VIVA LA DISSOBEDIENZA E LO SCONTRO SOCIALE COSI' L'ITALIA SI SVEGLIA
“C'è
una tensione sociale palpabile, non solo a Roma, come non si avvertiva
da anni. Nelle piazze è tornata una divisione tra estremismi che non fa
bene a nessuno”. No, Di Maio, ci dispiace, ma non siamo d'accordo con
le parole del vicepremier. Tutto quel che sta succedendo in questa
calda primavera è in qualche modo salutare, finanche auspicabile in un
Paese in cui la dialettica sociale sembrava morta, o perlomeno
addormentata da un lento declino economico, politico, culturale.
E invece no, vivaddio, scopriamo di essere un Paese che, a suo modo, ha
ancora un'anima. In cui in migliaia scendono in piazza a Roma, di
fronte alla Sapienza, per difendere il diritto di parola di Mimmo
Lucano. In cui le periferie tornano al centro del dibattito, da Torre
Maura a Casal Bruciato, sino al palazzo occupato Spin Time, oggetto del
blitz dell'elemosiniere vaticano. In cui persino la marina disubbidisce
al ministro degli Interni quando si tratta di salvare e far sbarcare
migranti o di multare le navi delle organizzazioni non governative che
salvano i naufragi in mare. O, per tornare indietro di qualche
settimana, in cui centinaia di migliaia di giovani scendono in piazza
per l'ambiente e per chiedere a gran voce politiche di
decarbonizzazione.
Tutto questo, con buona pace dei benpensanti, non è roba da anni di
piombo, ma la testimonianza di un Paese, o almeno di un pezzo di Paese,
che non vuole diventare egoista, intollerante, indifferente alla
sofferenza altrui, indisponibile a occuparsi del futuro. E non è un
caso, che dietro queste manifestazioni spontanee ci sia pochissima
politica e molta società civile. Che non ci siano leader, se non
culturali, come Mimmo Lucano, Papa Francesco o Greta Thunberg. E che
siano soprattutto i più giovani a fare i conti con il loro esempio, e
che si spendono in loro difesa.
Di tutto questo, Matteo Salvini rappresenta il contraltare culturale
più visibile, ma il senso di queste manifestazioni, azzardiamo,
prescinde da lui. Dietro, in nuce, c'è l'embrione di una nuova
dimensione collettiva della società e della partecipazione politica.
C'è l'idea - rivoluzionaria, in tempi di sussidi e prepensionamenti
gentilmente concessi da uno Stato in bancarotta - che si debba
ripartire dalla società e non dagli individui, dall'altruismo e dalla
carità e non dalla difesa di ciò che è proprio, dal futuro e non dalla
dittatura dell'eterno presente, dalle passioni e non dagli interessi.
E ci voleva, forse, l'estremismo di Matteo Salvini, per svegliarci
dalla trappola della grande coalizione, del destra e sinistra che non
esistono più, dei programmi elettorali come l'elenco della spesa, della
politica che prescinde da valori, ideali e visioni. Ci voleva, perché
l'Italia non rinasce a colpi di leggi di bilancio, o di stimoli
all'economia. Rinasce se c'è almeno un motivo affinché rinasca, se c'è
un senso di marcia in cui muoversi. Se ci si appassiona di fronte
all'idea che i bambini stranieri mangino assieme a quelli italiani, che
i migranti che annegano siano salvati, che periferie e borghi
abbandonati siano laboratori di convivenza e non territori perduti
della repubblica, allora sì, c'è un Paese che si salva. Ed è l'unica
alternativa, culturale, sociale, politica, alle armi in casa, ai porti
chiusi, alle mense per bambini italiani.
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LA SFORTUNA DI FARE IL SINDACO DI CURNO
Prendendo per buona le versioni della Gamba, sia il mancato controllo
da parte sua (era assessore al settore sport) di come la funzionaria
aveva modificato (male MA in convenienza per la società sportiva…) la
convenzione sia l'impostazione della relazione col GS Marigolda nel
finale della convenzione al CVI2 dimostra chiaramente come la Gamba non
abbia contezza che le relazioni non sono prettamente monetarie – io
compro un panino e ti pago venti centesimi e ciascuno torna a casa
propria- ma il GS Marigolda era ed è portatore di una grande somma di
valori civili non monetizzabili che ha costruito in mezzo secolo di
cooperazione tra una moltitudine di soggetti e questi valori si
rappresentano nella faticosa gestione come volontari del CVI2.
