ALPINO PER SEMPRE?
NE BASTA UNA.
Sono arrivato alla caserma Battisti di Aosta il 10 gennaio 1971, con un
ritardo di due giorni rispetto a quanto previsto nella cartolina di
precetto per via di una bufera di neve che mi aveva bloccato al rifugio
Marco&Rosa sul Bernina di ritorno da una invernale sulla Biancograt
via sci alpinismo. Dopo le feste di capodanno – il tre gennaio- io e il
compagno di cordata F.I. con le rispettive compagne avevamo deciso di
salire la Crest'Alva prima di partire per la naia. Le due compagne
sarebbero salite al Marco&Rosa dall'Italia e noi ci saremmo
arrivati dalla Svizzera. Due giorni per arrivare in cima al Bernina e
poi scendere al Marco& Rosa salvo che nel frattempo comincia a
nevicare ed arriveremo a Lanzada dove le ragazze avevano parcheggiato
la millecento con le code di F.I. A Lanzada però troviamo anche una
jeep dei carabinieri che cercavano di capire chi fossero quei co*** che
erano in giro con quel maltempo e quando ci vedono arrivare ci invitano
in caserma a Chiesa. Ci andiamo anche perché siamo a mezzogiorno del 9
gennaio e dovevamo essere ad Aosta da almeno 24 ore. Due ore per
risolvere al meglio la faccenda e il dieci mattina i due co***
partono in treno da Bergamo verso Aosta. Ci presentiamo alla Cesare
Battisti: ovvio… alle 17 del 10 e subito ci accompagnano in cella visto
il ritardo nella presentarci. Ce la caviamo quando sanno che ci eravamo
persi sul Bernina dopo il fax dei carabinieri di Chiesa.
Aosta, La Thuile, Livorno e destinazione finale –fine giugno- Merano al
“mitico” Quinto Alpini come sergente AUC della squadra esploratori
alpini. Pronti per partire per il primo campo estivo in ausilio di 1+2
compagnie del Battaglione Edolo dalla mitica nappina verde.
Il primo campo fila via liscio senza feriti o morti tra gli alpini (e
pure tra i muli). A settembre c'è la scuola tiri a case di Viso e un
mortaio piazzato male manda un proiettile a colpire un roccione
sovrastante due sentinelle anti intrusione nel poligono sulla cresta
verso la Valle di Peio. In quel momento la mia squadra è
coll'elicottero sull'Adamello a fare soccorso alpino e quando ci
scaricano due ore dopo l'incidente sulla cresta, uno degli alpini è
morto dissanguato e l'altro resterà infermo per tutta la vita.
L'autunno passa sostanzialmente bene con la squadra che fa del turismo
enogastronico tra i masi del meranese salvo che a novembre scatta la
prova di sopravvivenza riservata stavolta solo alla nostra squadra. 18
fessi alpini per sempre fanno Merano, Verona, un C130 di notte e
ci scaricano non si sa dove tranne che ci hanno dato delle carte
militari dentro una busta da aprire solo quando “saremo a terra”. Con
un alpino scendo a Campo Imperatore sul Gran Sasso pieno di neve. Va
bene che al tempo non c'era google maps ma qualche foto del posto
l'avevamo vista sui libri e sapevamo pure leggere lescritte sui muri e
cartelli e quindi non ci vuole molto a capire dove siamo e come dovremo
fare per tornare a Merano senza farci beccare dalle forze dell'ordine
(l'intelligenza della prova consisteva in quello… l'intelligenza!).
Tutta la squadra rientra a Merano senza farsi beccare dalle guardie. A
febbraio del '72 c'è una “grande” manovra invernale della Brigata
Alpina Orobica e ci troviamo in cima alla Val Venosta dove operano la
51.a compagna dell'Edolo, la 49.a del Tirano e la 52.a del Morbegno.
Una valanga dalle parti di Slingia travolgerà sette alpini del Tirano.
La mia squadra arriva subito e dall'elicottero si vede
perfettamente il grande salto fatto dalla slavina che ha travolto
la colonna degli alpini nel fondovalle. Una storia che si trascinerà
per anni dovuta alla criminale co***ria di chi tracciava gli
itinerari sulla carta senza conoscere i posti, specie la potenziale
situazione nevosa. Penne bianche da galera: però si salveranno tutte da
ogni condanna. Al rientro da quella operazione di salvataggio e
recupero chiedo di essere spostato dall'operatività e mi mandano a
“comandare” la caserma al Monte Bondone che ospitava delle squadre di
alpini che facevano corsi sci appunto sulle piste del Bondone. Noto
subito che la totalità dei militari presenti –non c'erano allievi
sciatori al momento- non ha le stellette sulle mostrine e sul
copricapo e in armeria non ci sono nemmeno le munizioni.
