CONTE IN GIRO PER ILMONDO A RACCATTARE QUALCOSA
Nella settimana appena conclusa due sono le notizie che ci paiono
importanti. La prima è che nel primo trimestre 2019 il PiL USA è
cresciuto del 3,2%. Noi siamo a zero meno.
Nel primo trimestre l’economia americana è cresciuta del 3,2%, molto
più delle attese degli analisti che stimavano un progresso compreso tra
il 2,3 e il 2,5 per cento, dopo che l’ultimo trimestre del 2018 si era
chiuso con un +2,2 per cento.
A trainare il prodotto interno lordo Usa ha contribuito soprattutto una
decisa impennata delle esportazioni, che nel primo trimestre hanno
messo a segno un balzo del 3,7%, su anche la spesa pubblica sia a
livello statale che locale e pure gli investimenti privati. Frenano
invece la spesa dei consumatori(+1,2% contro il +2,5% dell’ultimo
trimestre 2018) e delle imprese.
Il dipartimento del Commercio rileva infatti un calo delle
importazioni, un aumento delle spese da parte delle amministrazioni
statali e locali e una più rapida creazione di scorte da parte delle
aziende, oltre che un certo recupero delle vendite al dettaglio
domestiche.
Una crescita dell’economia del 3,2% rappresenta il miglior primo
trimestre in quattro anni, nonostante – sottolineano gli analisti – lo
shutdown più lungo della storia Usa che ha fermato gli uffici federali,
le incertezze legate ai negoziati commerciali con la Cina e gli effetti
del rallentamento dell’economia globale. Se continua così é certa la
rielezione di Trump.
La seconda notizia è che quando avviene il divorzio Trump-Conte
sulla Libia: il 15 aprile. Quel giorno il presidente Usa fa una
calorosa telefonata al maresciallo Haftar. Gli riconosce un «ruolo
significativo nel combattere il terrorismo e garantire la sicurezza
delle risorse petrolifere libiche».
Trump e Haftar discutono «una visione comune per la transizione della
Libia verso un sistema democratico e stabile». È un voltafaccia della
Casa Bianca, fino a quel momento allineata sulle posizioni italiane,
che coincidono con la linea ufficiale dell’Ue e dell’Onu. Di colpo
Trump passa con Macron, ne abbraccia la linea apertamente nazionalista.
La Francia ha responsabilità enormi in Libia a cominciare dalla guerra
del 2011. Però è il governo Conte, umiliato dal comportamento
americano, a trovarsi indebolito in un’area cruciale per gli interessi
del Paese.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte coglie l’occasione del forum
di Pechino sulla Via della seta per cercare la sponda di due
interlocutori privilegiati di Haftar: il leader russo Vladimir Putin e
il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi. L’obiettivo è fermare
l’escalation militare in Libia, per evitare una nuova Siria a due passi
dall’Italia. La posizione del governo, “né con Al Sarraj né con Haftar”
si fa sempre più difficile, per il sostegno di Donald Trump al generale
della Cirenaica. E lo stesso Haftar, forte delle sponde internazionali,
esprime sempre più malumori per la linea italiana: in un’intervista al
Corriere il generale Ahmed Mismari, suo portavoce, chiede a Roma di
smantellare il suo ospedale militare a Misurata, perché “aiuta” le
milizie avverse. Ma a Palazzo Chigi osservano che questa richiesta
racconta solo un pezzo di realtà, dal momento che c’è anche una nave
italiana che cura i feriti della Cirenaica. “Non dobbiamo andare via da
Misurata”, dice per il governo Stefano Buffagni.
I due faccia a faccia significativi, sono state di fatto due richieste di aiuto: siamo in braghe di tela.
Intanto aspettiamo i risultati elettorali spagnoli dove a dispetto dei
sondaggi potrebbe balzare in primo piano la destra di e quelli
siciliani che in generale prefigurano ormai da anni i cambiamenti
nazionali. Sempre verso destra, però.
Il 28 aprile, per la terza volta in poco più di tre anni, gli spagnoli
tornano alle urne. Gli occhi del mondo saranno puntati su Vox, il
partito di estrema destra che con ogni probabilità entrerà per la prima
volta nel parlamento nazionale dopo aver fatto il suo esordio nel
parlamento andaluso a dicembre, ottenendo l’11 per cento dei voti. In
Spagna il motivo principale dell’avanzata di Vox non è la questione dei
migranti. Soltanto il 9 per cento degli spagnoli considera il problema
dell’immigrazione come la sua principale preoccupazione. L’ascesa di
questa nuova formazione politica è dovuta soprattutto alla questione
catalana e alle minacce per l’unità del paese. In questo senso il voto
per Vox è una bocciatura della presunta debolezza evidenziata dal
Partito popolare, che rappresenta la destra tradizionale e a cui
apparteneva Santiago Abascal, leader di Vox. Nei discorsi pronunciati
durante la campagna elettorale, i candidati di Vox promettono di
bandire i partiti indipendentisti.
