NUMERO 215 - PAGINA 1- RODOTA' OVVERO L'AUTOCONSERVAZIONE DELLA CASTA






















[...]Questa, tuttavia, appare più come la ricerca di un alibi che come una plausibile argomentazione. Infatti, pur essendo evidente la connessione tra legge elettorale e riforma costituzionale, gli effetti pesantemente negativi dell'Italicum richiedono una sua riscrittura, intervenendo seriamente sul doppio meccanismo maggioritario, sul fatto che si continua ad essere di fronte a nominati più che a eletti, sull'evidente concentrazione del potere verso l'alto, nelle mani del governo anche per quanto riguarda i tempi del procedimento legislativo. E, soprattutto, dovrebbe essere recuperato il diritto dei cittadini ad essere rappresentati, la cui mancanza ha determinato l'incostituzionalità del Porcellum.
Anche così, tuttavia, non scomparirebbero i vizi della riforma costituzionale, e il passaggio al Sì sarebbe poco più che una operazione di convenienza. [...]


[...] e perché potrebbe altrimenti determinarsi una situazione difficilmente gestibile. Questo, però, è un argomento improprio, a suo modo ricattatorio, perché ai cittadini deve essere riconosciuto nella sua pienezza il diritto di fare la loro scelta in una materia sbandierata come un cambiamento radicale del sistema. La confusione, se mai, è il frutto del modo approssimativo e disinvolto con il quale il governo ha impostato la questione, associando impropriamente la vittoria del No ad una inevitabile fase di incertezza, addirittura allo scioglimento delle Camere, del tutto estraneo alle sue competenze.
Inoltre, questo modo aggressivo di procedere, che sostanzialmente vuole delegittimare il No, crea ogni giorno di più una divisione profonda tra i cittadini,[...]


[...] Un bel risultato da parte di chi va predicando stabilità.
La verità è che, una volta di più, pesano la povertà culturale, l'assenza di una memoria storica. Non si è sfiorati dalla necessità di riflettere sul senso di responsabilità degli autori della Costituzione che, all'indomani dell'esclusione dal governo dei partiti di sinistra, non fecero prevalere interessi di parte, mantennero fermo il principio della condivisione, e così garantirono la lunga durata della Costituzione e la possibilità che in essa potessero riconoscersi le forze più diverse. Oggi la riforma costituzionale è stata buttata nel conflitto politico in modo disinvolto e tecnicamente approssimativo. Ma è possibile una riforma costituzionale senza cultura costituzionale?
Bisogna procedere così perché la riforma è attesa da troppo tempo? L'argomento è inconsistente e pericoloso, perché una cattiva riforma rimane tale quale che sia la sua originaria motivazione. [...]






























































Capisco che Rodotà , uomo allevato da mezzo secolo nelle file del PCI, faccia finta di non sapere e nemmeno ricordare quanto battagliassero anche in quel partito per essere  messi in lista e messi al primo posto della lista  laddove c’era l’incertezza elettorale. Come capisco che sostanzialmente gli vada bene  la canditura multipla  nei collegi della figura carismatica e la successiva tornata di dimissioni per ricostituire in un certo qual modo la compresenza «proporzionale» delle varie correnti del partito nel parlamento. E sicuramente ricorda anche come - per garantire il recupero dei voti ai partiti maggiori- ci fossero degli spostamenti «centro-guidati» di preferenze  tra i tre maggiori partiti: DC, PCI e PSI perché un partito avesse il deputato eletto anche nei collegi più sfigati dove i vot8i sarebbero andati persi.
Che adesso Rodotà si stracci le vesti perché nella nuova legge elettorale si concentrerebbe il potere  prevaricatore della segreteria nazionale nella scelta di chi mettere in testa alle liste e quindi farli eleggere «a priori» è una vergognosa bugia. L’elettore non aveva possibilità di scelta ieri come non ne avrebbe comunque dal momento che le liste saranno decise a livello centrale esattamente come erano decise a Roma ieri e l’altro ieri.
Nemmeno la prassi delle «primarie» garantisce  sostanzialmente il rispetto delle scelte degli elettori (i quali magari vorrebbero... escludere piuttosto che includere qualcuno...) ma è strumento che il PD non vuole aggiustare proprio perché come Rodotà mentre si dichiarano favorevoli, in realtà non vogliono perdere il potere delle correnti.




Prima Rodotà rivendica giustamente il diritto degli elettori a scegliersi col voto i propri eletti e qui perora l’idea che -qualora al referendum vincesse il NO - il Parlamento non potrebbe/dovrebbe essere sciolto e indette nuove elezioni.
Insomma morto un re, si pensa al successore, ovviamente non Renzi o renziano.
Rodotà   fa finta di non sapere che se  gli elettori cancellano una legge approvata dalla maggioranza del Parlamento, non è legge soltanto ad essere cassata ma è l’intero Parlamento che l’ha approvata.
Rodotà interpreta la potestà dei cittadini in maniera di comodo.
Se vince il NO a questo referendum vanno sciolte le Camere e si va a nuove elezioni. Altro che pensare al solito governo -stavolta della vendemmia- per tirare a campare e potere saccheggiare, con le poche risorse strappate all’Ue, un po’ di vantaggi alle mille categorie che fanno riferimento le combriccole parlamentari.
Salvo poi  alla prossima primavera l’ennesima stangata ai lavoratori e pensionati.
Fare melina per tirare a campare e non perdere i vantaggi dei ricatti e degli scambi reciproci.
Bisogna tagliare la testa a chi intende seguire questa strada: senza paura.




Che la nuova Costituzione si potesse scrive re meglio e con migliori contenuti È sempre vero. Peccato che chi predica  di fare meglio in realtà in 50 anni non abbia fatto nulla di meglio mentre la parte più sveglia del paese viaggia a 100Mb/sec. Rodotà finge di non sapere che maggioranza regga questo governo e chi abbia dato vita a un Parlamento dove il PD ha la maggioranza in una camera e non nell’altra. Finge anche di dimenticare la figura barbina del Bersani nell’incontro coi 5S quando -immaginadoli giovani e fessi- voleva la loro astensione per far nascere il suo governo. non contenti di avere presa quella sberla hanno tentato la sopravvivenza col governo Letta finchè il popolo piddino ha sfrattato - a torto o ragione- gran parte delle vecchia palta.
Asserire che nel 195 la  maggioranza di destra in Parlamento non mise in un angolo la sinistra è ma  è vero che venivano dalla guerra, facevamo i conti coi forni crematori e colle derrate alimentari che ci mandavano gli Stati Uniti.
Allora la gente moriva anche per una appendicite e moriva come le mosche di tifo o diarrea infantile. Oggi non é più così. Oggi nessuno ha in cantina i fucili perché  teme i fascisti. Oggi due della maggiori città italiane -Roma e Torino- sono governate da finte liste democratiche elette dalla maggioranza di voti di destra, una destra altrettanto fascista e razzista come ieri. Il comunismo non è caduto perché vinto i fascisti ma perché mezzi di comunicazione hanno fatto vedere a quei popoli che esisteva «un’altra libertà». Un filmato in diretta da un cellulare conta  più del finto strapparsi i folti e begli capelli di Stefano Rodotà. Non siamo diventati «grandi» (o adulti) e semplicemente cojoni. Siamo democratici senza bisogno di mamme e padri in Parlamento.






































































































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