Le guardie montano senza fucile. Quando chiedo spiegazioni ai
militari di Trento che ci fornivano le vettovaglie, il come e perché di
questa strana situazione il maggiore mi risponde: non sa che il Bondone
è una caserma dove mandano i militari condannati dai tribunali
civili durante il servizio di leva? In effetti: alpino si, ma una
volta sola. Una.
|
CASAL BRUCIATO:CHI DIFENDE CHI?
LA MAESTRA A MATTARELLA: MA LO STATO DOV'E'?
Genitori e insegnanti della scuola “Salacone", frequentata dalle figlie
della famiglia Omerovic, hanno scritto una missiva indirizzata al
Presidente della Repubblica per chiedere provvedimenti sul caso:
"Possibile che delle persone debbano organizzare dei turni per
salvaguardare l’incolumità di una di loro? Possibile che delle bambine
debbano essere terrorizzate? Che le autorità conoscono gli autori di
queste violenze e lasciano che continuino a perpetrarle?"
di Alex Corlazzoli | 10 Maggio 2019
Casal Bruciato, procura di Roma indaga: “Istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale”
In difesa della famiglia Omerovic, ora scendono in campo anche i
genitori e gli insegnati della scuola Simonetta Salacone, frequentata
dalle bambine rom che con papà e mamma hanno avuto assegnata
un’abitazione di un alloggio popolare nella zona di Casal Bruciato a
Roma. Da giorni i militanti di Casa Pound manifestano contro Imer
Omerovic e Senada Sejdovic, bosniaci, entrambi 40enni, che sono entrati
in possesso dell’appartamento secondo quanto previsto dalle
leggi, dai regolamenti e dalle graduatorie.
Manifestazioni di dissenso che hanno coinvolto anche la sindaca
Virginia Raggi, quando ha fatto visita alla famiglia per
esprimere la propria solidarietà. Vicinanza che è stata manifestata
anche dal pontefice nel corso dell’incontro con il popolo rom in
Vaticano: papa Francesco ha avuto un colloquio proprio con la mamma
diCasal Bruciato. L’ultimo atto di solidarietà arriva, invece, dai
genitori e dagli insegnanti della scuola “Salacone”. Oggi hanno scritto
una missiva indirizzata al Presidente della Repubblica Sergio
Mattarella, al ministro dell’Interno Matteo Salvini, al presidente
della Regione Lazio Nicola Zingaretti, alla sindaca e al prefetto di
Roma Paola Basilone.
Ecco il testo integrale della missiva:
Siamo genitori e insegnanti dell’I.C. Simonetta Salacone, la scuola che
frequentano tre delle quattro figlie di Suzana, la donna rom (nata in
Italia) che ha finalmente avuto la possibilità di dare una casa alla
sua famiglia con l’assegnazione di un alloggio popolare a Torrenova.
Un diritto che si è conquistata regolarmente e legalmente.
Ciò nonostante da quando è entrata nel suo alloggio è stata ed è
continuamente minacciata, insultata, molestata da persone fomentate e
sostenute dalla formazione di estrema destra Azione frontale, il cui
presidente, tale Ernesto Moroni, è l’autore dell’invio di teste di
maiale alla comunità ebraica di Roma nel gennaio del 2014: organizzano
presidi sotto casa sua, la insultano con slogan razzisti di giorno e di
notte, insultano le sue bambine appena si affacciano nel cortile
condominiale; qualche sera fa le hanno staccato la corrente elettrica.
Fortunatamente Suzana ha trovato ad accoglierla anche splendidi vicini di casa, che la stanno sostenendo come possono.
E la stiamo sostenendo anche noi, genitori e insegnanti, organizzando
dei turni per non lasciarla sola di notte, aiutandola ad arredare la
sua casa, continuando a motivarla nella sua coraggiosa scelta di
lasciare il campo per una nuova vita nella sua casa.
Facciamo tutto questo con gioia e senso di appartenenza ad una
comunità, la nostra scuola, inclusiva, democratica e antifascista, ma
ci chiediamo se sia normale.
Possibile che delle persone debbano organizzare dei turni per
salvaguardare l’incolumità di una di loro? Possibile che delle bambine
debbano essere terrorizzate? Insultate? Che le autorità conoscono gli
autori di queste violenze e lasciano checontinuino a perpetrarle?