La Sicilia ha mostrato tutta la sua debolezza e disperazione politica
prima riversando il voto regionale nel 2017 sulla coalizione di
centrodestra col 39,85% e secondi i 5S col 34,65% salvo poi alle
politiche del 2018 premiare i penta stellati col 48,71%. Salvini va in
giro a dire che alle europee in Sicilia beccherà il 30%.
Siciliani pronti a vendersi con una certa radicalità chi offre un sogno
o, magari, chi si presenta come il nuovo potere. E a punire con
severità chi viene giudicato la causa della loro delusione. Un pendolo,
che si sposta rapidamente da un vertice all’altro. Insomma la Sicilia
marchia il vento che inizia a spirare e che spesso spazza tutto il
Paese. Le code per fare solo un selfie con Salvini, le piazze riempite
per ascoltare le parole di quello che viene considerato il leader
nazionale venturo, la semplice curiosità. Sono, appunto, elementi di un
unico segno. Che sovente, tra Palermo e Catania, rappresenta una sorta
di start per far scattare onde elettorali o correzioni basilari del
sistema politico.
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QUEL NOME NON S'HA DA FARE
Chi protegge chi? La domanda la rivolgiamo prima di tutto ai due
giornali provinciali perché davanti all'ammazzamento a freddo di due
persone da parte di una donna che pare si sia subito dichiarata
dispiaciuta (e ci credo!) dell'accaduto e si sia sentita male (e ci
credo!) dopo la pubblicazione –per una sola volta alla prima notizia-
sulla pagina on line di BGNews, non si è più saputo nulla. Il giorna le
asseriva che i CC avrebbero immedia tamente compiuto la verifica se la
donna stesse usando il cellu lare escludendo tale ipotesi. Credo sia
una bufala dal momento che non pare i CC siano specializzati in questo.
Oppure era una balla adeguata- mente messa in giro da chi poi avrebbe
coperto stabilmente quel nominativo che deve riferirsi non ad una
cogomina sud americana e nemmeno a una rumena e tanto meno ad una
centro africana al servizio di qualche bergamasco o bergamasca.
Vero è che potremmo accedere alle liste elettorali di due-tre comuni e
col nome e l'età in mano potremmo scoprire chi sia ma siccome non “non
siamo” la stampa ma siamo solo un blog , questo compito spetta ai
giornali locali. Anche la rimozione della bici bianca non è
accaduta perchè qualche immigrato clandestino l'ha acchiappata
nottetempo per usarla per se o rivenderla intera o a pezzi.
Quel “simbolo” dava troppo fastidio a qualcuno che “doveva” passare di
li ogni giorno e che gli ricordava l'ammazzamento gratuito di due
persone. Gratuito perché tamponare e travolgere un ragazzo in bici non
può dirsi casuale ed anche lasciare sbandare 'lauto dopo il primo
investimento pe tutta la larghezza della carreggiata che in quel posto
é almeno di 1 5 metri, vuol dire avere la testa altrove piuttosto che
li.
Poi l'aspetto strano della vicenda è che il Comune di Curno,
ferramente in mano alle donne sia come amministra- trici che come
impiegate, non ha mosso un dito. Nemmeno tre righe di cordoglio sul
sito del comune. Nemmeno un fiore. Basta pensare alle sceneggiate di
poche settimane prima per un episodio “molto più costruito ad arte in
perfetto stile” di questo. Ecco, si. Alla stampa DEVE essere
arrivato il messaggio che conta che “quel” nome” non deve essere reso
pubblico perché coperto dal potere. L'Italietta.
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DEMOLITA LA FORNASS DI VIA LUNGOBREMBO:
SCOMPARE UN PEZZO DI STORIA CURNESE
Fino a fine 800 era stata una fornace che cuoceva le pietre calcaree
raccolte nei campi della zona che era stata il letto del Brembo. Le
pietre erano cotte per farne calce da destinare alle costruzioni mentre
la sabbia era cavata da singole persone che armate di piccone badile e
rete di setaccio, cercavano le nicchie-deposito che i mulinelli delle
piene del fiume creavano dove si depositava la sabbia più fine.
Notammo questo osservando i “murer” che erano dispersi nelle
campagne fino agli anni ’60. Quei mucchi di sassi, strisce per lungo
che delimitavano i campi, erano composte solo da rocce effusive e nel
mucchio mancavano del tutto le rocce calcaree. I contadini per rendere
coltivabili le campagne raccoglievano i sassi ammucchiandoli appunto in
“murer” che poi rimboschivano.
