NUMERO 213 -PAGINA 1- PERCHE' IN ITALIA TOCCA SEMPRE A UN GIUDICE?












Niente ricongiungimento a coppia gay, la Corte europea condanna l'Italia


La Cassazione ridā la figlia
ai genitori-nonni di Casale:
"La legge non prevede limiti d'etā"


























La Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato l'Italia a risarcire i "danni morali" provocati per aver negato il ricongiungimento familiare a una coppia gay. Per i giudici di Strasburgo, rifiutando di rilasciare il permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare a un cittadino neozelandese che voleva vivere con il suo compagno italiano, l'Italia ha violato il diritto della coppia a non essere discriminata.

La sentenza prevede un risarcimento di 20mila euro, ma indica soprattutto un principio etico e una via giuridica da rispettare. La condanna diventerā definitiva in tre mesi se le parti non ricorreranno in appello. La decisione, presa per sei voti contro uno, contesta all'Italia la violazione degli articoli 14 e 8 della Convenzione europea dei diritti umani: il primo proibisce la discriminazione, il secondo sancisce il diritto al rispetto per la vita familiare e privata.

Paradossalmente, la Corte ha punito l'Italia proprio per aver trattato la coppia omosessuale come avrebbe fatto con una coppia eterosessuale: secondo la Corte europea, infatti, la situazione della coppia non poteva essere equiparata a quella di una coppia eterosessuale non sposata in quanto, proprio non potendosi sposare, non avrebbero potuto ottenere le tutele che la legge italiana accorda alle coppie "sposate". Per i giudici, "l'interpretazione restrittiva della nozione di famiglia costituisce, per le coppie omosessuali, un ostacolo insuperabile per l'ottenimento del permesso di soggiorno per motivi familiari", non tenendo conto "della situazione specifica dei richiedenti e in particolare della loro impossibilitā di ottenere una forma legale di riconoscimento della loro relazione in Italia".
I richiedenti, una coppia di 51 e 58 anni, vivono ad Amsterdam e hanno fatto ricorso ritenendo di essere discriminati per il loro orientamento sessuale.
Dopo aver vissuto in Nuova Zelanda fino al dicembre 2003,



La legge non prevede limiti di etā per "chi intende generare un figlio": per questa ragione la Cassazione ha dato ragione al ricorso straordinario di marito e moglie, Luigi Deambrosis e Gabriella Carsano, 75 e 63 anni, di Mirabello, una frazione di Casale Monferrato, che da anni lottano per riavere la figlia, nata a Torino nel 2010 e dichiarata adottabile dalla stessa Suprema Corte nel 2013, presieduta da Corrado Carnevale, che aveva ritenuto i genitori troppo "anziani e sbadati", confermando la sentenza della Corte d'Appello dell'anno precedente. Giudizio non condiviso dal nuovo verdetto che li ritiene genitori capaci e ricorda anche la loro assoluzione dall'accusa di abbandono di minore.

Il caso era esploso quando il Tribunale dei minori aveva deciso di togliere la piccola ai genitori, giā tenuti d'occhio dai servizi sociali dopo la segnalazione dell'ospedale in cui era nata la bambina, dopo che, durante un trasloco, era rimasta per diversi minuti in auto da sola, a un mese e mezzo di vita, nel cortile di casa. Alcuni vicini se n'erano accorti e avevano segnalato l'episodio, anche se i genitori si sono sempre difesi spiegando: "Andavamo e venivamo tra l'auto e l'appartamento, la tenevamo costantemente d'occhio: č stata nel seggiolino 7 minuti, il tempo di scaldarle il latte".
Al di lā della singola vicenda, tuttavia, i periti si erano interrogati sull'effettiva "capacitā genitoriale" della coppia: una capacitā di accudire la piccola,

Parere, questo, che oggi č stato anche quello della Cassazione. Secondo la sentenza 13435 depositata dagli "ermellini', infatti, le decisioni della magistratura che hanno tolto la figlia alla coppia si erano basate su pochi minuti di abbandono della minore in auto avvenuto il 28 giugno del 2010, vicenda per la quale č stato "definitivamente accertato che, invece, nessuno stato di pericolo fu provocato dall'episodio in questione". In proposito i supremi giudici, tenendo presente le indicazioni della Corte di giustizia europea che considera l'adozione una "extrema ratio" alla quale ricorrere solo in caso di genitori "indegni", hanno affermato il principio di diritto per cui "č revocabile per errore di fatto la sentenza di Cassazione che, nel confermare la declaratoria dello stato di adottabilitā assunta dal giudici di merito, sia fondata su di una specifica circostanza supposta esistente (nella specie, l'avere i genitori lasciato un neonato da solo in automobile esponendolo a stato di pericolo) la cui veritā era invece, limitatamente all'evento, positivamente esclusa".

