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NUMERO 214 - PAGINA 1 - IL PROBLEMA TURCHIA.
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La
nuova situazione apertasi con la dissoluzione dell'URSS fu accolta in
Turchia con entusiasmo ed euforia. Il presidente Turgut Özal parlò
dell'inizio del “secolo turco”, e della rinascita della grande civiltà
della steppa, che si estendeva «dall'Adriatico alla Grande muraglia
cinese».
Nei
fatti, una concreta politica panturca si rivelò difficilmente
attuabile. Con i paesi turcofoni dell'Asia centrale, la Turchia avviò
programmi soprattutto culturali ed economici, dal momento che la Russia
non perse affatto la sua storica influenza politica nel vecchio
“impero”. Parzialmente diverso fu invece il rapporto con l'Azerbaigian.
Ma
anche in questo caso l'argomento dell'unione fraterna tra le due
nazioni – costantemente sbandierata in entrambi i paesi – è stato uno
strumento retorico di un grande impatto emotivo, più che un reale
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Nonostante
tutte queste difficoltà, ci sono alcune buone ragioni per considerare
positivamente l'attuale situazione del mondo turco.
Un secolo fa era legittimo dubitare delle speranze della civiltà turca di poter sopravvivere nel mondo moderno.
L'intero
universo turcofono eurasiatico era stato assorbito dalla Russia, e le
politiche di colonizzazione e russificazione mettevano in pericolo la
stessa esistenza di molti popoli turco chi, intesi come culture
autonome.
Alla
fine del primo conflitto mondiale di fatto non esisteva più alcuno
stato turco indipendente, e lo stesso impero ottomano – formalmente
rimasto in piedi sotto la tutela alleata – sembrava l'anacronistica
vestigia di un mondo che non esisteva più.
Tutto ciò che i turchi avevano costruito nei secoli avrebbe potuto sparire come gli accampamenti dei nomadi quando
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Non
è possibile prevedere quali strade prenderà il mondo turco nel suo
futuro, se sceglierà una via o continuerà a dividersi e contraddirsi in
modo geniale come ha fatto in questi duemila anni.
Ma i turchi un futuro ce l'hanno.
E all'inizio del '900 questo non era affatto scontato.
Si dice che i turchi non siano un popolo molto amato.
Questo è forse vero, ma il problema più grande è che sono in realtà poco conosciuti.
Conoscere
i turchi vuol dire entrare in un mondo di tende e cavalli, tra i
pastori nomadi che si emozionavano per l'anima che viveva nei fiumi e
ascoltavano gli spiriti che si nascondevano nei boschi, manifestandosi
nell'ululato di un lupo o nel canto di un uccello rapace.
Significa ammirare il miracolo di cultura e civiltà che si verificò nelle oasi uigure, o fermarsi stupefatti
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Ai
tempi della Guerra Fredda si diceva che la NATO serviva per “tenere gli
americani dentro, i russi fuori e i tedeschi sotto”. Terminata nel 1991
la minaccia sovietica, l'Alleanza Atlantica ha subito profonde
trasformazioni.
Tra il 1999 e il 2004 si è ampliata a est e, dal 2001, si è impegnata in un lungo intervento fuori area come l'Afghanistan.
L'intervento
in Libia nel 2011, e la reazione all'annessione russa della Crimea nel
2014, sono invece stati i sintomi di un cambio di scenario. Infatti
oggi le minacce sono di nuovo la Russia e l'instabilità in Medio
Oriente e Nord Africa.
Dunque
non è un caso che l'8 e 9 luglio il prossimo summit dei 28 paesi NATO
si tenga proprio sul “confine orientale”, a Varsavia. Ufficialmente, i
leader dell'Alleanza Atlantica discuteranno di tre temi: rafforzare la
difesa collettiva e la deterrenza, proiettare stabilità al di là dei
confini dei paesi NATO e, infine, espandere la cooperazione con
l'Unione Europea. In realtà, impegnata contemporaneamente su due
fronti, l'Alleanza si ritrova come un Giano Bifronte, con paesi
Baltici, Norvegia e Polonia che allarmati guardano a est, mentre i
paesi mediterranei come Italia, Francia, Spagna guardano preoccupati
verso sud.
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E se c'è un perno geopolitico, cerniera per questi due fronti, è proprio la Turchia.
Ankara entrò a far parte dell'Alleanza nel 1952, e per una ben specifica ragione geopolitica:contrastare la minaccia sovietica.
Infatti, dal 1568 in poi, Russia e Turchia sono state in guerra per circa 12 volte.
Peraltro, già durante la guerra di Crimea nel 1854 e il primo conflitto
mondiale, la Turchia aveva cercato protezione anti-russa alleandosi con
potenze europee.
L'insostituibile
posizione strategica a cavallo di Europa e Medio Oriente, il controllo
del Bosforo, il costituire uno snodo vitale per l'approvvigionamento di
petrolio e gas europeo, le consistenti forze armate, la storica
inimicizia con la Russia e, infine, 64 anni di appartenenza
all'Alleanza hanno fatto della Turchia un bastione anti russo nonché
uno dei pilastri della NATO.
Peraltro,
con la Crimea nuovamente sede della flotta russa e la sopravvivenza del
regime di Assad, con la sua disponibilità ad offrire basi militari come
Tartus e Latakia, Ankara si sente accerchiata e si ritrova ad aver
disperato bisogno dell'Alleanza Atlantica.
In
altri termini, potendo giocare sia la partita antirussa che
mediorientale, oggi la Turchia costituisce un irrinunciabile alleato
per l'Alleanza Atlantica; ad oggi il legame con la NATO non è stato
scalfito nè dall'ascesa autocratica nazional-islamista di Erdogan, con
le sue equivoche relazioni coi movimenti islamisti in Siria, e neppure
dal fatto che i movimenti curdi siano considerati dagli USA come
terroristi in Turchia e alleati in Siria.
