NUMERO 219 - PROPOSTA PER BERGAMO





























































Non pensiamo si tratti di un’idea nuova e sappiamo bene che l’idea di aprire un passaggio  -un vero passaggio da terra a cielo, non un buco negli androni delle case esistenti...- dalla Piazzetta Santo Spirito verso il Parco Marenzi susciterà l’ira di dio. Anzitutto dei proprietari delle case da demolire e poi delle carta pecore per i quali i borghi storici sono immodificabili tranne che a proprio vantaggio.

Se quel criminale di Duce non avesse schiantato la Spina di Borgo col progetto Piacentini-Spaccarelli (nomen-homen?) adesso non godremmo di una delle più belle e scenografiche strade romane - Via della Conciliazione- e -ci si può scommettere- che il 999/1000 dei passanti sia convinto che non sia stata realizzata dopo il 1930 ma qualche secolo prima, forse anche una decina di secoli prima.

La nostra idea è molto semplice: ampliare lo spazio normalmente fruito dal «turista semplice» nella nostra città, oggi ridotto a via Colleoni con le sue tristanzuole pizzerie d’asporto e i suoi antichi ristoranti.

L’idea per cui il turista che approdi a Bergamo in auto (e la lascia al nuovo parcheggio del gasometro) oppure  al Caravaggio oppure alle FFSS è di prendere un bus fino a Colle Aperto, poi la funicolare  verso San Vigilio e da li iniziare un percorso in discesa  che - su un tracciato segnato con una striscia colorata di 5 cm sulla pavimentazione stradale- consente di frequentare  tutta la parte più bella della nostra città: alta e bassa.

La parte panoramica in alto, la monumentale a metà e la Carrara con la sorellastra GAMEC, per attraversare un sistema di parchi e Università fino ad arrivare al Teatro Donizetti.

Un percorso che è aperto nel senso che è dotato di mille ramificazioni sulle quali ciascuno può trovare altre





Domenica 24 luglio la giunta Gori va agli onori della stampa. L'inserto del Corriere parla di un “Rinascimentino” mentre Bergamonews mette on line una lunga intervista all'ass. Valesini. Noi rispondiamo con un proverbio bergamasco “patöss e piocc” che non ha bisogno di traduzione.
 
Bisogna riconoscere che non si può pretendere da una amministrazione che dura cinque anni di rivoluzionare una città quando una semplice opera pubblica spende un tempo identico tra l'approvarla e finirla (se tutto va bene).
Tutte le opere che Gatti e Valesini indicano coi relativi attori principali come autori  finanziatori non sono certo villette a schiera ed ha ragione Valesini  quando afferma che queste opere “non credo che ciò (…) porterà a modificare il baricentro della città e forse non sarebbe nemmeno opportuno. Quello che potrebbe accadere è che la città ritrovi nuovi luoghi ora completamente assenti, arricchendosi di nuovi spazi con una miglior vivibilità”.

Che non è poco ma non è nemmeno un “Rinascimentino”.

La giunta Gori  arriva in un momento in cui si concludono storie e cantieri  già TROPPO lunghi ed fortunatamente arriva in un momento  di “piccolo respiro” dell'economia nazionale e per le finanze degli enti locali ma quel che sta mettendo in cantiere non è gran cosa rispetto alle attese e alle necessità di una città abituata a guardare alle uova del proprio pollaio che non all'allevamento in generale.

Ormai Bergamo era arrivata al limite della sopportazione: troppi gli spazi pubblici abbandonati e di incerto e troppo chiacchierato destino senza che si arrivasse a una conclusione.

La "gggente" era ormai esasperata nel vedere una Montelungo, l'ospedale vecchio,  la stazione FFSS per non parlare degli spazi privati sparsi dappertutto andare in malora senza futuro.

Chiudere le questioni  maggiori –per adesso c'è solo la Montelungo ma per l'ex ospedale non si sa nulla tranne la carta- era il primo dovere

Apriti cielo che casino salterebbe fuori di interessi lesi o avvantaggiati oltre al grande coro: ghè mia i solcc! perché noi bergamaschi i «solcc» ce  li abbiamo ma mica li investiamo utilmente.

Immaginate che movimento di investimenti pubblici e privati metterebbe in moto lo spostamento delle FFSS e della A4 dalle sedi attuali a più a sud della città.
Avviare a risoluzione questi problemi con delle scelte, magari non del tutto condivise da tutti ma comunque delle scelte precise che permettano gli orientamenti, quello si sarebbe un “RINASCIMENTO” per Bergamo, altro che Rinascimentino che è il chiudere le  falle maggiori che abbiamo ancora aperte.

Purtroppo a Bergamo manca una classe politica che sia perlomeno all'altezza di quella che creò l'Acquedotto della città, la Nuova Fiera, spostò l'ospedale dal centro a Largo Barozzi, un Angelini che aprì il passaggio diretto tra Piazza Vecchia e Mercato delle Scarpe; quei sindaci che ristrutturarono completamente le Mura per creare i viali di accesso del trasporto pubblico e che vollero le due funicolari.

Se Bergamo non vince entro pochi anni –due, tre, neanche cinque- la sfida di buttare oltre la città lo scalo ferroviario e l'A4 Bergamo resterà un paesone in balia dei commercianti e delle piccole faide professionali di quelli che per non svalutare i propri studi hanno incastrato il tribunale in un posto inammissibile oppure quelli che hanno messo il Giovanni XXIII dentro le alene della città dove  devi pagare il parcheggio anche se devi visitare un morto.

Che non sono quelli che hanno fatto di Città Alta un centro commerciale per turisti di passaggio al Caravaggio e il centro città in un cimitero di elefanti scornati e sdentati.



















































































































































































































































































di qualsiasi amministrazione ma adesso non basta più.

