NUMERO 213 - PAGINA 1 -BREXIT ANCORA 2































































a Curno, nel paese bello da vivere c'é chi fa LaMiniera





a Milano c'é chi fa i
Centri di Prima Accoglienza



































































































































L'Inghilterra se ne va dall'Eu -ropa. Notizia falsa, perché l'Inghilterra non è mai stata in Europa: è sempre stata un'isola cuscinetto tra il




Tutti i giornali hanno pubblicato nei giorni scorsi una fotografia cubitale dei quattro Holland-Merkel- Renzi-cameron in conferenza stampa dopo l'incontro dedicato alla Brexit.Guardando i tre volti opachi, quasi ebeti, del trio, si capiva tutto l'abisso che separa la vastità dei problemi in campo e la pochezza dei tre personaggi chiamati a risolverli, lontani mille miglia dai padri fondatori dell'Unione Europea:

tra i giorni ufficialmente festivi e quelli ufficialmente feriali, tra le attività di studio, di lavoro e di tempo libero, apprezzando le opportunità offerte dall'ozio creativo. La frequente consuetudine con la precarietà li ha abituati a coniugare spezzoni di lavoro casuali con fasi di studio, con viaggi, con la cura della famiglia e degli amici. Usano “esperanti” linguistici ed estetici come il rock e come WhatsApp; tendono a creare social community tramite internet. Danno al tempo libero la stessa importanza data al lavoro, che non amano incondizionatamente.
A questa tribù digitale appartengono i giovani inglesi che oggi, a tumulazione avvenuta, si ostinano a difendere il remain. Ma la loro indignazione tardiva per la vittoria del leave non gli ha impedito di restarsene pigramente a casa nel momento del voto. Infatti tra i baby boomers (24-34 anni), solo il 58 per cento è andato a votare; tra i younger millennials (18-23 anni) solo il 36 per cento.
Questo è un tratto distintivo dei giovani d'oggi, non solo per quanto riguarda i loro rapporti con l'Europa: acuti nell'intuire






























continente Europeo e il continente Americano, una portaerei piena di buon danaro e cattivo cibo.
L'Inghilterra se na va dalla comunità Europea: notizia vera ed esaltante. Basta capire che cos'è l'Europa per chiarirsi le idee. L'Europa ha avuto due grandi Carlo, l'Inghilterra ha un piccolo Carlo che non riesce a diventare Re. Carlo Magno indicò con le armi, con le leggi, con la cancelleria e con la scrittura l'Europa possibile, quella dei paesi nucleo che con intelligenza Helmut Kohl e François Mitterrand avevano una seconda volta esaltato. Quindi Carlo il Magno ne vedeva i limiti e la potenzialità.
Carlo il Lungo cioè, il generale Charles de Gaulle benché amico di Churchill e salvatore d'Europa assieme a questo nel disastro nazista parla di un'Europa dall'atlantico agli Urali escluse ovviamente le isole britanniche.
Si vede che gli inglesi disperati e poveri che guardano dalle periferie i lussi delle torri londinesi dove godono gli arabi, hanno tra una birra e l'altra letto un paio di libri di storia.
Gli etilisti del vecchio continente, Marine Le Pen, Matteo Salvini e forse anche l'ex comico capo dei 5 stelle, fra una birra e l'altra non hanno mai letto un libro di storia e continuano a farneticare.
Però il tutto merita una riflessione, se l'Europa deve essere solo quella della moneta il suo avvenire sembra fortemente ipotecato. Se l'Europa può essere quella delle rivoluzioni, delle libertà e dell'infinita complessità dei popoli allora ben venga. Ben venga l'ora delle culture.
Il nucleo europeista di corso Italia.

