LA CULTURA L'E' ROBA NOSTRA E GUAI CHI CE LA TOCCA
Sarà il caso ma poche ore dopo che Fazio ha annunciato la “riduzione”
di tre serate del suo programma del lunedi, ecco che l'ufficio comunale
della cultura scodella una determinazione secondo la quale TUTTE le
attività culturali non direttamente afferenti la biblioteca
o a qualche privato sono concentrate e controllate dalla giunta per
mezzo della finta della “determinazione”.
Il messaggio di Roma è identico a quello di Curno.
Non solo. L'attività culturale viene venduta (o Svenduta?) ad una
privato di fiducia della giunta ed il controllo resta tutto in capo
alla politica.
Basta leggere la determina (la politica si nasconde DIETRO le
determinazioni degli uffici facendo finta che siano autonomi: hai
voglia!) per cogliere un'idea della democrazia e della partecipazione
che è aberrante. Davanti a una decisione – oltre che TUTTO il
ragionamento che vi è contenuto- come in questa determinazione, se
fossimo al tempo –anni '70-'80- quando c'era ancora un certo
Giuseppe Pelizzoli come capogruppo del PCI in consiglio comunale,
questi avrebbe posto alla DC una interrogazione che avrebbe
cesellato il culo per almeno due ore al sindaco ed all'assessore.
Oggi Giuseppe Pelizzoli di quasi ottanta anni (auguri!) è il segretario
del PD curnese, maggiore azionista di Vivere Curno e della giunta
Gamba. Forse non leggerà neppure questa vergognosa determinazione.
La cultura non si produce: la cultura si compra al minor prezzo
possibile. La spesa per la cultura non serve prima di tutto a farla
crescere nel proprio contesto ma si va a comprare al supermercato
provinciale MA e SEMPRE tra una RISTRETTISSIMA lista di conoscenti se
non amici se non datori di lavoro di qualche politico. Alla sindaca
Gamba ed a Vivere Insieme non passa nemmeno per la mente che la cultura
deve abbracciare tutti i saperi esclusi il fascismo (alla faccia della
consigliera Carrara).
Con questa decisione la sindaca Gamba conferma (di nuovo) di non essere
all'altezza del governo di una realtà complessa com'è Curno. La sua
idea per cui tutto si può comprare al mercato importante che chi te la
vende sia tuo amico o della tua parte e costi poco stupisce anche i
morti. Neanche il mitico don Carrara aveva idee così retrograde in
merito. Bisognava arrivare a Vivere Insieme per cadere dalla padella
nella brace. Già la sindaca Serra aveva chiuso l'esperienza del cinema
estivo che era in evidente concorrenza con quello del Conca Verde e dei
suoi molti amici dell'arena presso la ex Caversazzi facendo così anche
un piacere a quella parte di politici –suoi azionisti elettorali-
che non tolleravano l'esistenza del CVI1 in concorrenza dei loro bar e
ristoranti.
Veniamo al dunque.
Con determinazione n. 206/2019 c'è stato l'affidamento incarico per
prestazione di servizi di “coordinamento e gestione attività' culturali
anno 2019 con un' impegno di spesa a favore della compagnia
teatrale "la pulce". Sarebbe interessante sapere se qualche consiglierA
comunale non abbia qualche conflitto di interessi con detta
“pulce”. Sa, egregia sindaca Gamba, qualche volta è toccato a tutti
avere a che fare con qualche pulce.
Evidenziato che detto programma di organizzazione eventi dovrà tener conto dei seguenti aspetti:
contenere:
-un piano strategico culturale strutturato, organizzato e condiviso
(mica paglia questi tre aggettivi: melius abundare diceva Totò) per
l'anno 2019 tenendo conto degli eventi annuali da realizzare ed
ottimizzando la gestione delle risorse messe a disposizione
dell'amministrazione;
- un ventaglio (noi avremmo scritto “un canestro” che fa più madamina
ecologica) di proposte, nonché la tipologia (es. concerto,
rappresentazione teatrale eccetera) da proporre alla parte politica
(nel senso che la politica controlla tutto: come alla RAI che chi vince
caccia gli sgraditi) per ogni ricorrenza/attività, seguendo il miglior
rapporto qualità-costo ed adattabilità ai contesti spazi/ a
disposizione;
- collaborazioni con i referenti della parte politica (nel senso che la
politica controlla tutto: come alla rai che chi vince caccia gli
sgraditi- seconda volta) per raccogliere bisogni e aspettative e forme
di cooperazione con il tessuto associativo e culturale del territorio
come risorsa da valorizzare e promuovere;
- lasciare “traccia” (nel «cloud»?) degli eventi, dandone massima
diffusione alla cittadinanza; occuparsi delle prenotazione e pagamento
dei realizzatori degli eventi
- ricordato che tali eventi saranno aperti a tutta la cittadinanza
pertanto anche ai non residenti (meno male: si pensava fossero
interdetti ai neri ai gialli e ai pellirossi e a quelli di Mozzo
Mapello Trezzo) , precisando fin da subito che nelle attività che
prevedono iscrizioni sarà data priorità ai residenti di Curno (giusto!