La questione è che Bergamo dovrebbe decidersi a spostare qualche km a sud (dalla posizione attuale) sia le FFSS che l'A4 ma oltre ai costi ci sono di mezzo gli altri comuni che non vogliono ne essere inglobati nella città oltre a tutto il coacervo di interessi che una tale operazione necessita.

Non sarebbe sbagliato portare la ferrovia sotto l'aeroporto e farne li la stazione della città da collegare con una metrotranvia parte  sopra la Morla e parte sottoterra che percorra tutto Viale Papa Giovanni, sottopassi la collina con uscite in ascensore in Piazza Vecchia e Colle Aperto ( e magari proseguire verso la Valle Brembana.

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Idem per l'A4 che all'altezza di Osio Sopra dovrebbe girare a est per intercettare a sud di Stezzano l'attuale circonvallazione e dopo Zanica orientarsi verso est fino a collegarsi con l'attuale A4 a nord di Bolgare.

























































centinaia di occasioni di godere della bellezza.


Non mi nascondo comunque il tragicomico dell’apertura del «varco» tra la Piazzetta Santo Spirito   e il Parco Marenzi ma il Comune di Bergamo possiede tanti di quegli immobili che può benissimo scambiarli con quelli che dovrebbe acquisire per demolirli.
Che poi non trattasi di grandi demolizioni perché una facciata di 3-4 piani un setto di 10 metri é più che sufficente a non dare a quello spazio l’idea della trincea.

Penso che se non si crea qualcosa di molto forte che metta in comunicazione le due parti di città, non ci sarà nemmeno un gran risveglio del centro di Bergamo bassa, ormai reso in gran parte inutile dall’avvento della fibra.
IL CORAGGIO DELL'ING. LUIGI ANGELINI
Chissà se la giunta Gori avrà il coraggio che ebbe la giunta Simoncini (sarà giusta?)  quando affidò e decise di accettare la proposta dell'ingegnere (ingegnere... neanche architetto!)
di creare un passaggio pedonale diretto tra Piazza Vecchia e Piazza Mercato delle Scarpe attraverso quella che era Piazza Verzeri, oggi orribile parcheggio.
Il Comune possiede decine di immobili da scambiare potenzialmente con quelli da acquistare e demolire (o che altro...) per creare quel "setto" dotato di una forza tale che chi sale via Tasso ed arriva in Piazzetta Santo Spirito gli si para davanti un cannocchiale sul Parco Marenzi e gli edifici universitari.
Ed immaginate che bello scendere da Città Alta ed arrivare a piedi... davanti al Teatro Donizetti.
Coraggio, Gori!
























































Il piccolo Rinascimento
Cristiano Gatti/Corriere della Sera/ 24 luglio 2016

Essere bergamaschi di questi tempi non è una disavventura così tremenda. Abbiamo vissuto periodi molto più deprimenti, in cui davvero ci è sembrato che tutto andasse a rotoli.
Ovunque guardassimo, vera desolazione: il patrimonio avito abbandonato a se stesso, nella generale convinzione che non ci fosse la minima possibilità di salvarlo, tra lassismo e rassegnazione, mentre il nuovo patrimonio era solo nella demenziale corsa ad accatastare caos, tra capannoni e villette a schiera, senza una regola, senza un criterio, senza gusto.
Adesso è diverso.
Per quanto disillusi e disfattisti possiamo scoprirci, impossibile negare una realtà che sta cambiando in meglio. Succede quel che mirabilmente descrive Pasternak nel Dottor Zivago: gli uomini non potranno mai dire














































































quando un bosco cambia colore, ma arriva sempre il giorno in cui tutti si accorgono del cambiamento. Negli ultimi tempi abbiamo seguito le singole vicende di singole questioni. Ma se solo proviamo a salire in orbita come un satellite di Google Maps, per vedere la realtà nel suo complesso, non possiamo negare che l'Orobia stia vivendo una fase davvero particolare.
Sembra che pubblico e privato si siano dati di gomito per scrollarsi lassismo e rassegnazione.
Ovviamente non è così, perché un disegno unico e coordinato non esiste, anzi ogni storia è una storia a sé, con tanti ostacoli, tanto assurdo, soprattutto tanta macchinosa burocrazia.
Ma la coincidenza vuole che tante singole unità facciano questo totale molto incoraggiante. Potremmo persino definirlo, con un minimo di megalomania, nuovo Rinascimento.
O almeno Rinascimentino.
Il pubblico (o para) ci ha appena restituito una grande Accademia Carrara, la stazione e nel giro di poco tempo ci restituirà gli ex-Riuniti (Finanza) e la caserma Montelungo (campus universitario). Il privato ci ha restituito Astino (Mia),
 le terme di San Pellegrino (Percassi) e prossimamente ci restituirà Crespi d'Adda (se il municipio si decide a prendere il treno al volo, con le dovute precauzioni), le terme di San Pellegrino (Percassi)



















































e prossimamente ci restituirà Crespi d'Adda (se il municipio si decide a prendere il treno al volo, con le dovute precauzioni), nonché lo stesso stadio Brumana (ancora e sempre Percassi).
C'è poco da dire: Orobia è in grande movimento.
Sta mettendo mano al suo passato per affidarlo alle generazioni future.
Così dovrebbe muoversi ogni generazione: consegnare il patrimonio collettivo in condizioni possibilmente migliori di come l'ha trovato. Purtroppo abbiamo saltato alcuni giri, ubriachi di sviluppo sgangherato, di palanche facili, per cui sarà faticoso riprendere il passo dell'armonia. Ma non bisogna disperare: il Rinascimentino è iniziato.
Essere bergamaschi potrebbe non essere così male, da qui in avanti, nonostante tutto.