Questa
ambiguità di fondo è dovuta al fatto che la Turchia è entrata nella
NATO per concreti motivi di difesa, e non per sposare i valori
occidentali.
Non a caso questo secondo livello di integrazione, incarnato dal processo di ingresso nell'UE, è fermo da tempo.
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indirizzo politico.
L'assenza
di una concreta prospettiva comune per le diverse nazioni turcofone non
è in ogni caso il primo problema che il mondo turco deve affrontare
oggi.
La
democrazia – al di là delle elezioni di facciata – è pressoché
sconosciuta in quasi tutti i paesi ex-sovietici di lingua turca.
Per
ciò che riguarda il rispetto dei diritti umani e delle libertà
fondamentali, la situazione è estremamente critica in tutta l'area.
Con
l'unica parziale eccezione del piccolo Kirghizistan, tutti i paesi
turcofoni dell'ex-URSS sono governati da regimi autoritari più o meno
mascherati, tra i quali spicca in negativo la grottesca dittatura
delTurkmenistan.
Con
l'eccezione di Azerbaigian e Kazakistan, che sono stati abili a
sfruttare le risorse energetiche dei loro territori, la regione è
caratterizzata da una diffusa arretratezza economica.
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si smontano le tende.
Cos'è in fondo il palazzo Topkapı, con i suoi chioschi, se non un gigantesco accampamento di pietra? A molti i turchi sembravano destinati a diventare un nome sui libri di storia, come gli egizi, i celti o i fenici.
Oggi, come abbiamo visto, esistono sei stati turchi indipendenti.
Tra
le 22 repubbliche autonome interne alla Federazione russa, sette sono
turche (Altai, Baschiria, Ciuvascia, Khakassia, Yakutia, Tatarstan,
Tuva), mentre altre tre rappresentano più di una nazionalità, tra le
quali c'è una componente turcofona riconosciuta come costituente
(Daghestan, Cabardino-Balcaria, Karaçay-Circassia).
Si
deve aggiungere anche la Gagauzia, regione autonoma della Moldavia
abitata da turchi cristiani di ceppo oghuz, e la regione autonoma
uigura dello Xinjiang, nella Repubblica popolare cinese.
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tra i minareti e le cupole di Samarcanda e di Istanbul.
Non si può dire di conoscere i turchi senza aver riso delle facezie di
Nasrettin Hoca o essersi commossi per una poesia di Nazım Hikmet.
Conoscere
la civiltà turca significa cercarne l'anima nelle note del saz, quella
stessa anima espressa nei versi di Yunus Emre o nella tradizione epica
di Dede Korkut.
Dopo
averli conosciuti in questo modo, è in realtà difficile non amare i
turchi e non convenire che il destino ha dato loro un ruolo speciale
nella storia del mondo.
Si
spera che questa nostra modesta rubrica abbia contribuito un po' a fare
conoscere questo popolo, e stimolato un'ulteriore sete di conoscenza
nel lettore.
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La Turchia costituisce un caso oggettivamente diverso rispetto al resto del mondo turcofono. Non
ha un passato comunista, è piuttosto ben inserita nel contesto
culturale e politico del “mondo libero” occidentale e soprattutto ha
una tradizione consolidata di democrazia parlamentare, pur con tutti i
suoi limiti.
Non c'é alcun dubbio che il tenore e la qualità
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In altri termini, contrariamente a quanto si possa pensare, essere
membro della NATO non richiede una adesione ai valori occidentali, né
significa poter entrare nel “club europeo”. |
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di vita dei suoi abitanti e la vitalità della sua società civile siano infinitamente più sviluppati che nei paesi ex-sovietici.
Nonostante ciò, alcuni sviluppi attuali destano preoccupazione anche per il futuro della democrazia turca.
Dopo
un decennio caratterizzato – specialmente nei primi due mandati – da
una discreta spinta riformista e da una spettacolare crescita
economica, negli ultimi anni i governi dell'AKP di Erdoğan hanno
mostrato una netta tendenza autoritaria, accompagnata dalla ripresa di
una retorica nazionalista e sciovinista, talora venata da sfumature
religiose.
A
ciò va aggiunto il pericolo dell'isolamento internazionale, favorito
dalla conduzione di una politica estera cinica e opportunista, che nel
mondo è stata da molti percepita come ambigua e immorale, soprattutto
in relazione alla crisi mediorientale.
Esiste
la concreta possibilità che nel prossimo futuro l'economia vivrà dei
contraccolpi a causa della situazione politica che si è venuta a creare.
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Le
lingue turche, che hanno un riconoscimento ufficiale in tutte le
nazioni e le regioni autonome turcofone, sono parlate da 200 milioni di
persone.
La
cultura turca è più viva che mai, e almeno in Turchia esprime una
letteratura di altissimo livello che ha anche prodotto un Premio Nobel
a inizio secolo (Orhan Pamuk, 2006).
La
danza, la musica e le arti trovano terreno fertile in tutto il mondo
turcofono, che sta vivendo un rinnovato interesse per il le sue
tradizioni e il suo folklore.
In questo momento il mondo turco è come un prisma con molte facce, tra cui se ne distinguono in particolar modo tre.
Una
guarda a Occidente,verso l'Oceano Atlantico, mentre un'altra,
diametralmente opposta, è rivolta verso La Mecca e il mondo islamico. La
terza scruta infine gli orizzonti delle steppe, verso la Siberia e i
monti Altai, dove si trovano le radici etniche e ancestrali dei popoli
turchi.
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