A GUARDARE ALLE COLLINE. 983






Di cosa parliamo in questa pagina

SIAMO SULLA STRADA PER USCIRE DALL’EURO:
ECCO QUELLOCHE CI HA DETTO S&P
Meno crescita, più debito e effetti nulli (se non negativi) dalle politiche del governo: nulla di nuovo nel giudizio di Standard & Poor's sui conti pubblici italiani. Attenzione, però: se continua la fuga dei capitali, ballano conti e banche. E l’esito inevitabile sappiamo qual è.
Forse erano impegnati in campagna elettorale, o a defollowarsi su Instagram, ma fa rumore il silenzio di Di Maio e Salvini sul nuovo giudizio che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha emesso sull’Italia. Un giudizio che, al netto del voto sintetico BBB con outlook negativo confermato, è una bocciatura senza alcun appello alla politica economica del governo gialloverde. (...)

RI-DESTINAZIONE DELL'EX-GRES
IDEE VECCHIE DEI PADRONI E DEL COMUNE
La lettura dell'articolo della Seminati lascia sgomenti. Non per demerito dell'autrice ma perla banalità delle proposte che vengono alla luce a proposito della ristrutturazione e ridestinazione di questa vastissima area ormai abbandonata da un decennio. Di tutto un po', sperando che si riempia tutto. Del resto se l'Italcementi è finita in mano tedesca anziché il contrario –Pesenti Italcementi sono stati tra i pionieri dello sviluppo del Regno d'Italia prima e della Repubblica poi e per almeno un secolo attori di primo piano nell'industria italiana- qualcosa che non gira più con la forza e la cultura di ieri ci deve essere. Italcementi ha deluso Bergamo ed ha deluso l'Italia. Anche stavolta delude la sua città ed assieme a Pesenti-Italcementi delude questo centrosinistra che sostanzialmente s'è limitato a fare funzionare un po' meglio quello che più o meno hanno fatto tutti i predecessori di destra o prossimi alla sinistra. Tutte le parole dette da Pesenti  dal Sindaco dagli Assessori vorrebbero avere la pretesa di essere nuove e invece sono solo definizioni della vecchia rendita con le parole di chi non ha fatto il '68.
Non è mancata solo la politica a dare un'idea nuova della città ma è mancata anche l'impresa: dalle banche alle industrie alle organizzazioni padronali che sono -praticamente- gli unici attori che possono davvero decidere e trovare i fondi da investire. Invece ne uscirà l'ennesimo spezzatino di proprietà e destinazioni così come accade nelle lottizzazioni paesane a villette a schiera. (...)

IPROBLEMI IRRISOLTI DEL GOVERNO CONTE
C'è qualcosa di più del litigio quotidiano tra le due forze di governo. È l'incertezza della guida politica. Essa lascia una massa di problemi irrisolti, che emergono ogni giorno e vengono fatti marcire, qualche volta a bella posta.
Il debito degli enti locali (specialmente delle città metropolitane), quello con le banche e la Cassa depositi e prestiti, supera i 60 miliardi. Bisogna tentare di rinegoziarne le condizioni (e non sarà facile), prima che sia troppo tardi e che si debba intervenire con l'accollo allo Stato, come si fece nella seconda metà degli anni 70. Il 56 per cento delle società con partecipazione pubblica (prevalentemente locale) è fuori legge, ma gli azionisti della metà di queste hanno dichiarato che non intendono razionalizzarle, come richiede la legge.(...)



























e così abbiamo fatto un'altra figuraccia














































SIAMO SULLA STRADA PER USCIRE DALL’EURO:
ECCO QUELLOCHE CI HA DETTO S&P


Meno crescita, più debito e effetti nulli (se non negativi) dalle politiche del governo: nulla di nuovo nel giudizio di Standard & Poor's sui conti pubblici italiani. Attenzione, però: se continua la fuga dei capitali, ballano conti e banche. E l’esito inevitabile sappiamo qual è.

