ELIMINANDO LE DETRAZIONI TROVEREMMO UN TESORETTO:
SOTTRAGGONO ALLE CASSE DELLO STATO137,6 MILIARDI
E NE BENEFICIANO POCHISSIMI CONTRIBUENTI.
MA CE NE SONO ALTRETTANTI DI EVASIONE FISCALE...
Subito dopo le elezioni europee del 26 maggio 2019, mentre siamo il
fanalino di coda in Europa per crescita, investimenti e occupazione, il
governo deve fare un bagno di realtà: occorrono soldi. Almeno 23
miliardi per disinnescare le clausole di salvaguardia dell'Iva, circa
60 (per la precisione 59,3 secondo uno studio del ministero
dell'Economia) se si vuole apparecchiare la Flat tax di matrice
leghista e tra i 3 e i 4 miliardi (calcolo dell'Istituto nazionale per
l’analisi delle politiche pubbliche) per attuare il salario minimo su
cui ora insiste il Movimento 5 stelle. Dove trovarli?
Per la Cgia di Mestre c'è un tesoretto di almeno 250 miliardi che però
nessuno tocca perché è celato da una giungla intricatissima di
agevolazioni, detrazioni ed esenzioni fiscali. Da anni, l'Unione
europea ci chiede di ridurle ma, dopo commissioni su commissioni, sono
rimaste tutte - o quasi - al loro posto: costano un sacco in termini di
mancato gettito e, spesso, i loro benefici ricadono su una parte
piccolissima della platea di contribuenti.
Sgravi fiscali: un alleggerimento di 137 miliardi
Bisogna comunque stare attenti quando si maneggia il machete per
provare a farsi largo all'interno di questa fitta foresta. Gli sgravi
fiscali, secondo gli ultimi calcoli del Ufficio studi della Cgia di
Mestre, offrono un riparo non indifferente ai contribuenti italiani.
Detrazioni, deduzioni, crediti di imposta e cedolari secche
alleggeriscono di 137,6 miliardi di euro annui il peso del fisco.
Siccome sempre la Cgia qualche mese fa aveva calcolato che la pressione
fiscale nel 2019 si assesterà attorno al 42,3% (con relativo Tax
Freedom Day rinviato al 4 giugno), si comprende perché nessun
esecutivo, finora, abbia voluto procedere con i temuti tagli lineari
come si fa, invece, con la spesa dei singoli ministeri.
Norme scritte male: niente oneri, beneficiari e importi
Il problema, semmai, è opposto. Tutti - o quasi - i governi che si sono
succeduti hanno concesso esenzioni e regalie alle proprie platee
elettorali, affastellando altre leggi, ulteriori deroghe su una materia
complessa e spesso contraddittoria come quella fiscale. Negli ultimi
anni qualcosa è stato fatto per razionalizzare il sistema anche grazie
alle pressioni di Bruxelles. Così, se nel 1990 si censivano 825 misure,
nel 2011 il gruppo di lavoro sull’erosione fiscale ne contava 720. Ma
oltre a essere tante, queste norme sono state anche scritte male e
risultano incomplete. Il Rapporto sulle spese fiscali 2016 ne aveva
elencate 610: il 67,5% era privo di indicazioni finanziarie esaustive.
Su 468 agevolazioni erariali, 316 non indicavano (totalmente o
parzialmente) oneri, beneficiari e importi. Qualsiasi commercialista
impazzirebbe.
Cosa c'è nel pacchetto: tax expenditures e detrazioni varie
Ma torniamo ai calcoli della Cgia. Secondo il report dell'Associazione
artigiani e piccole imprese di Mestre, in quel tesoretto da 250
miliardi che sgrava il consumatore di oltre 137 miliardi troviamo un
po' di tutto: dai 61,1 miliardi di tax expenditures (le entrate a cui
lo Stato rinuncia attraverso misure selettive in favore di alcune
categorie o una spesa pubblica attuata attraverso il sistema fiscale)
ai 39,1 miliardi di detrazioni ai lavoratori dipendenti, pensionati e
autonomi, passando per i 26,8 miliardi di sgravi sui tributi locali
fino ad arrivare ai 10,6 miliardi per detrazioni familiari a carico.