Adesso la Gamba arriva e dichiara che il CVI2 verrà assegnato mediante
gara e successivo contratto d'affitto che prevederà anche
importanti interventi di totale ristrutturazione degli impianti
sportivi e tecnici del CVI2. La Gamba non ha compreso che in questo
modo gettava via o consegnava a qualcun altro la somma dei valori non
monetizzabili che il GS Marigolda aveva messo insieme. Liquidare questa
somma di valori – abbiamo perfino il dubbio che la Gamba riesca a
coglierne l'esistenza e il significato- con una monetizzazione e
un premio – voi chiedete 50 ore per il calcio noi ve ne garantiamo 75
(è un esempio)- vuol dire mandare all'indifferenziata quello per cui
hanno lavorato mezzo secolo.
Lavoro che non è stato “solo” un punteggio in un campionato o una
partita a tennis tra amici del quartiere a costi ridotti ma quel centro
da mera somma di impianti (peraltro nemmeno organizzati bene e
bene progettati e funzionanti) è stato trasformato in un fatto
sociale dell'intero quartiere che adesso la Gamba trasforma in uno
spazio PRIVATO, con questo processo, trasforma dei costruttori sociali
in meri utenti o consumatori.
Vien da piangere leggere che i marigoldesi potranno sedersi al bar a
leggere il giornale senza dover consumare: debbono anche spedire una
mail di rigraziamento alla Gamba perché conserva il LORO diritto
NATURALE di essere “padroni a casa propria”?
A ciò si sovrappone poi la tremenda gaffe (e chiamala solo gaffe!....)
sulla modifica della convenzione del CVI1 ragion per cui a una
società a presidenza piddina è stata allungata “per caso” di tre
anni mentre quella del GS Marigolda è stata subito mazzolata.
La questione è che sia la Serra che la Gamba non hanno contezza che un
paese non è un banale insieme di consumatori che a loro comando fanno
il saltino come dei grilli ammaestrati altrimenti non avrebbero creato
La Miniera, non avrebbero aderito ad una società in house per la
rumenta, non avrebbero sbolognato la manutenzione dei beni comunali ad
una società di un ex consigliere provinciale leghista.
Perlomeno NON le avrebbero sbolognate come le hanno sbolognate loro
dimostrando di trattare i cittadini e i loro valori come pezze da piedi.
Se due persone hanno un minimo di bagaglio politico democratico e di
partecipazione non cancellano la commissione biblioteca, quella
cultura, non fanno una commissione rumenta e sport precisandone i
limiti operativi detti in prima riunione. Se tu Serra e tu Gamba avete
firmato un contratto politico nella vostra formazione con un elenco di
cose da fare, questo ve lo sbolognate fra di voi ma non lo
imponete al paese (la maggioranza del quale non vi ha neppure votato).
Fino al limite di una Gamba che dopo avere combinato tutti i casini che
sono combinati col CVI e CVI2 arriva a formare una commissione
sport (dopo un anno che è sindaca…) per dettare legge a chi gestisce i
CVI. Per dettare legge alle scuole e alle società sportive. Oppure
l'ultima trovata di affidare le manifestazioni culturali con un appalto
al minor costo tra ben TRE società senza che nessun
cittadino sia stato chiamato a valutarne pubblicamente le
proposte.
Per Serra e Gamba il “Comune” non è partecipazione democrazia
trasparenza ( tre imprese invitate per appaltare la cultura:
questa sarebbe trasparenza!!!!!!!!?????) ma è un servizio da appaltare,
da privatizzare. E per di più facendo finta e pretendendo di
essere lodate perché… lo fanno al minor costo possibile. Come fossimo
tutti fessi che proprio nei servizi SEMPRE il minor costo
significa peggior servizio.
La faccia tosta con cui una Serra sprezzante ordina il silenzio nelle
sedute del consiglio comunale agli “spettatori” viene fuori dalla
stessa scuola che ha abolito le commissione “pesanti”, la stessa scuola
che ha messo in piedi la sceneggiata della commissione urbanistica, la
stessa scuola per cui “tutto si compera al mercato” con un appalto tra
società amiche e sempre al minor prezzo possibile: come se la
democrazia fosse una
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