A GUARDARE ALLE COLLINE 996






Di cosa parliamo in questa pagina

ALPINO PER SEMPRE? NE BASTA UNA.
Sono arrivato alla caserma Battisti di Aosta il 10 gennaio 1971, con un ritardo di due giorni rispetto a quanto previsto nella cartolina di precetto per via di una bufera di neve che mi aveva bloccato al rifugio Marco&Rosa sul Bernina di ritorno da una invernale sulla Biancograt via sci alpinismo.(...)
Una valanga dalle parti di Slingia travolgerà sette alpini del Tirano. La mia squadra arriva subito e dall'elicottero si vede  perfettamente il grande salto fatto dalla slavina  che ha travolto la colonna degli alpini nel fondovalle. Una storia che si trascinerà per anni dovuta alla criminale  co***ria di chi tracciava gli itinerari sulla carta senza conoscere i posti, specie la potenziale situazione nevosa. Penne bianche da galera: però si salveranno tutte da ogni condanna. Al rientro da quella operazione di salvataggio e recupero chiedo di essere spostato dall'operatività e mi mandano a “comandare” la caserma al Monte Bondone che ospitava delle squadre di alpini che facevano corsi sci appunto sulle piste del Bondone. Noto subito che la totalità dei militari presenti –non c'erano allievi sciatori al momento- non  ha le stellette sulle mostrine e sul copricapo e in armeria non ci sono nemmeno le munizioni.
Le guardie montano senza fucile.  Quando chiedo spiegazioni ai militari di Trento che ci fornivano le vettovaglie, il come e perché di questa strana situazione il maggiore mi risponde: non sa che il Bondone è una caserma dove mandano i militari condannati dai tribunali civili  durante il servizio di leva? In effetti: alpino si, ma una volta sola. Una.

CASAL BRUCIATO:CHI DIFENDE CHI?
LA MAESTRA A MATTARELLA: MA LO STATO DOV'E'?
Genitori e insegnanti della scuola “Salacone", frequentata dalle figlie della famiglia Omerovic, hanno scritto una missiva indirizzata al Presidente della Repubblica per chiedere provvedimenti sul caso: "Possibile che delle persone debbano organizzare dei turni per salvaguardare l’incolumità di una di loro? Possibile che delle bambine debbano essere terrorizzate? Che le autorità conoscono gli autori di queste violenze e lasciano che continuino a perpetrarle?"
di Alex Corlazzoli | 10 Maggio 2019 (...)

MA GORI E CIAGA' HANNO MAI VISTO UN PARCO?
Quello che c'è nell'articolo è sostanzialmente vero però è sostanzialmente falso perché… non cambia nulla della situazione reale. Quel verde annunciato da Gori e dalla sua compagine è  un verde di carta, nel senso che esistono delibere ma tutto è rimasto ancora come prima (di Gori).
Gori e la suo simpatica assessora Ciaga dicono “Saranno piantati 20 mila alberi in cinque anni: dall'inizio del mandato ne sono stati messi a dimora 9 mila, facendo salire il totale a 40 mila”. Vero. Ma quando Gori e Cyaga vanno a comperare un chilo di mele il verduriere non consegna loro una piantina di 30-40 cm di mele, ma una decina di bei pomi da addentare. Gori e Cyaga non hanno capito una semplice verità: che loro durano cinque (o dieci) anni ma in cinque o dieci anni quelle 40mila piantine restano ancora piantine, non diventano nemmeno alberelli alti più di un paio di metri. Se poi teniamo presenti come la giunta Gori manutenziona i giardini pubblici –basta vedere quelli  appena appena esterni all'ufficio della Ciaga- si può stare sicuri che di quei 40mila alberi tra dieci anni ne saranno morti (se non tutti) almeno buona parte. (...)
























































ALPINO PER SEMPRE?
NE BASTA UNA.