Misurando le agevolazioni fiscali per settore economico, la Cgia ha
notato che per il comparto casa e l’assetto urbanistico le agevolazioni
nel 2019 ammontano a 20,4 miliardi di euro, le politiche per il lavoro
ne incamerano 14,4 miliardi, la tutela della salute 4,6 e la
competitività e lo sviluppo delle imprese 4,5.
Dove tagliare: bonus Renzi, recupero edilizio e rendita catastale
Solo tra le “tax expenditures”, che la Cgia conta in 513 agevolazioni,
le prime 20 incidono sul totale della spesa (pari a 46,1 miliardi
all’anno) per il 75,5%. La prima voce è il “bonus Renzi”, i
famosi/famigerati 80 euro di credito Irpef, misura che interessa oltre
11 milioni di lavoratori dipendenti con un livello retributivo
medio-basso. Allo Stato costa quasi 9,4 miliardi all’anno. Benché
sbeffeggiato in più occasioni proprio da chi oggi siede al governo,
sforbiciarlo potrebbe essere una mossa impopolare. La seconda misura è
la detrazione al 50% delle spese per il recupero edilizio che grava
sulle casse pubbliche per 6,8 miliardi. In terza posizione, invece, i
proprietari di prima casa la cui rendita catastale non rientra
nell’imponibile Irpef. Questa platea, certifica la Cgia, beneficia di
uno “sconto” fiscale di 3,6 miliardi di euro.
Gli interessati: platee ristrette di contribuenti
Aver distribuito queste misure in un centinaio di leggi caotiche ha
creato non solo, a monte, un mancato guadagno non indifferente per
l'erario da 250 miliardi, ma ha fatto anche sì che, a valle,
arrivassero ben pochi rivoli, che finiscono per dissetare un numero
ristretto di contribuenti. Gli altri continuano a soffrire la canicola
fiscale. L'Ufficio valutazione impatto del Senato aveva elencato le
norme più dubbie, sulla base del lavoro fatto nel 2017 dalla
Commissione Marè presso la presidenza del Consiglio. Su 466 spese
fiscali erariali solo 132, cioè il 28,3%, riportavano dati relativi
alle frequenze dei beneficiari. Per 334 misure (il 71,7%) mancava
qualsiasi informazione e delle 132 agevolazioni note, più della metà
riguardava meno di 30 mila soggetti, mentre la percentuale più elevata,
il 26%, era riferita a una classe di beneficiari di cui facevano parte
meno di 1.000 contribuenti. Insomma, 73 misure su 132 - cioè il 55,4% -
davano respiro dal Fisco a un numero bassissimo di beneficiari, circa
425 mila: sono lo 0,35% dei contribuenti che usufruiscono delle tax
expenditures.
Qualche esempio: alcune misure riguardano quattro soggetti
Per esempio, la misura n. 445, relativa alle imposte di registro
ipotecaria e catastale applicate in misura fissa per apporti ai fondi
immobiliari chiusi presenta vantaggi finanziari pro capite pari a
790.737 euro, ma a beneficiarne sono stati appena quattro soggetti. O,
ancora, la misura n. 66 sul regime forfetario della "tonnage tax" ha
dato vantaggi finanziari sull'Ires pari a 467.088 euro ad appena 79
soggetti. Mentre la n. 76 circa l'esenzione dall'Ires del reddito
d’impresa derivante dalla locazione immobiliare, dal vantaggio
finanziario pari a 89.095 euro, ha agevolato 376 destinatari. E si
potrebbe continuare. Davvero pochi. Del resto i soldi non sono mai
stati tanti ed è evidente che invece di concedere bonus di pochi
centesimi a platee immense spesso il legislatore abbia deciso di
regalare qualcosa in più a un numero ristrettissimo di fortunati. Ma
certi numeri lasciano anche sospettare che alcune di queste regalie
siano state infilate nelle pieghe di altre norme, di decreti votati in
tutta facilità, per strizzare l'occhio alle platee elettorali di
riferimento di questo o quel partito. Quello che è certo è che, se si
attuasse infine un serio riordino della materia, uscirebbero le risorse
necessarie ad attuare parecchie riforme fondamentali.