“prima i curnesi”);
dato atto che si è deciso di utilizzare la procedura dell'affidamento
diretto poiché questa, previa la preliminare indagine di mercato (sai
che indagine di mercato consultando TRE imprese!) , offre con
tempi ragionevolmente veloci, la possibilità di individuare l'operatore
più adatto alle esigenze ed alle dimensioni del Comune di Curno (meno
male che si misura almeno chi ce l'ha più lungo e si sceglie
quello adatto…);
esperita preventiva indagine di mercato (sai che indagine di
mercato consultando TRE imprese seconda volta) consultati i
preventivi della 23AC art, della compagnia teatrale La Pulce ed infine
della compagnia teatrale Pandemonium Teatro;
ritenuto opportuno impegnare la somma presunta di € 18.578,00 (iva esclusa) suddiviso indicativamente:
- 4.950,00 euro (iva al 22 % esclusa) ovvero 6.039,00 euro (iva
inclusa) per il servizio di organizzazione di spettacoli e
manifestazioni
- 13.637,00 euro (iva al 10% esclusa) ovvero 15.000,70 euro (iva inclusa) per il pagamento dei cachet dei gli artisti;
preso atto che gli importi di cui sopra sono indicativi e modulabili a
seconda delle esigenze organizzati dell'ente ed in base al numero di
programmi ed artisti coinvolti, ma non possono superare l'importo
impegnato in detta determinazione… viene decisa la spesa.
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PD: MEGLIO COI 5S CHE AL VOTO PER TOSARE 30 MILIARDI GLI ITALIANI?
“Se si arriverà a una crisi di governo la soluzione corretta è ridare
la parola agli italiani, perché il livello della crisi è talmente
drammatico che nessun governo parlamentare la potrebbe affrontare.
Bisogna combattere per voltare pagina”. Così, domenica 12 maggio a
Torino, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha risposto a una
domanda sull'ipotesi di un eventuale soccorso dei Dem al Movimento 5
Stelle.
“La crisi di governo c'è perchè questo è un governo sì formalmente in
piedi ma in realtà non produce nulla di positivo per il Paese. Quello
che li tiene insieme è la volontà di mantenere posizioni di potere, con
una conflittualità continua e con un prezzo enorme che stanno pagando i
cittadini”. Così il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, a Torino per
un'iniziativa dal titolo “Contro i nazionalismi. Per cambiare l'Europa”
in vista delle elezioni europee.
Immediata la reazione dei governasti nell'elencare ben sei errori in
questa scelta. Secondo (Cancellato su L'INKIESTA) il primo errore in
questa scelta di Zingaretti starebbe nel fatto che ormai è acquisito
che in Italia ci sono e ci saranno tre poli (PD, Lega, 5S) e quindi con
una legge elettorale proporzionale e con tre poli (almeno) che si
contrappongono l'uno all'altro, allearsi tra avversari è una opzione di
gioco che va necessariamente presa in considerazione, se si vuole
governare. Il seoccndo errore che farebbe Zingaretti sarebbe che
sebbene il contesto sia tripolare e che nessuna delle tre forze in
campo abbia la maggioranza assoluta dei consensi, l'attuale legge
elettorale e gli attuali consensi accreditati alle diverse forze
politiche offrono a Salvini su un piatto d'argento la possibilità di
governare assieme ai suoi alleati di centro destra, o addirittura da
solo. Col rosatellum l'alleanza di centrodestra potrebbe portare
a casa 322 deputai su 630: con conseguenze facilmente immaginabili.
Il terzo errore di Zingaretti sarebbe l'elezione del nuovo capo dello
Stato. Che, si andasse a elezioni anticipate tra qualche mese, con i
risultati delineati poche righe fa, sarebbe eletto da Salvini e Meloni,
senza alcuna possibilità di trattativa. Ciao ciao Mario Draghi, quindi.
