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NUMERO 213 -PAGINA 1 - LUCA MERCALLI SULLE FLOATING PIERS
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È
incredibile osservare l'ingenua e infantile gioia delirante un milione
di persone che si sono precipitate a camminare sui pontili sintetici di
Christo.
Persone che parlano
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di un'esperienza sublime, di emozioni forti, di incredibili sensazioni
provate nel camminare su un telo di plastica posato su taniche vuote
sopra le acque di un lago prealpino reso infrequentabile dalla folla.
Le cronache sono del tipo: “Il popolo dei Piers non indietreggia di un
millimetro.
Non si lascia scoraggiare dalle code per salire su un treno, su una navetta o su
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scono
un problema ambientale e sanitario sempre più grave? Era necessaria una
maggiore trasparenza, con certificati merceologici precisi sulla natura
dei materiali impiegati.
emissioni dei trasporti per la costruzione: ci è voluto circa un anno
di lavoro di aziende italiane e tedesche per produrre, trasportare,
immagazzinare e montare (e poi smontare) l'installazione. Un'attività
che avrà comportato ingenti costi energetici, emissioni di CO2 e altri
inquinanti, produzione di rifiuti, imballaggi, materiali accessori,
incluso un sommergibile per le ispezioni del fondo lacustre.
emissioni indirette per il trasporto passeggeri e per le attività di sicurezza: il colossale formicolare di persone
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una cosa che si smonta non lascia conseguenze! Ma ciò che non si vede
è talora peggio di ciò che si vede… le emissioni climalteranti
contribuiscono a deteriorare le condizioni di vivibilità dell'intero
pianeta, i rifiuti industriali del processo produttivo dei materiali e
quelli dispersi in acqua minano gli equilibri ecologici anche su tempi millenari.
siamo già sommersi dai rifiuti plastici e purtroppo negli oceani
galleggiano circa nuovi 5 continenti di plastica (*)! Altro che
aggiungerne, bisognerebbe fare un'opera d'arte per rimuoverli!
non inquina solo ciò che si vede, ma pure ciò che non si vede, dagli
interferenti endocrini alla mobilizzazione del substrato: “Marco
Pilotti, docente del dipartimento di Ingegneria civile, architettura,
territorio, ambiente dell'Università di Brescia ed esperto del lago
d'Iseo, ha condotto uno studio sull'impatto dell'opera sulla morfologia
del bacino. Il molo galleggiante è ancorato al fondo del lago con [più
di] 150 blocchi di cemento armato da sette tonnellate l'uno e il
progetto prevede, al termine dell'esposizione, la rimozione totale
dell'opera e lo smaltimento di tutti i materiali. «Il recupero dei
cosiddetti corpi morti degli ancoraggi – spiega il professor Pilotti –
farà solo del male al lago, perché solleverà i sedimenti del fondale.
Le misurazioni che abbiamo fatto hanno rilevato che in quel terreno è
contenuta una quantità di fosforo 15
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un
battello, né dal sole che trasforma la passerella – e i piazzali di
Sulzano – in forni a microonde, tanto che ieri al tramonto sono tornati
in azione gli idranti per rinfrescare la folla in attesa.
La parola d'ordine è una sola: camminare su The Floating Piers, costi quel che costi” (da bresciaoggi.it).
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Dal 'sito ufficiale dell’artista, assumiamo i dati tecnici:
220.000
cubi [di polietilene ad alta densità prodotto dalla F.lli Cane di
Fondotoce/Verbania coadiuvata dalle aziende bresciane Asco Plast, Ziber
Plast, Zetabi, Artigiana Stampi e Seven Plast] creano i 3 chilometri di
The Floating Piers.
220.000 perni [sempre di polietilene] tengono insieme i cubi.
200 ancore del peso di 5,5 tonnellate l'una mantengono i 16 metri di
larghezza del pontile in posizione [blocchi di cemento trasportati
nelle posizioni finali da mezzi nautici grazie all'utilizzo di palloni
industriali
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che, una volta raggiunta la postazione sono stati svuotati dell'aria e hanno adagiato sul fondo le zavorre].