Carlo Terzano
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LA CITTA' AL VOTO
GORI ILMEGLIO CHE C'E'
Nella giornata più nera del 2019 (finora: speriamo meglio d'ora in
avanti) riguardo alla tangentopoli nazionale con un sottosegretario
ancora incollato alla poltrona (ma sospeso…) e con Lombardia Umbria
Calabria Palermo avanti a tutti col bandierone leggiamo sull'edizione
bergamsca del Corriere due notizie curiose. La prima è che nella
provincia di Bergamo si gioca sempre di più e tra scommesse, slot
machine e Gratta e Vinci nel 2018 si sono spesi 2 miliardi e 80.777.818
euro: il 4,5% in più rispetto al 2017. La città sarebbe più virtuosa
della provincia: nel 2018 sono stati puntati 309.620.916 euro, l'1,16%
in più rispetto al 2017. Nella sola Città di Bergamo sono stati puntati
nel 2018 nei vari giochi del Monopolio di Stato 309.620.916 euro.
Due miliardi su una popolazione di 1,1 milione di abitanti fanno circa mille euro a cranio, neonati compresi.
Poi ci si sposta di qualche pagina e leggiamo che il 45% dei
bergamaschi (solo i cittadini) considerano il traffico e le
infrastrutture come il problema principale seguito da un 16%
che indica la sicurezza e poi infilano welfare,
occupazione ed economia, ambiente ciascuno al 15%. Probabile che
le opinioni dei cittadini collimino in massima parte con l'intera
provincia.
Stiamo in una situazione economica sostanzialmente buona e potremmo
perfino stare meglio se “granì granel, fa ol montonsel”
tornassimo ad essere formichine più avvedute. Tranne che la
città e la provincia proprio non ce la fanno con la
mobilità delle cose e delle persone. Del resto mentre abbiamo o
possiamo trovare le risorse necessarie, siamo nella condizione per cui
la città è quella messa peggio quanto a trasporti e infrastrutture e
purtroppo questi problemi non si risolvono se non di concerto con
provincia regione stato.
Lo abbiamo già scritto. Il nodo principale di Bergamo (e dalla città
alla provincia) sta in quei “due muri” che sono l'A4 e le FFSS
che rinserrano ai piedi del colle una città creando moltissimi problemi
nel suo stendersi verso il Caravaggio e adesso verso la Brebemi.
Apriti cielo che casino istituzionale spostare l'A4 da Dalmine a
Seriate sul sedime della circonvallazione sud azzerando il costo di
percorrenza su questo tratto.
Più complesso il tema FFSS da spostare ma visto che si sposta l'A4 si
potrebbe spostare assieme anche la ferrovia lasciando solo una stazione
di testa dalle parti del Parco Sud che potrebbe-diventare coi sedimi
pubblici e privati della zona il polo universitario della città. Apriti
cielo un'altra volta coi commercianti che hanno voluto e imposto la
distribuzione delle sedi universitarie in dieci quartieri
differenti per meglio succhiare le risorse agli studenti.
Avremmo le risorse (Bankitalia certifica che i depositi bancari orobici
valgono precisamente 22 miliardi e 488 milioni di euro a fine 2017) per
i collegamenti ferroviari dalla città fino a Piazza Brembana e
Ardesio ma nessuno le vuole mettere a disposizione.
E che dire dell'ottusità per cui i “trenini delle valli” non sono
collegati con le ferrovie dello stato? Questa è una testardaggine tutta
bergamasca. Poi non hanno ancora deciso se quei “trenini” debbano
essere dei tram, delle metropolitane o dei veri e propri treni.
Poi abbiamo il problema del Caravaggio da cui succhiamo comodità
e risorse ma che non sappiamo ne vogliamo affrontare pensando ad
una metro tranvia che dall'aeroporto entri in città e la sottopassi
fino all'uscita del gres per salire poi in ValBrembana.