Il quarto errore imputato a Zingaretti è credere sia giusto così: se il
Paese vuole Salvini, che Salvini sia. E invece no. Perché la
schiacciante maggioranza di centrodestra sarebbe tale in Parlamento ma
non nel Paese. Il quinto errore di Zingaretti sarebbe l'idea che il Pd
abbia tutto da perdere da un'alleanza coi Cinque Stelle visto i
precedenti. Sesto e ultimo errore di Zingaretti sarebbe quello di
credere che non ci sia alcun punto di contatto programmatico tra Pd e
Cinque Stelle. Ditelo a Marco Minniti, che coi Cinque Stelle era
arrivato a definire i dettagli di un'ipotetica alleanza, i cui punti
programmatici stanno nella lettera inviata al Corriere da Luigi Di Maio
qualche ora prima che Matteo Renzi, a Che Tempo Che Fa, decidesse di
rompere unilateralmente ogni trattativa: maggior integrazione europea
attraverso l'unione fiscale, revisione del trattato di Dublino,
flexecurity alla danese nel mercato del lavoro, salario minimo, banca
pubblica per gli investimenti sul modello francese, investimenti nella
sanità, aumento delle detrazioni fiscali per i figli a carico. Questi
erano i punti fondanti dell'accordo, stando a quella lettera. Peccato
che manchino i fondamentali per l'Italia: evasione fiscale e
contributiva, debito pubblico, spread, bassa natalità.
Queste sei ragioni per avviare un rapporto coi 5S non tengono conto
come anche nelle elezioni gli italiani giochino col proprio futuro
spostando comodamente volta per volta il proprio voto su quelle forze
che promettono per l'indomani la sopravvivenza più ricca. O qualche
premio da riscuotere immediatamente. Alla stragrande maggioranza degli
italiani pare importi zero dell'evasione fiscale e del debito e fanno
finta che quel che godono costi zero e i costi siano colpa di tutti gli
altri. Basta prendere in mano la legge di stabilità e giù giù fino al
bilancio di un comune di 200 abitanti per capire lo sfarinamento delle
risorse.
Adesso gli italiani scommettono (e voteranno) sulla bugia leghista e
penta stellata secondo la quale dopo il 26 maggio, in Europa
comanderanno quelli che consentiranno all'Italia di sforare alla grande
il deficit: non per nulla gli orientamenti elettorali di quest'ultimo
anno confermano una sostanziale stabilità della maggioranza. Cresceuno
e cala l'altro o viceversa.
Chi sostiene certe alleanze non comprende che agli italiani va tolto il
vizio e quindi che a tosarci quegli 80miliardi tocchi proprio quelli
che loro hanno votato e confermano scadenza dopo scadenza.
La “vaccinazione degli italiani” dal proprio opportunismo o se la
fanno (ce la facciamo) da soli oppure viene l'Europa a fargliela
(farcela) e siccome siamo bene o male il terzo o quarto paese
manifatturiero e per abitanti nell'Ue il risultato sarà tutto da
ridere.
Pure Trump, Putin e Xi Jinping a sganasciare.
L'8 settembre 1943 gli italiani in armi e quelli a casa si trovarono di
fronte alla necessità di liberarsi finalmente di chi li aveva
ammazzati o mandati in guerra, in galera, ridotti alla miseria. Fu una
scelta che costò loro venti mesi di altri patimenti. Il 26 maggio agli
italiani tocca di nuovo una scelta.
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LA FAVOLETTA DEL DECRETO SBLOCCA CANTIERI
La Commissione ha presentato le nuove stime per il 2019. L'Italia resta
ultima per crescita, investimenti e occupazione. Per Moscovici,
commissario agli Affari economici, la crescita dell'economia italiana
si riduce allo 0,1%. Praticamente il Paese è fermo. Con un notevole
passo indietro rispetto agli anni precedenti. E lontano dai vaticini
del governo. Il rallentamento colpisce tutta l'eurozona. La crescita
media è stimata all'1,2%, con il crollo della Germania allo 03, in un
quadro condizionato dal rischio Brexit e raffreddato dalla guerra
commerciale tra Usa e Cina e dal rallentamento della domanda mondiale
anche per le tensioni su petrolio e auto. L'allarme della Commissione
si estende ai conti pubblici. Il deficit italiano è atteso in salita al
2,5%, mezzo punto sopra al programmato. Il rapporto debito Pil in
prossimità del 134%, la disoccupazione, caso unico nella Ue, al 10.9%.