Forse erano impegnati in campagna elettorale, o a defollowarsi su Instagram, ma fa rumore il silenzio di Di Maio e Salvini sul nuovo giudizio che l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha emesso sull’Italia. Un giudizio che, al netto del voto sintetico BBB con outlook negativo confermato, è una bocciatura senza alcun appello alla politica economica del governo gialloverde.
Lo è, innanzitutto, perché rispetto alla precedente valutazione, datata 26 ottobre 2018, non c’è indicatore che non sia peggiorato. In particolare, sono crollate le previsioni di crescita, dall’1,1% di sei mesi fa allo 0,1% di oggi e sta pericolosamente ricominciando a crescere il rapporto tra debito e Pil, che dovrebbe tornare a quota 132,7% nel 2022. Scende, dal 2,7 al 2,6, il rapporto deficit/Pil, ma solo perché allora, a ottobre, c’era ancora sul tavolo la manovra del cambiamento nella sua versione originale, quella del 2,4%.
Quel che ferisce davvero, tuttavia, sono i giudizi: “l’inversione delle riforme e la volatilità della domanda esterna hanno spinto l’economia dell’Italia in recessione”, scrivono gli analisti di S&P, che è un modo educato per dire che la causa primigenia dei nostri guai sono le scelte di politica economica del governo, e che la congiuntura c’entra il giusto, non fosse altro per il fatto che la crescita per il 2020 è stimata per l’Italia allo 0,6%, meno della metà dell’1,4% cui dovrebbe crescere in media, l’Europa. Stavolta nel mirino c’è soprattutto il reddito di cittadinanza, e il cui effetto positivo sul prodotto interno lordo sarà pari allo 0,2%, meno di quanto ci è costato (6 miliardi sono circa 0,4 punti di Pil). Un effetto, peraltro, di breve durata, “senza ulteriori riforme strutturali che favoriscano la crescita economica”. Figurarsi se dovesse aumentare l’Iva, per dire.
Nei fatti, S&P ci sta dicendo una cosa molto semplice: che ci stiamo isolando, sempre di più. Un isolamento, aggiungiamo noi, che potrebbe far tornare in auge l’ipotesi di uscita dalla moneta unica, se per caso a ottobre, il rating italiano scendesse ancora un po’, a BBa3 o a BBB-, a un solo gradino dalla spazzatura
Quel che più preoccupa, tuttavia, è la chiosa: secondo Standard & Poor’s, infatti, è in corso “un marcato deterioramento delle condizioni finanziarie esterne per il governo italiano e le banche“. Anche qui, serve la traduzione: i capitali esteri stanno scappando dall’Italia, che è sulla “buona” strada per diventare “creditore netto esterno entro la metà del decennio”. Nei fatti, S&P ci sta dicendo una cosa molto semplice: che ci stiamo isolando, sempre di più. Un isolamento, aggiungiamo noi, che potrebbe far tornare in auge l’ipotesi di uscita dalla moneta unica, se per caso a ottobre, il rating italiano scendesse ancora un po’, a BBa3 o a BBB-, a un solo gradino dalla spazzatura.
Le implicazioni politiche le lasciamo a voi. Ma è chiaro che nelle sliding doors di Palazzo, un’eventuale crisi gialloverde e un eventuale governo Salvini - previe elezioni o meno - inclinerebbero, e non di poco, il piano verso questa ipotesi. Soprattutto se il Capitano leghista, ora accreditato dai sondaggi di un mostruoso 37% dei consensi, giurasse al Colle prima della legge di bilancio. Nelle mani di Mattarella c’è qualcosa di più del destino del governo Conte. Già lo sapevamo, in fondo. Standard & Poor’s semplicemente, ce l’ha ribadito.