Mancavano le pietre calcaree perché erano state raccolte ed usate dalla
fornace per farvi la calce. Il fiume Brembo che al tempo era profondo
meno la quarta parte rispetto all’attualità, forniva buona parte
del legname che serviva per la cottura delle pietre. Il legname veniva
raccolto durante le piene che fino agli anni ’50 erano numerose e
davvero dannose, attraverso delle “filarese” che erano solo dei
pali piantati nel fiume come denti di un pettine verticale. D’estate le
filarese servivano, inserendo dei pali orizzontali anche a deviare
l’acqua per l’irrigazione.
Lo sviluppo dell’industria dei cementi al fine ottocento mise a
disposizione un legante migliore della calce e quindi la sua produzione
si spostò altrove mentre la fornace della calce venne sostituita da un
frantoio per macinare la ghiaia. Che veniva raccolta sia nel fiume ma
anche in due cave. La più antica era posizionata in via Brembo
davanti alla Cascina Frigeni e con una teleferica la sabbia veniva
portata al frantoio-fornace. Ancora negli anni ’50 tra quella cava e il
frantoio c’erano in piedi dei piloni della teleferica a carrellini.
Casa Preda “incorpora” ancora uno di questi piloni (se nel frattempo
non se ne sono “liberati” visto l’inutile ingombro). Quella cava nei
primi anni ’60 diverrà una discarica incontrollata e quindi riempita di
ogni “mal di dio”.
Il titolare del frantoio aprì poi due cave a nord e sud di via Carso,
poche centinaia di metri dalla sede. Due grandissime cave che verranno
a cavamento finito anch’esse riempite di ogni “mal di dio” come
accadeva al tempo.
Nel secondo dopoguerra essendo finalmente terminati i lavori di
bonifica con la costruzione delle dighe sulle Alpi della ValBrembana e
quindi non ci sarebbero state più le numerose e pericolosissime piene
del fiume: il frantoio sposta il cavare la ghiaia da macinare
raccogliendola nel fiume.
Osservando le tavolette IGM ci si rende conto come l’ampiezza del fiume
Brembo tra la soglia di Ponte san Pietro e quella di Dalmine/Osio si
riduca a ¼ mentre il letto sprofonderà tre quattro cinque volte.
Chiusa la fornace l’insieme degli edifici adiacenti, dove c’erano la
abitazioni ( diciamolo per cortesia) degli operai viene venduta ad un
Masper che genererà moltissime figlie (6,7,8, ?) e un solo maschio con
cui conviverà usque ad mortem.
Le varie figlie si sposano con altri signori e quindi quella che
era originariamente la “Cà di Masper” diventa un condominio di
molti cognomi ed uno di questi più fortunata economicamente, costruirà
una prima abitazione separata dal falansterio originale con fornace
incorporata (ormai distrutta). Un tempo vigeva il costume di dividere
ereditariamente gli immobili non per appartamenti sullo stesso piano ma
in verticale, ragion per cui uno era padrone di una infilata di stanze
verticali. Tante figlie Masper ed un solo figlio Masper generano
moltissimi figli e nipoti che si disperderanno dappertutto, tutti
volenterosi lavoratori negli opifici storici del tempo.
La strana divisone proprietaria dell’immobile, via via cresciuto per
fare fronte alle necessità abitative, rendeva difficoltoso ogni
modifica o miglioramento finché il buondio ha provveduto ad allontanare
le persone e convincere gli ultimi eredi a mollare tutto ad una
immobiliare.
gli opifici storici del tempo.
Adesso quel quartiere assieme a quello vicino sull’ex frantoioma
in Comune di Treviolo è stato del tutto demolito e verrà creato
non si sa bene cosa.
Ovviamente si è compiuta anche sotto gli occhi della sindaca che abita
dipresso l’italica furbata per cui invece di tornare al livello normale
del suolo, gran parte del materiale della demolizione resta in sito e
si alza di 150-200 cm la quota zero del fabbricato. Come dalle parti di
via Meucci p.e. dove ill ivello originario adesso è quasi tre metri più
alto.
E’ bello vedere nel comune bello di avivere come si distrugge tutto e
si ricostruisce sempre in nome del bello di vivere. Forse un pezzo di
storia locale come una fornace non merita rispetto. Sembra di essere
tornati agli anni ‘50 quando la furia demolitrice degli operai
diventati contadini aveva soprattutto il significato di cancellare anni
di miseria sfruttamento fame dispiaceri: il centro di Curno ha
subito tutto questa furia distruttiva che si ripete in via L
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