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Sui
maschi che uccidono o sfregiano la femmina che li rifiuta (con lo
scopo, lucidamente feroce, di renderla "inservibile" ad altri maschi)
si esercitano molto le discipline psicologiche, criminologiche e
antropologiche, come è utile e anzi indispensabile che avvenga. Ma
credo - e lo dico da maschio - che su quella rovente, tremenda
questione, non si eserciti abbastanza la parola politica.
Al netto dei materiali psichici complessi e oscuri che ci animano,
molti dei nostri comportamenti sono determinati dalle nostre
convinzioni e dalle nostre idee. Ciò che siamo è anche ciò che vogliamo
essere. O che tentiamo di essere. Se non rubiamo non è solamente per il
timore della punizione, o perché non ne abbiamo la stretta necessità
economica. È perché abbiamo ripugnanza etica del furto.
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alle nuove libertà. Non così addomesticabili il dolore inferto e subito, l'abbandono, la gelosia.
Ma la decompressione ideologica dei nostri anni è funesta in senso
contrario. Le idee, che a noi ragazzi di allora parvero fin troppo
determinanti, oggi vagolano in forma di detriti del passato oppure di
scontate banalità. Hanno perduto molto del loro appeal: in positivo,
perché è finita la sbornia ideologica, ma anche in negativo, perché
molte fortissime idee hanno perduto la loro presa sul discorso
pubblico, impoverendolo e istupidendolo. Per esempio l'idea - e veniamo
al punto - che la donna appartenga a se stessa ("io sono mia"), che la
sua persona e il suo corpo non siano mai più riconducibili alle ragioni
del patriarcato e del controllo maschile. Se c'è mai stata, al mondo,
un'idea rivoluzionaria, è quella: ribalta una tendenza millenaria,
smentisce spavaldamente la Tradizione, muta la struttura sociale
perfino più radicalmente di quanto la muterebbe la sovversione della
gerarchia padrone-operaio. Perché non se ne sente più l'eco, di quello
slogan così
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Politica e cultura (ovvero: il processo di civilizzazione) esistono
apposta per non abbandonare la bestia che siamo alla sua ferinità e ai
suoi istinti,
regolando in qualche maniera i rapporti sociali, rendendoli più
compatibili al bisogno di incolumità e dignità di ogni persona. Questo
non esclude, ovviamente, che ci siano stalker e aguzzini di buona
cultura e di idee liberali. Ma è l'eccezione che conferma la regola:
costumi e comportamenti di massa sono largamente influenzati, e sovente
migliorati, dalla temperie politica e culturale dell'epoca. È
nell'Italia rinnovata e modernizzata degli anni Sessanta che la
contadina siciliana Franca Viola si ribella al ladro del suo corpo e
pronuncia, entusiasmando milioni di spiriti liberi, il suo semplice ma
inequivocabile "io sono mia" prefemminista e presessantottino, con la
mitezza luminosa di una Lucia aggiornata che rimette al suo posto il
donrodrigo di turno. È sempre in quell'Italia che, con fatica, si
arriva finalmente a mettere in discussione l'obbrobrio giuridico del
"delitto d'onore", che verrà finalmente cancellato vent'anni dopo. Ed è
a livello popolare, mica solo nei "salotti", è nel profondo della
società che quei fermenti circolano, quelle discussioni si animano,
quei confitti indirizzano il senso comune.
Non so quanto dipenda dalla mia storia psichica o dalle mie attitudini
caratteriali il fatto che io non abbia mai alzato un dito su una donna.
Ma so per certo che dipende in buona parte, per dirla molto banalmente,
dalla mia volontà di non farlo; dalla mia educazione e dall'esempio
ricevuto in famiglia; dalle mie inibizioni culturali, che mi fanno
considerare indegna e vile la sopraffazione dell'altro; infine, e non
ultimo, dalle mie convinzioni politiche, che mi conducono fortemente a
credere che la libertà delle donne sia condizione (forse la prima
condizione) della libertà di tutti.
Come disse a milioni di persone, con la sua ruvidezza a volte così
necessaria, Luciana Littizzetto al Festival di Sanremo di qualche anno
fa, "chi picchia una donna è uno stronzo". Poi, certo, è soprattutto di
aiuto, di assistenza e perfino di pietà che hanno bisogno anche gli
stronzi, soprattutto gli stronzi. Ma la prima domanda da porre, al
femminicida in carcere o in altro luogo di recupero e cura, è sempre e
solamente una, semplice, facile da capire, ineludibile: ma non lo
sapeva, lei, che le donne non sono di sua proprietà? Non glielo aveva
mai spiegato nessuno?
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Quando
ero ragazzo, negli anni Sessanta e Settanta dello scorso secolo, si è
decisamente sopravvalutato il potere che le convinzioni e le idee
potessero esercitare sulla nostra vita; vita quotidiana compresa. "Il
privato è politico", si diceva allora, volendo significare che ogni
nostro atto, anche domestico, anche invisibile alla Polis che
tumultuava e rumoreggiava sotto le nostre finestre, avesse valore
pubblico e producesse il suo effetto politico. Era una forzatura
ideologica che l'esperienza provvide, per nostra fortuna, a
sdrammatizzare e infine a diradare, facendoci sentire un poco meno
"responsabili del mondo" almeno dentro i nostri letti, un poco meno
sottomessi al Dover Essere ideologico. Vennero scritti libri e girati
film sulla presuntuosa goffaggine che pretendeva di avere instaurato,
in quattro e quattr'otto, libertà di costumi e liberalità di
sentimenti. Non erano così facilmente arrangiabili, i sentimenti e gli
istinti,
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breve
e di così implacabile precisione? Forse perché lo si dà per scontato
(non essendolo!); forse perché nessun "principio" assoluto riesce più a
ottenere credito in una società smagata, relativista più per sfinimento
che per cinismo.
Eppure, volendo ridurre all'osso la questione del femminicidio, è
proprio l'ignoranza o il rifiuto maschile di quel principio - io sono
mia - il più evidente, perfino il più ovvio di tutti i possibili
moventi. No, tu non sei tua, tu sei mia. Il mio bisogno è che tu stia
con me, e del tuo bisogno (non stare più con me) non ho rispetto, o
addirittura non ne ho contezza. Tu esisti solamente in quanto mia; in
quanto non mia, esisti talmente poco che cancello la tua vita. Certo,
la stratificazione psichica è profonda, cause e concause si
intrecciano, paure e debolezze si sommano producendo, nei soggetti più
sconquassati, aggressività e violenza. Ma il "via libera"
all'aggressione, alla persecuzione, allo stalking, al delitto scatta
anche perché nessuna esitazione "ideologica" interviene a soccorrere il
carnefice, nessuna occasione di dibattito interno gli è occorsa, a
proposito di maschi e di femmine.
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