Philippe Daverio














Altiero Spinelli, Konrad Adenauer, Joseph Bech, Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman e Paul-Henri Spaak. Questa differenza, fisica prima ancora che stilistica e intellettuale che, per essere colta, richiede in noi adulti un minimo di riflessione, nei giovani è lampante. Magari essi non sanno chi sia Adenauer o Spinelli, ma sanno che i nostri governanti sono mediocri. Lo sanno quasi per fiuto animale, ma lo sanno.
Così pure, a fiuto, sanno che il mondo va verso la globalizzazione, il meticciato, il villaggio globale. Lo sanno perché sono “digitali”, cioè nati dopo la nascita di Microsoft (1975), dopo l'invenzione del Web (1991), dopo il varo di Google (1997) e, quindi, hanno dimestichezza con l'informatica e la virtualità che rendono i rapporti sempre più astratti e arricchiscono i sensi di nuove dimensioni.
Essendo “digitali”, essi confidano nella loro longevità, non credono in una crescita infinita delle economie occidentali e, tuttavia, hanno un atteggiamento abbastanza positivoverso la vita, verso il destino del pianeta e dell'umanità. Anche per questo sono sensibili all'ecologia e alla sostenibilità.


























































































e alla creatività, gli istinti vitali prevarranno su quelli autodistruttivi. Sono urbanizzati, apprezzano l'ubiquità consentita dall'informatica e dai nuovi mezzi di trasporto. Parlano inglese, sono tendenzialmente nomadi e non soffrono il jet lag. Accettano la diversità, la multi-razzialità, l'interculturalità. Hanno un atteggiamento disinvolto verso la sessualità; adottano e sostengono il controllo delle nascite; difendono le pari opportunità e la femminilizzazione della società. Hanno fiducia nell'ingegneria genetica e nei nuovi farmaci, che consentono di sconfiggere le malattie, di modificare il corpo umano e il suo destino biologico l'Europa: acuti nell'intuire l'importanza dell'Unione e il destino del mondo ma tardigradi nell'agire in modo che l'una e l'altro vadano nel verso giusto. Sono agnostici e propendono a credere che si viva una volta sola. Non fanno troppa differenza tra il giorno e la notte,
l'importanza dell'Unione e il destino del mondo ma tardigradi nell'agire in modo che l'una e l'altro vadano nel verso giusto. La pigrizia gli viene dallo sconforto. Infatti, ovunque vi è una piramide gerarchica, i “digitali” sono schiacciati alla base da un vertice di “analogici” abbarbicati alle loro poltrone, ai loro modelli di vita, alla loro visione del mondo.
E chi sono gli “analogici”? Sono prevalentemente anziani e adulti, occupati stabili o pensionati, che danno molta importanza al denaro, al potere, al possesso di beni privati. Essi tendono a essere più pessimisti dei digitali, non si sono ancora assuefatti alla longevità, credono che l'economia possa crescere all'infinito e tuttavia sono delusi della vita, temono per il destino del pianeta e dell'umanità. Tendono a credere che gli istinti autodistruttivi prevarranno su quelli vitali. Hanno scarsa dimestichezza con internet e con le social community, di cui intravedono conseguenze prevalentemente negative. Temono gli effetti della globalizzazione. Rifiutano le diversità, la multi-razzialità, l'interculturalità. Hanno un atteggiamento diffidente verso la libertà sessuale e nutrono mille tabù. Difendono le disparità di genere e il maschilismo. Diffidano dell'ingegneria genetica. Credono nell'aldilà. Temono gli effetti del progresso. Hanno pregiudizi tenaci nei confronti dei gay e degli immigrati.
Questo è il probabile identikit di chi ha votato per il leave che ha stravinto in 28 delle 36 aree più arretrate della Gran Bretagna, dove maggiore è la povertà e minore il numero dei laureati. Ma, a differenza dei giovani progressisti che se ne sono rimasti a casa nel giorno delle elezioni, l'affluenza alle urne dei conservatori con più di 55 anni ha superato l'80 per cento. Il futuro dei giovani sta nell'Europa ma il futuro dell'Europa non può contare sull'impegno dei giovani.

Domenico De Masi