Le bambine di Suzana sono le nostre bambine. Suzana è una di noi. Non
possiamo tollerare che le compagne delle nostre figlie e dei nostri
figli subiscano quotidianamente violenze e umiliazioni. In quale Paese
viviamo? Continueremo a presidiare la casa di Suzana fino a quando non
sarà sicura, continueremo ad impegnarci con lei perché prevalgano
l’inclusione e l’interazione sull’odio fascista e l’intolleranza. La
nostra scuola è intitolata a Simonetta Salacone. Simonetta diceva che
“la scuola può tutto”. E noi le crediamo.
|
MA GORI E CIAGA'
HANNO MAI VISTO UN PARCO?
Quello che c'è nell'articolo è sostanzialmente vero però è
sostanzialmente falso perché… non cambia nulla della situazione reale.
Quel verde annunciato da Gori e dalla sua compagine è un verde di
carta, nel senso che esistono delibere ma tutto è rimasto ancora come
prima (di Gori).
Gori e la suo simpatica assessora Ciaga dicono “Saranno piantati 20
mila alberi in cinque anni: dall'inizio del mandato ne sono stati messi
a dimora 9 mila, facendo salire il totale a 40 mila”. Vero. Ma quando
Gori e Cyaga vanno a comperare un chilo di mele il verduriere non
consegna loro una piantina di 30-40 cm di mele, ma una decina di bei
pomi da addentare. Gori e Cyaga non hanno capito una semplice verità:
che loro durano cinque (o dieci) anni ma in cinque o dieci anni quelle
40mila piantine restano ancora piantine, non diventano nemmeno
alberelli alti più di un paio di metri. Se poi teniamo presenti come la
giunta Gori manutenziona i giardini pubblici –basta vedere quelli
appena appena esterni all'ufficio della Ciaga- si può stare sicuri che
di quei 40mila alberi tra dieci anni ne saranno morti (se non tutti)
almeno buona parte.
Continua la Ciaga: «Avremmo così una riduzione di 1.750 chili l'anno di
polveri sottili, oltre a 10 mila tonnellate di co2 assorbite nell'arco
di 15-20 anni». Palle signora mia dal momento che questo conto lei
(anzi:i suoi uffici) l'ha fatto immaginando alberi con qualche
centinaio di metri quadrati di fogliame,mentre si parte da zero metri
quadri a cento (dopo vent'anni se ci saranno ancora tutti.
'ndemm innacc:” Nell'ottica di usare il verde per «rendere la città più
bella» sono previsti quattro nuovi parchi: l'Ovest in zona Gres, il Sud
come parte del grande progetto sul sedime ferroviario, il nuovo Goisis
in via Buttaro e il «parco a bosco» sopra il parcheggio della Fara.
Oltre all'ampliamento di quello della Malpensata, il raddoppio degli
orti urbani e interventi al verde in cinque quartieri l'anno”. Vero, ma
vero sulla carta prima di tutto perché non è detto che la giunta Gori
si ripeta per la seconda terza quarta volta ma soprattutto perché per
voi i “parchi” sono sostanzialmente delle “discariche” di alberi
e che … si arrangino (gli alberi).
Insomma non vendete nemmeno la pelle dell'orso dopo averlo visto, nemmeno l'avete catturato, ma ne vendete una stampata in 3D.
Saltiamo ai blocchi di marmo arabescato orobico posati in Piazza
Cittadella alimitazione di parcheggio selvatico per scoprire che si
tratta vedi il foto editoriale di Giovanni Diffidenti. Si può? Noi
prendiamo per buono che la giunta Gori sia rispettosa dell'ambiente ma
quando leggiamo che per ogni seduta hanno segato un blocco da un metro
cubo di pietra, ci viene qualche dubbio come ci viene qualche dubbio
vedendone il disegno ma soprattutto nessuno vi ha detto che quella
pietra NON E' ADATTA all'esterno perché di scarsa compattezza
sotto l'azione degli agenti atmosferici? Insomma:va benissimo per
pavimenti e arredi interni all'asciutto, ma sotto l'azione dell'acqua
(acida) piovana e del gelo… tra pochi anni chi si siede si potrà
grattare le terga.
Oltre allo spreco di materiale naturale (UN METRO CUBO di marmo per
seduta!?) e a quell'illeggibile stemma del comune (quindi inutile) ,
non era forse “più ecologico” usare lo stesso materiale nella parte
riciclata macinato e compattato con resine? Ah! La Sovrintendenza!
|