NUMERO 212 -PAGINA 1 - GLI ERRORI NELL'ITALICUM



























Dal prossimo 1° luglio l'Itali-
cum entrerà in vigore in attesa del risultato del prossimo refe-
-rendum costituzionale, ma la Conferenza dei capigruppo della Camera dei deputati ha stabilito che a settembre il Parlamento tornerà a occuparsi della nuova legge elettorale prima del giudizio della Corte costituzionale.
   Tutto si può dire meno che la minoranza del Partito democratico abbia atteso i risultati delle amministrative, gravemente penalizzanti per il nostro partito, per sostenere che l'Italicum fosse una legge sbagliata.
   Lo abbiamo sostenuto quanto il Pd conquistava il 40% alle europee e tutti accorrevano alla corte del nuovo pifferaio italiano. Lo abbiamo ripetuto quando la legge veniva approvata imponendo la fiducia alla Camera, per la terza volta nella storia d'Italia dopo i precedenti del fascismo con la legge Acerbo e della guerra fredda con la cosiddetta «legge truffa».
    E non ci siamo limitati alle petizioni di principio, ma con atti politicamente impegnativi non abbiamo votato l'Italicum al Senato e, nonostante la fiducia, neppure alla Camera.
   L'errore di fondo è stato quello di avere voluto ritagliare una legge su misura dei nostri interessi contingenti, a partire dal presupposto che fosse in atto uno sfondamento solitario del Pd e del suo nuovo condottiero, come una lettura superficiale del risultato delle europee autorizzava a pensare, ma che i dati di realtà, già percepibili nelle amministrative del 2015 e confermati da quest'ultima tornata elettorale, smentiscono in pieno.

   2) Il premio di maggioranza è assegnato a livello nazionale e non costruito dal basso un collegio dopo l'altro.
In questo modo il Parlamento si trasforma in un'appendice del potere esecutivo e i deputati, nominati dal capo, in una sua falange. Così facendo si istituisce un semipresidenzialismo del premier che non ha precedenti nel costituzionalismo occidentale e non è equilibrato da efficaci contrappesi istituzionali.

la possibilità di un premio alla coalizione e non solo alla lista. Questo ritocco cosmetico sarebbe certamente un passo in avanti, ma non scioglierebbe il nodo della partecipazione diretta dei cittadini.
  4) il meccanismo del ballottaggio senza quorum di partecipazione si configura come una roulette russa che assegna al terzo polo escluso e agli astensionisti del primo turno un eccesso di potere decisionale. Il mantra «sapere la sera stessa delle elezioni chi ha vinto» è proprio dei regimi presidenziali e semipresidenziali che ovviamente prevedono i contrappesi necessari, ma non si confà a una democrazia parlamentare quale è la nostra.




La legge elettorale collegata alla riforma costituzionale faceva immediatamente capire la possibilità di un paese governato da una minoranza eletta da una... minoranza di votanti.

Come faceva immediatamente capire che o una lista vinceva al primo colpo col 40% dei voti oppure -addirittura- avrebbe perso a vantaggio di una minoranza ancora  più piccola della prima su cui sarebbero  confluiti, per mero spirito di rivalsa , i voti dei perdenti. Non di tutti i perdenti ma della maggior parte, anche senza appelli delle relative caste. Vedi Torino.

La casta adesso scopre che non siamo più nel bipolarismo ma nel tripolarismo (perché quadri....?) non  e s’è anche accorta che  con la drastica riduzione dei votanti, le forze date come minori potrebbero fare affluire la scelta contro quello che potrebbe essere il partito maggiore.

Tutto il ragionamento sulla positività del doppio turno di collegio come venne scelto una volta dal PD è una bella idea da spendere in televisione ma serve soltanto alla spartizione dei posti in lista per garantire alle mille minoranze di ogni grande partito  qualche seggio parlamentare.

Senza la pretesa di essere specialisti in materia noi abbiamo un’idea differente che parte dal principio che gli Italiani non sono degli imbecilli che vanno allattati dal politico di turno.

Prima di tutto vanno aboliti sia il Senato che le Regioni. La consultazione  tra stato e enti periferici si può fare benissimo in conferenze stando ciascuno a casa propria .

La Camera sarà quindi composta in base al numero reale dei voti validi. Se votano 25 milioni di italiani la Camera sarà composta da 250 deputati. Se votano 45 milioni la camera sarà composta da 450 deputati. In questo modo il cittadino dovrà assumersi la responsabilità di votare per essere rappresentato.

