ELEZIONI IN SPAGNA: ILRISULTATO L'ABBIAMO SAPUTO PRIMA DELLE AMMINISTRATIVE SICILIANE
TORNANO LE PROVINCIE?
La settimana del 1° Maggio si apre con una bella messe di notizie meritevoli di commento.
La prima sono le elezioni politiche in Spagna. Sono stati 36.893.976
gli elettori chiamati ad eleggere 350 deputati e 208 senatori. L'ultimo
rinnovo delle 'Cortes Generales', il parlamento spagnolo, risale al 26
giugno 2016. Con il voto di oggi la Spagna dà il via alla sua 13ma
legislatura in 42 anni di storia democratica. Le operazioni di voto,
avviate alle 9 del mattino, si concluderanno alle 20. Venti meno nove
fanno 11 ore ed alla fine s'è accertata una affluenza record: 75,75%,
un aumento di oltre 9 punti rispetto al 66,48% delle precedenti
consultazioni del 2016. Boom di elettori alle urne in Catalogna. Chiuse
le urne all'ora di cena a mezzanotte erano già noti i risultati che
p.e. Concita de Gregorio presenta così : “Vince il partito socialista
di Sànchez, è vero. Un successo personale dell'uomo che in maniche di
camicia ha sgominato chi lo voleva morto, il Psoe storico di Felipe
Gonzàlez e di Susana Diaz, la zarina andalusa sconfitta. Vincono gli
indipendentisti catalani, il nemico pubblico numero uno della destra e
invece guarda: vincono i leader in carcere e in esilio. Vince Vox, il
nuovo cavallo della rabbia sociale, il purosangue di destra a cui
Salvini augurava ieri il massimo successo. E però nessuno può
governare, perché … servono 176 seggi su 350 deputati e nessuno dei due
blocchi supera i 170”.
Francamente avevo temuto che la destra di VOX diventasse il primo
partito cancellando quasi del tutto il macello di partiti altrimenti ed
invece – ragionevolmente- anche in Spagna compare un destra prossima al
fascismo franchista un po' come nei tre maggiori paesi d'Europa.
Hanno votato alcuni comuni siciliani per le amministrative. Quasi tutti
comuni irregolari giunti fuori tempo per rispettivi disordini politico
amministrativi. Si votava dalle 7 alle 23, vale a dire 16ore. Leggiamo.
Mezzo milione di elettori è stato chiamato alle urne per eleggere
sindaci e consiglieri di 34 Comuni della Sicilia. Una tornata
elettorale che è stata contraddistinta da un'affluenza in calo alle
urne. Alla chiusura dei seggi si è presentato il 56,86% (248.243) dei
436.567 elettori. A Caltanissetta, unico capoluogo al voto, è andato
alle urne il 56,7% degli elettori, l'8,16% in meno rispetto alle
precedenti comunali. A Castelvetrano, Comune sciolto per mafia, il calo
dei votanti è pesante: ha votato il 55,28% degli elettori, il 20% in
meno delle precedenti comunali. A Gela (Caltanissetta) ha votato il
58,4% degli elettori, il 10,2% in meno rispetto alle scorse comunali.
Ad Aci Castello (Catania) ha votato il 58,41% dei chiamati alle urne,
il 13,32% in meno rispetto alle scorse elezioni. A Roccamena (Palermo)
ha votato il 40,18% degli elettori, il 17,32% in meno di quanti avevano
votato alle ultime comunali. A Monreale (Palermo) il calo dei votanti è
del 9,42% e a Mazara del Vallo (Trapani) del 7,72%.
Vittoria al primo turno in due soli comuni Bagheria e AciCastello
con due sindaci PD mentre negli altri cinque comuni al voto in Sicilia
col maggioritario si andrà ai ballottaggio. A –unica città capoluogo-
Caltanisetta andranno la ballottaggio centrodestra e penta stellati.
Domani potrete potremo sapere di più. La Lega di Salvini cresce
nell'Isola anche se non sfonda: va comunque al ballottaggio a Gela e
Mazara del Vallo.
Lo spoglio delle schede iniziato alla chiusura dei seggi non restituisce ancora, stamattina alle 8 i risultati.
Nessun commento se pensiamo che in Spagna in meno di quattro ore hanno
scrutinato i risultati del Parlamento mentre in Sicilia non ci sono
arrivati dopo 8 ore per 34 comuni.