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RI-DESTINAZIONE DELL'EX-GRES
IDEE VECCHIE DEI PADRONI E DEL COMUNE

La lettura dell'articolo della Seminati lascia sgomenti. Non per demerito dell'autrice ma perla banalità delle proposte che vengono alla luce a proposito della ristrutturazione e ridestinazione di questa vastissima area ormai abbandonata da un decennio. Di tutto un po', sperando che si riempia tutto. Del resto se l'Italcementi è finita in mano tedesca anziché il contrario –Pesenti Italcementi sono stati tra i pionieri dello sviluppo del Regno d'Italia prima e della Repubblica poi e per almeno un secolo attori di primo piano nell'industria italiana- qualcosa che non gira più con la forza e la cultura di ieri ci deve essere. Italcementi ha deluso Bergamo ed ha deluso l'Italia. Anche stavolta delude la sua città ed assieme a Pesenti-Italcementi delude questo centrosinistra che sostanzialmente s'è limitato a fare funzionare un po' meglio quello che più o meno hanno fatto tutti i predecessori di destra o prossimi alla sinistra. Tutte le parole dette da Pesenti  dal Sindaco dagli Assessori vorrebbero avere la pretesa di essere nuove e invece sono solo definizioni della vecchia rendita con le parole di chi non ha fatto il '68.
Non è mancata solo la politica a dare un'idea nuova della città ma è mancata anche l'impresa: dalle banche alle industrie alle organizzazioni padronali che sono -praticamente- gli unici attori che possono davvero decidere e trovare i fondi da investire. Invece ne uscirà l'ennesimo spezzatino di proprietà e destinazioni così come accade nelle lottizzazioni paesane a villette a schiera.

Come stiamo ripetendo da tempo la città ha davanti dei grandi temi-problemi:
- i due “MURI” costituiti dalla ferrovia e l'A4 che serrano la città ai piedi della collina creando grossi problemi nello stendersi;
- la soluzione della fibra ottica di cui non riesce nemmeno a vedere il futuro;
- un Caravaggio che per crescere ha bisogno di decisioni pesanti sulla popolazione del circondario;
- il grandissimo problema di una Università che cresce ma che è dispersa in dieci sedi mentre si rende vieppiù necessario un grande polo universitario che metta insieme scuola residenza ricerca sport che comportano un casino nei trasporti e nel traffico;
- il problema di tre ospedali privati presenti in città  che  creano grossi problemi di traffico e non sono messi nelle condizioni migliori.
- una ferrovia metropolitana dal Caravaggio al centro città fino sotto a Città Alta e (perché no?) collegarsi con la ferrovia della Valle Brembana.
Le soluzioni che vengono via via alla luce sono solo re dislocazioni di attività che spostano il casino da una parte all'altra. Che se ne fanno i Bergamaschi (e non solo le immobiliari padrone del centro) di una città  quando la fibra ottica avrà dispiegato tutte le sue potenzialità? Perché edificare ancora sul sedime del polo ferroviario quando valeva la pena di abolirlo assieme alla stazione e farne un grande parco che avrebbe alleggerito anche il flusso dei veicoli e il costo dei trasporti nella città? Già la città dispone di una sovra offerta di volumetrie edilizie che potrebbero benissimo essere riconvertite e in parte dismesse tanto è inutile immaginare che gli italiani crescano di numero.

Come stiamo rilevando da tempo  la zona in cui sta l'area Ex-Gres in questione è laterale al Parco Sud ed è adiacente ad altre aree pubbliche (e private) oltre che a due infrastrutture come la ferrovia e l'asse interurbano. Una discreta ragionevolezza suggerirebbe di alleggerire il centro di uffici (ormai vieppiù inutili) e di vecchie catapecchie energetiche travestite da palazzi signorili, creare ampie zone a verde e riconvertire le volumetrie in residenza e spostare sulle quattro aree indicate nella carta A,B,C,D,E il polo universitario e/o i tre ospedali privati entro città e lasciare quelle aree a verde.
Apriti cielo per i lamenti della speculazione edilizia e delle banche.
Tempo dieci anni gran parte del centro di Bergamo resterà vuoto per mancanza di funzioni utili e di costi degli affitti  fuori logica. Addirittura gran parte degli uffici pubblici e privati  non saranno più necessari in centro città. Ecco il valore di ripulirla e rimetterne in sesto la qualità ambientale dislocando in strutture nuove i servizi davvero necessari e davvero innovativi. Tra dieci anni saranno necessari almeno 5000 posti come RSA ed avanzeranno almeno un migliaio di posti letto negli ospedali. Il futuro della città com'è stato finora tra dieci anni non esisterà più e questi amministratori e investitori stanno seguendo un modello che è già fallito da dieci anni. Boh.