Sono arrivato alla caserma Battisti di Aosta il 10 gennaio 1971, con un ritardo di due giorni rispetto a quanto previsto nella cartolina di precetto per via di una bufera di neve che mi aveva bloccato al rifugio Marco&Rosa sul Bernina di ritorno da una invernale sulla Biancograt via sci alpinismo. Dopo le feste di capodanno – il tre gennaio- io e il compagno di cordata F.I. con le rispettive compagne avevamo deciso di salire la Crest'Alva prima di partire per la naia. Le due compagne sarebbero salite al Marco&Rosa dall'Italia e noi ci saremmo arrivati dalla Svizzera. Due giorni per arrivare in cima al Bernina e poi scendere al Marco& Rosa salvo che nel frattempo comincia a nevicare ed arriveremo a Lanzada dove le ragazze avevano parcheggiato la millecento con le code di F.I. A Lanzada però troviamo anche una jeep dei carabinieri che cercavano di capire chi fossero quei co*** che erano in giro con quel maltempo e quando ci vedono arrivare ci invitano in caserma a Chiesa. Ci andiamo anche perché siamo a mezzogiorno del 9 gennaio e dovevamo essere ad Aosta da almeno 24 ore. Due ore per risolvere al meglio la faccenda e  il dieci mattina i due co*** partono in treno da Bergamo verso Aosta. Ci presentiamo alla Cesare Battisti: ovvio… alle 17 del 10 e subito ci accompagnano in cella visto il ritardo nella presentarci. Ce la caviamo quando sanno che ci eravamo persi sul Bernina dopo il fax dei carabinieri di Chiesa.
Aosta, La Thuile, Livorno e destinazione finale –fine giugno- Merano al “mitico” Quinto Alpini come sergente AUC della squadra esploratori alpini. Pronti per partire per il primo campo estivo in ausilio di 1+2 compagnie del Battaglione Edolo dalla mitica nappina verde.
Il primo campo fila via liscio senza feriti o morti tra gli alpini (e pure tra i muli). A settembre c'è la scuola tiri a case di Viso e un mortaio piazzato male manda un proiettile a colpire un roccione sovrastante due sentinelle anti intrusione nel poligono sulla cresta verso la Valle di Peio. In quel momento la mia squadra è coll'elicottero sull'Adamello a fare soccorso alpino e quando ci scaricano due ore dopo l'incidente sulla cresta, uno degli alpini è morto dissanguato e l'altro resterà infermo per tutta la vita.
L'autunno passa sostanzialmente bene con la squadra che fa del turismo enogastronico tra i masi del meranese salvo che a novembre scatta la prova di sopravvivenza riservata stavolta solo alla nostra squadra. 18 fessi alpini per sempre fanno Merano, Verona, un C130 di notte  e ci scaricano non si sa dove tranne che ci hanno dato delle carte militari dentro una busta da aprire solo quando “saremo a terra”. Con un alpino scendo a Campo Imperatore sul Gran Sasso pieno di neve. Va bene che al tempo non c'era google maps ma qualche foto  del posto l'avevamo vista sui libri e sapevamo pure leggere lescritte sui muri e cartelli e quindi non ci vuole molto a capire dove siamo e come dovremo fare per tornare a Merano senza farci beccare dalle forze dell'ordine (l'intelligenza della prova consisteva in quello… l'intelligenza!). Tutta la squadra rientra a Merano senza farsi beccare dalle guardie. A febbraio del '72 c'è una “grande” manovra  invernale della Brigata Alpina Orobica e ci troviamo in cima alla Val Venosta dove operano la 51.a compagna dell'Edolo, la 49.a del Tirano e la 52.a del Morbegno. Una valanga dalle parti di Slingia travolgerà sette alpini del Tirano. La mia squadra arriva subito e dall'elicottero si vede  perfettamente il grande salto fatto dalla slavina  che ha travolto la colonna degli alpini nel fondovalle. Una storia che si trascinerà per anni dovuta alla criminale  co***ria di chi tracciava gli itinerari sulla carta senza conoscere i posti, specie la potenziale situazione nevosa. Penne bianche da galera: però si salveranno tutte da ogni condanna. Al rientro da quella operazione di salvataggio e recupero chiedo di essere spostato dall'operatività e mi mandano a “comandare” la caserma al Monte Bondone che ospitava delle squadre di alpini che facevano corsi sci appunto sulle piste del Bondone. Noto subito che la totalità dei militari presenti –non c'erano allievi sciatori al momento- non  ha le stellette sulle mostrine e sul copricapo e in armeria non ci sono nemmeno le munizioni.
Le guardie montano senza fucile.  Quando chiedo spiegazioni ai militari di Trento che ci fornivano le vettovaglie, il come e perché di questa strana situazione il maggiore mi risponde: non sa che il Bondone è una caserma dove mandano i militari condannati dai tribunali civili  durante il servizio di leva? In effetti: alpino si, ma una volta sola. Una.
CASAL BRUCIATO:CHI DIFENDE CHI?
LA MAESTRA A MATTARELLA: MA LO STATO DOV'E'?