Rinascita delle Provincie
Due nuovi litigi mediatici in maggioranza. Il nuovo tema di divisione
riguarda le `vecchie´ Province, `svuotate´ dalla riforma Delrio nel
2014. Ad aprire il dibattito un'anticipazione del `Sole 24 Ore´,
secondo cui il ritorno all'elezione diretta di circa 2.500 presidenti e
consiglieri provinciali è il «piatto forte» dell'ultima bozza delle
linee guida per la riforma degli enti locali cui stanno lavorando M5s e
Lega. La notizia non è stata ben accolta da Luigi Di Maio che, intorno
a mezzogiorno, ha inviato una nota al vetriolo: «Per me le Province si
tagliano. Punto - ha scandito - Ogni poltronificio per noi deve essere
abolito. Efficienza e snellimento, questi devono essere i fari. Questa
è la linea del M5s». Da Biella, impegnato nella campagna elettorale per
le amministrative, Matteo Salvini ha ribadito la posizione della Lega,
da sempre a favore del ripristino della Province: «L'abolizione delle
Province è una buffonata che ha portato disastri soprattutto nelle
manutenzione di scuole e sulle strade - ha attaccato il capo della Lega
- Vogliamo dare un servizio ai cittadini e se Comuni e Regioni non ce
la fanno servono le Province». Il fatto è che alla riforma sta
lavorando un tavolo tecnico cui, oltre al sottosegretario leghista
all'Interno Stefano Candiani, partecipa anche il vice ministro
all'Economia, la pentastellata Laura Castelli. E lo ha fatto subito
notare Candiani. «Stiamo facendo un lavoro importante con il M5s, e
nello specifico con Castelli, in sede di Conferenza Stato-città e
autonomie locali e a partire dal confronto col territorio che la
riforma Delrio ha disarticolato con il risultato che i servizi che
fornivano una volta le Province, come i trasporti e le scuole, non li
copre più alcuno», ha spiegato il sottosegretario, contattato al
telefono. Castelli dimentica che la riforma Del Rio è stata fatta
a metà per via di un referendum fallito.
Polemiche elettorali a parte le province sono state abolite perché
erano una delle parti più sane della burocrazia statuale (quindi dove
si rubava di meno e si lavorava mediamente meglio che nei
comuni nelle regioni e nello stato) ma PURTROPPO i
consiglieri provinciali beccavano una prebenda moooolto modesta e
quindi di grande insoddisfazione per i partiti.
Noi siamo convinti che vadano abolite le regioni che sostanzialmente
sono solo una grande INAM (per chi lo ricorda…) visto che il 70% del
loro bilancio riguarda la sanità e dove accade che la malasanità din
una regione sia risolta dalla discreta sanità delle altre regioni visto
che p.e.in Lombardia Emilia Romagna e Toscana affluiscono (i dati solo
SOLO del 2015) almeno 70mila italiani extra quella regioni di cui solo
39mila affluiscono in Lombardia che non si possono quindi immaginare
come turisti andati al mare sulla riviera romagnola o tirrenica e li
ammalatisi.
Ma le regioni NON si possono abolire perché la storia patria ci
dice che sono una vera e propria centrale di magna magna proprio nel
settore sanità così come non si possono abolire le stratosferiche
prebende ai consiglieri regionali. Fino a piccole cose come la
scarsa definizione da parte dei consigli regionali dei criteri di
spesa dei fondi per l'attività politica dei consiglieri. Che ha
generato oltre un migliaio di processi e condanne in merito.
La riduzione del numero dei Parlamentari
Secondo la proposta di Lega e M5s i senatori passano da 315 a 200, i
deputati da 630 a 400. Critiche le opposizioni. Fratelli di Italia
verso il sì. Il Pd chiede il voto ai 18 enni anche per Palazzo Madama.
Oggi ventinove aprile, ore 13 è il termine per presentare emendamenti
per la proposta di riforma costituzionale presentata da M5s e Lega per
ridurre il numero dei parlamentari, passando dagli attuali 315 senatori
a 200 e dai 630 deputati a 400. La discussione del provvedimento,
approvato dal Senato il 7 febbraio scorso, è fissata alla Camera la
mattina del 29 aprile. Si teme che l'Aula possa essere semi deserta per
via del 'ponte' del primo maggio.