Se poi le risorse necessarie le spendiamo “un po'” meglio e senza
“apparentarci troppo” con quello che leggiamo in questi giorni sui
giornali, magari riusciamo a farcela anche in meno di dieci anni
di lavori.
In questo quadro la città va alle urne ed é probabile che Gori
sia riconfermato sindaco. Lo meriterebbe Gori e lo merita la città
nonostante sia stato evidente che la sua squadra ed anche lui abbiano
una scarsa capacità e poca lungimiranza. Indubbiamente quelle sono
migliori della concorrenza – dimenticare in che stato di cesso aveva
ridotto la città Tentorio è una necessità- ma la cittadinanza ha ormai
un cumulo di conoscenze ed esperienze che oggi ti misura le cose con lo
spessore di un capello. Tranne forse un Gandi la squadra di Gori tra
l'altro non ha dimostrato di avere imparato qualcosa da questi cinque
anni do governo: lo si vede dalla fragilità con cui fanno le scelte e
le opere. Fragilità sono le sistemazioni delle piazze che sebbene
necessarie hanno dato esiti sconcertanti proprio per la modestia
culturale che le ha create. Fragilità e inconsistente
l'azione dell'assessore Fornoni con la sceneggiata dei bus elettrici
che ormai appare come una sboronata pubblicitaria. Fragilità
nell'azione di una Leyla Ciagà che sostanzialmente restituisce una
città identica a prima. Non riesce nemmeno a tenere in vita i pochi
fiori nelle aiuole. Fragilità complessive sono stati l'aeroporto, la
trasformazione di Città Alta in una succursale dell'OrioCenter,
l'incertezza sulle pedonalizzazioni e sui controlli degli accessi (60
veicoli che passano in Piazza Vecchia tra le 12e le 13 di lunedi: non
sono troppi per una zona pedonale? ). Fragilità sono i costi
eccessivi di certe opere, costi malamente giustificati sui media.
Insomma Gori c'ha davanti cinque anni da maturare e da lavorare. Da lavorare sodo.
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ILLATINORUM INVIDIOSO
Il custode delLa Latrina di Nusquamia non sarebbe laureato ingegnere
civile ma -visto che è Made in Politecnico- poco ci vuole che sia
un architetto. Quella fabbrica sfornava uno o l'altro. Architetto di
scarsa fortuna visto che dalla Olivetti è salito alla Mondadori a
tradurre libri al minor costo possibile e via via più in alto
fino ad approdare come portavoce di un sindaco a capo di una
giunta fascio leghista di un comune “sgarruppato” e nel qual mentre
aveva in piedi –socio del suddetto sindaco- una società produttrice di
flayer ('na roba che lui odia a morte) alloggiata nel negozio di
fiorista del padre del sindaco e pubblicizzata in rete (adesso l'hanno
tolta presumibilmente dopo che il Comune ha chiesto qualche soldo).
Portavoce sfortunato visto che dopo due numeri del giornaletto
l'hanno congedato o licenziato anche qui. Insomma un genio
passato da un liceo classico di preti (anzi: di Gesuiti: mica roba di
basso livello) dove aveva già studiato l'Antonio Gramsci fino al
Politecnico dei bei tempi del 18 politico e finito a fare conferenze
(magari pure a pagamento) in giro per le biblioteche patrie (il più
possibile lontane dove potrebbero fischiarlo come succede al Salvini
negli ultimi tempi).
Arrivato a Curno come un novello Rocco Casalino ante litteram s'è
trovato a perfetto agio con l'ideologia dei bottegai indigeni e
del sindaco che l'aveva chiamato, una congrega di famiglie”originarie”
che si odiano a morte l'un l'altra e si alleano a morte contro tutto e
tutti quelli che vogliano spostare il traffico umano ed
automobilistico da via Roma, Piazza del Comune, Piazza della Chiesa,
Largo Vittoria in prolunga su via DeAmicis altrimenti gli sfugge la
popolazione da depredare quotidianamente dello stretto necessario e
superfluo.
