolo della perdita di certi diritti civili per chi scansa il voto  e poi, invece di mantenere il Parlamento a numero fisso di eletti indipendentemente dal numero dei votanti, farei un (uno solo...) Parlamento dove ci stia un eletto ogni 100 mila voti.
Fine del cinema sia da parte dei politici che da parte degli elettori.




















































































































































































































































































































































-ti e siccome gli elettori sono un multiplo massiccio rispetto agli iscritti ed agli eligendi, è una scommessa: se il «prodotto» è valido riceverà i consensi adeguati.

Sono quindi gli iscritti di quel partito che decidendo programmi ed eligendi che si propongono sul mercato elettorale alla ricerca dei consensi. 
Qualora il segretario nazionale decidesse di «imporre» solo dieci capilista identici nei 10x10=100 collegi, evidentemente ci sarebbe la reazione degli iscritti e degli elettori che voterebbero si il capolista (votando il simbolo si da il voto direttamente al solo capolista) ma potendo scegliere due preferenze (di sesso differente), potrebbero utilizzare questa regola per scegliere chi mandare in Parlamento.

Evidente che in zone ad alto inquinamento delinquenziale ci siano forti interessi ad inserire certi capilista e certi eligendi ma questo non può essere evitato se non dalla «coscienza democratica» degli iscritti a quel partito.

Il problema quindi non sta tanto nella legge elettorale in vigore - nessuna legge consentirà mai la scelta effettiva e solitaria dell’elettore-  ma sta nella società.
Mafia capitale o certi casini che succedono nei partiti non sono fenomeni ristretti alla cerchia dirigenziale ma sono incistati nel profondo del partito perché traggono vantaggi  in molti: iscritti e non iscritti.
Del resto mi pare giusto che un partito si proponga sul mercato e come tale sia giudicato dall’elettore: buon programma?,  eligendi affidabili? capolista o altri candidati affidabili? nessun problema  a sceglierlo.

Nessuna legge elettorale fa diventare onesta una società corrotta. Ed infatti a  Torino è accaduto che la destra abbia volontariamente inquinato il risultato elettorale votando una candidata che mai avrebbero votato.
Non si cambia la testa dell’elettore con una legge.





































































































































































































è cioè abbassando dal 40 ad una cifra minore lo scattare del premio a chi ha la maggioranza. Invece del 40 potrebbe essere abbassata al 35, se non addirittura al 30 per cento, è evidente che in quel caso anche le soglie minime degli eventuali concorrenti verranno abbassate proporzionalmente intorno al 15-20.