Sono previsti emendamenti del Pd, di Liberi e uguali, di +Europa e
Fratelli d'Italia. A Palazzo Madama la riforma passò con i voti di
Forza Italia e Fratelli d'Italia, oltre alla maggioranza. Il testo
intende modificare gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione che
regolano l'elezione dei parlamentari, compresi i senatori a vita. Tra i
contrari, i Dem che ripresenteranno i 16 emendamenti proposti in
commissione Affari costituzionali di Montecitorio e respinti come
inammissibili (da qui la 'minaccia' di un ricorso alla Consulta), più
altri. Tra le modifiche suggerite dal Pd, il voto dei diciottenni anche
al Senato. Su questo, il M5s ha annunciato che farà un disegno di legge
ad hoc e successivo. Ma non convince Ceccanti: «Vogliamo che sia
inserito in questo testo». Per Riccardo Magi di +Europa, «è una riforma
molto demagogica e elettoralistica» e annuncia 16 emendamenti.
La nostra idea è che la riduzione del numero dei parlamentari
conservando l'impianto attuale sia una baggianata. Secondo noi basta
una sola Camera ed un eletto ogni 50 o 100mila voti validi. Gli
italiani che avrebbero avuto il diritto di votare nel2018 erano
46.605.046 ma quelli che si sono effettivamente recati ai seggi sono
stati appena 33.978.719. In altri termini, più di 12 milioni e
mezzo di italiani sono rimasti a casa e non hanno votato.
Da qui deriva che secondo la nostra idea in Italia basterebbe una sola
camera con 466 deputati cui aggiungere una quota
supplementare di deputati fino a raggiungere la metà+ dieci per
disporre della maggioranza sia al partito che alla coalizione che
superino o il 35% o il 40%. Le coalizioni vanno dichiarate prima della
tornata elettorale. Perché il problema è quello di rendere responsabili
gli elettori delle proprie scelte anziché consentire loro di
pattinare. Va inoltre abolito il gruppo misto, ragion per cui chi vuole
cambiare partito perde il posto.
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TRE
COMUNI SENZA CANDIDATI SINDACI E 39 CON UN SOLO CANDIDATO SU 169 COMUNI
ALLE AMMINISTRATIVE IN PROVINCIA DI BERGAMO. ECCO PERCHE' OCCORRE
UNIFICARLI OBBLIGATORIAMENTE
Tre paesi senza candidati, in altri 39 uno solo.
Nessuna lista a Valleve (130 abitanti ), Colere (1127 abitanti) e Oneta
(616 abitanti), tre piccoli paesi bergamaschi chiamato come altri 166
Comuni (in tutto sono 169) a rinnovare l'amministrazione il prossimo 26
maggio. Vuol dire che qui arriverà il commissario prefettizio a gestire
la cosa pubblica finché non verranno indette nuove elezioni.
Invece in 39 altre realtà della provincia di Bergamo si è presentata
una sola lista con il relativo candidato sindaco. Qui non è tutto così
scontato come sembra perché è necessario che al seggio si rechi almeno
il 50 per cento più uno degli aventi diritto, altrimenti il voto non
avrà validità e anche qui arriverà il commissario.
Ogni comune deve avere un segretario comunale, magari in
comunione con qualcun altro, e quindi anche questo è un costo
(assai elevato) che quelle comunità debbono assumersi.
Se consideriamo che la Provincia di Bergamo è organizzata in 243 comuni
basta il fatto che 169 di essi, pari al 69%, non siano in grado ne
sicuri di affrontare correttamente la tornata elettorale per capire che
non solo quei 169 vanno accorpati ad altri vicini ma almeno l'85% dei
comuni bergamaschi vanno unificati e non certo per risparmiare il costo
delle prebende a sindaco assessori e consiglieri.
Come dappertutto nel paese … l'Italia s'è capovolto dal 1945 ad
oggi. Alla fine della seconda guerra mondiale- parliamo della
bergamasca- due terzi della popolazione stava nelle valli mentre
oggi tre quarti stanno nella fascia pedecollinare. Non è
difficile immaginare come la perdita del “comune” nelle piccole
comunità non sia solo una perdita economica (viaggi e tempi più lunghi)
ma piuttosto la perdita di valori non misurabili e sostituibili ma
anche il lavoro,la scuola e la sanità sono ormai valori ed occasioni
che non appartengono più a quelle comunità nella loro interezza e
quindi debbono decidersi se continuare ad essere poveri ma singoli
oppure decidersi a un matrimonio.