Genitori e insegnanti della scuola “Salacone", frequentata dalle figlie della famiglia Omerovic, hanno scritto una missiva indirizzata al Presidente della Repubblica per chiedere provvedimenti sul caso: "Possibile che delle persone debbano organizzare dei turni per salvaguardare l’incolumità di una di loro? Possibile che delle bambine debbano essere terrorizzate? Che le autorità conoscono gli autori di queste violenze e lasciano che continuino a perpetrarle?"
di Alex Corlazzoli | 10 Maggio 2019
 
Casal Bruciato, procura di Roma indaga: “Istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale”
In difesa della famiglia Omerovic, ora scendono in campo anche i genitori e gli insegnati della scuola Simonetta Salacone, frequentata dalle bambine rom che con papà e mamma hanno avuto assegnata un’abitazione di un alloggio popolare nella zona di Casal Bruciato a Roma. Da giorni i militanti di Casa Pound manifestano contro Imer Omerovic e Senada Sejdovic, bosniaci, entrambi 40enni, che sono entrati in possesso dell’appartamento secondo quanto previsto dalle  leggi, dai regolamenti e dalle graduatorie.
Manifestazioni di dissenso che hanno coinvolto anche la sindaca Virginia Raggi, quando  ha fatto visita alla famiglia per esprimere la propria solidarietà. Vicinanza che è stata manifestata anche dal pontefice nel corso dell’incontro con il popolo rom in Vaticano: papa Francesco ha avuto un colloquio proprio con la mamma diCasal Bruciato. L’ultimo atto di solidarietà arriva, invece, dai genitori e dagli insegnanti della scuola “Salacone”. Oggi hanno scritto una missiva indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al ministro dell’Interno Matteo Salvini, al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, alla sindaca e al prefetto di Roma Paola Basilone.

Ecco il testo integrale della missiva:
Siamo genitori e insegnanti dell’I.C. Simonetta Salacone, la scuola che frequentano tre delle quattro figlie di Suzana, la donna rom (nata in Italia) che ha finalmente avuto la possibilità di dare una casa alla sua famiglia con l’assegnazione di un alloggio popolare a Torrenova.
Un diritto che si è conquistata regolarmente e legalmente.
Ciò nonostante da quando è entrata nel suo alloggio è stata ed è continuamente minacciata, insultata, molestata da persone fomentate e sostenute dalla formazione di estrema destra Azione frontale, il cui presidente, tale Ernesto Moroni, è l’autore dell’invio di teste di maiale alla comunità ebraica di Roma nel gennaio del 2014: organizzano presidi sotto casa sua, la insultano con slogan razzisti di giorno e di notte, insultano le sue bambine appena si affacciano nel cortile condominiale; qualche sera fa le hanno staccato la corrente elettrica.
Fortunatamente Suzana ha trovato ad accoglierla anche splendidi vicini di casa, che la stanno sostenendo come possono.
E la stiamo sostenendo anche noi, genitori e insegnanti, organizzando dei turni per non lasciarla sola di notte, aiutandola ad arredare la sua casa, continuando a motivarla nella sua coraggiosa scelta di lasciare il campo per una nuova vita nella sua casa.
Facciamo tutto questo con gioia e senso di appartenenza ad una comunità, la nostra scuola, inclusiva, democratica e antifascista, ma ci chiediamo se sia normale.
Possibile che delle persone debbano organizzare dei turni per salvaguardare l’incolumità di una di loro? Possibile che delle bambine debbano essere terrorizzate? Insultate? Che le autorità conoscono gli autori di queste violenze e lasciano checontinuino a perpetrarle?
Le bambine di Suzana sono le nostre bambine. Suzana è una di noi. Non possiamo tollerare che le compagne delle nostre figlie e dei nostri figli subiscano quotidianamente violenze e umiliazioni. In quale Paese viviamo? Continueremo a presidiare la casa di Suzana fino a quando non sarà sicura, continueremo ad impegnarci con lei perché prevalgano l’inclusione e l’interazione sull’odio fascista e l’intolleranza. La nostra scuola è intitolata a Simonetta Salacone. Simonetta diceva che “la scuola può tutto”. E noi le crediamo.