Il 55% dei deputati sarà assegnato alla prima lista e i restanti assegnati proporzionalmente ai voti ricevuti.

Possibili le coalizioni ma in caso di uscita di una parte dalla coalizione, o c’è la sfiducia costruttiva oppure si va alle elezioni. Il deputato che cambia o esce dal partito-coalizione decade automaticamente.

I collegi  possono avere al massimo 100 mila elettori. Entra nella rosa degli eleggibili alla Camera  che ha il maggior numero di voti nel collegio. Non sono possibili candidature in più di un collegio e i candidati sono inseriti in ordine alfabetico.

Primarie si, primarie no? Semmai una scelta sull’intera lista di ogni collegio.

Perché gli Italiani debbono imparare ad assumersi la responsabilità delle proprie scelte, debbono smetterla di trovare sempre altrove i capri espiatori delle proprie furbizie. Berlusconi non ce l’ha imposto nessuno come pure il Renzi non ce l’ha paracadutato la Merkel. E se oggi il 22% dei giovani milanesi è senza lavoro, magari  s’impegnassero di più in politica che su whatapps forse  la situazione sarebbe differente.










































































   Se le elezioni si concludono con un vincitore senza maggioranza perché nessuna forza è in grado di superare il 38%-40%, i governi si devono formare in Parlamento in base a un programma condiviso. Il premio maggioritario non può trasformarsi in un doping istituzionale destinato ad aumentare la frattura tra cittadini e rappresentanti e a trasformare chi governa nell'abitante di una cittadella assediata.




   Non solo non vi è alcun sfondamento, ma il Pd arretra su tutto il territorio nazionale senza prendere i voti a destra e perdendoli alla sua sinistra, in direzione dell'astensionismo e dei 5 stelle.
   Oggi è necessario intervenire non per la paura di una possibile vittoria dei 5 stelle, ma perché bisogna trovare un equilibrio accettabile tra governabilità e rappresentanza, l'unica strada che può consentire di affrontare la nuova faglia del conflitto, quella tra periferie (sociali, culturali, politiche) ed establishment.
   Gli ortopedici della governabilità a ogni costo non sono minimante sfiorati dal problema della rappresentanza che l'Italicum forza a dismisura, sia con il premio a un partito solo che potrebbe anche rappresentare una modesta minoranza (teoricamente assai elevata, ossia quella che prende un solo voto più degli altri), sia prevedendo un parlamento a maggioranza di nominati, sia alla luce del superamento del bicameralismo paritario che potrà consegnarci una sola Camera che vota la fiducia.
   A nostro giudizio, anche se alle prossime elezioni fosse come auspichiamo il Pd a prevalere, l'Italicum resterebbe una legge sbagliata per quattro ragioni:
   1) La maggioranza di parlamentari nominati (quelli eletti con le preferenze saranno appannaggio soltanto del vincitore) e il meccanismo delle pluricandidature rappresentano uno schiaffo ai cittadini, privati in modo eccessivo del diritto di controllare la volontà e l'esito del proprio voto.






















    3) Il combinato disposto tra nuova legge elettorale e riforma costituzionale produce un sistema troppo rigido. Tutti gli indicatori invece dicono che, in momenti di crisi politica e istituzionale come quella che attraversano i principali sistemi democratici, è consigliabile preferire il valore della flessibilità.
   Stiamo camminando sopra un terremoto e gli edifici rigidi sono quelli destinati a crollare per primi, mentre quelli elastici sanno resistere meglio alle scosse. Per introdurre maggiore flessibilità e non incenti- vare il trasformismo parlamentare a posteriori, per alcuni basterebbe inserire nell'Italicum

   Per noi la soluzione preferibile sarebbe il doppio turno di collegio, quello che meglio di altri consente di tenere insieme governabilità e rappresentatività.
   Per rispondere alla giusta esigenza della stabilità dei governi basterebbe inserire nel nostro ordinamento il meccanismo della sfiducia costruttiva. Ma le soluzioni possono essere molteplici: ad esempio, si potrebbe scegliere il turno unico come avveniva con il cosiddetto «Mattarellum» assegnando il 75% dei collegi con quella modalità; e il restante 25% potrebbe essere ripartito per garantire un diritto di tribuna alle forze minori e un premio di maggioranza al vincitore.

   Sarebbe convenienza di tutti intervenire ora, che siamo ancora in tempo, anche per farsi carico delle crescenti preoccupazioni di molti per il referendum costituzionale e prima che il suo incerto esito possa produrre ulteriori e laceranti divisioni.