37.000 metri di corda connettono gli ancoraggi al pontile.
70.000 m2 di feltro ricoprono i pontili e le strade al di sotto del tessuto.
100.000 m2 di tessuto [in fibra poliammidica (Nylon), prodotto in
Germania dalla Setex Textiles e confezionato dalla Luftwerkern di
Lubecca] coprono i 3 chilometri di pontile e 2,5 chilometri di strada.
E il tutto per un'installazione della durata di sedici giorni, dal 18 giugno al 3 luglio 2016.
Dopodichè l'infrastruttura artistica verrà smontata e – sostiene il
sito ufficiale “tutti i materiali utilizzati saranno riciclati
attraverso un processo industriale”, non meglio specificato.
Vediamo le criticità ambientali:
riciclo plastiche: il polietilene è relativamente facile da riciclare,
i cubi verranno dunque ritirati dall'acqua e avviati a recupero, ma con
trasporto dove? Il tessuto poliammidico, in parte sporcato e usurato,
sarà meno facile da riciclare: di tutta questa filiera sarebbe
importante disporre da parte dell'artista e delle autorità di igiene
urbana locale una dettagliata e trasparente documentazione! Non sia mai
che finisca tutto nel vicino inceneritore di Brescia…?
energia grigia: anche se la plastica può essere riciclata, in genere
ottenendo un materiale meno pregiato di quello originario, nessuno
potrà ottenere la restituzione dell'energia spesa in fase di produzione
e lavorazione;
rilascio composti tossici nel lago: ci sono additivi potenzialmente rilasciabili dalla plastica nelle acque?
Interferenti endocrini che costituiscono
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volte maggiore a quella presente nei livelli superiori dell'acqua”.
l'edonismo dissipativo, volgare e superficiale, attira assai di più che
la contemplazione della biosfera, la nostra casa da cui tutto dipende!
Chi, di questo milione di bipedi vociante su un palcoscenico naturale
trasfigurato per l'esibizionismo di massa, si è domandato qualcosa su
questo povero lago prealpino? Quanto è profondo, quanta acqua contiene,
che relazioni ha con la società e con la storia, è un ambiente sano o
compromesso? Come reagisce ai cambiamenti climatici?
la Natura è sostituibile con l'artificio e si arriva a privilegiare il
falso che assomiglia al vero (che viceversa viene distrutto). Afferma
Christo: “Il telo color oro, cangiante, vuole rappresentare la
spiaggia: la gente deve pensare di essere su una spiaggia in riva al
mare, e camminarci sopra”.
Ma perché mai bisogna immaginare una spiaggia di plastica? Perché non
godere di una spiaggia vera, magari proteggendola proprio dall'affronto
degli onnipresenti rifiuti in plastica che la deturpano?
il denaro – 15 milioni di euro più le spese pubbliche per la logistica
e la sicurezza -poteva essere speso per impieghi più sostenibili, utili
e durevoli;
le folle si attirano con il capriccio e la bizzarria, mentre sui temi
importanti per la nostra stessa sopravvivenza, come l'epocale e inedita
crisi ambientale che si sta sviluppando, l'interesse è sempre
marginale, per non dire nullo;
l'arte dovrebbe essere veicolo di riflessione sulla contemporaneità,
qui Christo rivela invece la sua senescente visione di un mondo
sintetico ormai incompatibile con i processi biogeochimici.
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che hanno invaso la zona ha provocato un carico critico sui mezzi di
trasporto locale, la saturazione delle strade e inevitabilmente
l'aumento di
emissioni climalteranti e di rifiuti su base locale, nonché il
mantenimento di un complesso sistema di vigilanza e sicurezza… a
gasolio!
E ora i messaggi simbolici che l'opera d'arte comunica (o non comunica):
si può fare tutto ciò che si vuole, basta pagare! Ma il prezzo dei danni ambientali non si bilancia con la moneta…
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