Se di quei 169 comuni dopo il 26 maggio ne restassero la metà
senza consiglio e senza sindaco, l'emergenza democratica sarebbe più
grave di un matrimonio forzoso
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REDDITO DI CITTADINANZA A CURNO. COME STIAMO? BOH.
CHISSA' CHE TESORETTO METTIAMO VIA.
Tra qualche settimana cominceremo a verificare anche nel nostro comune
se l'introduzio- ne del RdC e della PdC avranno una qualche efficacia
misurando la riduzione del numero delle determinazioni adottate
dall'ufficio dei servizi sociali. In teoria dovrebbero scomparire
decine di determine e delle relative spese e contribuire alla
costituzione di un vero e proprio “tesoro” che la dirigente
dell'ufficio e la sua collega alla ragioneria manderanno per un'altra
ponderosa variazione del bilancio.
Sindaca e dirigente dell'ufficio si sono ben guadate dall'infor- mare i
cittadini su quel che accadrà probabilmente perché non lo sanno neppure
loro e non certo per colpa. In teoria secondo il ragionamento di chi ha
adottato RdC-PdC da adesso in avanti il Comune “NON” dovrebbe più
sborsare un euro per quella miriade di micro o macro aiuti che vengono
forniti ai cittadini.
Una volta che il cittadino otterrà il RdC i Centri per l'Impiego:
effettueranno una scrematura tra chi – occupabile – firmerà il Patto
per il lavoro e chi – non occupabile – sarà mandato in Comune per la
firma del Patto per l'inclusione sociale.
Ad oggi nessuno sa quanti siano i residenti a Curno beneficiari del RdC ma “non occupabile”.
Al beneficiario del reddito che non sarà ritenuto idoneo a firmare il
Patto per il lavoro verrà chiesto di accettare quello per l'inclusione,
pena la perdita del beneficio. Il Comune dovrà-dovrebbe quindi
organizzare (senza fondi) progetti socialmente utili per queste
persone non occupabili . E ogni progetto significa idearlo,
stipulare assicurazioni, avviare percorsi di formazione. Cioè avviare
percorsi lunghi e complessi. Ma il RdC dura 18 mesi e quindi…
in poche settimane bisogna far tutto.
Chi ottiene il reddito - sia se ha sottoscritto il patto di inclusione,
sia il patto per il lavoro - sarà chiamato anche a partecipare a
progetti utili alla collettività fino a 8 ore la settimana, organizzati
dai comuni. Anche questo adempimento non appare privo di possibili
criticità, visto che entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto,
gli 8mila comuni dovranno avviare le procedure per istituire i progetti
e comunicare le informazioni su una sezione della piattaforma
informatica Siuss. La partecipazione è dunque condizionata
all'attivazio- ne dei progetti da parte dei comuni. La riuscita dei
progetti comunali, così come le misure per favorire l'occupabilità, nei
piani del governo serviranno a dimostrare che non si tratta di una
misura assistenziale.
In estrema sintesi Anci evidenzia che i compiti dei Comuni legati al Reddito di Cittadinanza sono quelli di:
- verificare i requisiti di soggiorno e residenza dei richiedenti la
misura (residenza in Italia da almeno 10 anni di cui gli ultimi due in
modo continuativo);
- convocare i richiedenti con bisogni complessi entro 30 gg dal riconoscimento del beneficio;
- effettuare la valutazione multidimensionale e predisporre il Patto per l'Inclusione Sociale;
- attivare i progetti di presa in carico sociale anche dei beneficiari
che sottoscrivono il Patto per il lavoro ove opportuno e richiesto;
- entro 6 mesi dell'entrata in vigore del decreto predisporre i
progetti di utilità sociale per tutti i beneficiari che abbiano
sottoscritto i Patto per il lavoro e/o il Patto per l'inclusione
sociale (max 8 ore settimanali);
- alimentare le banche dati previste nel decreto;
- segnalare le informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo a sanzioni o alla decadenza del beneficio.
Per adesso a Curno tutto tace
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