Inoltre la Suprema Corte, revocando il via definitivo allo stato di adottabilitā, critica le sentenze precedenti perché percorse da un "refrain che fa da sfondo all'intera decisione, ed č quello dell'etā dei genitori".
I giudici supremi sottolineano come le decisoni "pro adozione" abbiano considerato che "una gravidanza a 57 anni lei e 69 lui rappresenta una deviazione

dalla norma" e che "crea il paradosso del bambino costretto ad occuparsi dei genitori". Ad avviso del verdetto odierno, invece, č "errato il riferimento a pretesi 'limiti' che la legge italiana prevederebbe per chi intende generare un figlio, i quali non esistono", e inoltre non si forniscono elementi "che possano illuminare circa l'assoluta inidoneitā genitoriale, agganciata all'etā o ad altro, da cui far derivare la misura estrema, e dai risvolti irreversibili, quali č lo stato di adottabilitā".

La Cassazione rileva, piuttosto, che erano emersi "una serie di riscontri favorevoli circa la situazione complessiva della minore" nella sua vita con mamma e papā, persone brave e stimate e senza "patologie mentali", prima che i servizi sociali la allontanassero dai suoi genitori. Ed č "lo Stato", scrive la sentenza, "allorché ha allontanato una neonata dai genitori a pochissime settimane dalla nascita", ad aver "indotto" nella bimba "il disagio" che ora prova quando madre e padre, poche volte l'anno, hanno il permesso di vederla. Cosė la Suprema Corte ha "revocato" il 'suo' verdetto emesso l'8 novembre 2013 - uno degli ultimi atti firmati da Corrado Carnevale - e ha annullato con rinvio il giudizio di adottabilitā emesso dalla Corte di Appello di Torino il 22 ottobre del 2012. La Corte torinese ora deve ricomporre questa famiglia smembrata sulla base di un pregiudizio anagrafico.




























































































































































































































































la coppia ha deciso di trasferirsi in Italia. Il cittadino neozelandese č arrivato con un permesso di studio temporaneo e ha chiesto successivamente un permesso di soggiorno per motivi familiari, ma il 18 ottobre 2004 le autoritā di Livorno avevano respinto la richiesta sostenendo che non sussistessero i criteri previsti. Nel 2005 il tribunale civile di Firenze aveva dato loro ragione, ma il ministero degli Interni era ricorso in appello.

Il percorso giudiziario era approdato in Cassazione, dove l'appello finale della coppia era stato respinto sulla base dell'articolo 29 del decreto legislativo 286 del1998 secondo cui il concetto di "familiare" include solo gli sposi e i figli minorenni o non ancora indipendenti. Una visione contro cui si č espressa oggi la Corte europea per i diritti dell'uomo, alla quale la coppia aveva fatto ricorso nel 2009.

Paolo G. Brera
30 giugno 2016



nata dopo un lungo calvario di fecondazioni assistite e ricoveri all'estero, che va oltre ai limiti che potrebbero essere insiti nell'etā avanzata dei due coniugi, che "non potrā essere l'unico elemento di giudizio e quindi un pregiudizio, ma unitamente agli altri elementi ha una sua considerevole importanza". Nei primi tempi, fino alla sentenza d'Appello, i genitori hanno potuto vedere la piccola saltuariamente, in un "luogo neutro". Ed č proprio questa limitazione dei rapporti che, secondo loro, non permette di creare una buona relazione con i genitori. "Si č detto che tra la figlia e la coppia non c'č empatia  -  aveva spiegato l'avvocato Deorsola  -  Eppure si č visto che c'č interazione: ed č giā qualcosa di miracoloso se si tiene conto che la piccola č stata tolta a 35 giorni e da allora ha passato con mamma e papā appena 155 ore su quasi 20 mila ore di vita, ovvero lo 0,8 percento. La legge prevede che per togliere un bambino alla famiglia ci siano condizioni insufficienti e non recuperabili. E non č certo questo il caso".