Con all'orizzonte il rischio concreto di una manovra di ottobre lacrime
e sangue. Così il governo gialloverde corre ai ripari. O quasi. Iva o
Fiat tax. Questo è il dilemma. La riforma fiscale resta in alto mare
poiché necessita di risorse che non esistono neanche alla luce dei dati
positivi sul Pii del primo trimestre 2019. E nemmeno di una catartica
revisione della spesa corrente e di un rinnovato contrasto
all'evasione. Altre strade, quindi. Più immediate come il ritorno al
superammortamento e al fondo di garanzia per gli investimenti,
annunciato nel Defdi aprile. E poi, lo sbloccacantieri e il rilancio
degli investimenti pubblici. Tuttavia, la strada è contorta: 180 giorni
assegnati al governo per il nuovo regolamento sugli appalti,
riformulando 13 provvedimenti del vecchio codice. Coordinandoli con il
quadro normativo sbloccacantieri. Semplificazioni delle procedure
autorizzative e concorsuali. Ma ritardi nelle nomine dei commissari.
Rinvii dovuti ai contrasti tra le forze di governo sulla scelta degli
esperti, delle opere, dei cantieri, delle modalità di appalto, delle
procedure autorizzative. Frizioni che amplificano le tensioni tra le
forze di maggioranza, e che finiscono per lasciare bloccati i 150
miliardi di fondi stanziati negli anni precedenti e ancora non spesi.
Quasi 8 punti di Pii. Una cifra enorme. Un propellente ad alto
potenziale per base produttiva e sistema paese. È proprio sul fronte
degli investimenti pubblici che si gioca la partita della crescita. E
in ultima analisi della tenuta del governo. Dal 2010 ad oggi, a causa
della crisi, l'Italia ha perso il 29% degli investimenti fissi lordi
della Pa mentre nell'eurozona la perdita è stata solo del 4.8%. Una
forbice che si allarga con ricadute negative sulla manutenzione
ordinaria e le infrastrutture materiali e immateriali. Si pensi ai
ritardi sulla digitalizzazione. 0 alle opere frenate come la Tav. 0 al
mancato intervento ambientale per l'Uva. Opere ferme, pur con la
disponibilità di risorse. E opere nuove che scivolano verso un
indeterminato futuro, quando si rileva che a fronte degli 850 milioni
annunciati nella manovra 2017 si è invece registrata una riduzione di
13 miliardi al 2018, con ima perdita netta, tra risorse promesse e a
consuntivo, di oltre 2 miliardi per gli investimenti pubblici. E con
una caduta verticale degli investimenti pubblici locali. Lo argomenta
l'Anci. Il razionamento ai Comuni si è concretizzato sia direttamente
con il taglio dei trasferimenti in conto capitale, sia indirettamente
con l'impoverimento degli apparati tecnici locali. Il Patto di
stabilità, attenuato solo dal 2016, ha aggiunto vincoli alla spesa,
condizionata dall'applicazione delle riforme (riforma contabile del
2015, nuovo Codice degli appalti pubblici del 2016). Con nuove
problematiche operative che hanno ostacolato gli investimenti locali
pur in presenza di disponibilità. Si è registrato perciò nell'ultimo
quinquennio un crollo generale degli investimenti pubblici locali i cui
livelli si sono dimezzati in tutte le aree del Paese con ricadute
particolarmente negative per il Mezzogiorno, alimentando il dualismo
Nord-Sud. Più del confronto a giugno con la Commissione per la temuta
procedura d'infrazione, certamente condizionata dall'esito delle
elezioni europee, pesa sulle spalle del governo il rischio recessione e
disoccupazione. Il ritardo dell'economia italiana non è colmabile con
il reddito di cittadinanza. Né con le ipotesi di Fiat tax. Piuttosto,
il ruolo cardine spetta ancora agli investimenti e all'innovazione.
Tuttavia, nel contesto attuale della politica gialloverde esistono
dubbi concreti che la ripresa degli investimenti pubblici al 5,2%,
prevista dal governo per il 2019, sia realizzabile. L'indecisione delle
forze di maggioranza sul tema ne ostacola difatti il percorso,
contraddetto anche dai conti della manovra 2019. Dati alla mano, dal
totale emergono 7,5 miliardi di minori spese in conto capitale per
definanziamenti e trasferimenti alle Ferrovie dello Stato, all'Anas e
al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie. Con
ricadute avverse su indotto e base produttiva. In definita, un
ping-pong tra dichiarazioni e fatti che alimenta l'incertezza sul
futuro e peggiora le prospettive di crescita.
Giuseppe Travaglini
Ordinario di Politica economica all’Università Carlo Bo, Urbino
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