IPROBLEMI IRRISOLTI DEL GOVERNO CONTE


C'è qualcosa di più del litigio quotidiano tra le due forze di governo. È l'incertezza della guida politica. Essa lascia una massa di problemi irrisolti, che emergono ogni giorno e vengono fatti marcire, qualche volta a bella posta.
Il debito degli enti locali (specialmente delle città metropolitane), quello con le banche e la Cassa depositi e prestiti, supera i 60 miliardi. Bisogna tentare di rinegoziarne le condizioni (e non sarà facile), prima che sia troppo tardi e che si debba intervenire con l'accollo allo Stato, come si fece nella seconda metà degli anni 70. Il 56 per cento delle società con partecipazione pubblica (prevalentemente locale) è fuori legge, ma gli azionisti della metà di queste hanno dichiarato che non intendono razionalizzarle, come richiede la legge.
C'è bisogno urgente di riduzione della spesa pubblica, almeno per evitare che scatti la «clausola di salvaguardia» e che si debba aumentare l'Iva (l'hanno spiegato lucidamente Alberto Alesina e Francesco Giavazzi due giorni fa su queste colonne). Il governo nomina due «commissari straordinari per il coordinamento delle attività di razionalizzazione, riqualificazione e revisione della spesa pubblica» e punta sulla vendita di immobili pubblici.
N on si sa tuttavia che cosa abbia fatto finora il governo per assicurarsi i cambi di destinazione necessari, che dipendono dagli enti locali. Inoltre, l'esecutivo si dichiara pronto ad assumere altre 66 mila persone nella scuola, oltre a stabilizzare i precari, e ha avviato l'assunzione di 3 mila «navigatori» per il reddito di cittadinanza. Tutto questo aumenta la spesa pubblica.
La concessione ad alcune regioni di maggiore autonomia è stata messa temporaneamente in frigorifero, ma ritornerà prestissimo d'attualità, e nessuno saprà come risolvere il conflitto Nord–Sud che essa ha sollevato, perché non si è neppure messo allo studio un modo ragionevole per arrivarci.
Tutti i numeri dati dal governo sono incerti. I poveri erano 5-6 milioni, ma hanno fatto richiesta del reddito di cittadinanza meno di 900 mila nuclei familiari; quindi, i poveri sarebbero inferiori della metà a quelli indicati. Gli immigrati irregolari erano 500 mila, sono ora diventati 90 mila. Si era previsto che i richiedenti una pensione per aver raggiunto quota 100 (62 anni di età e 38 di contribuzione) sarebbero stati 290 mila, si scopre che sono meno della metà. Ma non sono solo i numeri ad essere tanto maltrattati. Lo sono anche i due più grandi produttori di numeri e di dati, Banca d'Italia e Ragioneria generale dello Stato, il cuore e il sistema nervoso del Paese, i cui vertici attendono decisioni governative tenute a bagnomaria, forse ad arte.
Non ultima prova di questa improvvisazione nell'esercizio del potere sono l'uso elastico delle istituzioni e il funzionamento del Consiglio dei ministri. Federico Fubini in un bel libro recente ( Per amor proprio , Longanesi) ha calcolato che nei primi nove mesi di governo il nostro ministro dell'Interno è mancato a tutte le riunioni in sede europea in cui si è discusso di immigrazione e di controllo delle frontiere e che l'altro vice presidente del consiglio, nei primi otto mesi, ha saltato tre delle cinque riunioni allo stesso livello, alle quali doveva partecipare. Il consiglio dei ministri italiano si riunisce con presenze alterne ed uno dei ministri segue le riunioni «da remoto», col cellulare, come ha lui stesso dichiarato. Da televisione e giornali abbiamo appreso che i provvedimenti preparati da una parte vengono tenuti nascosti all'altra parte. Il ministro dell'Interno, che una volta assicurava, dal Viminale, che nelle piazze le persone si riunissero «pacificamente e senz'armi» (articolo 17 della Costituzione), ora, invece, occupa lui stesso la piazza e, con atteggiamento gladiatorio, mostra le armi. L'afonia delle opposizioni è, naturalmente, il principale alleato di questa confederazione di potentati che continuiamo a chiamare governo. Il silenzio di Forza Italia ha almeno la spiegazione di non volersi inimicare un alleato. Non ne ha il Pd, con le sue mille voci e la loro incapacità di trovare un accordo. Eppure dovrebbe esser chiaro che la principale ragione del successo crescente della Lega è la sua capacità di parlare con una unica voce.
Tutti ora aspettano che i nodi vengano al pettine. Ma c'è un pettine?

Sabino Cassese