L'idea che l'asilo si spostasse dall'incrocio nei pressi del cimitero è
stata sabotata. L'idea che accanto alla scuola media (che la DC
voleva nel giardino di via Marconi ma fu impossibile perchè lo stato
che cacciava i soldi voleva un'area adeguata) ci fosse un “centro
vivere insieme” faceva e fa venire l'orticaria ai bottegai rossi e neri
del paese. Apriti cielo quando al consigliere leghista Manzoni venne
l'idea di piazzare la biblioteca dove sta adesso. Apriti cielo quando
–per malaccorto scambio politico- la giunta Morelli ebbe l'idea di
piazzare la new Rodari a fianco della biblioteca sottraendo spazio alle
medie ed alla stessa biblioteca. L'affare si fece a patto di chiudere
il bar del CVI 1 e farci gran parte della mensa scolastica. Apriti
cielo davanti all'idea di spostare il mercato dal parcheggio
della chiesa a quello del cimitero (che esisteva
praticamente dalla stessa data e non si erano mai decisi a dargli una
sede adeguata). Mica per nulla la giunta Gandolfi abolì anche il
trasporto alunni adducendo motivi economici esistenti solo nella testa
del sindaco così che 'ste stronzi di ragazzini e genitori passassero
ancora nelle solite vie per farsi uccellare. Guarda caso il
cantiere della biblioteca non è finito da ventidue anni e questo
comporterà alla fine un milione di spesa in più oltre ai 20 anni di
mancato godimento del srvizio. Il cantiere della new Rodari è durata
una dozzina. Il bar ristorante del CVI1é stato chiuso per quasi
dieci anni prima di essere riaperto. E la telenovela della rotonda
davanti alla new Rodari? Oggi come oggi se fai una giro nei bar e nei
negozi del centro paese senti i gestori lamentarsi che i ragazzini che
vano alla new Rodari passano per via Galilei Gamba IV Novembre anziché
passare da Largo Vittoria e Piazza della Chiesa. Che i genitori in auto
li portano percorrendo via alternative al centro... e loro sono li a
pagare le tasse senza incassare!.
Insomma gira e rigira i bottegai curnesi e i loro portavoce hanno nel
mirino la biblioteca, gentilmente chiamata bibliomostro. Qualcuno deve
avere avvertito il custode delLa Latrina di Nusquamia (suo il copyright
“bibliomostro”) che magari lo studio ARCHEA (progettista dell'opera)
poteva leggermente incazzarsi del titolo e svuotargli il conto
corrente) ed allora ha pensato bene di voltare la frittata: “il
Bibliomostro è una buzzurrata, non già per il progetto architettonico
in sé e per sé, ma per l'intendi- mento sciacquettistico, provinciale e
piccolo borghese che ne costituisce il presupposto”.
Che uno che si sbrodoli quale seguace del socialismo scientifico
e nel contempo faccia il portavoce di un sindaco dei bottegai e di una
maggioranza fascio leghista vuol proprio dire che nel dar via il culo
non c'è proprio più ritegno, ma nella sua foga a difendere chi gli
paga(va) la pagnotta non s'accorge che ha raccontato una cazzata.
Come può essere che un'opera (architettonica) non è una “buzzurrata”
mentre sarebbe tale il presupposto che l'ha generata?.
Siamo nella serie che la madre dei deficienti è sempre incinta nel
senso che se chi usa la biblioteca DEVE passare in Largo Vittoria,
Piazza della Chiesa e Piazza del Comune, allora va tutto bene mentre se
deve passare fuori dal giro, sarebbe una buzzurrata.
(Noterella finale. Pare che la banda dei bottegai stia mettendo in atto
l'ultimo omicidio: far chiudere il bar del CVI2. Vedremo gli sviluppi
nelle prossime ore. Gli é già andata bene per quasi un decennio
con quello del CVI1, adesso ci provano con quell'altro. Non si capisce
se la sindaca Gamba sia d’accordo onon l'abbia sub odorato.
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