MA GORI E CIAGA'
HANNO MAI VISTO UN PARCO?


Quello che c'è nell'articolo è sostanzialmente vero però è sostanzialmente falso perché… non cambia nulla della situazione reale. Quel verde annunciato da Gori e dalla sua compagine è  un verde di carta, nel senso che esistono delibere ma tutto è rimasto ancora come prima (di Gori).
Gori e la suo simpatica assessora Ciaga dicono “Saranno piantati 20 mila alberi in cinque anni: dall'inizio del mandato ne sono stati messi a dimora 9 mila, facendo salire il totale a 40 mila”. Vero. Ma quando Gori e Cyaga vanno a comperare un chilo di mele il verduriere non consegna loro una piantina di 30-40 cm di mele, ma una decina di bei pomi da addentare. Gori e Cyaga non hanno capito una semplice verità: che loro durano cinque (o dieci) anni ma in cinque o dieci anni quelle 40mila piantine restano ancora piantine, non diventano nemmeno alberelli alti più di un paio di metri. Se poi teniamo presenti come la giunta Gori manutenziona i giardini pubblici –basta vedere quelli  appena appena esterni all'ufficio della Ciaga- si può stare sicuri che di quei 40mila alberi tra dieci anni ne saranno morti (se non tutti) almeno buona parte.
Continua la Ciaga: «Avremmo così una riduzione di 1.750 chili l'anno di polveri sottili, oltre a 10 mila tonnellate di co2 assorbite nell'arco di 15-20 anni». Palle signora mia dal momento che questo conto lei (anzi:i suoi uffici) l'ha fatto immaginando alberi con qualche  centinaio di metri quadrati di fogliame,mentre si parte da zero metri quadri a  cento (dopo vent'anni se ci saranno ancora tutti.
'ndemm innacc:” Nell'ottica di usare il verde per «rendere la città più bella» sono previsti quattro nuovi parchi: l'Ovest in zona Gres, il Sud come parte del grande progetto sul sedime ferroviario, il nuovo Goisis in via Buttaro e il «parco a bosco» sopra il parcheggio della Fara. Oltre all'ampliamento di quello della Malpensata, il raddoppio degli orti urbani e interventi al verde in cinque quartieri l'anno”. Vero, ma vero sulla carta prima di tutto perché non è detto che la giunta Gori si ripeta per la seconda terza quarta volta ma soprattutto perché per voi i “parchi” sono sostanzialmente delle “discariche” di alberi  e che … si arrangino (gli alberi).
Insomma non vendete nemmeno la pelle dell'orso dopo averlo visto, nemmeno l'avete catturato, ma ne vendete una stampata in 3D.

Saltiamo ai blocchi di marmo arabescato orobico posati in Piazza Cittadella alimitazione di parcheggio selvatico per scoprire che si tratta vedi il foto editoriale di Giovanni Diffidenti. Si può? Noi prendiamo per buono che la giunta Gori sia rispettosa dell'ambiente ma quando leggiamo che per ogni seduta hanno segato un blocco da un metro cubo di pietra, ci viene qualche dubbio come ci viene qualche dubbio vedendone il disegno ma soprattutto nessuno vi ha detto che quella pietra NON E' ADATTA  all'esterno perché di scarsa compattezza sotto l'azione degli agenti atmosferici? Insomma:va benissimo per pavimenti e arredi interni all'asciutto, ma sotto l'azione dell'acqua (acida) piovana e del gelo… tra pochi anni chi si siede si potrà grattare le terga.
Oltre allo spreco di materiale naturale (UN METRO CUBO di marmo per seduta!?) e a quell'illeggibile stemma del comune (quindi inutile) , non era forse “più ecologico” usare lo stesso materiale nella parte riciclata macinato e compattato con resine? Ah! La Sovrintendenza!